2
particolarmente variegato, risulta difficoltoso inquadrare comportamenti e
atteggiamenti giovanili all’interno di rigidi paradigmi predefiniti.
Nonostante ciò, è chiaro ed evidente che i giovani comprendono appieno le
trasformazioni riguardanti la società e colgono con sensibilità i mutamenti sociali,
sono quindi, come li definisce Morcellini, i “drivers del cambiamento”.
Se nel passato i concetti di spazio e tempo erano dei cardini sociali a cui fare
riferimento, attualmente queste nozioni subiscono una netta trasformazione e
diventano sempre più difficili da definire. Lo spazio non è più solamente fisico, ma
anche virtuale e il tempo perde la sua valenza estesa e diventa tempo reale, un
tempo che annulla le distanze nello spazio.
Lo spazio che ci circonda fisicamente è sempre meno in grado di conferire
significato alla vita individuale e di costruire una cornice entro la quale elaborare, a
livello individuale e collettivo, le risposte appropriate al vivere quotidiano. Nelle
piazze, nei mercati, nei parchi, in discoteca, un numero sempre presente di individui
fisicamente compresenti comunica continuamente con altri lontani. Gran parte
dell’esperienza soggettiva viene accumulata in mondi disancorati, dove le relazioni
sociali si estendono su una scala spaziale molto ampia e disarticolata.
Se è vero che il contemporaneo fenomeno della globalizzazione ha portato
una compressione spazio-temporale che impone ai soggetti di sapersi muovere, sia
fisicamente che culturalmente, in un mondo più libero, sembra che i membri delle
società occidentali avanzate abbiano scelto la telefonia mobile come un’“arma” che,
mantenendoli sempre in contatto con i propri gruppi di riferimento, li aiuta ad
affrontare una nuova condizione di nomadismo.
Se è vero che gli attuali rapporti tra sfera pubblica e sfera privata si sono
modificati a vantaggio di quest’ultima (a seguito della domanda di privatizzazione e
d’individualizzazione dell’esperienza), anche il discorso riguardante la comunicazione
3
sembra andare in questo senso: oggi si parla sempre più di comunicazione
individuale e personale, e il telefono cellulare rappresenta lo strumento ideale per
realizzarla, poiché sgancia da ogni condizionamento territoriale e geografico il
processo comunicativo, legandolo direttamente all’individuo e crea una rete che non
collega più dei luoghi, funzione caratteristica del telefono fisso, ma che permette una
comunicazione direttamente tra persone, non legata a luoghi precisi. In altre parole, il
telefonino si afferma come particolare new media in grado di valorizzare lo
spostamento, come tecnologia che garantisce alle persone la capacità di sganciarsi
da postazioni fisse per gestire la propria quotidianità.
I concetti originali di tempo e spazio vengono quindi trasformati, anche in virtù
del dilagante utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione che, abbattendo le barriere
spazio-temporali, si inseriscono pienamente nell’ottica del villaggio globale,
permettendo una comunicazione non vincolata, una comunicazione che in tempo
reale raggiunge persone lontane.
Il telefono cellulare rientra pienamente nell’alveo degli apparati di
comunicazione che permette una gestione inedita del tempo quotidiano, un tempo
declinato perennemente al presente. Il cellulare permette la progressiva
parcellizzazione e generalizzazione della strutturazione temporale, degli orari in cui si
articola la giornata: grazie al telefonino, gli individui si pongono nella condizione di
essere sempre reperibili e contattabili, a disposizione degli altri, perennemente
inseriti in un tempo sociale.
Telefonia cellulare e Internet mostrano come sia possibile slegarsi dai vincoli e
dalle limitatezze imposte dalla fisicità, costruendosi una propria nicchia identitaria,
prettamente comunicativa. I media, tradizionali e nuovi, permettono la costituzione di
spazi di comunicazione che definiscono spazi sociali d’interazione mediata in cui è
possibile avere accesso a risorse culturali e identitarie, permettendo la definizione di
4
“comunità immaginate” e di “mondi possibili”, cui attingere per trovare risorse
simboliche su cui reggere la quotidianità.
La diffusione della telefonia mobile ha contribuito alla costruzione di una
dimensione d’appartenenza a cerchie sociali determinate secondo modalità inedite.
Quella sensazione di compresenza continua con gli altri avviene entro uno spazio
condiviso, dove tutti sono immersi e dove la presenza o assenza di chiunque è
facilmente verificabile semplicemente accendendo il cellulare. Attraverso la
creazione di legami col cellulare “non creo nessuno spazio quanto piuttosto –
direttamente – una relazione. (…) Il nostro spazio diventa sempre più l’intersezione
di due dimensioni parallele, quella della materialità e quella della comunicazione”
1
.
Il cellulare, inoltre, permette, a casa e nei luoghi spesso anonimi in cui si
svolge il nostro quotidiano (ipermercati e centri commerciali, stazioni, autogrill, uffici
pubblici, ecc.), di ingannare il tempo. I giovani comunicano continuamente, usano il
telefonino per vivere appieno i tempi vuoti, per colmare i tempi morti tra le varie
attività.
Ma, soprattutto, i giovani amano il cellulare perché consente loro di instaurare
e mantenere legami. Esso è lo strumento principe nella facilitazione dei rapporti
sociali: in tutte le sue forme di utilizzo (chiamate, SMS, squillini), il cellulare serve ad
attivare, mantenere o escludere dalle forme di relazione sociale.
È curioso notare come il telefono mobile, concepito per gli adulti di una certa
classe sociale, sia invece diventato un must per i giovani e gli adolescenti. Costoro
non si limitano ad utilizzarlo per soddisfare dinamiche comunicative primarie, ma ne
escogitano nuovi usi. Da ciò emerge che non è soltanto il mezzo a modificare chi lo
utilizza, ma è soprattutto l’utilizzatore a modificare il mezzo, adattandolo alle sue
esigenze e ai suoi bisogni.
1
Colombo F., Il piccolo libro del telefono : una vita al cellulare, Milano, Bompiani, 2001, p. 31.
5
Secondo il punto di vista dei giovani, il telefonino sarebbe sprecato se fosse
utilizzato solo per effettuare o ricevere chiamate. Lo si utilizza appieno, invece,
inviando squilli, SMS ed MMS, registrando, filmando, fotografando, ascoltando
musica.
Sono, quindi, fondamentalmente i giovani a promuovere quello che viene
chiamato “uso espressivo” del telefonino, ovvero un uso esclusivamente diretto ad
amici, partner e familiari; sono loro a creare e a diffondere nuove modalità di
comunicazione. Sono sempre loro, grandi consumatori, a far diventare il cellulare un
vero e proprio oggetto multiplo. Vi sono oggetti, ed in particolare oggetti tecnologici,
che, all’interno di una determinata cultura, sembrano essere dotati di un particolare
statuto, detto, appunto, multiplo, il cui senso e la cui funzione vanno al di là della loro
apparente consistenza fisica. Se da un lato essi sono sempre più funzionali e
mutevoli, (basti pensare a tutte le possibilità tecnologiche rese possibili dai telefonini,
quali agenda, servizio di messaggi, Internet, videogioco, ecc.), dall’altro assumono
significati e valori di autorappresentazione.
Questa funzione è stata incoraggiata dall’abile azione dei produttori: oggi i
giovani, personalizzano con cover colorate, loghi e suonerie i propri telefonini in
modo che questi rispecchino e comunichino l’immagine di sé che si vuole
trasmettere. Dunque, per i giovani, il telefonino è qualcosa di più che uno strumento
per comunicare, è anche, un gioco, un gadget che come il look e l’abbigliamento,
diviene un mezzo per mostrare il proprio gusto e il proprio modo d’essere.
Nonostante i giovani si presentino come abili utilizzatori, non solo del
telefonino, ma anche degli altri strumenti comunicativi, nel loro universo relazionale
emerge una sostanziale difficoltà comunicativa, che si basa su quello che è stato
definito il paradosso della società contemporanea. Pur vivendo in quella che è stata
6
definita “epoca della comunicazione” si riscontra, da un lato, l’ampio uso di strumenti
di comunicazione mediata come l’e-mail o il telefonino, dall’altro lato, tuttavia emerge
sempre più, tra i giovani, un marcato disinteresse nei confronti della comunicazione
face to face, la comunicazione per eccellenza, quella immediata, senza filtri, che
dovrebbe costituire la base di ogni tipologia comunicativa.
7
1. Giovani e contesto sociale contemporaneo
1.1. La gioventù come categoria socio-demografica.
La gioventù è riconosciuta come categoria socio-demografica caratterizzata da
specifici stili di vita. Tuttavia, il fattore anagrafico, rappresenta soltanto parzialmente il
limite tra il giovane e il “non giovane”, che è segnato più che altro dalla quantità e
dalla gamma delle esperienze vissute.
Se si riflette sugli stili di vita e i modelli di consumo giovanili si deve
riconoscere che vi è crescente omogeneità nazionale e internazionale. I giovani si
assomigliano molto, quale che sia il loro paese. Ciò si nota immediatamente nella
loro assidua frequentazione delle discoteche, nel non poter fare a meno di cellulari e
scooter, nel non poter prescindere dal contatto con i propri coetanei. È confermata,
inoltre, l'esistenza di forti riferimenti comuni e di un comune linguaggio nei
comportamenti e nei gusti. Ad esempio, nella musica: molti giovani suonano o
dispongono di apparecchiature per la riproduzione del suono, vi sono, inoltre, riti
comuni che riguardano i luoghi di ritrovo, le vacanze, i continui contatti, realizzati
soprattutto attraverso il cellulare e i messaggi SMS.
Esiste poi un “pacchetto” di consumi, rintracciabile in tutta Europa, fatto di capi
di abbigliamento, gadget, cibi e bevande, viaggi, utenza di new media, la fruizione
dei quali rende partecipi di un'unica cultura giovanile. L'omogeneità del “pacchetto” di
beni e consumi, tuttavia, non costituisce totale omologazione, con appiattimento e
uniformità, poiché diversi restano i livelli di partecipazione e investimento dei singoli,
8
differenziate restano le modalità di interpretazione di un comune modello da parte di
ogni giovane
1
.
Il concetto di “giovane” ha un’origine molto antica. I romani utilizzavano il
termine iuventa per indicare le persone tra i 30 e i 45 anni d’età, il periodo che
seguiva veniva chiamato senectus, l’età della saggezza, che deriva dall’esperienza.
I greci, invece, collocavano la gioventù tra i 17 e i 30 anni. Questi due esempi, da un
lato mostrano che nelle diverse epoche è sempre stata riconosciuta la presenza della
categoria dei giovani, dall’altro mettono in luce il cambiamento riguardo al periodo nel
quale collocarla.
La prima identificazione della gioventù come gruppo sociale si ha con la
nascita della società urbana. Le prime gangs di giovani come “unità di base della
cultura giovanile”
2
emergono tra il 1770 e il 1870. Sono formate da gruppi di giovani
chiamati hooligans, caratterizzati da un particolare modo di vestire. Per alcuni
aspetti, queste gangs hanno le caratteristiche proprie delle moderne subculture
urbane. Tra le due guerre mondiali, queste “differenziazioni giovanili”
3
, divengono
oggetto di studio. Degna di rilievo è la ricerca portata avanti dalla Scuola sociologica
di Chicago, che mette in evidenza il fatto che l’equilibrio della comunità viene alterato
quando i quartieri sono invasi dai nuovi immigrati. Ciò porta alla perdita di valore
delle norme sul controllo sociale e genera una certa disorganizzazione, evidenziata
dall’attività delle gangs. È proprio a partire dalle gangs che si inizia a parlare di
“cultura giovanile”, intesa come cultura di ribellione che si esprime attraverso
aggregazioni in forte opposizione con la struttura sociale e con il mondo adulto.
A partire dagli anni ’50 del 900, il concetto di gioventù diventa sempre più
chiaro e delimitabile e descrive la fase di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta.
Una fase caratterizzata dall’elaborazione del proprio piano di vita e dalla scelta del
1
Corallo M., I graffiti, Milano, Xenia, 2000.
2
Gillis J., Youth and History, London, Academic Press, 1974.
3
Tomasi L. (a cura di), La cultura dei giovani europei alle soglie del 2000, Milano, Franco Angeli, 2000, p.13.
9
proprio sistema valoriale di riferimento. Il giovane appartiene ad uno “status di
passaggio”
4
caratterizzato da una forte instabilità.
L’analisi del mondo giovanile considerato come una vera e propria condizione
si afferma in Italia alle soglie degli anni ’70. Il termine condizione, come è noto,
presuppone l’esistenza, nei giovani, «di una forte identità collettiva, di una altrettanto
consistente capacità di produrre cultura autonoma (cioè progetti e modelli alternativi
di uomo e di società) e di una forte propensione alla mobilitazione sociale»
5
.
All’inizio degli anni ’70, dunque, i giovani apparivano come un soggetto politico
in grado di influenzare il mutamento sociale, in coincidenza con l’esaurirsi dei
movimenti collettivi del ’68 e delle ideologie che li avevano sostenuti, si assiste ad
una lenta e progressiva evaporazione della condizione giovanile, ovvero dei giovani
in quanto universo unitario e distinto dal resto della società. I giovani non sono più un
sottosistema sociale, dotato di protagonismo e rilevanza sociale, ma un insieme di
individui dispersi nel sistema sociale (…), è proprio in quegli anni che i giovani
divengono socialmente invisibili e comincia ad essere teorizzata l’impossibilità di una
lettura universale della condizione giovanile. Negli anni ‘80 e ’90, a causa
dell’aumento della complessità della società, si assiste ad una ancor più forte
chiusura dei giovani nella dimensione del soggettivo e del relativo. Questo significa
che attualmente non si può più parlare di giovani in senso generale, perché occorre
confrontarsi con un insieme composito di soggettività giovanili
6
.
Per quanto riguarda il sistema valoriale dei giovani, una vera e propria “mappa
di valori” risulta essere alquanto difficile da realizzare, poiché il concetto di valore è
oggi sottoposto a diverse e numerose interpretazioni che s’inseriscono all’interno del
contesto ben più ampio della crisi dei punti di riferimento tradizionali. Riferendoci ai
giovani, non sembra corretto parlare di "crisi dei valori", anche se l'attuale
4
Ibidem, p. 14.
5
Pollo M., Le sfide educative dei giovani d'oggi, Torino, Elledici, 2000, p. 7.
6
Ibidem. p. 7.
10
generazione non manifesta forti entusiasmi collettivi, né forti passioni politiche. Che
si tratti di"crisi" lo può dire l'adulto che fa riferimento solo ai valori della propria
generazione e che non ammette che si possano verificare nel tempo mutamenti
culturali tali da far sorgere nuovi valori sociali. I ragazzi vogliono orientarsi al meglio
tra i percorsi che li conducono all’età adulta e dunque, valori come la “vita
avventurosa” la “libertà sessuale”, “denaro” e “divertimento” non costituiscono più un
punto di riferimento. I giovani scelgono di investire su scelte di vita che assicurino
loro stabilità e sicurezza e preferiscono dedicarsi agli affetti, alla famiglia e agli amici.
Oggi i giovani credono fortemente nei valori che stanno alla base dei rapporti
interpersonali, quali gli affetti, l'amicizia, l'intimità. Essi hanno rinunciato a credere nei
valori “ideologizzati” del riscatto collettivo, della lotta comune, dell'avvenire di una
classe o dell'intera società. Sono concreti e immediati, si pongono problemi che
riguardano se stessi e i propri cari.
Per alcuni, ciò rappresenta un atteggiamento egoistico, una chiusura nel
mondo del privato, della famiglia e del gruppo dei pari. Per altri, però, la
valorizzazione degli interessi emotivi e personali è perfettamente compatibile con la
partecipazione a forme associative giovanili o con l'assunzione di un impegno sociale
nel volontariato.
11
1.2. I giovani nella società postmoderna.
Spesso per definire il contesto socio-culturale contemporaneo si usa il termine
postmodernità. Questa espressione evidenzia un netto distacco dal periodo
precedente, quasi un rinnegamento dell’epoca moderna, dominata da valori quali la
razionalità assoluta e la fede nel progresso illimitato. L'epoca postmoderna, è
caratterizzata dal venire meno della pretesa, propria dell'epoca moderna, di fondare
un unico senso del mondo partendo da principi metafisici, ideologici o religiosi.
L'epoca moderna che ha preceduto la contemporaneità postmoderna era
caratterizzata dal progetto di spiegare il mondo attraverso l'applicazione di principi
unitari. Ad esempio, i grandi movimenti della modernità quali l'illuminismo, l'idealismo
e il marxismo, possedevano la pretesa di racchiudere il senso dell'intera realtà entro
un principio unitario: la ragione per il primo, il movimento totalizzante dello spirito per
il secondo, le leggi materialiste della realtà per il terzo. L'individuo postmoderno ha
perso ogni riferimento forte che poteva determinare con sicurezza la sua identità, egli
assiste ad uno sfaldamento e ad un frammentarsi delle sue certezze. Attualmente
l’aggettivo “postmoderno” assume una pluralità di significati, è una sorta di
“contenitore” all’interno del quale si vorrebbero inserire tutti gli atteggiamenti, i modi
di essere di questa nostra epoca così poco delineabile. Una caratteristica tipica del
periodo che stiamo vivendo è senza dubbio la frammentazione: “Il tempo è
destrutturato e frammentato; l’esistenza stessa è pensata come fine a se stessa e
vissuta nella precarietà, senza richiamare la memoria storica
7
”. Il rifiuto dei principi
moderni porta ad un recupero del passato, ad una rivalutazione di ciò che è primitivo
e incontaminato dal progresso. Nelle relazioni sociali vi è un ritorno al neotribalismo
8
.
7
Pacelli D. (a cura di), Nuove espressioni di socialità dal reale al virtuale. Il reticolo delle esperienze giovanili,
Milano, Franco Angeli, 2004. p.29.
8
Cfr. Maffesoli M., La contemplazione del mondo, Genova, Costa e Nolan, 1996.
12
Soprattutto i giovani, inseriti in un sistema eccessivamente razionalizzato che non
favorisce la comunicazione interpersonale, ricreano forme primitive di organizzazione
sociale. Il giovane d’oggi è incerto, errante, alla ricerca continua di nuove esperienze,
utilizzando un’espressione di Maffesoli, lo si potrebbe definire nomade. “Il terreno nel
quale i nomadi si muovono è segnato dalla velocità di circolazione dei flussi e
dall’interiorizzazione nella vita di ciò che è imprevedibile, basti pensare all’impatto
delle nuove tecnologie che testimoniano la tendenza al ’non scegliere’, non
‘mostrarsi fino in fondo’, desiderare di essere ‘altro e altrove’: Internet, le chat, gli
sms, i recentissimi mms permettono al nomade di “girovoltare tra le tribù” , non per
andare in un luogo nuovo, ma per subire suggestioni nuove e imprevedibili, senza un
percorso predefinito”
9
.
I giovani nell’attuale contesto europeo rappresentano una realtà sociale in
continua evoluzione. Attraverso un’attenta osservazione di ciò che avviene nel
mondo giovanile, è possibile comprendere quanto avviene all’interno delle società in
cui essi vivono, crescono, si formano e si preparano all’ingresso nel mondo adulto.
Monitorando il “pianeta giovani” si riesce a capire cosa sta cambiando, in virtù della
capacità che hanno i giovani di mettere in evidenza le contraddizioni, di essere più
chiari ed espliciti nel loro modo di affrontare i problemi, rispetto ad un universo
adulto, fatto di razionalizzazioni e di rassegnazioni. Essere giovane, oggi più che
mai, rappresenta una sfida verso la società, verso gli adulti e verso l’ordine
precostituito. Il giovane del terzo millennio è poco fiducioso verso il futuro e vive
quella fase di transizione che è la giovinezza, cercando degli esempi positivi da
seguire, che spesso gli sono negati dal mondo adulto. Per questo, il giovane è
9
Pacelli D. (a cura di), Nuove espressioni di socialità dal reale al virtuale. Il reticolo delle esperienze giovanili, cit.,
p. 42.
13
spesso diffidente verso l’adulto, lo concepisce come rassegnato e disilluso,
arrendevole: non più disposto a lottare per una società migliore.
Questo rifiuto verso il mondo adulto, porta il giovane a rifugiarsi in se stesso e
all’interno del gruppo dei pari, spesso concepito come vero e proprio punto di
riferimento. Il ritrovarsi con gli amici è di fondamentale importanza sia nella
adolescenza che nella giovinezza. I giovani, nel loro tempo libero, s’incontrano con
altri coetanei di entrambi i sessi, con i quali intrecciano rapporti di vario tipo. La realtà
sociale che viene a costituirsi generalmente prende il nome di “compagnia”. Essa
consiste in raggruppamenti di giovani agli angoli delle strade, nelle piazze, nei bar,
davanti alle scuole o a luoghi ricreativi di vario genere. Il ritrovarsi non ha uno scopo
formale o organizzativo, ma serve a trascorrere insieme il tempo libero,
raccontandosi le proprie esperienze e confrontandosi tra coetanei. Questi gruppi
sono definiti dai ricercatori “informali”, “spontanei”, “naturali”.
Questa realtà è stata studiata con poca attenzione dalle scienze sociali, che
hanno preferito concentrare la loro attenzione sulle “bande”, quei gruppi giovanili che
hanno un atteggiamento aggressivo e violento nei confronti della società. Tale
atteggiamento si manifesta attraverso vandalismi, aggressioni, scarso rispetto per gli
adulti.
Un altro genere di aggregazione giovanile riguarda i gruppi formali o
organizzati, che si ritrovano presso le parrocchie, le associazioni di volontariato, i
partiti politici e le società sportive. Si tratta di giovani che condividono gli stessi
interessi e manifestano il desiderio di incontrarsi per coltivare insieme le proprie
passioni. Questa realtà è stata presa in considerazione assai frammentariamente, di
conseguenza non si conosce il reale statuto di questi gruppi.