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INTRODUZIONE
La Rai, oggi Radio televisione italiana, fin dal regio decreto del 1923 che la istituì, si
occupa del servizio pubblico televisivo italiano. In questa definizione, dentro le
parole “servizio pubblico”, il lettore potrà riscontrare, nel prosieguo dei capitoli,
l’enorme contributo che l’azienda di stato ha saputo dare al Paese, alla formazione
pedagogica, civica e sociologica della popolazione, nonché alla stretto rapporto
intessuto negli anni della prima e seconda repubblica con i partiti politici. Paradigma
del tutto, la concessione statale che gli viene attribuita ininterrottamente dall’inizio,
grazie alla quale l’azienda ha avuto e tutt’oggi continua ad avere la possibilità di
esercitare l'attività radiotelevisiva in esclusiva su tutto il territorio nazionale. Lo
scopo di questo elaborato sarà quello di fornire una visione completa del panorama
italiano e internazionale sui servizi pubblici, analizzando via via gli aspetti che hanno
portato al successo le riforme adottate negli altri paesi europei con una puntuale
comparazione del sistema regolatorio e legislativo del nostro paese, con la
presunzione di voler dimostrare come tali innovazioni sono applicabili anche in
Italia. Nella tesi, ripercorrerò la storia dell’azienda dalla nascita, analizzando i
passaggi chiave che hanno condotto una vera e propria industria del sapere, dal
monopolio alla concorrenza, realizzatasi negli anni ’80 del secolo scorso con
l’avvento delle televisioni commerciali. Verrà inoltre analizzata la particolare
struttura societaria, che vede lo stato come azionista di maggioranza; è il Ministero
dell’Economia e delle Finanze che detiene il 99,56% del pacchetto azionario.
Sull’ultimo aspetto mi soffermo nel secondo capitolo e analizzo altresì, gli obblighi a
cui la società così organizzata è chiamata ad osservare nel rispetto della concessione
affidatagli, approfondendo i risultati dell’ultimo bilancio per avere un quadro
complessivo, anche sotto il profilo economico-contabile. Questo è uno degli aspetti
più importanti in quanto l’azienda, di per sé, non è libera di gestire il proprio
business in totale autonomia. Quella della Rai è una storia lunga e complessa che,
alle porte del 2016, anno in cui si rinnoverà la concessione, si ritrova ancora alcuni
paletti che ne impediscono il pieno sviluppo. Già, perché la Rai ha insito nel suo
stesso DNA una funzione sociale per il sistema-Paese. Prima di procedere all’analisi
sulla struttura complessiva aziendale, esamino la composizione dell’offerta del
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servizio pubblico, in particolare nel terzo capitolo, sui servizi televisivi pubblici e
non dei maggiori paesi europei, allo scopo di capire come si muovono in questo
ambito. L’analisi porterà in evidenza le diverse situazioni esistenti nel territorio
dell’Unione europea, ove sono riscontrabili situazioni sicuramente diverse rispetto
l’Italia; paesi in cui non è previsto il pagamento del canone, altri che dedicano i
proventi ricavati da questo tributo ad un unico canale, totalmente senza pubblicità.
Oltre all’Europa, uno sguardo sarà rivolto anche “oltre Oceano” per analizzare la
situazione statunitense, dove tutte le emittenti sono considerate commerciali e non è
presente il servizio pubblico. Siamo in un momento di grandi cambiamenti, politici,
economici e tecnologici, soprattutto nei modi di fruizione dell’offerta. Il quadro
generale, di cui si approfondiranno alcune peculiarità, avverte sempre più il bisogno
di una naturale trasformazione della convenzione, in modo da aderire in maniera
pregnante alle evoluzioni dei tempi. La convenzione oggi in vigore è stata stabilita
dal D.P.R. del 28 marzo 1994. Risulta subito chiaro che il contenuto della stessa non
possa rispondere in maniera efficace all’evoluzione tecnologica. Anche le leggi a cui
fa oggi rifermento il servizio televisivo sono state emanate tra il 2004 e il 2005, in un
momento storico e politico completamente differente da oggi e con delle logiche ad
esse sottese oggi poco compatibili con il nuovo tessuto della società. Avere a
riferimento delle norme così datate non permette all’azienda di poter sviluppare le
potenzialità di cui è dotata. Oltre a ciò, la Rai deve sostenere il peso dell’evasione
fiscale relativo al mancato pagamento del canone, non considerata una “tassa” da
molti italiani. In questo elaborato si cerca di trovare un modo che permetta il
recupero dei canoni non pagati, cercando così di fermare l’evasione fiscale e creare
un costante flusso di cassa capace di garantire il sostentamento economico necessario
alla stabile programmazione dell’attività aziendale. Si darà conto di diverse
riflessioni pubbliche, dentro e fuori le aule Parlamentari, avviate di recente sulle
modalità più idonee ad orientare una giusta riforma del servizio pubblico. Sia
maggioranza che opposizione concordano sul dato di fatto che siano necessari
incisivi cambiamenti, cosa che peraltro l’azienda è stata già chiamata ad
intraprendere (nello specifico, con il decreto Irpef emesso in aprile dal neonato
governo di Matteo Renzi). Lo stesso provvedimento, pur non obbligando la Rai a
questa misura, ha però di fatto portato alla vendita e il collocamento in borsa di Ray
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Way, società che gestisce le torri trasmissive. Questa azione, nonostante i malumori
espressi da alcuni membri del C.d.A., si è rivelata di grande successo, realizzando
introiti importanti profitti fin dal giorno stesso del debutto sul mercato. Nel corso
della sua vita industriale, la Rai è sempre stata legata a un doppio filo con la politica,
cosi come accade per le altre emittenti pubbliche europee. A seguito delle varie
analisi, storiche e politiche, affronto il futuro tramite proposte specifiche che
metteremo a paragone con delle possibili varianti, in modo da poterne verificare
l’efficacia e la sostenibilità, cosi da arrivare a ipotizzare una nuova Rai, un nuovo
servizio pubblico, affrontando sia l’aspetto dall’offerta televisiva che del pagamento
del canone. Durante il mio lavoro sviluppato nei prossimi capitoli, il lettore potrà
meglio comprendere che il cambiamento e l’efficienza sono possibili, a condizione
che essi vengano predisposti con impegno, coerenza, coraggio e responsabilità di
tutti, in modo da raggiungere gli ambiziosi traguardi che questo nostro Paese merita e
sogna.
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CAPITOLO 1 – Storia della TV pubblica italiana
Nel parlare di storia della televisione pubblica italiana non possiamo sottrarci
dall’analisi delle fonti normative che hanno regolato – e regolano ad oggi –
l’architettura normativa di questo importantissimo strumento di comunicazione di
massa che lungo gli anni ha unito l’intero Paese. L’analisi che seguirà verterà
sull’analisi e dalle evoluzioni del quadro e delle dinamiche sottese a detto sistema,
dal Regio Decreto del 1923 fino ad oggi.
1.1 Nascita della Tv pubblica, Reggio decreto n.1067/1923
La regolamentazione che ha dato vita alla disciplina del sistema radiofonico italiano
ha il suo il punto di inizio con il Regio decreto n. 1067 dell’8 febbraio 1923, nel
quale si dispone che è lo Stato l’unico autorizzato all’esercizio delle comunicazioni
per mezzo di onde elettromagnetiche. Nel contempo, il legislatore stabilisce la
riserva di concedere tale potestà in regime di concessione a persone, enti o
amministrazioni per lo sviluppo e lo sfruttamento. Un secondo decreto, il n. 665 del
maggio 1924, definisce i contenuti della radiodiffusione, stabilendo anche il
palinsesto della radio. Molto è cambiato da allora. Correva l’anno 1924 e la nazione,
in pieno fermento politico e sociale, assiste alla nascita dell’URI, l’Unione
radiofonica italiana, sotto forma di Società anonima creata dal primo Ministro delle
Comunicazioni d'Italia, Costanzo Ciano. La nuova realtà nasce dalla fusione tra la
società Radiofono di Guglielmo Marconi e la SIRAC e, in virtù del decreto,
acquisisce in concessione esclusiva le trasmissioni sull’intero territorio nazionale. In
questo preciso momento storico si sta parlando ancora solo di radio, un mezzo di
comunicazione che non è ancora diffuso e utilizzato al massimo delle sue
potenzialità. I settori principali dell’industria radiofonica, che spingono la diffusione
della radio sono i produttori e trasmettitori dei programmi e i produttori di
apparecchi, oltre allo stesso Marconi in prima persona. Il fisico bolognese, fin
dall’avvento del regime fascista, intraprende un’opera di profonda persuasione nei
confronti di Benito Mussolini, circa l’importanza e lo sviluppo di nuove potenzialità
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che il nuovo mezzo di trasmissione poteva determinare. All’URI aderiscono le
principali aziende del settore radiofonico, oltre ad un’associazione degli stessi
produttori radiofonici e di società di radiodiffusione. Il modello di sviluppo è molto
simile a quello usato dalla già sperimentata BBC, la società concessionaria del
servizio nel Regno Unito, nata nel 1922. L’URI detiene quindi il monopolio, e viene
finanziata, dal canone, l’imposta dagli apparecchi e dalla pubblicità. La società
concessionaria della pubblicità radiofonica è la Sipra, ancora viva ai giorni d’oggi
seppur sotto un’altra denominazione. Il concerto d’inaugurazione della prima
stazione radiofonica italiana viene trasmesso dall’URI alle ore 21 del 6 ottobre 1924.
Un altro importante traguardo del percorso italiano radiotelevisivo, viene fissato
nell’autunno del 1927, quando l’URI diventa EIAR – Ente italiano per la audizioni
radiofoniche, e il controllo azionario e direzionale passa nelle mani del governo. A
questo nuovo ente l’esecutivo affiderà, da lì a poco, una concessione
venticinquennale, con scadenza nel 1952, anche se non durerà così a lungo. È il 1929
quando la SIP, la Società idroelettrica Piemontese, acquista il pacchetto di
maggioranza della Sipra, avviando un piano di sviluppo anche relativo alla parte
infrastrutturale. Solo un anno dopo, l’opera del personale societario aveva già
collegato 6.000 chilometri di linee telefoniche di terra per le trasmissioni in rete. Con
una così rapida e inarrestabile crescita, dopo solo un decennio dall’inizio di
quest’avventura, gli anni ‘30 meritano in pieno il titolo di decennio d’oro per la
radio. Ed è allora che si configurano definitivamente le caratteristiche della struttura
radiofonica italiana: il regime di monopolio, la combinazione di struttura privatista
con quella del controllo governativo, il ricorso a diversi sistemi di finanziamento. La
radio diventa così, insieme al cinema, il più capillare e potente mezzo in grado di
influenzare la popolazione. Sempre in questi anni iniziano gli esperimenti di
trasmissione di immagini in movimento. L’Italia sperimenta il nuovo mezzo, la
televisione, intorno agli anni trenta: i primi tentativi iniziano nel 1929, anche se la
prima dimostrazione pubblica sarà nel 1932 alla Mostra della Radio, mentre le prime
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trasmissioni regolari cominciano solo nel 1939, interrotte dallo scoppio della guerra
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Nello stesso periodo in tutta Europa e negli Stati Uniti si sviluppa, nella sua
interezza, il sistema televisivo. Come tutte le innovazioni sociali, però, il consenso e
il coinvolgimento della popolazione è ancora scarso: ad esempio le trasmissioni
televisive quotidiane trasmesse dal 1935 al 1944 a Berlino non registrano un
riscontro immediato sul pubblico. Si deve attendere lo svolgimento di due grandi
eventi mondiali, l’apertura dell’Expo di New York e le Olimpiadi del 1936, per
fissare i primi eventi di grande rilevanza capaci di segnare la storia della televisione.
Prima di quella data, le trasmissioni televisioni esistevano solo a livello sperimentale,
circoscritti ad un limitato perimetro dentro i confini nazionali.
Il 30 aprile del 1939, Franklin Delano Roosevelt, è il primo presidente degli Stati
Uniti ad apparire in televisione, ripreso durante il discorso di inaugurazione.
“C’erano soltanto 200 televisori accesi quel giorno nell’area metropolitana di New York, per la gran
parte posseduti da dirigenti della NBC o da accentraci miliardari. Ma c’erano anche parecchi
monitor nel grande atrio del quartier generale della RCA a Manhattan, in alcune vetrine di grandi
magazzini e negli stand dell’Esposizione riservati alla società. Tutti coloro che videro le prime
immagini di La Guardia e Roosevelt rimasero impressionati dalla nitidezza delle immagini
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”.
Le Olimpiadi del 1936 tenutesi a Berlino, furono uno dei più importanti eventi
mediatici del XX° secolo, che Hitler riuscì a trasformare in un grande spettacolo
propagandistico a favore del nazismo. Per la prima volta saranno trasmessi i giochi
Olimpici, con eventi sportivi in diretta voluti dal III Reich per mostrare al mondo
tutta la sua potenza. Anche in Italia alla fine degli anni 30 si inizia ad intravedere la
potenza del mezzo e il 22 luglio 1939 entra in funziona un trasmettitore per le
comunicazioni sperimentali per la sola zona urbana di Roma; le sperimentazioni si
susseguiranno fino all’inizio della guerra. Di notevole rilievo il contesto sociale dove
si svolgono questi eventi:
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Sangiovanni A., Le parole e le Figure: storia dei media in Italia dall'età liberale alla Seconda
Guerra mondiale, p.343
2
Grasso A., Enciclopedia della televisione, op.cit.
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“Siamo di fronte ad una società oramai in via di massificazione, con nuovi modelli
culturali che sorgono e si diffondono in modo più ampio di come avveniva in
passato. Finisce con la prima guerra mondiale la competizione tra Europa e Stati
Uniti. Lo stile americano trionfa nei settori della comunicazione, dello spettacolo,
della cultura in genere. Il liberty e la Belle Epoque sono superati dalla ricerca della
semplicità e dalla geometria degli spazi. In Italia, questi anni, sebbene si connotino
per lo sviluppo delle corporazioni e dell’autarchia e portino in definitiva a una
chiusura del paese nei confronti delle influenze culturali estere, rappresentano, con il
ruolo assunto delle comunicazioni, radio, cinema, stampa, il momento di maggiore
espansione dello stile americano
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”.
E’ solo nel 1935 con lo scoppio della guerra in Etiopia, che la radio acquista
importanza come mezzo di comunicazione di massa e assume nella società il ruolo di
principale mezzo di propaganda. Il regime cercò di diffondere l’abitudine
dell’ascolto collettivo e venne istituita un’apposita commissione composta da quattro
membri finalizzata a impartire specifiche direttive all’EIAR. Diverse e variegate le
dinamiche che si susseguono trasformando, negli anni, i rapporti tra EIAR e Stato.
La caratteristica principale della radio si evidenziava come strumento transnazionale,
con una propria e specifica peculiarità, quella riuscire a superare i confini dei singoli
stati e diventare uno strumento di comunione e incontro tra i popoli anche con
culture tra loro molto variegate. A tal proposito, fondamentale è stato il ruolo svolto
da alcune radio durante la guerra, una su tutte Radio Londra, “l’ha detto la radio
inglese” diventa strumento per affermare la veridicità della notizia. Sul territorio
nazionale va dato richiamo all’esperienza di Radio Bari, che dopo lo sbarco degli
alleati si trasformerà da radio di regime a radio antifascista e partigiana. La fine della
guerra porrà fine non solo alla grandezza del mezzo ma anche ad un’epoca e
all’esperienza dell’EIAR. Il 26 ottobre 1944 con decreto legislativo luogotenenziale,
viene disposta la fine dell’EIAR e il suo avvicendamento con la Rai, Radio
Audizioni Italia.
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Anania F. ,Breve storia della radio e della televisione Italiana, op. cit.