4
All’apparenza sfuggono alcuni elementi che vale la pena di prendere in
considerazione. Ad un’analisi attenta, infatti, viene fuori che questi due
mezzi di comunicazione, negli anni, hanno allacciato rapporti molto
significativi sotto diversi aspetti. Rapporti economici, storico-sociali,
produttivi e addirittura linguistici. Hanno, cioè, intessuto una trama di
relazioni molto fitta, che spesso però è stata dimenticata dalle fonti
storiografiche.
Questo saggio, dunque, si pone l’obiettivo di risollevare la questione,
tentando di compiere un’analisi generale dei diversi contatti mediatici
tra i due mezzi, in modo da suggerire una serie di spunti interessanti e
degni di essere approfonditi.
Questo saggio si divide in due parti. La prima prende avvio da una
considerazione di fondo: la radio è considerata un medium dimenticato
e per lunghi tratti inferiore agli altri e, soprattutto, al cinema. Perché si
possano analizzare i rapporti tra radio e cinema, è opportuno che questi
pregiudizi vadano superati. Dei tre capitoli che la compongono, dunque,
il primo solleva la questione. Il secondo capitolo, dal canto suo, tenta di
risolvere la questione a monte, andando ad analizzare il rapporto che
intercorre tra l’immagine (contenuto specifico del film) e il suono
(contenuto specifico della radio), sottolineando l’importanza della
dimensione sonora tanto in radio quanto al cinema. Il terzo, poi,
ripercorre la storia dei due media, mostrandone i numerosi punti di
contatto e i tantissimi parallelismi.
La seconda parte del saggio, invece, si cala più nello specifico
dell’analisi dei rapporti tra i due mezzi. In particolare, il quarto capitolo
affronta le tematiche relative alla presenza del cinema in radio, sia
nell’uso tematico che ne viene fatto che come fonte di ispirazione
creativa.
5
Il quinto e ultimo capitolo, invece, analizza di fatto i cosiddetti film sulla
radio e le possibili conseguenze, sul piano espressivo, economico e
storico-sociale, della presenza di apparecchi di riproduzione sonora (e
nella fattispecie la radio appunto) all’interno di sistemi di enunciazione
cinematografica.
6
1. PREMESSA
“L’incontro del cinema e delle onde
appare altrettanto fatale quanto
quello di due fiumi che scendono
verso la medesima valle”
1
In un saggio scritto circa sessanta anni fa, intitolato Cinema Totale,
René Barjavel preannunciò un connubio quasi inevitabile tra due mezzi
di comunicazione all’apparenza molto diversi: Cinema e Radio.
“Dalla loro congiunzione nascerà il grande fiume della nuova arte”.
2
Il principio espresso da Barjavel non è certamente privo di difetti, ma
descrive comunque un punto di vista molto interessante. La remota
possibilità che due strumenti tanto diversi, come possono essere radio e
Cinema, arrivino in qualche modo a fondersi insieme ci sembra più che
altro un azzardo, quasi una provocazione, piuttosto che una riflessione
attenta. Sembra un’ipotesi legata più alla fantascienza (di cui peraltro
l’autore è un degno rappresentante) che alla scienza in sé. Eppure
Barjavel, nel suo saggio, non fa che descrivere questo nuovo mezzo, a
portata globale e imposto dalle istituzioni, che egli chiama addirittura
radio-cinema.
“Il tempo verrà in cui il cinema, portato dalle onde, andrà a cercare
l’uomo a casa sua, lo inseguirà fin nei rifugi più lontani. Il contadino
degli altipiani dell’Auvergne, il guardiano del faro, l’esploratore
dell’Himalaya, assisteranno agli stessi spettacoli degli snob della
capitale. L’uomo avrà definitivamente perso la sua solitudine. Non potrà
più sfuggire alla propaganda totale. Se non potrà o non vorrà acquistare
1
[Barjavel 2001, tr. it.: pp. 66]
2
[ibidem]
7
l’apparecchio ricevente, gliene verrà dato e imposto uno. L’architetto lo
avrà sigillato nel muro della casa, il falegname dissimulato dietro lo
sportello della credenza, l’elettricista combinato con l’illuminazione
diretta. Non esisterà appartamento senza radio-cinema.”
3
Come dicevamo, il pensiero di Barjavel non è esente da limiti. Dalla
nostra prospettiva ne individuiamo almeno due. Innanzitutto, a ben
vedere, egli descrive una sorta di villaggio globale in cui tutti, dai più
ricchi fino ai contadini e gli esploratori dell’Himalaya, saranno in grado
di assistere agli stessi spettacoli. Possedendo questo nuovo mezzo,
questo cinema portato dalle onde, si potrà accedere cioè ad una grande
finestra sul mondo. Sembra chiaro, dunque, che il mezzo di cui l’autore
parla non è altro che la nostra televisione. Da questo punto di vista,
l’iniziale senso di innovazione di cui erano pervase le sue parole, di
colpo svanisce e perde irrimediabilmente molto del suo fascino.
Inoltre, Barjavel scrive questo saggio nel 1944, quando il secondo
conflitto mondiale aveva ormai portato morte e distruzione in tutto il
mondo e stava lentamente concludendosi. È chiaro, dunque, come sia
stato fortemente influenzato dai sistemi totalitari e da una situazione
internazionale assolutamente negativa. Del resto, già da queste poche
righe se ne deduce un’impostazione pressoché pessimistica degna della
più grande tradizione cosiddetta anti-utopistica
4
. In un tale contesto, il
cinema totale finisce per assumere i connotati di “uno dei più potenti
mezzi di asservimento degli uomini”
5
.
3
[2001, tr. it.: pp. 70]
4
Il genere anti-utopistico è caratterizzato dalla previsione di un futuro non migliore né ideale, ma di un
mondo insensato in cui gli uomini vengono privati dell’anima, e dove prevale soltanto la violenza autoritaria,
mentre tutt’intorno non c’è che abbrutimento, tristezza, squallore, diffidenza e odio. Numerosissimi sono gli
esempi del genere. Da 1984 di Orwell alle opere di Wells e Huxley in letteratura, per arrivare a Brazil (1985)
di Terry Gillian, L’uovo del serpente (1977) di Bergman e L’uomo che fuggì dal futuro (1971)di Lucas,
soltanto per citarne alcuni.
5
[2001, tr. it.: pp. 37]
8
Nonostante questi difetti, il discorso di Barjavel a noi interessa
soprattutto come punto di partenza, come spunto per cercare di
intraprendere un percorso per lo più originale che ci porti a chiarire se
Radio e Cinema, nella storia e ancora oggi, si siano mai incontrati, e in
che modo.
1.1 Gemelli diversi
Intavolare un discorso che ha come oggetto il rapporto tra radio e
cinema non è poi così facile. La storia di questi due mezzi è intrecciata e
complessa; vede alternarsi momenti di estrema vicinanza ad altri di
allontanamento ma ancora oggi manca un quadro completo e organico.
Uno degli ostacoli maggiori da superare è lo scetticismo iniziale quasi
generalizzato nei confronti di due sistemi ritenuti troppo distanti l’uno
dall’altro. Apparentemente il connubio radio-cinema sembra a molti un
connubio impossibile o quantomeno improbabile. Non solo per la gente
comune ma anche per gli addetti ai lavori. Lo dimostra il fatto che
difficilmente ci si imbatte in studi o riflessioni teoriche inerenti i due
mezzi e il loro rapporto reciproco. Per quanto riguarda la radio, ad
esempio, è più plausibile che, all’interno del sistema mediatico, venga
spesso accostata alla televisione. Tale accostamento, inoltre, avviene
più da un punto di vista storico, legato al loro rapporto di competizione
iniziale, come mezzi aventi una stretta correlazione tecnologica, che dal
punto di vista linguistico, come strumenti in grado di creare sistemi di
rappresentazione complessi.
Per il cinema, invece, il discorso è completamente invertito. Difatti, è
estremamente più facile imbattersi in studi approfonditi sul suo legame
con le altre arti, come il teatro o la letteratura, che trovarsi di fronte a
9
riflessioni storico-sociologiche sulla funzione sociale del mezzo stesso
6
.
Insomma, è come se ci fossero due strade parallele, che
apparentemente non arrivano mai a toccarsi. Da una parte c’è il
cinema, dall’altra la radio. E se le ricerche sul cinema rappresentano,
come appena detto, delle analisi prettamente linguistiche, quelle sulla
radio, invece, inquadrano il mezzo sempre più come medium sociale che
come strumento creativo. La radio, cioè, viene vista sempre più spesso
come un mezzo fatto più per comunicare che per rappresentare
qualcosa.
Come sostiene Franco Minganti, autore del saggio Modulazioni di
frequenza. L’immaginario radiofonico tra letteratura e cinema, “nelle
moderne rivisitazioni delle storie culturali dei media e di quelli che
potremmo indicare, più specificamente, come media dell’entertainment,
l’ambito definito dalla rete dei rapporti tra radio e cinema non risulta
troppo frequentato, vuoi per una certa abitudine a ortodossie
disciplinari, vuoi per la complessità di intrecciare elementi così
differenti.”
7
Per questo motivo, mettere insieme due mezzi così diversi, che
agiscono, a quanto pare, in ambiti così fortemente distinti, che
chiamano in causa sistemi di percezione in parte contrapposti
8
, oggi
come oggi sembra non avere alcun senso. Di certo tale questione
rappresenta un punto interrogativo legittimo a cui colpevolmente si è
dato poco peso.
Soltanto per fare un esempio del disinteresse che c’è in merito, basta
pensare al film realizzato alla fine del 2004 da un’intera redazione
6
In realtà riflessioni di tal tipo non sono affatto rare né meno importanti ma, nella maggioranza dei casi, i
discorsi più comuni sul cinema riguardano il suo linguaggio e le sue caratteristiche espressive. Le numerose
ricerche in merito dei più grandi teorici e critici cinematografici, da Andrè Bazin a Francois Truffaut, ne sono
la prova.
7
[1997: pp. 86]
8
Sistema uditivo nel caso della radio, sistema visivo nel caso del cinema.
10
radiofonica nazionale. Il network in questione è Radio Deejay, e il film si
intitola Natale a casa Deejay
9
. Per quanto va detto che non siamo
certamente di fronte a un capolavoro nella storia del cinema, mi sembra
tuttavia importante sottolineare che questo film rappresenta senza
dubbio un interessante esperimento (più che altro commerciale) di
fusione tra Radio e Cinema. Cercando liberamente in rete notizie sul
film, troverete scritto molto spesso che per la prima volta una radio si
trova a realizzare un prodotto cinematografico. Ad onor del vero, nella
storia sono presenti altri esempi del genere (differenti nella forma ma
simili nella sostanza
10
), quasi tutti, però, avvenuti intorno agli anni
Trenta, cioè nel periodo di massimo splendore della radio. Il fatto che
Natale a casa Deejay arrivi nel 2004, a distanza di settant’anni,
dimostra che ancora oggi l’interesse reciproco che accomuna cinema e
radio non è cambiato. Inoltre, questa volta, non è tanto il cinema ad
ospitare la radio, quanto la radio in toto a farsi cinema, portando dentro
lo schermo non solo tutti i suoi personaggi, ma anche se stessa, la sua
storia, e le sue caratteristiche
11
. Già solo questi due aspetti dovrebbero
far riflettere. Eppure, nessuno o quasi si è occupato di questo film, se
non considerandolo semplicemente come un simpatico esperimento.
Siamo sinceri, chi di noi, pensando a un film realizzato da radio deejay,
non si sarà fatto scappare almeno un sorrisino? Nella migliore delle
ipotesi ci saremo giusto un po’ incuriositi nel vedere in azione i nostri
beniamini della radio; oppure siamo semplicemente rimasti indifferenti
alla cosa.
9
Natale a casa Deejay: liberamente tratto da A Christmas Carol di Charles Dickens. Regia di Lorenzo
Bassano. Il film vede come protagonisti tutti i personaggi di Radio Deejay, con la partecipazione
straordinaria di Fiorello, Gianni Moranti, Gerry Scotti, Paola Cortellesi, Articolo 31 e la medaglia d’oro alle
Olimpiadi 2004 Stefano Baldini.
10
È il caso del film The Big Broadcast (1932), una commedia musicale della Paramount con Bing Crosby,
George Burns, Gracie Allen, Kate Smith, i Mills Brothers e altre personalità molto note della radio.
11
La trama, ispirata come detto alla favola di Dickens, viene tutta rivisitata in chiave radiofonica.
Protagonista è il Temibile Cavalier di Molfetta (Linus), titolare di Tubo Deejay, antesignana della moderna
radio. Evidente il rimando preciso a tutta la realtà di Radio Deejay.
11
Quel che è certo, è che nessuno si sarà fermato a riflettere e a porsi
anche solo un piccolo interrogativo sulla portata mediatica di un tale
evento.
A questo punto, l’obiettivo di questo mio saggio, sarà quello di porsi
quanti più interrogativi possibili su un argomento come detto molto
complesso e per niente scontato.
12
1.2 Un Pregiudizio Diffuso
Prima di iniziare questa indagine sui rapporti che radio e cinema hanno
stretto negli anni e continuano tutt’ora a stringere, è bene tenere
presente tutti i possibili pregiudizi che intervengono a falsare l’analisi,
per poi cercare, per quanto possibile, di superarli.
Uno in particolare pende come una spada di Damocle sulla radio.
Secondo quanto riportato dall’Enciclopedia della radio, edizione
Garzanti:
La radio è generalmente percepita, in Italia e anche in altri paesi, come
un medium in qualche misura «secondario», rispetto ai mezzi di
comunicazione che più contano: in particolare la televisione, la grande
stampa, il cinema. Secondario nello spazio che gli viene dedicato
dall’informazione e dal dibattito pubblico, secondario nelle scelte di
investimento pubblicitario, secondario anche nelle rappresentazioni che
il pubblico stesso ne dà.
12
La radio, dunque, uno dei medium più antichi e importanti del secolo
appena trascorso, viene percepita come medium dimenticato. Si presti
attenzione al termine percepita. Questo non vuol dire che sia
effettivamente così, ma non dimostra il contrario.
Di certo, però, analizzare il rapporto tra due mezzi di comunicazione a
partire da una constatazione (vera o presunta) di inferiorità di uno dei
due, porterebbe alla creazione di un dislivello iniziale che poi sarebbe
difficile riequilibrare.
12
[2003: pp. 961]
13
Dagli anni Ottanta, in gran parte della letteratura sulla radio, in quella
più orientata al mercato come in quella critico-teorica, ci si imbatte
regolarmente in termini come «trascurato», «negletto», o […]
«dimenticato» riferiti al medium, e in promesse di riscossa, rilancio, o
secondo uno stereotipo ricorrente in particolare in Italia, «seconda
giovinezza». Per quanto comprensibile, l’uso di queste formule
retoriche ha però finito con il condizionare negativamente la riflessione
sul mezzo stesso, da diversi punti di vista: ha indotto molti ad anteporre
la discussione sull’importanza della radio agli interrogativi sul suo
funzionamento effettivo come forma di comunicazione; soprattutto, ha
impresso una distorsione alle analisi (importantissime per la
comprensione di un medium e del suo ruolo) sulla sua collocazione nel
sistema dei mezzi di comunicazione, portando alla ribalta più le sue vere
o presunte potenzialità «competitive» nei confronti degli altri media, in
particolare della TV, che non le complementarità, le interdipendenze, le
contaminazioni. Si è finito così spesso con il presentare «la radio» come
un’entità astratta e in qualche misura decontestualizzata, sospesa tra la
rivendicazione di un grande passato e la promessa di un luminoso
avvenire: un modo di leggerla che non di rado fa torto alla radio quale
realmente è.
13
Ma qual è realmente la radio? Perché viene considerata un mezzo
dimenticato? Su quali basi? Di certo, in questa sede, il minimo che si
possa fare è cercare di capire i motivi di un tale pregiudizio, per vedere
poi se e in che modo possa essere superato.
13
[ibidem]
14
1.3 La radio invisibile
Nella percezione soggettiva dei suoi stessi ascoltatori, la radio spesso si
presenta come un medium di sfondo, al quale non si dà troppa
importanza, anzi che si usa addirittura senza rendersene conto. Eppure i
dati 2003 mostrano che la radio è ascoltata regolarmente da oltre i due
terzi degli italiani adulti, ed è seconda, nel nostro paese, solo alla
televisione. Dunque, la radio è un medium onnipresente nella vita di
tutti noi. Allora perché viene percepita come medium invisibile? Inoltre,
è forse possibile che proprio questa rappresentazione, per quanto in sé
distorta, non rinvii ad alcuni dei tratti distintivi del modo in cui il mezzo
stesso si relaziona con il suo pubblico, e forse anche ad alcuni dei
segreti più significativi della sua lunga vita?
14
Secondo l’edizione Garzanti dell’Enciclopedia della Radio, i motivi che la
rendono un medium invisibile sono diversi. In primo luogo troviamo una
caratteristica che descrive una delle metafore più antiche e diffuse per
designare la radio, e cioè la cosiddetta cecità del mezzo, “un’etichetta
che gli è stata attribuita, per differenza, dall’avvento del cinema sonoro
e poi, soprattutto, della TV.”
15
La radio è da tempo nota come la povera
sorella cieca della televisione. Per cecità si intende, ovviamente, la
mancanza delle immagini alla radio. A questa mancanza, essa deve
supplire con le sole risorse del suono e dell’udito. Vedremo però che di
cecità diversi autori parleranno anche in termini teorici, come di una
caratteristica più generale e intrinseca del medium, e non
necessariamente negativa.
16
14
A tal proposito rimando alla lettura di Ortoleva – Scaramucci (a cura di), L’Enciclopedia della Radio,
Edizione Garzanti, Milano, 2003
15
[Ortoleva-Scaramucci, 2003: pp. 962]
16
Rimando alla lettura del capitolo 4, sull’elogio della cecità di Arnheim.
15
Del resto, “dalla stessa cecità [derivano] alcune delle sue caratteristiche
più vitali: in primo luogo la flessibilità, la possibilità di trovare un suo
spazio in situazioni anche molto differenti.”
17
In quanto solamente
sonora, la radio sfrutta la sua leggerezza
18
e si presta ad essere usata
come medium di sfondo, di compagnia o di abbellimento mentre noi ci
dedichiamo ad altro. “Ma, o meglio, proprio per questo, è un mezzo
ubiquo perché può stare in tanti ambienti”
19
.
Ma un altro motivo, già molto noto, che concorre a rendere la radio
invisibile, è la presenza ingombrante della televisione. Guardandoci
indietro vediamo che la radio, negli anni Trenta, era il medium
dominante insieme al cinema. Da Cinquant’anni a questa parte, e
tutt’oggi, con l’avvento della Tv, le cose sono cambiate. Eppure
vedremo che anche questo aspetto può essere in parte contraddetto.
Che le cose siano cambiate è fuor di dubbio, ma che siano cambiate
negativamente per la radio è tutto da dimostrare.
“A ben riflettere, tutte le caratteristiche sin qui elencate spiegano
perché la radio sia un medium, oltre e più che sottovalutato,
sfuggente.”
20
L’ultimo aspetto che conferisce alla radio una scarsa visibilità, secondo
l’Enciclopedia Garzanti, è la sua forte ambiguità intrinseca. La radio è un
mezzo globale e locale allo stesso tempo; dà forma ad un pubblico
radiofonico oscillante tra una dimensione domestica ed una di massa e
ancora verso una dimensione assolutamente privata e intima; è sempre
stato un mezzo in continuo movimento, capace di cambiare pelle e
adattarsi a tutte le situazioni, ma proprio per questo non ha mai avuto
una forma specifica.
17
[Ortoleva-Scaramucci, 2003. pp. 962]
18
La leggerezza della radio è una delle sue caratteristiche peculiari e deriva dal fatto che non è appesantita
dall’immagine, impegnando uno soltanto dei cinque sensi.
19
[ibidem]
20
[ibidem]
16
Dunque, la complessità del mezzo e le sue caratteristiche peculiari
hanno fatto sì che si sia spesso parlato di medium inferiore, secondario,
dimenticato o invisibile. Probabilmente, però, se provassimo a scendere
un po’ più in profondità, a osservare queste caratteristiche da vicino,
forse arriveremmo a conclusioni completamente diverse.
17
1.4 Conclusioni
La radio e il cinema, in fondo, sono mezzi di comunicazione
completamente diversi. Tuttavia, la loro diversità non implica affatto
che l’una sia in qualche modo subordinata all’altro. Cercare di
dimostrare questo, quindi, è indispensabile per poi capire in che modo si
sono incontrati e influenzati reciprocamente nella storia.
Sarà importante, innanzitutto, cercare di sfatare una volta per tutte il
mito della cecità radiofonica come una sorta di peccato originale
radiofonico. Parlare di cecità come di un difetto, una terribile mancanza,
non rende giustizia a un elemento in realtà ben più importante di
quanto non si sia abituati a pensare: il suono. Se soltanto ci
riflettessimo un attimo, ci accorgeremmo che tutta la nostra vita è fatta
da suoni d’ogni sorta, come se ci fosse una colonna sonora incessante
che ci accompagna dall’inizio alla fine. Il rumore della natura, le persone
presenti intorno a noi, oggetti d’ogni tipo, e la musica dappertutto. Il
suono ci circonda, fa parte di noi, ma purtroppo non riusciamo proprio a
vederlo. L’immagine, invece, non solo ci circonda, ma costituisce in toto
tutto ciò che noi percepiamo tutt’intorno. Ha un grado di evidenza molto
più alto, e per questo si impone alla nostra attenzione. Ma la domanda
che mi pongo è: basta questo per dire che l’immagine sia più
importante del suono a tal punto da ritenere inferiori tutti i mezzi che
non la supportano? Un interrogativo legittimo a cui cercherò nei
prossimi capitoli di dare risposta.