2
La conoscenza dei codici formali del mezzo permette di veicolare il messaggio in maniera efficace e
aumenta la possibilità che esso venga decodificato correttamente dal target di riferimento. Sebbene
l'obiettivo principale della pubblicità rimanga quello di persuadere i consumatori a comprare un
prodotto o ad usare un servizio, l'ambiente nel quale agisce sta cambiando. Di riflesso, con esso
cambierà inevitabilmente anche la forma della pubblicità, che dovrà mutare e adattarsi al nuovo
contesto. In secondo luogo, riconoscere gli elementi distintivi dei nuovi media è rilevante perché i
fruitori utilizzano strategie e comportamenti diversi a seconda del mezzo a cui decidono di esporsi.
Il secondo capitolo descrive i cambiamenti avvenuti nella disciplina di marketing grazie all’utilizzo delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
La revisione delle teorie del mass marketing è stata la condizione necessaria per raffigurare il consumatore
sotto una nuova ottica e per introdurre un modello di comportamento degli utenti incentrato sul
concetto di flusso.
Il terzo capitolo esamina la storia della marca moderna, prende in esame le concezioni più diffuse della
sua natura e delle sue funzioni ed arriva a stabilirne una definizione in chiave semiotica. Il capitolo si
conclude con la descrizione dell’importanza rivestita dalla dimensione partecipativa ed esperienziale
della marca per le aziende che operano in Rete.
La parte iniziale del quarto capitolo si occupa di ricostruire il contesto in cui è avvenuta la progettazione
e la messa on line di Winnerland.com. I paragrafi seguenti sono dedicati alla spiegazione della logica del
portale, che è stata scomposta lungo tre dimensioni: la dimensione ludica, la dimensione promozionale
e la dimensione partecipativa. Mettendo a confronto l’ipotesi di partenza con i risultati dell’analisi sono
stati evidenziati i limiti dell’advergame come strumento di comunicazione di marca in rete.
3
Capitolo 1
I NUOVI MEDIA
La rivoluzione digitale sta ridisegnando rapidamente il panorama delle telecomunicazioni. Stabilire
nettamente quali siano i confini dei new media e quali caratteristiche distintive possiedano rispetto ai
mezzi di comunicazione tradizionali non è un compito facile. La difficoltà di fornire una soddisfacente
descrizione analitica è dovuta ad un oggetto di studio che ancora non ha rivelato completamente la sua
forma
1
.
Tenendo conto che l’innovazione tecnologica cambia i prodotti ed innova rapidamente le pratiche di
utilizzo dei fruitori
2
, bisogna rilevare che non esiste un criterio di classificazione o di analisi condiviso
tra gli studiosi.
La letteratura ci dà la possibilità di percorrere strade diverse per analizzare, in modo sfocato o più
approfondito, un campo d’indagine che ha richiamato recentemente l’attenzione accademica. C’è chi
ha rinunciato a definire i nuovi media, limitandosi a creare liste di voci che forniscono al lettore
descrizioni storico-funzionali. Un’operazione del genere, oltre ad essere parziale e a rischio di rapida
obsolescenza, tende ad attribuire alla dimensione tecnica un eccessivo ruolo di azione e determinazione
rispetto a variabili esterne, sociali ed economiche.
Un’altra strada è stata quella di coniare una serie di termini ombrello in grado di catturare uno dei tratti
salienti dei media esaminati. Facciamo riferimento a dizioni di ampia circolazione quali digital media,
hypermedia, computer media, personal media. In questo caso, di fronte al vantaggio di possedere un criterio di
suddivisione ben definito, si corre il rischio di utilizzare formule restrittive, che sacrificano aspetti presi
in considerazione da altre definizioni, o termini talmente generici da non focalizzare il fenomeno che
intendono descrivere.
Come sottolinea Pasquali “le denominazioni individuate, dunque, presentano, anche a una rapida
disamina, diversi livelli di problematicità. Esse infatti, pur avendo capacità euristiche nei confronti dei
singoli aspetti - tecnologici, produttivi, di consumo - che tratteggiano lo scenario dei nuovi media
faticano ad individuarne gli elementi di distinzione”
3
.
1
Cfr. Marinelli A., “E-media: la nuova forma delle reti”, in Morcellini M., Pizzaleo A.G. (a cura di), Net sociology.
Interazioni tra scienze sociali e Internet, Guerini, Milano, 2002.
2
Cfr. Morcellini M., Sorice M., “L’esplosione dei paradigmi. Modelli comunicativi e dinamiche di consumo nel nuovo
scenario mediale”, in Morcellini M., Sorice M. (a cura di), Futuri immaginari. Le parole chiave dei new media, Logica
University Press, Roma, 1998.
3
Pasquali, F., I nuovi media, Carocci, Roma, 2003, p. 24.
4
Come è possibile risolvere questa impasse terminologica? Nel seguente lavoro si adotterà la locuzione
generale di nuovi media. Con essa indichiamo le tecnologie che sono il risultato dell’integrazione,
consentita dal digitale, delle telecomunicazioni, delle comunicazioni di dati e delle comunicazioni di
massa
4
. La denotazione di un oggetto come “nuovo” implica il riconoscimento dell’esistenza di una
serie di differenze rispetto agli oggetti da cui prende le distanze. Tale definizione sottintende che i nuovi
media abbiamo caratteristiche differenti da quelle degli old media e che tale diversità esprima un
carattere di rottura rispetto ai meccanismi di produzione, ai generi e allo stile di fruizione mediali ai
quali eravamo abituati prima della loro comparsa. Come sostiene Marinelli “le tecnologie digitali non si
limitano ad aggiungere nuove opportunità di conoscenza ed intrattenimento a quelle già disponibili, ma
sono in grado di incidere profondamente sulle routine produttive e di consumo stabilizzate
nell’industria culturale contemporanea”
5
. L’affermazione, quindi, dovrà essere specificata poiché
presenta due difficoltà: la prima deriva dal suo oggetto (i media), la seconda dalla sua qualificazione
(nuovi).
4
Van Dijk J., The Network Society. An Introduction to the Social Aspects of New Media, Sage, London, 1999; trad. it.
Sociologia dei nuovi media, Il Mulino, Bologna, 2002.
5
Marinelli A., “Verso il futuro. Le tecnologie digitali e Internet”, in Morcellini M. (a cura di), Il Mediaevo. Tv e
industria culturale nell’Italia del XX secolo, Carocci, Roma, 2000, p. 507.
5
1.1 Il concetto di medium
Da tempo gli studiosi si occupano di descrivere teorie e approcci d’indagine nel campo della
comunicazione di massa
6
. In questa sede non è possibile affrontare il dibattito relativo alla difficoltà di
arrivare alla definizione comune di cosa sia un medium. Le cause sono da ricercarsi nel legame che
esiste tra il concetto di medium e di comunicazione, nella pluralità di discipline che si sono occupate del
tema e che hanno posto un’enfasi su determinati aspetti a scapito di altri
7
e nella particolarità
dell’oggetto di studio che comprende, delimita e definisce la cornice cognitiva del ricercatore
8
. Ai fini
del discorso ci limiteremo ad accennare che i media sono entità ibride che appartengono a un sistema e
rappresentano strumenti attraverso cui gli individui elaborano e costruiscono la realtà sociale.
1.1.1 Il carattere sociale
Intuitivamente per “medium” si intende uno strumento “destinato a emettere, trasmettere, preservare e
ricevere un messaggio costituito da suoni, scrittura, parole, immagini (fisse o in movimento) o da
impulsi elettrici codificati”
9
.
Una definizione del genere, tuttavia, è superficiale. La sua apparente neutralità assimila un medium a un
canale trasmissivo il quale, implicitamente, richiama una visione della comunicazione come meccanismo
di trasporto di una certa quantità di informazioni da un’emittente a un ricevente. Al fine di arrivare a
una definizione più articolata saranno sintetizzate le posizioni di coloro che enfatizzano l’azione dei
media sulla dimensione cognitiva e di coloro che pongono l’accento sulla dimensione culturale. Le
tecnologie comunicative, infatti, non sono semplici strumenti tecnici ma apparati cognitivi che generano
un socialframe, cioè forniscono all’individuo un contesto simbolico nel quale può costruire la propria
identità e fare esperienza del mondo. Artieri Boccia utilizza il concetto di socialframe “per evidenziare il
fatto che i tecnomedia ‘incorniciano’ le modalità cognitive e comunicative umane contribuendo a
delineare una visione del mondo connessa alle modalità percettive, espressive e relazionali dei media
stessi.
6
Si vedano le analisi di McQuail D., Mass Communication Theory. An Introduction, Sage, London, 1994 (trad. it.
Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna, 1996) e di Wolf M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano,
1985.
7
Morcellini M., Fatelli G., Le scienze della comunicazione. Modelli e percorsi disciplinari, Carocci Editore, Roma,
1994.
8
Morin E., L’esprit du temps, Grasset, Paris, 1962 ; trad. it. L’Industria culturale. Saggio sulla cultura di massa, Il
Mulino, Bologna, 1963.
9
Ortoleva P., Mass media. Dalla radio alla rete, Giunti, Firenze, 1995, p. 25.
6
In tal senso i tecnomedia non incorniciano unicamente il nostro cervello e cioè le strategie di
elaborazione delle informazioni, ma in modo più profondo l’intero compatto mente/corpo, cioè
accanto all’aspetto logico-simbolico quello sensoriale e percettivo-motorio dell’intelligenza e quindi
della conoscenza del mondo”
10
. L’idea che i media rappresentino ambienti di elaborazione delle
informazioni che delimitano il nostro cervello con una struttura e un modello di interpretazione della
realtà è stata descritta da De Kerckhove
11
. Partendo dalla prima legge dei media enunciata da
McLuhan
12
, secondo la quale “tutti gli artefatti dell’uomo– siano linguaggi, o leggi, o idee e ipotesi, o
strumenti, o abbigliamento, o computer – sono estensioni del corpo o della mente umana”
13
, lo
studioso canadese sostiene che la radio, la TV, le reti (telefoniche e informatiche) modifichino, sia a
livello fisiologico che a livello psicologico, l’organizzazione cerebrale ed influenzino il modo in cui
classifichiamo e combiniamo l’informazione. In base a questo punto di vista è possibile definire i media
come una “psico-tecnologia”, cioè come un apparato che “emula, estende, amplifica le funzioni senso-
motorie, psicologiche o cognitive della mente”
14
. Tuttavia va ricordato che la comunicazione mediata
è un fenomeno “immerso in contesti sociali strutturati in vari modi, contesti che a loro volta esercitano
un effetto strutturante sulla comunicazione che in essi ha luogo”
15
.
Occuparsi esclusivamente delle caratteristiche tecniche dei mezzi di comunicazione non deve far
perdere di vista la loro irriducibile dimensione socio-simbolica. Secondo la definizione di Thompson,
infatti, i media consentono di produrre, immagazzinare, trasmettere e ricevere forme simboliche.
Naturalmente le proprietà e le differenze dei mezzi tecnici facilitano e delimitano differenti tipi di
produzione e scambio simbolico, tuttavia i mezzi di comunicazione sono principalmente veicoli con cui
l’individuo costruisce trame di significato che gli permettono di orientare il comportamento, costruire e
interpretare la realtà. Pertanto, più che descrivere i media come canali che trasmettono e fanno circolare
informazioni sarebbe meglio interpretarli come agenti che creano nuove forme di azione e interazione
sociale.
10
Artieri Boccia G., “Società-mondo e linguaggi neomediali: la forma comunicativa e-learning”, in M. Morcellini,
A.G. Pizzaleo (a cura di), Net sociology. Interazioni tra scienze sociali e Internet, cit., p. 149.
11
De Kerckhove D., Brainframes. Tecnology, mind and business, Bosch & Keuning, Utrecht, 1991 (trad. it.
Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna, 1993).
12
McLuhan E., Mcluhan M., Laws of media. The new science, University of Toronto Press, Toronto, 1988 (trad. it. La
legge dei media. La nuova scienza, Edizioni Lavoro, Roma, 1994).
13
Ivi, p. 131.
14
Ivi, p. 22.
15
Thompson J. B., The Media and Modernity. A Social Theory of the Media, Polity Press, Cambridge, 1995; trad. it.
Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 22.
7
1.1.2 Il carattere sistemico
Allo stesso tempo i media sono istituzioni sociali, con proprie norme e pratiche, apparati tecnologici e
strumenti economici. Superando la concezione formalista che considera i media come oggetti distaccati
e isolati dai loro contesti d’uso, Bolter e Grusin sostengono che le tecnologie “sono … artefatti
materiali e costruzioni sociali”
16
. Secondo questo approccio le dimensioni materiali, economiche e
sociali sono inseparabili a livello di analisi. In seconda battuta, i media fanno parte di un sistema. Parlare
di sistema comporta l’individuazione di una relazione di interdipendenze e di complementarietà fra i
diversi mezzi. Inoltre evidenzia la consapevolezza che “l’evoluzione di un singolo medium non può
essere compresa a partire da una sua supposta ‘natura’ tecnica o ‘specifico’ culturale, ma tenendo
conto dell’influenza che ciascuno dei media esistenti ha sullo sviluppo e le trasformazioni degli altri”
17
.
La necessità di una visione di tipo sistemico è stata messa in luce in alcuni scritti che hanno influenzato
la riflessione sulle teorie della comunicazione.
Il riferimento è alla Dialettica dell’Illuminismo di Adorno e Horkheimer, il primo studio in cui compare
l’uso del termine “industria culturale”. Mettendo da parte le caratteristiche storiche e il retroterra
ideologico e filosofico della lettura proposta dagli studiosi francofortesi, è possibile rintracciare nella
loro opera alcuni elementi ancora attuali. Essi sottolineano che l’industria culturale, intesa come
apparato capitalista di riproduzione dell’ordine sociale e di dominio sull’individuo, è contraddistinta da
un’unità di fondo. I diversi comparti che la compongono (film, radio, settimanali, ecc.) sono elementi
che assumono un significato solo se vengono analizzati sulla base delle relazioni e dei rapporti che
intrattengono reciprocamente. Anche McLuhan
18
ribadisce la necessità di mettere a fuoco l’azione
reciproca dei diversi media poiché, agendo l’uno sull’altro, modificano i rapporti che ciascuno di essi
intrattiene con gli altri e modificano il rapporto con i nostri sensi. Sebbene la teoria mcluhniana sia stata
accusata di determinismo tecnologico poiché considera i media agenti di cambiamento culturale, ha
avuto il pregio di evidenziare che l’inserimento di un nuovo mezzo di comunicazione in una società
modifica la funzione, i significati e gli effetti dei media precedenti. In altre parole, l’introduzione di una
nuova tecnologia non è un fatto a sé stante, ma comporta il rimodellamento dell’intero network di
relazioni di cui fa parte. Come nota Meyrowitz “il principio importante implicito in questo discorso è
profondamente radicato nella teoria e nell’ecologia dei sistemi: se aggiungiamo un nuovo fattore a un
ambiente preesistente, il risultato non darà il vecchio ambiente più il nuovo fattore, ma un nuovo
16
Bolter J., Grusin R., Remediation. Understanding New Media, Cambridge, MIT Press, 1999; trad. it. Remediation.
Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano, 2002, p. 108.
17
Ortoleva P., Mass media. Dalla radio alla rete, cit, p. 27.
18
McLuhan M., Understanding Media: the exstensions of man, McGraw-Hill, New York, 1964; trad. it. Gli strumenti
del comunicare. Mass media e società moderna, Net, Milano 2002.
8
ambiente. Naturalmente, l’ampiezza del nuovo dipende dalla misura in cui il fattore altera le forze
significative nel sistema preesistente, ma il nuovo ambiente è sempre più della somma delle parti”
19
.
1.1.3 La mediamorfosi
L’accettazione dell’idea secondo la quale i singoli media vanno considerati come oggetti facenti parte di
un sistema nel quale ogni elemento sorregge e influenza l’altro, può servire per comprendere il processo
di mediamorfosi a cui sono sottoposti i diversi ambienti tecnologici e a chiarire i termini della relazione
che intercorre tra “vecchie” e “nuove” tecnologie della comunicazione. Fidler sostiene che “dallo studio
del sistema della comunicazione come un tutto, potremo vedere che i nuovi media non sorgono
spontaneamente e indipendentemente, ma come essi emergono gradualmente dalla metamorfosi dei vecchi media.
E potremo ancora constatare che quando più recenti forme di mezzi di comunicazione emergono, le più
vecchie generalmente non muoiono, ma continuano ad evolversi e ad adattarsi”
20
. Inoltre, affinché l’uso di un
medium si diffonda in una società, non basta che il suo funzionamento sia originale e potenzialmente
dirompente rispetto al meccanismo di quelli già esistenti. Ci sono ragioni sociali, politiche ed
economiche alla base della sua adozione. Allo schema di riferimento in cui interagiscono variabili
sociali, politiche e tecnologiche per spiegare come cambiano i mezzi esistenti e si sviluppano nuove
forme mediali, Fidler dà il nome di mediamorfosi. Secondo la definizione dell’autore, la mediamorfosi è
“la trasformazione della comunicazione dei media, generalmente causata dalla complessa interazione di
bisogni percepiti, pressioni politiche e competitive, innovazioni sociali e tecnologiche”
21
.
1.1.4 La dissoluzione dell’opposizione tra new e old
Sviluppando queste premesse, appare chiaro che l’opposizione tra new e old media non vada considerata
in maniera rigida ma tenda a scomparire. Sebbene il dibattito intorno alla comparsa e allo sviluppo delle
nuove tecnologie della comunicazione abbia riproposto filosofie contrapposte, “da una parte i profeti
del nuovismo che auspicano rivoluzioni e dimenticano ciò che esiste” e dall’altro “gli accoliti di un
atteggiamento reazionario, scettico a qualunque tipo di innovazione”
22
, non crediamo di trovarci di
19
Meyrowitz J., No Sense of Place: The Impact of Electronic Media on Social Behaviour, Oxford University Press,
Oxford, 1985; trad. it. Oltre il senso del luogo. L'impatto dei media elettronici sul comportamento sociale, Baskerville,
Bologna, 1993, p. 30.
20
Fidler R., Mediamorfosi. Understanding new media, Pine Froge Press, Thousand Oaks, Cal., 1997; trad. it.
Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Guerini e Associati, Milano, 2000, p. 30.
21
Ivi, p. 3.
22
Montanari R. “L’atlante mediale. Globalismo e ibridazione tecnologica dei sistemi comunicativi nelle principali
regioni del pianeta”, in Morcellini M., Sorice M. (a cura di), Futuri immaginari. Le parole chiave dei new media, cit., p.
107.
9
fronte a due universi separati. Il concetto di “remediazione”, proposto da Bolter e Grusin, fornisce
un’utile chiave di lettura per interpretare la funzione dei media digitali. Per rimediazione si intende “la
rappresentazione di un medium all'interno di un altro”
23
. Questa idea risale alla frase di McLuhan che,
nell’introduzione a Understanding Media, scrive: “il contenuto di un medium è sempre un altro medium.
Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la
stampa quello del telegrafo”
24
. La tesi proposta dagli autori tiene conto di alcuni presupposti: a) la
rimediazione non è una costante universale ma una pratica, situata in specifici momenti spaziali e
temporali, che si è rivelata a partire dal Rinascimento, interessando prima la pittura in prospettiva e poi
la fotografia, il cinema, la televisione e le altre forme di comunicazione (i computer games, la realtà virtuale,
la rete, la grafica digitale); b) le tecnologie formano una rete (fisica, sociale ed economica) per cui
nessun medium può svolgere la propria funzione in condizioni di isolamento; c) le tecnologie sono in
perenne competizione tra loro: mentre i media digitali rimodellano quelli che li hanno preceduti, i media
tradizionali cercano di incorporare alcune delle loro caratteristiche nelle proprie strutture formali e
sociali. Con il termine “rimediazione” pertanto, non si intende semplicemente l’uso del contenuto di un
medium all’interno di un altro medium (“riposizionamento” di genere), ma si fa riferimento a un
processo di “appropriazione” di tecniche, forme e significati sociali. Secondo gli autori ogni mezzo
trasforma, riadatta e introduce al suo interno le caratteristiche dei mezzi di comunicazione presenti nel
sistema culturale di appartenenza. In altre parole, ogni medium fonda il suo potere di rappresentazione
facendo costante riferimento a quello degli altri. Il processo di rimediazione avviene seguendo modalità,
o “logiche”, inverse. La prima logica è l’immediacy (trasparenza), la seconda è l’hypermediacy (opacità).
Esse rappresentano le due strade che un mezzo può percorrere per rimodellare i media che lo hanno
preceduto e i suoi contemporanei. Le strategie perseguono un obiettivo comune: fornire al fruitore un
livello di esperienza assimilabile a quella reale. Scrivono Bolter e Grusin: “Gli ipermedia e i media
trasparenti sono manifestazioni contrapposte dello stesso desiderio: quello di oltrepassare i limiti della
rappresentazione per giungere alla realtà. Questi media non cercano il reale in senso metafisico. Il reale
è invece definito secondo l’esperienza dello spettatore, un’esperienza che potrebbe provocare
un’immediata (e dunque) autentica risposta emotiva. Le applicazioni digitali trasparenti cercano di
ottenere il reale negando coraggiosamente l’esistenza della mediazione; le applicazioni digitali
ipermediali cercano il reale moltiplicando la mediazione quasi all’infinito nel tentativo di ricreare una
sensazione di completezza di saturazione dell’esperienza che può essere scambiata per realtà”
25
.
23
Bolter J., Grusin R., Remediation. Understanding New Media, cit., p. 73.
24
McLuhan M., Understanding Media: the exstensions of man, McGraw-Hill, New York 1964; trad. it. Gli strumenti
del comunicare. Mass media e società moderna, Net, Milano 2002.
25
Bolter J., Grusin R., Remediation. Understanding New Media, cit., trad. it. p. 79.
10
Per terminare, è importante mettere in evidenza che il processo di trasformazione innescato dai media
digitali non è a senso unico. I nuovi media non prenderanno il posto di quelli precedenti né
provocheranno la fusione dei media tradizionale in un unico medium perché il processo di
rimediazione è reciproco: anche i mezzi di comunicazione più vecchi sono in grado di trasformare
quelli emergenti. Sebbene il momento conclusivo di questa fase di cambiamento non sia ancora visibile,
la consapevolezza dei meccanismi di mutamento degli ambienti mediali ci dà l’opportunità di riflettere
criticamente su quello è accaduto finora e di arrivare, finalmente, a una definizione di “e-media”
26
. La
tesi di chi prevedeva la morte e il superamento dei mezzi di comunicazione di massa a favore di un
medium interattivo come la rete e di chi aveva scommesso che le nuove tecnologie, caratterizzate dalla
bidirezionalità e dall’orizzontalità, avrebbero segnato la nascita di una nuova era di partecipazione
sociale, contrassegnata dalla cooperazione, dallo scambio e da una relazione simmetrica con i detentori
del potere non si è realizzata. Marinelli sintetizza efficacemente il problema: “siamo stati abbagliati dalla
centralità di un ambiente di rete (Internet) e da un dispositivo di elaborazione dell’informazione
digitalizzata (il personal computer), tanto da non renderci conto che la tendenza evolutiva prevalente
non era di tipo centripeto ma di tipo centrifugo: che non tutti i media correvano verso una unificazione
ma che le innovazioni introdotte dalla rivoluzione digitale promuovevano piuttosto la differenziazione e
la successiva specializzazione degli ambienti di comunicazione. Abbiamo in altre parole, scambiato il
presupposto – la convergenza assicurata dalla conversione dell’analogico in digitale e dalla macchina in
grado di gestirla – con la finalità del processo evolutivo”
27
. Il pc, secondo l’autore, non potrà
diventare il dispositivo universale capace di integrare e riassumere in sé tutte le funzioni svolte dagli altri
mezzi di comunicazione. Le cause vanno ricercate nella specificità del medium e nelle competenze
richieste per il suo utilizzo. Inoltre Internet non provocherà la scomparsa delle “vecchie” tecnologie.
Tuttavia la Rete dovrà essere osservata con attenzione perché rappresenta il modello più avanzato per
prefigurare le caratteristiche degli ambienti elettronici dei prossimi anni e perché ha predisposto
un’architettura che permette di integrare domini distinti. In conclusione, l’espressione nuovi media
raccoglie tutte le “forme variamente ibridate che si stanno componendo entro i confini del pc e al di
fuori di essi. … Non hanno più bisogno di distinguersi come ‘nuovi media’ rispetto ai ‘vecchi’
progenitori che contribuiscono a differenziare, perché il linguaggio digitale ormai non è più confinato
ad Internet e al PC”
28
.
26
Si veda Marinelli A., “E-media: la nuova forma delle reti”, cit. Per una analisi ragionata delle diversità introdotte dai
media digitali si veda il paragrafo 1.3.
27
Ivi, p. 194.
28
Marinelli A., “E-media: la nuova forma delle reti”, cit, p. 198.
11
1.2 Il concetto di nuovo
“Nuove tecnologie” o “new media” sono espressioni che designano un insieme di innovazioni tecniche
e organizzative nate dalla convergenza fra telecomunicazioni, comunicazione di dati e comunicazioni di
massa, apparse negli ultimi venti anni. Flichy
29
, tuttavia, nota che questa locuzione appare già a partire
dagli anni settanta nel campo delle scienze sociali ed economiche per indicare i cambiamenti che
avvenivano nel settore dei media, a prescindere dai processi di digitalizzazione. Considerando che il
progresso tecnologico è di solito molto più evolutivo di quanto comunemente si pensi ed è il risultato
di una combinazione di tecniche sviluppate in precedenza
30
emerge che gli ultimi decenni
dell’Ottocento hanno avuto una rilevanza centrale per l’evoluzione dei moderni mezzi di
comunicazione.
1.2.1 Le origini dei moderni sistemi di comunicazione
Secondo Beniger
31
le tecnologie informatiche nascono per rispondere ai problemi sollevati
dall’industrializzazione avanzata. Le loro origini, tuttavia, vanno collocate in un quadro di
trasformazioni più ampio. Questi cambiamenti, infatti, hanno dato origine all’attuale società
dell’informazione. Scrive Beniger: “Cercherò di dimostrare che l’intera società sta attraversando una
fase di trasformazione rivoluzionaria …, tuttavia, non affermerò che il cambiamento è recente, attuale o
imminente. Al contrario sosterrò che le origini del mutamento vanno rintracciate nella seconda metà
del XIX secolo, in una serie di problemi (o meglio, in una vera e propria crisi di controllo) causati dalla
rivoluzione industriale e dai suoi effetti sul settore produttivo e sui trasporti. La reazione a quella crisi
(almeno in termini di innovazione tecnologica e ristrutturazione economica) ha avuto una fase
culminante al volgere del secolo, assumendo a mio giudizio, tutte le caratteristiche di una rivoluzione
del controllo sociale”
32
. La rivoluzione industriale, abbattendo le barriere che isolavano i mercati
locali, ampliando la distribuzione, creando infrastrutture di trasporto estese (reti ferroviari, linee
marittime, sistemi urbani) provocò una crisi di controllo che nel corso del XIX secolo ha attraversato i
settori dei trasporti (ferrovie), della produzione (fabbriche del settore metallurgico), della distribuzione
(commercio su commissione e all’ingrosso) e del consumo. La crisi di sicurezza dei trasporti nel settore
ferroviario avvenuta nei primi anni quaranta dell’Ottocento si trasmise nel decennio successivo al
29
Flichy, P., “The construction of New Digital Media”, in New Media and Society, Anno I, n. 1, 1999, pp. 9-33.
30
Van Dijk J., The Network Society. An Introduction to the Social Aspects of New Media, cit., p. 21.
31
Beniger J. R., The Control Revolution, Harvard University Press, Cambridge, 1986 (trad. it. Le origini della società
dell'informazione. La rivoluzione del controllo, Utet libreria, Torino, 1995).
32
Beniger J. R., The Control Revolution, cit., trad. it., p. 8.
12
settore della distribuzione, poi negli anni sessanta alla produzione e nei primi anni ottanta al marketing.
Per restaurare il controllo economico e politico sugli ambiti della società che durante la rivoluzione
industriale vi si erano sottratti, si sviluppò un “sistema di informazione”. Dalla necessità di ristabilire
l’equilibrio nasce la moderna società dell’informazione. Nei primi anni del Novecento, grazie al
rafforzamento del controllo burocratico e a una nutrita innovazioni nel campo dell’organizzazione
industriale, delle telecomunicazioni e dei mass media, si diffuse nelle società occidentali una
“rivoluzione del controllo”, cioè una risposta tecnologica ed economica alla crisi che l’aveva preceduta,
la cui spinta, dopo quasi un secolo, non accenna a diminuire. De Sola Pool
33
sostiene che le origini
della rivoluzione elettronica attuale si possono far risalire all’epoca in cui gli scienziati scoprirono che la
corrente elettrica poteva essere usata per coprire grandi spazi e in cui cominciarono a progettare dei
dispositivi di segnalazione per comunicare a distanza. Prima ci fu il telegrafo (lanciato da Morse nel
1844), poi il telefono (inventato da Bell nel 1876) e la telegrafia senza fili (il brevetto di Marconi per un
dispositivo per generare e individuare le onde hertziane è del 1896). Lo studioso divide la storia della
comunicazione in quattro ere. La prima è quella dell’oralità: l’uomo specializza particolari capacità
vocali attraverso le quali crea linguaggi che avevano la caratteristica di garantire la comunicazione in
situazioni locali e faccia a faccia. La seconda è quella della trasformazione del linguaggio in forma
scritta, che consentiva la conservazione delle parole nel tempo e nello spazio così da “soddisfare meglio
le funzioni di comando e transazione a distanza, quanto la trasmissione della memoria oltre la morte
degli uomini”
34
. La terza fase è quella dell’avvento dei mass media, che inizia con l’invenzione della
stampa a caratteri mobili di Gutemberg nel XIV secolo e continua con l’invenzione del fonografo, della
macchina fotografica, del registratore a nastro e della cinepresa. La quarta, che ha una importanza
storica pari alla rivoluzione provocata dalla stampa e dai mass media, è quella della comunicazione
digitale. Secondo la ricostruzione di Flichy
35
i sostenitori delle tecnologie dell’informazione apparse
negli ultimi venti anni spesso dimenticano che i sistemi di comunicazione attuali sono debitori delle
macchine sviluppate nell’ultima parte del diciannovesimo secolo: il telegrafo, il telefono, la fotografia, il
disco, il cinema e la radio. Flichy conduce un’analisi comparata dei diversi sistemi di comunicazione
nella quale mette in relazione la genesi e le caratteristiche tecniche di una tecnologia con i movimenti
sociali del periodo di affermazione di un dispositivo. Lo studioso francese propone un approccio
integrato, nel quale l’esame della dimensione tecnica vada di pari passo con la contestualizzazione
33
De Sola Pool I., Technologies without Boundaries. On telecommunications in a Global Age, Harvard College,
Massachussetts, 1990 (trad. it. Tecnologie senza frontiere. Le telecomunicazioni nell’era globale, UTET, Torino, 1998).
34
Abruzzese A., “Qualità della comunicazione”, in Morcellini M., Sorice M. (a cura di), Dizionario della
comunicazione, Editori Riuniti, Roma, 1999, p. 187.
35
Flichy P., Une historie de la communication modern. Espace public et vie privée, La Découverte, Paris, 1991; trad.
it. Storia della comunicazione moderna. Sfera pubblica e dimensione privata, Baskerville, Bologna, 1994.
13
storica di un’invenzione: è la spinta sociale a determinare l’adozione, l’uso e l’abbandono di una
tecnologia. Il suo punto di vista rappresenta una mediazione tra quello degli storici della tecnica che
“non si interrogano affatto sugli usi o, più esattamente, avanzano l’errata ipotesi che l’utilizzazione
delle macchine derivi del tutto naturalmente dalle loro caratteristiche tecniche”
36
e dei sociologi che,
concentrandosi unicamente sulla diffusione o sull’acquisizione di un mezzo tecnico, tralasciano gli
aspetti funzionali.
Flichy divide la storia della comunicazione moderna in tre fasi. All’inizio la comunicazione riguardava
lo Stato, poi interessò il mercato, la famiglia e infine l’individuo. Il primo periodo (1790 – 1870) vede la
nascita del telegrafo ottico ed elettrico, della registrazione dell’immagine, dell’elettricità e del concetto
di rete. Il secondo periodo (1870-1930) vede oscillare l’uso dei media tra la comunicazione
professionale e quella familiare. Nascono le tecniche di registrazione dell’immagine e del suono, la
fotografia, la fonografia e il cinema. Negli ultimi anni dell’Ottocento la produzione industriale si orienta
verso il mercato dei consumi di tipo domestico, fino ad allora sostanzialmente alimentato da una
produzione artigianale, ponendo le basi del mercato di massa. Il fonografo accompagna le
trasformazioni della vita privata e la nascita della famiglia vittoriana. Il terzo periodo (1930-1990) è
quello dell’elettronica e del passaggio dalla comunicazione familiare alla comunicazione individuale e
globale.
1.2.2 Le origini della nozione di rete
Nell’affrontare le tappe dello sviluppo del telegrafo ottico all’interno del primo periodo, Flichy mette in
evidenza che, sebbene le potenzialità tecniche del sistema fossero conosciute e sperimentate sin dalla
fine del Seicento, solo con la Rivoluzione francese e la creazione dello Stato moderno fu possibile la
nascita di una rete di trasmissione permanente ed estesa. Al di là degli usi prefigurati dai fratelli Chappe
al momento dell’invenzione (trasmissione di informazioni di servizio per le ferrovie) e di quelli attuati
(comunicazioni militari e politiche), lo sfruttamento del telegrafo avvenne poiché si collocava in un
cambiamento di mentalità più vasto. Il telegrafo, in quel momento, era percepito come uno strumento
che annullava le distanze e unificava le separazioni territoriali: “Fin dal luglio 1789 (periodo in cui
Chappe incomincia a riflettere sul nuovo sistema) l’Assemblea costituente prende in esame una nuova
suddivisione amministrativa della Francia … . Qualunque sia la scelta, si tratta in sostanza di eliminare i
particolarismi regionali e di rafforzare l’unità nazionale creando divisioni basate su un’uguaglianza
spaziale o demografica … . L’unità di questo spazio omogeneo deve essere costantemente rafforzata.
36
Ivi, p. 5.