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INTRODUZIONE
«La dipendenza da lavoro è l’ultima delle dipendenze riconosciute e, probabilmente,
una delle più pericolose, perché chi dedica molto tempo al proprio lavoro solitamente viene
apprezzato e riconosciuto come più capace» (Guerreschi, 2009, 14-15).
Il presente lavoro si propone di analizzare la work addiction come una dipendenza
patologica tra le principali e meno riconosciute per poi valutare le implicanze sulla salute
individuale e organizzativa. La parte conclusiva sarà costituita dalla proposta di alcuni
possibili interventi preventivi e terapeutici.
Nella prima parte, dopo un inquadramento teorico relativo alla definizione, alla
descrizione e all’analisi dei dati epidemiologici della work addiction (WA) come dipendenza
patologica, verranno esaminati, in una prospettiva eziopatogenica, i principali fattori
correlati all’insorgenza, allo sviluppo e al mantenimento del disturbo. Particolare attenzione,
verrà data ai vari fattori di rischio e di mantenimento ad esso correlati coerentemente con i
presupposti teorici della psicopatologia evolutiva.
Ciò che rende queste new addictions, e in particolare la dipendenza da lavoro,
particolarmente subdole è il loro essere accettate socialmente. Ovviamente tra queste “nuove
dipendenze” bisogna «differenziare e individuare […] quelle che sono culturalmente e
socialmente accettate, accettabili, osservate con un occhio benevolo o tollerate nel contesto
del vivere di oggi. […] tra queste c’è sicuramente la dipendenza da lavoro […]»
(D’Antonio, 2010, 117-118).
Verrà, nel presente elaborato, presentata la WA secondo il modello bio-psico-sociale:
«come per i disturbi da uso di sostanze, anche per le dipendenze comportamentali il modello
biopsicosociale risulta essere quello più completo ed esaustivo da adottare a livello
interpretativo, sia per leggere i fattori di rischio implicati nello sviluppo patologico dei
comportamenti di addiction, sia per individuare le variabili protettive oggetto di intervento
preventivo» (Pozzi & Romano, 2019, 244). Si andrà, di seguito, a definire come la work
addiction influisca sui vari ambiti della salute, in particolare su quello individuale (fisico e
psicologico), socio-relazionale e su quello organizzativo - professionale.
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Nella parte finale dell’elaborato, verranno presentati alcuni possibili interventi
preventivi e terapeutici, sia individuali che di gruppo. Si sottolineerà l’importanza
dell’azione preventiva a partire dal sistema scolastico, quindi prima dell’inserimento del
giovane nel mondo del lavoro. Verranno, inoltre, mostrate le principali variabili sulle quali
sarebbe necessario intervenire per sensibilizzare le persone all’interno di un’organizzazione.
L’idea per la compilazione della presente tesi è nata e si è sviluppata fino a diventare
ipotesi progettuale mentre vivevo diverse esperienze lavorative che mi hanno portata a
conoscere realtà a me ignote e a cercare di conciliare i miei studi con una proposta operativa
in tale ambito di vita.
A colpirmi in modo particolare è stato l'argomento della dipendenza da lavoro. Sia
per la sua attualità in campo di dipendenze patologiche sia perché ho potuto esperire in prima
persona situazioni a ciò afferenti che mi hanno spinta ad interessarmi a tale tematica ancora
troppo sottovalutata in ambito lavorativo e di salute dei lavoratori. Tale analisi non può
prescindere dalla amara constatazione, confermata anche dalla mia seppur breve esperienza
lavorativa, di una progressiva disumanizzazione presente negli ambienti di lavoro a favore
del profitto a tutti i costi e alla poca considerazione delle esigenze personali dei lavoratori.
Mossa quindi dall’interesse scaturito da queste esperienze vissute in prima persona
desidero consolidare le mie conoscenze teoriche a riguardo, pensando e quindi proponendo
possibili interventi di prevenzione e di terapia.
L’elaborato ha, pertanto, l’obiettivo di approfondire l’evoluzione della dipendenza
patologica da lavoro. Nello specifico, si vuole approfondire e offrire una descrizione delle
implicazioni della WA nei diversi ambiti della salute e del benessere individuale e dell’intera
organizzazione aziendale.
L’obiettivo finale è quello di poter offrire il mio, seppur modesto, personale
contributo alla necessità di promuovere interventi preventivi, teoricamente ben fondati, per
la prevenzione e la promozione della salute in ambito lavorativo.
Tra questi, risultano essere interessanti ed urgenti le proposte di corsi di formazione
in azienda volti a sensibilizzare dirigenti e dipendenti circa l’argomento della WA e delle
sue gravi conseguenze sul lavoratore e sull’azienda medesima.
L’elaborato è strutturato in tre capitoli.
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L’oggetto del primo capitolo è la work addiction: viene definita come dipendenza
comportamentale descrivendone l’incidenza, le modalità con cui si manifesta e presentando
i fattori di rischio e di mantenimento della dipendenza stessa.
Il secondo capitolo ha lo scopo di presentare le conseguenze che la dipendenza da
lavoro ha sulla salute e sul benessere. In particolare, verrà descritto il ruolo che la WA ha
sul piano individuale (a livello fisico, psicologico e socio-relazionale) e in ambito
professionale.
Il terzo capitolo, centrato su una proposta operativa, ha lo scopo di proporre degli
interventi preventivi e terapeutici rivolti al singolo individuo e alle aziende.
Il metodo seguito per la stesura della tesi è quello analitico-descrittivo.
Le fonti sono state reperite attraverso la Biblioteca Don Bosco dell’Università
Pontificia Salesiana, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e la banca dati EBSCO.
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Capitolo 1
DESCRIZIONE E INQUADRAMENTO DEL FENOMENO DELLA DIPENDENZA
DA LAVORO (WA)
Il termine “dipendenza” è, nella lingua italiana, uno tra i più utilizzati e spesse volte
abusati, sia nel linguaggio clinico che in quello di uso comune. A questo termine «vengono
associate tutta una serie di problematiche molto differenti tra loro ma che hanno in comune
rendere il soggetto “schiavo consapevole” dell’abuso di qualcosa» (Portorelli &
Papantuono, 2017, 7). Il termine workaholism è stato introdotto da Oates (1971) quale
unione delle parole work e alcoholism, per descrivere la dipendenza dalla propria attività
lavorativa, caratterizzata da un incontrollabile desiderio di lavorare incessantemente. Inoltre
Robinson (1998) si riferisce alla dipendenza da lavoro definendola the welldressed addiction
(la dipendenza ben vestita) poiché costituisce un fenomeno pervasivo ma non riconosciuto
dalla società, come vedremo in seguito.
1.1. Le nuove dipendenze
Attualmente si pone molta attenzione alla differenza esistente tra «compulsioni che
divengono irrefrenabili, sino a trasformarsi talvolta anche in perversioni, e l’uso e l’abuso
di sostanze o di tecnologia» (Portelli & Papantuono, 2017, 7). Con il termine “dipendenza”
si vuole intendere la condizione in cui l’organismo ha bisogno fisico di una determinata
sostanza per funzionare e quindi sviluppa una dipendenza di tipo chimico da essa, con alla
base dei meccanismi neuronali. Infatti la dipendenza fisica (dependance) è definita come
«uno stato di ipereccitabilità recondita che si sviluppa nel sistema nervoso centrale (SNC),
successivamente alla somministrazione prolungata di una sostanza oppure alla reiterazione
di un comportamento» (Guerreschi, 2009, 40). Si riferisce quindi all’alterata condizione
fisiologica che necessita di una continua stimolazione con lo scopo di prevenire la sindrome
di astinenza. Il termine “addiction”, invece, denota quel tipo di dipendenza che spinge
l’individuo alla ricerca dell’oggetto della stessa, senza il quale la sua esistenza diventa priva
di significato (Del Miglio & Couyoumdjian & Patrizi, 2005).
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Con addiction si intende quindi una dipendenza psichica che in un caso può
coincidere con quella fisica, in un altro può non essere presente oppure può esistere anche
in assenza di quella fisica. Con il suddetto termine si intende, quindi, la condizione generale
in cui la dipendenza psicologica spinge alla ricerca dell’”oggetto”, senza il quale l’esistenza
perde il suo significato primario. «La dipendenza psichica non presenta segni obiettivi che
si possono valutare quantitativamente, ma rappresenta un legame sottile e durevole tra il
paziente e l’oggetto stesso della dipendenza» (Guerreschi, 2009, 40). Nel caso delle nuove
dipendenze, dette anche new addictions, si può parlare di “addiction senza dependance”:
quest’ultimo termine denota la dipendenza fisica e chimica, cioè quella condizione in cui
l’organismo necessita di una determinata sostanza per funzionare. Si tratta, quindi, in questo
caso, del bisogno incessante di mettere in atto dei comportamenti in assenza di una
dipendenza fisica vera e propria (Guerreschi, 2005).
«A differenza di quelle tradizionali ormai socialmente stigmatizzate, probabilmente
non vi è ancora la piena consapevolezza della pericolosità delle nuove dipendenze» (Portelli
& Papantuono, 2017, 10), soprattutto quando l’eccesso si verifica in un comportamento
socialmente accettato. Molte situazioni o comportamenti quotidiani possono evolversi in
condizioni di dipendenza; per essere maggiormente precisi ad oggi il termine “nuove
dipendenze” si riferisce a «dipendenza da sesso, compresa la dipendenza da cyber-sex, o
sesso virtuale, e da cibo; dipendenza da internet, videogiochi e televisione; dipendenza da
shopping; dipendenza dalla ricerca di continue relazioni o situazioni sentimentali a forte
carica emotivo-affettiva» (Castiello d’Antonio, 2010, 115), ovviamente queste nuove
tipologie di dipendenza coesistono con quelle tradizionali come quella da tabacco, alcol,
gioco d’azzardo. «Rispetto alla cosiddette new addictions (‘nuove dipendenze’), la
dipendenza da lavoro trova una sua precisa collocazione» (Castiello d’Antonio, 2010, 115).
Come accennato poc’anzi, ciò che rende queste nuove dipendenze così subdole è,
per alcune, il loro essere culturalmente accettate. Tra quelle citate precedentemente, diverse
possono essere descritte come «dipendenze silenziose, non osservate, oppure accolte e
tollerate, quasi benvolute» (Castiello d’Antonio, 2010, 118). Tra queste trova il suo posto la
dipendenza da lavoro. Il problema fondamentale risiede nel fatto che, nonostante si tratti di
comportamenti accettabili, portati all’estremo, presentano le «medesime qualità