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Introduzione
Tra metà maggio ed inizio settembre Hollywood ama
riempire le sale con quei potenziali mega-successi che i
più conoscono come blockbuster. Sono film costosissimi
attorno ai quali una Major organizza le vendite e spesso
cerca di rifarsi dopo gli insuccessi di un’intera stagione.
Nel 2006, ad esempio, il Codice da Vinci è stato il fulcro
della Columbia, Mission Impossible III della Paramount,
X-Men 3 della Fox, Superman Returns e Poseidon della
Warner Bros., Cars e I Pirati dei Caraibi 2 della Disney. I
budget di film di questo genere si aggirano attorno ai 150
milioni di dollari, a cui se ne aggiungono circa cinquanta
per la promozione del film e la stampa delle pellicole da
distribuire agli esercenti. Vien da sé che simili costi
possono essere sostenuti solo per prodotti “di massa”. È
compito abbastanza arduo mettere insieme tutti gli
elementi di quello che potrebbe essere un potenziale
successo. Uno dei fattori da considerare è la personalità
QUANDO IL CINEMA SCEGLIE IL PASSAPAROLA
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dei nomi coinvolti, poiché i compensi di attori, regista e
produttori pesano notevolmente sul budget del film.
Hollywood deve anche rispettare la clausola del first
dollar gloss (“primo dollaro”), richiesta da molte star di
prima classe: oltre ai compensi pluri-miliardari, alcuni
attori pretendono di ricevere percentuali sugli incassi del
film fin dal primo dollaro e non a partire dalla soglia del
profitto netto. Questo fa sì che i film vengano distribuiti
su un grandissimo numero di sale il primo week-end di
programmazione, cercando di raccogliere consensi ed
avendo un buon riscontro al botteghino nei primi dieci
giorni di programmazione.
Ma questa è un’altra “storia”.
Quella che in questo lavoro si tenta di delineare è la
storia di quei film con budget bassissimi ed alto
contenuto artistico, prodotti della cinematografia
nazionale, che devono lottare con le unghie e con i denti
per trovare una distribuzione e che, proprio a causa dei
pochi fondi a disposizione, utilizzano forme promozionali
e strategie distributive che molto spesso escono dagli
schemi tradizionali.
La promozione, così, si reinventa: il classico trailer non
basta più e si costruiscono a tavolino campagne che
vengono presentate come spontanee o storie false che si
spacciano per vere.
INTRODUZIONE
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Tutto cominciò con The Blair Witch Project: si mise in
rete qualche secondo del trailer spacciato per un filmato
vero per catturare l’attenzione dei navigatori. La Haxan
(casa produttrice del film) creò finti volantini per chiedere
aiuto nella caccia alla presunta ragazza scomparsa. Il
mistero rimase fino alla sera del 25 gennaio 1999, prima
del Sundance Film Festival: settecento persone
attendevano di essere ammesse alla visione del film. Il
film che ha scardinato le regole della promozione. Il film
che è stato un po’ il papà del passaparola: semplice,
economico e convincente.
Nell’ottobre del 2001 esce negli Stati Uniti Donnie Darko:
è da poco passato l’11 settembre, l’America è sconvolta
dal crollo delle Torri Gemelle e la gente non riesce a
sopportare la scena in cui un reattore cade dall’aereo
distruggendo una casa. Il film viene ritirato dalle sale, ma
inizia a circolare in rete. Nascono blog di appassionati che
fanno sì che il film diventi un cult. Poco importa se alcuni
di questi blog sono stati creati ad hoc dalle case di
distribuzione: il film è diventato un caso. Ancora una
volta il passaparola funziona. E funziona tanto in
America, quanto in Italia.
Nel giugno 2005 compare un sito,
www.salviamodanny.org, in cui si legge della scomparsa
di Danny, un ragazzo addestrato come cane da
QUANDO IL CINEMA SCEGLIE IL PASSAPAROLA
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combattimento e coinvolto in lotte clandestine. In 10
giorni il sito conta ventimila contatti per firmare la
petizione e salvare il povero, e falso, Danny. Appaiono
volantini. In seguito molti si lamentano sul sito
repubblica.it della falsa petizione: era il lancio di Danny
the Dog.
Negli ultimi tempi molti film con budget limitatissimi si
sono basati su compartecipazioni fra tutti i realizzatori
dell’opera e hanno innescato giochi fra realtà e finzione,
utilizzato il web come strumento di contagio, sfruttato i
media in maniera strumentale, per promuovere il film ed
attirare l’attenzione del pubblico.
Il primo capitolo di questo lavoro descrive il
funzionamento dei principali comparti del settore
cinematografico (produzione, distribuzione, esercizio e
mercati secondari). Il secondo capitolo descrive due
realtà diverse: quella europea, che cerca di difendere
l’interesse nazionale, e quella americana, dove l’industria
cinematografica è fondata sui principi del capitalismo. Nel
terzo capitolo, attraverso le teorie di Godin e Gladwell,
passando per il two-step flow of communication di Katz e
Lazarsfeld, si cerca di spiegare come la distribuzione
cinematografica riscopra il ruolo del passaparola,
economico e persuasivo. L’ultimo capitolo illustra,
attraverso la descrizione di due casi, dei modi diversi di
INTRODUZIONE
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utilizzare il passaparola: un’insolita, quanto originale,
campagna di promozione ed un uso abile dei mezzi di
comunicazione.
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CAPITOLO PRIMO
La filiera cinematografica
1.1 LA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA
L’offerta del prodotto cinematografico si suddivide
fondamentalmente in tre fasi: produzione, distribuzione
ed esercizio. Per produzione s’intende l’insieme delle
«attività finalizzate alla realizzazione definitiva di un film
(master) che è all’origine del processo di moltiplicazione
da cui si ottengono le copie poi commercializzate»
(Peretti, Negro, 2003, p. 91). In questa fase sono
impiegate numerose risorse, sia di tipo creativo sia di
tipo tecnico, ed elevati sono i costi. La figura del
produttore, che ha il diritto di sfruttare il film realizzato
al momento della commercializzazione, acquisisce i fondi
e ne gestisce la ripartizione. Il secondo step, quello della
distribuzione, prevede la «duplicazione del master in più
copie destinate alla proiezione nelle sale
QUANDO IL CINEMA SCEGLIE IL PASSAPAROLA
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cinematografiche e ai canali di sfruttamento economico»
(ivi). In questa fase è il distributore a gestire fisicamente
le copie, le attività di marketing e gli incassi da ripartire
fra i vari soggetti del film. L’esercizio consta di «una
serie di proiezioni al pubblico (spettacoli) di una copia
del film» (ivi). In un secondo momento, o in alternativa
al mercato delle sale, il film viene distribuito in una serie
di mercati secondari.
La realizzazione di un film coinvolge numerose
componenti ed implica costi elevati a monte, vale a dire
molto prima del termine del prodotto. La maggior parte
dei costi gode, inoltre, di un elevato tasso d’incertezza,
poiché, essendo sostenuta nelle fasi iniziali di
lavorazione, si sa poco sulle potenzialità di incasso del
film.
Si è soliti suddividere la realizzazione di un film in tre
fasi:
- pre-produzione: è la fase precedente le riprese,
durante la quale il film viene progettato, pianificato
e preparato;
- produzione: è la fase delle riprese, in cui abbiamo
due momenti: quello più propriamente organizzativo
e le riprese vere e proprie;
1. LA FILIERA CINEMATOGRAFICA
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- post-produzione: è la fase seguente a quella delle
riprese e comprende il montaggio ed il lancio del
film.
La descrizione che segue fornisce un quadro di tutti gli
stadi di lavorazione necessari a trasformare un soggetto
cinematografico in un film distribuito in sala.
1.1.1 La Progettazione
La Progettazione di un film consiste nella realizzazione di
tre fasi susseguenti: soggetto, trattamento e
sceneggiatura.
Nel linguaggio cinematografico il termine soggetto si
presta ad una duplice interpretazione: può essere
considerato sia lo stato embrionale della storia, sia il
punto di vista o il senso che dovrebbero liberarsi dalla
storia stessa. In un soggetto gli eventi, gli accidenti e la
risoluzione tragica devono derivare dallo scopo, dalle
intenzioni e dalla passione del personaggio. Il destino
tragico del personaggio è creato da movimenti interni,
dalle sue azioni, che sono volontà posta in esecuzione. È
importante che chi legge il soggetto si faccia
immediatamente un’idea della storia. Se è tratto da
opere letterarie preesistenti, si parla di soggetto derivato,
QUANDO IL CINEMA SCEGLIE IL PASSAPAROLA
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mentre si dice originale quando è stato appositamente
pensato e scritto per il cinema.
Il trattamento è, invece, la successione delle scene prive
di dialogo o solo con quelle parti di dialogo necessarie
alla comprensione dello sviluppo narrativo. Può avere
un’estensione che va dalle 50 alle 70 pagine e può essere
considerato come una sorta di pre-sceneggiatura, in
quanto «è essenziale che lo sviluppo del trattamento non
sia interpretato soltanto come progetto creativo, ma
anche come progetto operativo» (Biondi, 2002b, p. 15).
Il termine sceneggiatura deriva da scaenarium (spazio
scenico teatrale) e storicamente il termine scenario ha
designato la scena e la sua organizzazione, il canovaccio
della pièce della commedia dell’arte, la messa in scena, il
piano di un romanzo e solo per ultimo ha indicato la
forma scritta del racconto cinematografico. La
sceneggiatura propone dei contenuti che assolvono un
duplice scopo: suscitare l’emozione e l’interesse del
pubblico; costituire eventuali forme espressive ed
estetiche originali adeguate al soggetto ed alla sensibilità
degli autori. Essa è la base, il referente, il termine medio
tra il progetto e la sua realizzazione. La sceneggiatura ha
bisogno di regole strutturali più o meno rigide, che vanno
ad incidere su luoghi, personaggi, situazioni, azioni e
1. LA FILIERA CINEMATOGRAFICA
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tempi. Avere una struttura significa seguire delle regole
progettuali che ci aiutano a portare a buon fine la riuscita
del prodotto filmico. Struttura e realizzazione sono infatti
strettamente interconnesse: la sceneggiatura dovrebbe
essere priva di virtuosismi letterari e contenere tutte
quelle informazioni utili alla lavorazione (ambienti,
arredamenti, tipi di luce, personaggi, atteggiamenti,
costumi, fabbisogni di scena, etc.). Esistono tre tipi di
sceneggiatura:
- la sceneggiatura “letteraria”: è divisa in scene, ma
non vengono indicate le inquadrature. Vi è un
cambio di scena ogni volta che c’è un cambio di set.
Il testo è composto dai titoli di scena (che devono
indicare la posizione della macchina da presa, la
location e la posizione della luce: ad esempio, EST.
CARCERE DI REBIBBIA – GIORNO; a volte può
essere indicato anche il numero della scena: 4. EST.
CARCERE DI REBIBBIA – GIORNO), dalle descrizioni
(in cui vanno in maiuscolo i nomi dei personaggi, i
suoni rilevanti, tutti i testi scritti, le didascalie ed i
titoli con i relativi modi di presentazione, chiusure e
raccordi di scena) e dai dialoghi.