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interattivo si possono cogliere gli eventuali difetti della regolazione
delle relazioni stesse.
Si arriva cosi a formulare l'ipotesi di lavoro, che riguarda la diversa
percezione da parte dei tossicodipendenti nel valutare il modo di
interagire nel rapporto con i propri genitori rispetto ai non
tossicodipendenti.
Per verificare tale ipotesi é stato scelto uno strumento, tratto dal
modello ASCI, che permette di rilevare le unità di comportamento
presenti nell'interazione genitori-figli e che sarà presentato nel terzo
capitolo, sia nei fondamenti teorici sia negli elementi strutturali.
Nel quarto capitolo sarà esposta la metodologia della ricerca, si
descriverà il campione, gli strumenti utilizzati, il piano di analisi, per
arrivare alla presentazione dei risultati. La discussione dei risultati sarà
fatta nel quinto capitolo, analizzandone il contenuto nell'interazione tra
le variabili indipendenti e dipendenti, dove sarà evidenziato il vissuto
dei soggetti che assumono droga i quali esprimono minore affettività
positiva e maggiore affettività negativa.
Infine, nelle conclusioni saranno ripresentati i contenuti del presente
lavoro in forma critica.
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1. Le cause della tossicodipendenza
1.1 Elementi di contesto
Prima di iniziare un discorso sull'abuso di sostanze psicotrope è
necessario un chiarimento d’alcuni punti per orientarsi in una realtà
complessa quale é quella del fenomeno droga.
La diffusione della droga, intesa come problema sociale per il
numero sempre crescente di soggetti che fanno uso abitualmente di
sostanze psicotrope, é un evento recente. Infatti viene generalmente
collocata come dimensione storico-culturale dopo gli anni di
contestazione del 68' (cfr. Grosso, 1991). L'evoluzione su tutto il
territorio nazionale di consumatori di droga é stata omogenea a causa
anche dell'espandersi su scala pressoché generalizzata di quelle droghe
il cui uso era limitato prima a zone geografiche particolari (marijuana,
oppio) o ad ambienti sociali determinati (anfetamine, cocaina), oppure
di droghe di laboratorio la cui scoperta é più o meno recente (come
l'Lsd). Questa evoluzione ha coinciso anche con un fiorente mercato
illecito di queste sostanze, che ha portato alla accessibilità a tutti e a
tutti i livelli di tali sostanze psicotrope. Questo comunque non é
sufficiente per spiegare il consumo di tali droghe poiché le risposte di
fronte all'offerta da parte dei singoli soggetti rimane legata alle
caratteristiche del singolo. Allora quali possono essere le cause della
tossicodipendenza? La ricerca delle cause del comportamento
drogastico é stato affrontato da molti studiosi provenienti da discipline
scientifiche diverse, ognuno apportando il proprio punto di vista. Di
seguito cercheremo di proporre un quadro di sintesi sugli studi
sull'eziologia del comportamento drogastico, senza pretesa di
7
esaustività. Daremo poi maggiore spazio a quelle teorie che
considerano sia le caratteristiche individuali sia gli aspetti relazionali
del soggetto nel spiegare le cause nell'iniziare e mantenere un
comportamento drogastico.
1.2 Il fenomeno droga determinato da molte cause
L'individuazione delle cause del fenomeno droga è complessa, data
l'esistenza di una moltitudine di fattori di contesto che in vario modo
possono essere visti come sue spiegazioni parziali.
Gli autori che si sono interessati alla eziologia del comportamento
drogastico hanno affrontato il problema da molti punti di vista e con
sistemi di osservazione assai diversi, arrivando a conclusioni a volte
contrastanti. Un quadro semplificato delle linee di tendenza nello studio
delle cause dell'uso delle droghe, potrebbe essere quello proposto da
Solivetti (1983) che individua tre indirizzi di studio: biofisiologico,
individuale e sociale.
I- Indirizzo biofisiologico: le discipline che si muovono in questo
ambito (biologia, antropologia, psichiatria, farmacologia), fondano le
loro analisi sulle caratteristiche innate, sugli aspetti genetici e razziali,
osservando come diversità biologiche ereditarie possono spingere al
consumo di droga. In altri casi studiano le caratteristiche delle singole
sostanze usate come droga in funzione delle loro capacità di alterare la
fisiologia dell'uomo, per vedere se condizioni particolari dell'individuo,
come disordini endocrini, malattie neurofisiologiche, possano spiegare
il bisogno di tale consumo.
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II- Indirizzo individuale: All'interno di questo indirizzo si possono
distinguere due grandi filoni di teorizzazioni.
Il primo parte dal presupposto che ci sia una personalità "difettosa".
Infatti, si possono individuare soprattutto teorie psicoanalitiche. Dove il
tossicomane viene fondamentalmente visto con una carenza o un difetto
della struttura dell'Io o del Super-Io. Vengono mostrati elementi
caratterizzanti dell'individuo come debolezza, ansia, depressione,
ipocondria, facilità nel sentirsi sconfitto, tendenza alla frustrazione,
incapacità ad affrontare le difficoltà della vita, ad assumere un ruolo,
basso livello di stima di se stessi e scarso senso della propria identità,
cumulate con una difficoltà nel creare relazioni profonde e significative
con il prossimo. Queste caratteristiche possono spingere a ricercare
nella droga uno strumento di compensazione e di adattamento
alternativo e di alleggerimento della tensione interna.
Alcuni Autori, mettono in evidenza la capacità posseduta da certe
sostanze psicoattive di costituire un mezzo di controllo delle emozioni.
Essi deducono che il consumo di droghe capaci di ridurre l'eccessiva
emotività (in particolare alcool, marijuana, morfina, eroina), può
derivare dal bisogno di ridurre stress, ansia, paura, conflittualità. L'uso
della droga aumenta tale bisogno attraverso il successivo
apprendimento degli effetti di tali sostanze.
Il secondo gruppo di teorie parte dalla diversa ipotesi di un uso della
droga non collegato a una personalità "aberrante" o "difettosa", ma
originato dai meccanismi di apprendimento e condizionamento che si
sviluppano in una normale personalità una volta che si é provato (per
un periodo più o meno lungo) la droga. Tali interpretazioni si
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soffermano sul problema della dipendenza, della assuefazione, della
sindrome di astinenza, spiegando sufficientemente l'abitudine alla
droga e la continuazione dell'uso, ma non le cause che hanno spinto a
iniziare.
III- Indirizzo sociale : Le teorie che fanno parte di questo gruppo
prendono in esame il contesto sociale nel quale l'individuo si colloca,
come l'elemento determinante del suo comportamento.
In primo luogo l'attenzione è rivolta alle caratteristiche dei gruppi
sociali nei quali l'individuo è più strettamente a contatto: famiglia,
coetanei, gruppo sottoculturale o contro culturale già che tali gruppi
possono indurre al consumo di droghe in quanto fonti di stress, di
disadattamento, di tensioni, oppure in quanto portatori di una ideologia
che ne preveda l'uso, o che indirettamente ne favorisce o ne stimola
l'assunzione. L'uso della droga può essere studiato, inoltre, in
correlazione ai meccanismi d’interazione e ai processi di emarginazione
ed etichettamento messi in atto da gruppi aventi il potere di fare ciò.
In secondo luogo, l'attenzione può essere posta su gli aspetti sociali
e culturali del contesto generale in cui l'individuo si muove, in modo da
identificare la pressione di strutture sociali e culturali verso
l'assunzione di sostanze psicoattive. Sono qui interessate teorie che
fanno uso di concetti quali l'alienazione, la anomia, la conflittualità
sociale, il mutamento sociale, il mutamento culturale e molti altri
ancora.
L'approccio biofisiologico può aprire nuove strade nella ricerca sui
processi neurofisiologici e di comportamento nell'uomo, ma il suo
procedere deve rinunciare con rigore a ipotesi meccanicistiche e a nessi
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strettamente causali che potrebbero portare anche ad attribuire a
imperscrutabili ereditarietà la responsabilità di un fenomeno sociale
con esiti di ghettizzazione ed anche di possibile razzismo.
Dalle recenti ricerche e teorizzazioni sul fenomeno droga le teorie
che maggiormente vengono accreditate nella ricerca dell'eziologia del
comportamento drogastico, sono quelle che osservano il soggetto dal
punto di vista individuale e relazionale. Il soggetto portatore del
sintomo non viene più visto solo come elemento singolo ma viene visto
nel suo ambiente. Le relazioni che il soggetto vive nel proprio ambiente
possono aiutare la comprensione del suo comportamento stesso.
Vedremo di seguito come all'interno degli approcci psicoanalitico e
relazionale sistemico vengono spiegati le cause della
tossicodipendenza.
1.3 Modelli teorici
1.3.1 Approccio psicoanalitico
Nell'ambito psicoanalitico vengono presi in esame maggiormente i
dinamismi intrapsichici che determinano il comportamento, in questo
caso drogastico. Si può evidenziare all'interno di questo approccio
un'evoluzione di pensiero.
I primi studi in ambito psicoanalitico sono orientati più verso
l'interpretazione maniacale delle tossicomanie.
Abraham (1916) sottolinea il carattere narcisistico sulla
compulsività e la bramosia orale di tutte le tossicomanie.
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Rado (1926) evidenzia maggiormente la presenza dell'"erotismo
orale", ritiene che alle basi della tossicomania ci sia una "depressione
carica di tensione", il paziente mostra una elevata intolleranza alla
sofferenza. L'uso della sostanza, con lo stato di benessere che ne
consegue, fa si che l'Io ritorni al narcisismo originale che comporta la
realizzazione magica di tutti i desideri e l'onnipotenza. Ma l'euforia è
transitoria, sopravviene la depressione e quindi un rinnovato bisogno di
benessere in un processo ciclico.
Simmel (1928) esprime l'idea che i tossicomani soffrano di nevrosi
narcisistica, da cui si difendono facendo ricorso a meccanismi della
nevrosi ossessiva. La tossicomania viene paragonata da Simmel con il
cerimoniale ossessivo e la masturbazione, e suggerisce che il bisogno di
drogarsi è spesso soltanto un'edizione rinnovata del conflitto della
masturbazione, come lo è la nevrosi ossessiva.
Hartmann (1925) pone l'accento più verso la nevrosi vera e propria
attribuendo alla disposizione psicologica verso la cocaina e all'uso
ripetitivo della stessa, la valenza di processo d’inversione sessuale e di
dislocazione della libido verso l'omosessualità.
Glover (1932) chiude questa prima fase di studi a carattere
psicoanalitico. Evidenzia che le tossicomanie hanno una somiglianza
con le forme maniaco-depressive, la fase di astinenza corrisponde alla
fase depressiva della ciclotimia. D'altra parte la qualità di proiezioni
usati da alcuni tossicomani suggerisce una stretta affinità con gli stati
paranoidi. Glover distingue tre tipi principali di tossicomania. Le forme
più lievi sono quelle dovute all'accresciuta omosessualità inconscia. Poi
vengono le tossicomanie che corrispondono a una organizzazione
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ciclotimica. Di contro il terzo tipo, paranoide, è più cronico e mostra
solo remissioni spontanee occasionali (cfr. Glover 1953, p. 291).
Un secondo periodo di studi pone l'accento sui problemi dell’Io e
del rapporto che l'Io cosciente ha con la realtà. In questo ambito si
evidenziano gli studi di Merloo (1952), e Gerard e Kornetsky (1955), i
quali, mediante un approccio sperimentale orientato sul comportamento
dei tossicomani, individuano disturbi del pensiero, disturbi dell'identità
sessuale e personalità inadeguate.
L'Io e le relazioni dell'Io con un oggetto perverso diventano nucleo
principale di studi e osservazioni di questo periodo di studi a carattere
psicoanalitico.
Verso gli anni 80 prendono piede gli studi di Olivenstein (1973,
1981, 1984) che ridanno linfa agli studi psicoanalitici e ne
caratterizzano un nuovo periodo. La sua lunga esperienza clinica con
ragazzi tossicodipendenti lo porta a individuare il comportamento della
tossicodipendenza nel mancato superamento di una fase evolutiva,
definita "stadio dello specchio" o ridefinita da Lui "fase dello specchio
infranto". Il bambino tra i sei e i diciotto mesi inizia a distinguersi dalla
madre, si scopre «altro», in uno specchio reale o simbolico che gli
permette appunto di rompere quel rapporto di “fusione” vissuto con la
madre. In una evoluzione normale è necessario che il bambino riesca a
superare l'angoscia della separazione dalla madre, la quale, da parte
sua, deve assumere su di sé tale angoscia per contenerla, e permettere
così al bambino di poterla sopportare. Se viene a mancare il supporto
della madre nel gestire l'angoscia, per il bambino diventa impossibile
potersi separare. Questa è la fase in cui il bambino forma un Io diverso
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da quello della madre, la scoperta del Sé, l'immagine del Sé, se in
questo momento lo specchio si infrange, verrà rinviata un'immagine
frammentata, incompleta, impedendo la formazione unitaria dell'Io
(Olivenstein 1984, pp. 90ss). Il tossicodipendente userà la sostanza
elettiva per rivivere le sensazioni di “fusione” dello stadio pregenitale,
la funzione della droga è di collocarsi al posto della frattura per
annullare l'angoscia.
La frattura del rapporto madre-figlio è la base del trauma: "La
frattura è qualcosa che si svolge nel sistema madre-bambino quando
questo sistema e la sua collocazione nell'economia libidica non
funziona. La frattura avviene in quanto vi sono stati uno o molteplici
shock. La madre subisce lo shock e lo rimanda. È questo rinvio
permanente mantenuto per tutto il corpo dell'infanzia (del
tossicodipendente) che contribuirà a rendere impossibile il
rafforzamento dell'Io" (Olivenstein 1981, p. 212). La figura paterna
viene considerata assente: "Il suo intervento è negativo sia perché
abdica al proprio ruolo paterno per assumerne uno materno, cioè in
luogo della madre. Ma se il padre assume questa o quella posizione ciò
deriva da come egli è vissuto e presentato, cioè incapace di prenderne
un'altra" (ibidem, p. 213).
Il contributo di Olivenstein apre la strada per la comprensione dei
processi di funzionamento familiare rispetto alla tossicodipendenza,
che, come vedremo saranno più chiaramente organizzati dall'approccio
sistemico-relazionale.