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Si ritorna sul complicato rapporto tra centro e periferia
dell'amministrazione pubblica, riflettendo su alcune funzioni, che se
ottimizzate, potrebbero cercare di sciogliere le numerose problematiche
d'insieme esistenti.
In seguito, ci si sofferma sulla questione fondamentale dell'e-
Government, proponendone una definizione e riassumendo l'attuale
modernizzazione informativa che questo processo ha subito.
Si evidenziano i servizi strategici che dovranno essere necessariamente
potenziati e i risultati positivi che se ne otterranno, in termini di maggiore
inclusione del cittadino e di più ampia ed efficace erogazione di servizi
da parte della pubblica amministrazione.
Sempre nel secondo capitolo sono presentati alcuni strumenti, tra i più
validi, nell'ampliare e dare concretezza alla fase dell'ascolto del cittadino,
dell'acquisizione e della comunicazione di informazioni utili e nel
favorire la crescita del senso civico negli amministrati così come negli
amministratori.
Il terzo capitolo si occupa di delineare il ruolo che l'innovazione esprime
nella creazione della mission delle pubbliche amministrazioni e nella
individuazione delle risposte più valide alle richieste dei cittadini e delle
imprese.
Si osservano le difficoltà e gli impedimenti che i famigerati Uffici per le
Relazioni con il Pubblico si trovano ad affrontare fin dalla loro
istituzione.
Comparti amministrativi che, in quanto “antenne” delle amministrazioni
pubbliche, dovranno inevitabilmente tendere alla strutturazione di portali
e strategie di e-Government e al monitoraggio della soddisfazione degli
utenti.
Si riferiscono le linee d'azione approntate dal Dipartimento per
l'Innovazione e le Tecnologie del Ministero per le Riforma e le
Innovazioni della pubblica amministrazione riguardanti gli elementi
specifici della progettualità di e-Government.
3
Si indicano successivamente le politiche in tema di e-Government nella
Pubblica Amministrazione Locale con particolare menzione per lo stato
di attuazione della seconda fase del Piano nazionale; si sottolinea anche il
potenziale assunto, in questo contesto, dagli enti locali e soprattutto
dall'ente Provincia.
Si tracciano, quindi, le modalità e gli strumenti con cui la Provincia di
Pescara ha trattato la questione dell'interazione con il cittadino-utente e
quali risultati ambisce a realizzare.
Il quarto capitolo approfondisce l'iter pianificato dalla Provincia stessa
attraverso lo studio degli obiettivi e dei benefici che il progetto
PROVINCIAUNICA vuole apportare ai cittadini e alle imprese operanti
nel territorio; l'esame dei servizi che si intendono erogare ai soggetti
richiedenti e del le relative caratteristiche funzionali ed il livello di
interazione cui il progetto mira.
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1 - LA PARTECIPAZIONE COME VISIONE CONDIVISA
1.1- Basi istituzionali e normative
Il punto da cui sembra opportuno muovere è senza dubbio la
Costituzione, vero e proprio spartiacque del vecchio e del nuovo, non solo
nei suoi effetti immediati ma nelle sue implicite potenzialità.
Già nell’art.2 si ridisegna il baricentro dello stato, il suo ruolo e la sua
configurazione: ”La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la
sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.”
L’art.2 identifica nella persona umana il valore base del sistema positivo,
destinato ad operare non solo nel rapporto fra stato e singolo, ma anche
nella determinazione dei modi dell’articolazione democratica cui si ispira
l’organizzazione dei pubblici poteri.
Lo spostamento di equilibrio, ancora embrionale, può considerarsi senza
dubbio come il quadro valoriale e istituzionale che permetterà il
consolidamento della funzione di servizio, luogo di scambio tra cittadino,
istituzioni e societàcivile.
L'insieme della carta costituzionale tende ad affermare la pienezza dei
diritti dei cittadini anche nei confronti dei poteri pubblici., ma, specie
sotto il profilo della democraticità della attività degli apparati, essa ha
avuto, finora, applicazione assai carente.
In questo contesto è possibile tentare di schematizzare diversi livelli
nell'incrocio tra informazione e partecipazione.
I processi di riforma del sistema amministrativo hanno perseguito,
nell'ultimo decennio, l'obiettivo di far arretrare le amministrazioni
pubbliche dalla gestione dei servizi, per valorizzarne, in cambio, il ruolo
di regolatori di attività svolte da soggetti terzi, affiancando, in maniera
sempre più larga, un'azione regolatrice che presuppone la partecipazione
dei privati e dei singoli cittadini.
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I casi sono numerosi e riguardano tanto le amministrazioni statali quanto
quelle locali.
Anche se in una forma imposta dalla legislazione i cittadini sono chiamati
ad un diverso tipo di collaborazione con i poteri pubblici.
Se il maggiore o minore livello di partecipazione determina modi
qualitativamente differenti di interazione tra cittadini e amministrazioni
pubbliche, un fenomeno analogo si verifica in presenza di un diverso
grado di informazione: un'informazione più chiara ed esauriente
determina, di per sè, una maggiore democraticità dell'azione dei pubblici
poteri.
Nel contempo la stessa pressione sociale induce comportamenti più
trasparenti.
Il fenomeno potrà avere allora esiti svariati: o una diretta azione di
comunicazione ai cittadini, o la fissazione di regole più incisive riguardo
ai criteri di informazione.
Non a caso i terreni fertili della regolazione stanno diventando, da
qualche anno, quelli delle tecnologie della comunicazione, nei quali le
maglie normative sono troppo larghe e inefficaci.
Nell'insieme i poteri pubblici sono chiamati ad un duplice, difficile
compito: fornire maggiori informazioni e garantire che queste vengano
trasmesse con criteri che assicurino la tutela dei più deboli.
L'obiettivo rimane quello di mettere le P.A. “al servizio del cittadino”;
tuttora però questi si sente poco “servito”dagli uffici pubblici.
La necessaria cementazione normativa giunge,evidentemente, decenni più
tardi.
Si deve partire dai primi anni ‘90 per chiarire il percorso delle norme
poste a fondamento e legittimazione delle funzioni di comunicazione
all'interno della P.A. a partire dall'emanazione delle leggi 142/90 e 241/90
si apre una fase di riforma della P.A. che vede l'emanazione di una serie
di norme estremamente innovative dal punto di vista della
riconfigurazione delle modalità organizzative, gestionali e operative delle
P.A.
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E' all'interno di questo percorso che cresce progressivamente una cultura
della comunicazione al pari di una legittimazione dell'attività derivata
dall'affermazione di diritti e doveri in materia.
Uno spaccato, quello delineato dal legislatore, talvolta anticipatorio
rispetto alle realtà organizzative e alle esperienze realizzate dalle P.A. ,
altre volte carente rispetto a soluzioni efficaci già sperimentate soprattutto
a livello territoriale.
La legge 142/90 (Cfr. Appendice 1) interviene sull'ordinamento delle
autonomie locali e introduce nuove regole sulla trasparenza
amministrativa, riconoscendo il diritto d'accesso dei cittadini alle
informazioni e ai procedimenti amministrativi e la valorizzazione della
partecipazione dei cittadini all'amministrazione locale.
La legge 241/90 (Cfr. Appendice 2) riprende i contenuti suddetti
specificandoli ed estendendoli; in particolare, in essa si afferma che
l'attività amministrativa deve fondarsi sul criterio di “pubblicità” che si
riferisce principalmente alla possibilità offerta al cittadino di partecipare
al procedimento e al suo diritto d'accesso ai documenti amministrativi.
Con questa legge non viene solo riconosciuto al cittadino il diritto di
“chiedere e avere informazioni”, che implica necessariamente il dovere
di “ascolto e risposta informativa”, ma si introducono altri “doveri
comunicativi”a carico delle P.A. come l'obbligo di comunicare l'avvio del
procedimento e l'obbligo di motivazione del procedimento.
La legge n.241/1990 è molte cose, tutte importanti, ma sicuramente è in
primo luogo una legge dalla parte del cittadino, tanto da potersi
considerare come una sorta di statuto dei cittadini nei confronti
dell'amministrazione.
Essa, riconoscendo ai cittadini nuovi diritti nei confronti
dell'amministrazione, ha riempito un vuoto, da un lato integrando le
disposizioni costituzionali in materia di amministrazione, dall'altro
aprendo prospettive inedite per lo sviluppo di forme nuove di esercizio di
una sovranità popolare non più confinata nell'ambito del sistema politico
ma estesa anche al rapporto cittadini-amministrazioni pubbliche.
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A distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore e sia pure tenendo
conto dei limiti nella sua applicazione, degli istituti previsti e non
realizzati, delle resistenze nei suoi confronti, tuttavia si può dire oggi che
essa ha segnato una frattura nella storia amministrativa del nostro Paese,
così come trent'anni fa la segnò la regionalizzazione.
Sotto un certo profilo si può dire anzi che la legge sul procedimento ha
completato il processo di dislocazione dei poteri avviato nel 1970; mentre
allora però il trasferimento di funzioni dallo Stato alle regioni comportò il
passaggio di poteri dal centro agli enti locali, nel 1990 la legge
n.241/1990 modificò invece l'assetto dei rapporti fra amministrazioni e
cittadini, a vantaggio di questi ultimi.
Certo, come tutti i processi che comportano uno spostamento di poteri
anche quello avviato dalla legge sul procedimento è ancora ben lungi
dall'essere completato; del resto, anche la regionalizzazione è ancora un
processo in corso, nonostante siano trascorsi ormai trent'anni dal suo
avvio.
Ma l'importanza della legge sul procedimento non sta solo negli istituti
giuridici da essa introdotti nel nostro ordinamento, quanto anche nell'aver
indicato la direzione in cui poi si sono mosse tutte le riforme successive.
Se non ci fosse stata la legge n.241/1990 non ci sarebbero stati, nel
decennio appena trascorso, le grandi leggi che hanno radicalmente
cambiato l'assetto del nostro sistema amministrativo, dal D.Lgs.
n.29/1993 alle leggi "Bassanini".
Sono i contenuti e le finalità della comunicazioni tra enti e cittadini
regolati dalla legge 241/90 che definiscono i presupposti delle norme
introdotte nel 1993 dal d.lgs.29 con il quale si impone l'obbligo a tutti gli
enti pubblici di istituire gli uffici per le relazioni con il pubblico.
Si inseriscono in questo contesto normativo altri provvedimenti:con la
direttiva del presidente del consiglio dei ministri del 27 gennaio del 1994
si introducono una serie di principi, di strumenti e di obblighi finalizzati a
garantire una migliore qualità dei servizi e la tutela degli utenti.
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Si prevede l'adozione della carta dei servizi pubblici, che si pone come
patto tra soggetto erogatore e i propri utenti in relazione a:informazione,
standard di qualità, meccanismi di partecipazione, tutela degli utenti.
Anche nel caso della carta dei servizi, tuttavia, il processo di attuazione
non è risultato molto soddisfacente.
Le questioni dibattute ritornano nella seconda metà degli anni 90 grazie
ad una serie di altre importanti leggi di riforma conosciute come “Leggi
Bassanini”(Cfr. Appendice 3).
Obiettivo di queste norme è la semplificazione dei procedimenti
amministrativi nonché del linguaggio; l'attuazione del decentramento
amministrativo; lo sviluppo dell'informatizzazione e l'adozione di
strumenti telematici.
Le “Bassanini” da un lato, legittimano e promuovono l'adozione di nuovi
strumenti e nuove modalità organizzative; dall'altro lato affermano e
legittimano una nuova cultura della relazione. In sintesi hanno introdotto
norme che obbligano le P.A. a capovolgere la prospettiva con la quale si
relazionavano tradizionalmente ai cittadini.
La legge 150/2000 (Cfr. Appendice 4) ha poi innovato ulteriormente il
campo legislativo; essa è la prima legge quadro sulla comunicazione
istituzionale ed è il risultato di un lungo e faticoso percorso di
elaborazione e di sintesi.
E' nei principi generali che possiamo trovare la legittimazione piena del
ruolo che la comunicazione riveste tra le attività della P.A.; le
disposizioni della presente legge, in attuazione dei princìpi che regolano
la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa, disciplinano le
attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni. qui si introduce la differenziazione tra tre principali
attività di comunicazione: le attività di informazione verso i mass-media;
le attività di comunicazione interna; le attività di comunicazione esterna.
Si riconosce così una differenza tra le attività di informazione e di
comunicazione, ponendo una differenziazione ulteriore anche a livelli
delle strutture organizzative deputate alle due diverse attività.
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Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare,
finalizzate a:
a. illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine
di facilitarne l’applicazione;
b. illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
c. favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
d. promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante
interesse pubblico e sociale;
e. favorire processi interni di semplificazione delle procedure e
modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell’avvio e del
percorso dei procedimenti amministrativi;
f. promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonché quella
dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad
eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.
Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni
mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di
messaggi, anche attraverso la strumentazione graficoeditoriale, le
strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative
di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali.
Da ultimo altri due provvedimenti del 2001 definiscono invece le linee
guida relative all'accessibilità dei siti web realizzati dalle P.A.: la
circolare del dipartimento della funzione pubblica che detta le ”linee
guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti web”(Cfr.
Appendice 5).
La comunicazione pubblica cessa di essere un segmento aggiuntivo e
residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte
integrante, così come accade da decenni alle imprese che agiscono nel
mercato dei prodotti e dei servizi.
La riforma della pubblica amministrazione, il federalismo e il
rafforzamento dei livelli locali di governo, l’attuazione del principio di
sussidiarietà e il conseguente nuovo orizzonte delle missioni delle
amministrazioni, possono realizzarsi solo con il pieno consenso dei
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cittadini e delle imprese, degli operatori del settore pubblico, da
coinvolgere attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione e
comunicazione.
Questa direttiva richiama e impegna la responsabilità dei vertici delle
amministrazioni pubbliche all’applicazione della Legge n. 150/2000 e alla
definizione di strutture e risorse necessarie per:
• progettare e realizzare attività di informazione e comunicazione
destinate ai cittadini e alle imprese;
• procedere ad una rinnovata ingegneria dei processi di comunicazione
interna e adeguare i flussi di informazione a supporto dell’attività degli
uffici che svolgono attività di informazione e comunicazione, e il loro
coordinamento, già individuati dalla Legge 150/2000;
La direttiva, inoltre, pone all’attenzione dei dirigenti degli uffici stampa e
degli Urp, così come delle analoghe strutture previste dalla Legge
150/2000, la ricerca dell’efficienza e dell’efficacia nei processi di
produzione della comunicazione, quale obiettivo della loro attività.
Un moderno sviluppo dell’informazione della comunicazione richiede un
decisivo impegni delle amministrazioni.
Particolare attenzione deve essere posta ai compiti che la legge affida agli
Urp, attraverso la realizzazione delle Reti civiche e del sito internet della
pubblica amministrazione, nella loro funzione di relazione verso
l’esterno.
Essi svolgono infatti compiti di informazione, di garanzia di accesso ai
servizi, di ascolto delle esigenze degli utenti, di promozione
dell’innovazione e della semplificazione, nonché di verifica della
soddisfazione del cittadino rispetto all’erogazione dei servizi stessi.
In questo contesto, gli Uffici per le relazioni con il pubblico e le analoghe
strutture devono poter ricorrere a procedure di comunicazione interna
codificate ed efficaci per divenire il terminale di destinazione di atti e
documenti che consentano sollecite ed esaurienti risposte alle richieste dei
cittadini.
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Nei casi più complessi, gli Urp devono poter disporre della
documentazione utile alla soddisfazione dell’utente entro un tempo
ragionevole, comunque predeterminato dalle amministrazioni di
appartenenza che individueranno, del pari, le sanzioni in caso di
inadempienza o di ritardo nella risposta.
Al fine di rendere gli Urp strumenti del cambiamento interno della
pubblica amministrazione, attraverso una funzione di marketing
istituzionale e di verifica della soddisfazione del cittadino rispetto
all’erogazione dei servizi, è opportuno che essi siano in grado di
progettare e sviluppare azioni di studio e ricerca attraverso risorse umane
in possesso delle competenze necessarie.
L’incarico di gestione delle Reti civiche, assegnato dalla Legge n.
150/2000 agli Urp, e del sito Internet, è destinato ad espandere la
dimensione di questi uffici da semplice sportello di informazione al
cittadino a terminali di banche dati.
Gli Urp devono pertanto essere in grado di svolgere più funzioni e di
corrispondere ad una domanda differenziata di servizi da parte del
cittadino.
La stessa Legge n. 150/2000 attribuisce all’ufficio stampa,
prioritariamente, la gestione dell’informazione in collegamento con gli
organi di informazione mezzo stampa, radiofonici, televisivi ed on line.
In particolare l’ufficio stampa, coordinato da un direttore di servizio, si
occupa:
• della redazione di comunicati riguardanti sia l’attività
dell’amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella di
informazione, promozione, lancio dei servizi;
• dell’organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa;
• della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o periodica, anche
attraverso strumenti informatici;
• del coordinamento e della realizzazione della newsletter istituzionale e
di altri prodotti editoriali.
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La circolare dell'Aipa che detta ”criteri e strumenti per migliorare
l'accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone
disabili” (Cfr. Appendice 6).
Il 27 novembre 2003 la Conferenza Stato-Regioni approva il documento
programmatico della seconda fase di attuazione dell'e-Government nelle
Regioni e negli Enti Locali.
Con un investimento di circa 200 milioni di euro messi a disposizione dal
Governo, a cui si aggiungeranno almeno altrettanti di co-finanziamento
da parte delle Regioni, si intende proseguire in uno degli investimenti mai
intrapresi dal nostro Paese nell'innovazione tecnologica.
L'estensione dei servizi prioritari ai cittadini e alle imprese nel maggior
numero di amministrazioni locali è l'obiettivo primario del secondo ciclo
di investimenti intrapresi del Governo.
Alla diffusione territoriale dei servizi per cittadini e imprese è destinata la
seconda linea d'azione.
La prima linea d'azione riguarda lo sviluppo dei servizi infrastrutturali
locali ovvero la creazione e implementazione del sistema pubblico di
connettività a livello locale.
La terza linea d'azione promuove l'inclusione dei piccoli Comuni
nell'attuazione dell'e-Government.
Tale linea prevede la creazione di organismi di supporto alle piccole
realtà locali, i cosiddetti CST in grado di gestire, per conto dei piccoli
comuni, progetti anche complessi di e-Government.
La linea d'intervento si rivolge, infatti, ai Comuni con meno di 5000
abitanti (Piccoli Comuni) nei quali si riscontra un elevato "digital divide"
dovuto essenzialmente a scarsità di risorse finanziarie da investire in ICT,
mancanza delle competenze necessarie a compiere opportune scelte di
mercato, esistenza di infrastrutture tecnologiche non adeguate.
Obiettivo dell'"Avviso per la selezione dei soggetti ammessi a presentare
progetti finalizzati all'erogazione di servizi in forma associata per piccoli
Comuni" (Gazzetta Ufficiale n.213 del 13 settembre 2005) (Cfr.
Appendice 7), è stimolare l'associazionismo dei piccoli Comuni
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consentendo la formazione di "organismi" che siano caratterizzati da:
-- stabilità
-- economicità
-- rappresentatività
-- flessibilità gestionale.
Tali organismi, chiamati Centri Servizio Territoriali (CST), dovranno,
pertanto:
- mirare a ridurre i costi che gravano sui Comuni nelle erogazione dei
servizi attraverso la condivisione di risorse e lo sviluppo di economie di
scala;
- scegliere una forma associativa che abbia carattere di stabilità. La
stabilità è determinata:
a dal livello di formalizzazione del vincolo associativo,
b dalla durata pluriennale del vincolo,
c dalla scelta di modelli organizzativi e di funzionamento che
garantiscano l'integrazione tra gli Enti;
- rappresentare gli Enti che lo compongono, mantenendo un elevato
livello di autonomia decisionale e gestionale;
- avere una struttura di servizio flessibile.
Si può sostenere, dunque, che il “progetto CST ” si inserisce pienamente e
coerentemente nel quadro normativo più generale volto a sollecitare
forme di cooperazione intercomunale tra piccoli Comuni con l’obiettivo
di potenziarne la capacità complessiva di governo e di controllo degli
strumenti ad esso connessi.
La quarta linea d'azione riguarda lo sviluppo di progetti di e-Democracy.
Tale linea ha l'obiettivo di promuovere fra le Autonomie Locali progetti
che favoriscano la partecipazione dei cittadini alla vita a alle decisioni
delle loro amministrazioni attraverso l'utilizzo delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione (ICT).
La quinta linea di azione si dedica, infine, alla promozione dell'utilizzo
dei nuovi servizi presso cittadini e imprese.
Recentemente le priorità d'intervento in materia di digitalizzazione della
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Pubblica Amministrazione sono state definite anno per anno da direttive
emanate dal Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie di seguito
elencate.
Da rilevare la Direttiva del 18 novembre 2005(Cfr.Appendice 8),
pubblicata sulla GU n.16 del 20 gennaio 2006, che fissa i criteri e le
azioni che tutte le pubbliche amministrazioni dovranno attuare per
realizzare concretamente i principi contenuti nel Codice
dell'Amministrazione digitale.
Il Codice, entrato in vigore il 1º gennaio 2006, contiene le disposizioni
per garantire il diritto di ogni cittadino a usufruire dei servizi della P.A.
anche on-line e l'obbligo per la P.A. di snellire le procedure ed e rendere
tutti i servizi e le comunicazioni interne ed esterne per via telematica.
In particolare la direttiva, invita le P.A.:
-- a consentire ai cittadini titolari delle CNS l'accesso ai servizi pubblici,
indipendentemente dall'ente di emissione delle stesse fornendone
un'informazione adeguata;
-- a consentire i pagamenti on-line;
-- a garantire riservatezza e integrità dei contenuti, continuità e
disponibilità dei servizi mettendo in pratica le disposizioni contenute
nella direttiva sulla sicurezza informatica e delle telecomunicazioni del 16
gennaio 2002
-- a individuare un centro di competenza interno a ciascuna P.A. cui
afferiscano, tra l'altro, compiti di coordinamento strategico dello sviluppo
dei sistemi informativi.
Le leggi, evidentemente, prescrivono come le cose dovrebbero
funzionare; il recepimento e l'interpretazione delle norme però possono
dare vita ad applicazioni differenziate perchè mediate da più soggetti.
Per fare un reale bilancio sull'emanazione della legge 150/2000 dovremo
quindi aspettare e osservare se e come gli enti pubblici vorranno e
sapranno applicarla.