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INTRODUZIONE
Il presente lavoro si propone come un approfondimento sul rapporto tra la psicologia e la
musica, svolto sia attraverso l’analisi delle ricerche scientifiche di questi ultimi decenni, sia
tramite una parte sperimentale di indagine.
La psicologia della musica – una branca della psicologia sviluppatasi, in senso scientifico,
nella seconda metà dell’Ottocento in età positivista, con le prime ricerche condotte in area
germanica – ha come oggetto d’indagine i comportamenti connessi con la musica e si
propone di analizzare i processi di carattere percettivo, cognitivo e affettivo che si
accompagnano alle esperienze di fruizione e di produzione musicale.
Seppur con finalità diverse, il musicista e lo psicologo sono entrambi interessati
all’esperienza dell’ascolto. Per entrambi l’ascolto di un evento sonoro può essere visto
come un’attività che comporta una elaborazione di diversi tipi di informazione e
l’attivazione di diversi processi mentali.
Nel momento in cui l’esperienza dell’ascolto conduce alla necessità di prendere in
considerazione il rapporto tra le informazioni provenienti dai canali sensoriali e la
conoscenza precedentemente acquisita, lo psicologo e il musicista si trovano di fronte ad
un territorio complesso: quello delle rappresentazioni mentali e del loro significato.
Si tratta di un campo d’indagine fondamentale per la psicologia cognitiva della musica, che
studia i processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite, trasformate, elaborate,
archiviate e recuperate dal sistema cognitivo, in relazione ai processi mentali che risultano
implicati nella fruizione e nella produzione musicale.
Tale approccio costituisce il quadro teorico di riferimento su cui si basano le ricerche
attuali, le quali si pongono come obiettivo lo studio dei meccanismi cognitivi sottostanti
alle aspettative musicali.
Il tema su cui riflettere riguarda l’interazione tra la psiche e il suono, ovvero “come la
mente elabora e si rappresenta la musica”, intesa qui come un fattore psichico interno
relativo ai processi mentali, emotivi e affettivi dell’individuo.
L’attenzione sarà pertanto focalizzata sull’elaborazione mentale della musica, ponendo in
secondo piano la percezione meramente fisiologica e sensoriale dell’elemento sonoro
costituente la musica stessa.
La scelta del tema è stata guidata dalla mia formazione personale in ambito accademico-
musicale, che mi ha stimolato a concepire la musica come una disciplina che vada ben al di
là dell’elemento meramente sonoro.
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La percezione uditiva del suono musicale è infatti solo uno dei molteplici elementi di
analisi possibili in ambito psicologico-musicale; ridurre la concezione della musica ad un
fatto percettivo, sonoro o sensoriale, sarebbe molto limitante per la comprensione di cosa
sia autenticamente la musica e della motivazione per la quale essa sia in grado di suscitare
reazioni (si pensi ad esempio a quelle emotive) tra le piø disparate in ognuno di noi.
La struttura della tesi è suddivisa in due sezioni: nella prima, compilativo-bibliografica, si
prenderanno in considerazione le teorie e le ricerche svolte in ambito psicologico-musicale
riguardanti i diversi aspetti inerenti al modo in cui la musica viene immaginata e
rappresentata mentalmente, tenendo conto delle dimensioni cognitive, sensoriali, emotive,
ed affettivo–relazionali, quindi i differenti aspetti della musica che solo secondariamente si
riferiscono ad un elemento sonoro.
Partendo da questa prospettiva, nella seconda parte della tesi, si è cercato di indagare in
maniera sperimentale il tema della rappresentazione mentale della musica, ovvero “come i
musicisti pensano la musica” e quali associazioni mentali attuano quando si propone loro il
tema “musica”.
Data l’importanza assunta in psicologia dalle relazioni primarie e famigliari nella
strutturazione psichica del soggetto, si indagherà la rappresentazione mentale della musica
in base alle differenti dimensioni emotive, cognitive ma soprattutto affettive.
L’obiettivo è cercare di comprendere se la rappresentazione psichica della musica sia
associata inconsciamente ad elementi affettivo-relazionali sviluppati nella prima infanzia e
quindi non dipenda esclusivamente da variabili quali il suono, la percezione uditiva, la
cognizione o strumenti musicali, fattori quindi “esterni” al sØ.
La parte sperimentale della tesi ha previsto la somministrazione di un questionario ad un
campione di musicisti e la successiva analisi ed elaborazione dei dati ottenuti al fine di
confermare o meno l’ipotesi di partenza; in particolare, saranno prese in esame le principali
tipologie di rappresentazioni mentali musicali emerse dai questionari.
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PARTE PRIMA: PRESUPPOSTI TEORICI
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Capitolo 1
JOHN A. SLOBODA E LA PSICOLOGIA COGNITIV A
DELLA MUSICA
Il parallelismo tra psicologia e musica e l’analisi dei processi cognitivi presenti durante le
attività musicali sono stati oggetto di studio per il maggior rappresentante contemporaneo
di psicologia cognitiva della musica, ovvero John A. Sloboda (Parkins, 2008).
Docente di psicologia all’università di Keele in Inghilterra, musicista, pianista e
compositore, attualmente svolge continue ricerche indagando “come la mente si
rappresenta la musica e ne elabora le informazioni”.
Con Sloboda nasce infatti una nuova concezione dei processi mentali musicali, dando una
svolta teorica e storica rispetto agli studi precedenti.
1.1 La nascita della psicologia cognitivista della musica
Dal punto di vista storico il rapporto tra psicologia e musica risale allo stretto intreccio tra
il costituirsi della psicologia come disciplina scientifica e la considerazione dei fatti
musicali.
Inizialmente l’attenzione viene focalizzata sull’aspetto psicofisiologico dell’udito come
mostrato dagli studi di Helmhotz (1863), per poi successivamente superare la concezione
strutturalista di Wundt passando dal brano musicale come “pura somma” di sensazioni alla
considerazione della “totalità di sensazioni”.
¨ la Gestalt ad avere un’importanza fondamentale nello studio della musica da un punto di
vista psicologico: con Wertheimer e il suo primo saggio gestaltista di stampo
etnomusicologico “Sulla musica dei Wedda” (1910), infatti, nasce una considerazione della
musica in base alle sue qualità gestaltiche, ovvero “il tutto è piø della somma delle parti”,
una sintesi dei concetti chiave della teoria gestaltica.
Il grande distacco tra la precedente psicologia della musica e quella attuale è però
senz’altro dato dalla prospettiva cognitivista, di cui Sloboda dagli anni ‘80 ne è un tipico
rappresentante; a differenza del cognitivismo di Neisser (il cui pensiero è espresso nel suo
lavoro fondamentale "Psicologia cognitivista" del 1967 ), che considera la mente come un
sistema attivo che acquisisce informazioni e le elabora in analogia con i calcolatori
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elettronici, Sloboda tiene conto del fenomeno musicale nella sua globalità e per la prima
volta, nel libro “La mente musicale” (1988), troviamo esplicitamente un’analisi dei
processi cognitivi in musica in termini di “rappresentazione delle conoscenze”, superando
quindi il paradigma dello “human information processing” gestaltico e affrontando - come
pioniere - i processi psicologici della composizione musicale oltre che dell’apprendimento
ed esecuzione musicale.
1.2 La musica intesa come abilità cognitiva
La percezione, i processi di pensiero e l’esecuzione della musica mettono in gioco dei
comportamenti complessi di natura sia cognitiva che emotiva e storico-culturale.
L’argomento centrale della psicologia cognitiva della musica riguarda la rappresentazione
interna astratta o simbolica della musica, formatasi nel soggetto in una “fase cognitiva”,
durante la quale si forma una rappresentazione interna che permette di comprendere o di
interagire con la musica.
Il modo in cui le persone si rappresentano la musica, determinerà la modalità con cui la
ricorderanno o l’eseguiranno. Queste rappresentazioni non sono direttamente osservabili,
essendo processi mentali interni, ma possono essere inferite dal modo in cui le persone
ascoltano, creano o reagiscono alla musica, intesa come abilità cognitiva; si utilizza questa
definizione in quanto si tratta di attività apprese durante il corso della vita, in base alle
proprie esperienze e conoscenze apprese. Un processo cognitivo è infatti la sequenza dei
singoli eventi necessari alla formazione di un qualsiasi contenuto di conoscenza e fa
riferimento ad una struttura cognitiva di base del soggetto che si è formata nel tempo.
Sloboda sostiene che esista una rappresentazione interna della struttura musicale: la musica
è infatti costituita da regole ben precise e quindi dotata di una precisa struttura, secondo la
quale il soggetto ricorda ed interpreta la musica. Quest’ultima quindi è prodotta
dall’interdipendenza di elementi che seguono regole predeterminate, formando una vera e
propria grammatica musicale, così come il linguaggio è costituito da regole grammaticali.
Il materiale musicale può essere raggruppato in configurazioni strutturate, cioè date da una
somma di idiomi intesi come accordi, scale e arpeggi. Da una struttura complessa quindi
la mente attuerà un processo di astrazione dello stimolo, che riordinerà il materiale in
schemi gerarchici e strutturati, in raggruppamenti di elementi.
Questo principio del “raggruppamento elementare”, oltre che della musica intesa come
struttura, è trattato in un articolo del 1986 di Michel Imberty, psicologo e musicologo
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francese, il quale sostiene che la mente attui una gerarchizzazione rispetto ai segmenti di
un’opera musicale.
Potremmo dunque concepire i processi mentali in base a due categorie: quelli a carattere
temporale, ovvero riguardanti la dimensione sequenziale della musica che fluisce in un
arco di tempo, e quelli non temporali come il processo dell’astrazione (astrarre unità come
temi, melodie o ritmi dal contesto del pezzo musicale), della trasformazione (percepire
somiglianza o diversità nelle strutture musicali), e della strutturazione gerarchica che
permette di organizzare il materiale in modo da renderlo comprensibile.
Tali processi mentali inevitabilmente si rifaranno ad una esperienza passata e già
conosciuta dal soggetto ed è questa la spiegazione per cui la musica che non contiene
strutture e configurazioni familiari, non verrà rappresentata facilmente nell’ascoltatore.
Le persone quindi non ricordano le melodie in termini di durate e toni esatti, ma di
configurazioni e rapporti: vi è una struttura intrinseca della musica che è sequenziale e che
influenza anche le persone non educate musicalmente. L’educazione si serve
dell’acquisizione di un vocabolario nei cui termini vengono descritte le strutture: questo
non significa che le persone non educate non le abbiano a disposizione.
La differenza tra il non musicista e il musicista professionista però sta nel fatto che la loro
rappresentazione della musica si basa su una complessità diversa della stessa struttura. La
differenza cruciale sta nella capacità da parte dell’ascoltatore di rappresentarsi la musica in
termini di numero e complessità delle sue caratteristiche strutturali e nel livello di
consapevolezza della propria rappresentazione.
I dati indicano che gli individui non educati hanno una conoscenza implicita di ciò che i
musicisti comprendono a livello esplicito. Ogni abilità cognitiva risponde ad un principio
di familiarità e velocità nel compiere le operazioni mentali necessarie alla comprensione
musicale, che ne costituisce una caratteristica fondamentale: vi sono dei procedimenti
estremamente automatizzati che avvantaggiano il musicista rispetto al profano.
A tal proposito, secondo una recente ricerca (Seither-Preisler, 2007), volta ad esplorare le
differenze percettive e cognitive tra musicisti e non musicisti attraverso test di percezione e
ascolto musicale, risulta che la spiegazione possibile delle maggiori capacità di
riconoscimento e ascolto musicale da parte del gruppo dei professionisti rispetto ai
musicisti amatoriali, possa essere data dal fatto che la pratica musicale cambia il focus
percettivo dei soggetti, attivando meccanismi di riconoscimento e di conoscenze apprese,
sebbene spiegazioni alternative come differenti predisposizioni genetiche, non possano
essere escluse a priori.
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Nell’esaminare i processi cognitivi in musica, Sloboda - affrontando il tema
dell’esecuzione di un brano a prima vista - si sofferma ad analizzare i movimenti oculari
del lettore, sostenendo che il musicista attua un processo di fissazione della sequenza
musicale data, in base a due livelli di fissazione.
La musica per pianoforte infatti, avendo due righi, pone l’impossibilità di focalizzare in
un’unica fissazione tutte le note di entrambi i righi; la strategia generale quindi utilizzata,
sarà quella di adottare sequenze di fissazioni verticali e orizzontali, con lo scopo di
identificare le unità strutturali significative e quindi di “vedere in anticipo” le sequenze
successive, attraverso un riconoscimento delle configurazioni musicali.
Un altro processo cognitivo inerente alla lettura è il fenomeno dell’ “errore del correttore di
bozze”, ben noto agli psicologi, che consiste nell’incapacità di rilevare errori ortografici
nello scorrere di un testo stampato, ovvero leggere correttamente una parola scritta in
modo incompleto, in quanto la mente completerà le informazioni mancanti in base a
trasformazioni percettive inconsce. Anche in musica si verifica questo processo, in cui il
musicista esperto, in base alle proprie aspettative di conoscenza musicale, identifica una
struttura musicale completandone le informazioni iniziali, se pur scorrette.
Tra tutti i processi mentali musicali, Sloboda affronta quelli inerenti alla composizione
della musica, un tema che merita di essere ancora notevolmente approfondito.
Nel processo compositivo, possiamo riassumere due fasi:
1) L’ispirazione: quando appare alla coscienza l’ossatura di un tema o di un’idea che
sembra quasi provenire dall’esterno.
2) L’esecuzione: quando l’idea è assoggettata a processi piø consapevoli di trasformazione.
Esiste per il compositore un repertorio di modalità di costruzione ed elaborazione della
musica a partire dal dato iniziale, cioè dall’idea musicale scaturita dalla prima fase.
Sloboda tenta di descrivere alcuni elementi del processo compositivo, differenziando
processi inconsci e consci. I primi sono dati da conoscenze generali tonali e stilistiche del
compositore sedimentate nella memoria a lungo termine; i secondi invece sono dati da uno
sviluppo consapevole e da materiali transitori, che permettono di sviluppare l’idea iniziale
in un pezzo strutturato e con una forma ben definita.
La distinzione tra un modesto compositore e il genio, secondo Hindemith (compositore
tedesco del ‘900), sta nella capacità di quest’ultimo di vedere una completa forma musicale
già durante l’ispirazione, una sorta di anticipazione mentale. Ciò consente quindi di
realizzare la musica immaginata a livello mentale, senza perdere nessun particolare e senza
trovarsi mai di fronte a delle scelte arbitrarie, così come avviene nell’improvvisazione