Introduzione
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Questa vita da supermercato all’ingrosso svaluta le persone, ne fa numeri
economici, chiude al dialogo, confonde la mente dei più giovani che per
ottenere l’oggetto di culto scatenano conflitti e violenza dentro e fuori la
propria famiglia ridotta ad una semplice agenzia di servizi ad ore determinate.
E’ evidente che la cultura del Dio Denaro produce al suo interno il virus
maledetto della morte perché spezza i rapporti affettivi allontana la solidarietà
genera la solitudine e la debolezza psicologica: tutti questi effetti negativi
vanno catalogati come “rifiuti mentali tossici” della nostra vita quotidiana.
E’ evidente che nella società di oggi manca ad ognuno di noi la possibilità di
crearsi uno spazio rigenerativo, interiormente salutare, un luogo per riflettere
su se stessi, per sedimentare le scorie dell’esistenza e ricostruire un’identità
personale, minima ma necessaria per rapportarsi con l’Immensa Armonia
della quale siamo cellule costituenti e decisamente importanti.
Solo in questo modo il tempo non si consuma ma si coniuga con l’Eterno.
Anonimo.
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2. Premessa: il Dio Denaro.
Euro, Dollari, Yen, mibtel, numtel, mib30, dow jones, nasdaq, cac40, nikkei,
new-economy: sono tutti termini che abbiamo quotidianamente nelle orecchie
e con i quali quotidianamente abbiamo a che fare: sono il Denaro. Lo usiamo
nelle sue forme più diverse, ma senza chiederci perché nella notte dei tempi
l’uomo lo inventò e cominciò a farne uso.
Oggi lo consideriamo una “cosa”, senza chiederci da dove salta fuori, un po’
come un generico pollo che acquistiamo al supermercato, magari già cotto,
senza pensare alla sua provenienza, senza guardare a monte.
Non ci chiediamo perché per acquistare un oggetto qualsiasi dobbiamo
necessariamente dare in cambio del denaro; non potremmo dare in cambio un
altro oggetto? Eppure una volta nell’era primordiale l’uomo lo faceva! Era
l’era del baratto. Ma andiamo ancora oltre e poniamoci la seguente domanda:
“perché nell’uomo nasce l’esigenza del baratto, cosa lo spinge a scambiare un
proprio oggetto con quello di un altro”?
In effetti, è proprio a questo punto che l’uomo si distingue dagli animali;
l’uomo a differenza degli animali non economizza per far fronte ai periodi di
carestia, ma per dare vanto della propria ricchezza. L’uomo primordiale ha il
suo primo contatto con l’economia nel momento in cui uccide seguendo la
legge della sopravvivenza, ma ben presto l’uccidere non sarà più il mezzo
indispensabile per sopravvivere ma diventerà un diletto ed accumulerà non
tanto per far fronte ai periodi di scarsità ma per risultare il cacciatore migliore
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o, ancora, per scambiare le proprie prede con altri oggetti. E’ qui che nasce lo
scambio; la vera ricchezza per l’uomo non consiste nell’accumulare, quello
che oggi in termini aziendali chiameremmo stoccaggio, ma consiste nello
scambio, cioè quello che oggi chiameremmo vendita.
Solo nel momento in cui nasce lo scambio, un popolo può dirsi civilizzato
poiché si creano legami (commerciali) tra diversi uomini, culture, civiltà.
Nessun popolo antico, per quel che risulta dalle fonti storiche, ha saputo
sottrarsi alla legge naturale del baratto, almeno per la prima fase della sua
esistenza.
Ma nel momento in cui nasce lo scambio è necessario un valore fisso da
attribuire agli oggetti, cioè un costo; nasce così una prima forma di moneta, la
cosiddetta “moneta naturale”, primo esempio di quel fenomeno che gli
studiosi chiamano “premoneta”. La scelta della derrata da utilizzarsi come
“moneta naturale” cambiò a seconda dei luoghi e dei tempi. Si passa dal
bestiame (da qui il termine pecunia che deriva dal latino pecus, cioè gregge)
alle conchiglie, al grano, al metallo grezzo. Il metallo grezzo sicuramente
presentava notevoli vantaggi come mezzo di scambio rispetto agli altri citati.
Era più facile da trasportare, non si deteriorava, era facilmente riconoscibile
dall’aspetto e dal suono, era utile a tutti (da qui lo stesso termine utensili, cioè
gli oggetti che venivano costruiti con i metalli) ma soprattutto aveva un valore
intrinseco e, per questo, poteva essere ridotto in frammenti senza perdere il
proprio valore (a differenza del bestiame).
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Dal metallo grezzo ben presto si passò all’uso del rame già nella seconda
metà del secondo millennio a.c. da parte dei Cretesi, prima e, Micenei poi. A
partire dal IX° secolo a.C. appare la cosiddetta “moneta-utensile”; si tratta di
strumenti di vita quotidiana che vengono utilizzati come moneta pur
mantenendo la loro funzione pratica.
Siamo oramai ad un passo dalla nascita della moneta. Nel corso della seconda
metà del VII° secolo a.C. vengono utilizzati come mezzo di scambio (o forse
a questo punto potremmo dire di pagamento) piccoli pezzi di metallo prezioso
(oro e argento). Intorno alla fine dello stesso secolo alcuni mercanti e santuari
(che all’epoca svolgevano una funzione di banche) iniziano a contrassegnare
questi pezzi di metallo con il loro sigillo. Apponendo tale sigillo, le banche
dell’epoca, garantivano che il peso del pezzo era esatto e la sua lega era buona
(le prime forme di garanzia).
Ben presto i pezzi di metallo prezioso verranno accettati solo in virtù del
sigillo.
Era nata la moneta.
Ogni città batteva dunque la propria moneta cercando di caratterizzarla e di
renderla immediatamente riconoscibile.
Ma la moneta, ancora, era un’”invenzione” usata solo dai Greci, bisognerà
attendere, infatti, l’arrivo dell’Impero Romano per avere una diffusione della
moneta in ogni parte d’Europa.
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Col passare dei secoli la moneta metallica perderà sempre più importanza a
favore della cartamoneta le cui tracce risalgono già al XVII° secolo d.C. e il
cui valore non è intrinseco ma iscritto sul suo facciale; fino ad arrivare alla
cosiddetta plastic-money (le carte di credito).
Oggi, in effetti, non si parla più di moneta ma di denaro il quale ha un
significante monetario che può avere valore in sé (così come accadeva in
passato per i metalli preziosi), oppure deriva dall’importo che troviamo
iscritto sul suo facciale. In questo caso il denaro non può essere collegato a
nessun oggetto in particolare, ed allo stesso tempo a tutti gli oggetti che
potenzialmente si possono acquistare.
Si fa quindi riferimento ad un “concetto” e non più ad un “oggetto”, e,
questa sua smaterializzazione, tenderà ad accrescersi ancora di più in futuro
quando, ad esempio, gli attuali bancomat concederanno denaro ascoltando
semplicemente il suono della nostra voce che verrà riconosciuta dal terminale.
Il denaro, quindi, ha la strana proprietà di essere immateriale e di
materializzarsi, allo stesso tempo, in tutti i beni ed oggetti esistenti, così come
l’acqua ha la capacità di assumere la forma dell’oggetto che la contiene.
In pratica, se Hegel affermava che “la lingua è il corpo dello spirito”, tale
affermazione può essere letta in chiave di denaro affermando che “il denaro è
la logica della materia”.
Ma il denaro non può comprare solo gli oggetti; esso, infatti, è pura astrazione
e può, quindi, prendere le sembianze di tutte le cose concrete possibili. Può
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comprare le coscienze portando così un valore etico in puro oggetto utilitario.
Questo suo potere lo porta a poter rivaleggiare con Dio.
Da questo punto di vista il denaro nel corso dei secoli ha solo subito una forte
metamorfosi, trasformandosi da moneta metallica in oggetto immateriale ma
la finalità del suo utilizzo e del suo possesso è rimasta pressoché la stessa,
così come è rimasto lo stesso il carisma e il potere che suscita in tutti coloro
che ne entrano in possesso.
A tal proposito potremmo porci la seguente domanda: “Qual è il rapporto che
l’uomo ha (ed ha avuto) con il denaro”?
Sicuramente oggi l’uomo non considera più il denaro come mezzo di
scambio, grazie al quale possiamo acquisire il potere di acquistare e
scambiare (o almeno non solo); questa forse può essere vista come
concezione economica ma in realtà, da un punto di vista psicoanalitico, il
denaro oggi è ossessione, desiderio del potere e del possedere che, in termini
freudiani, nasce in tutti gli esseri umani nel momento in cui si distaccano dal
cordone ombelicale, così come l’avarizia ed il sesso. Non è quindi l’uomo a
possedere il denaro ma il reciproco inverso. Il denaro è assimilabile alla
materia fecale. Freud, già nel 1897, traccia in modo praticamente perfetto
un’analisi di quella che sarebbe divenuta la malattia del nostro presente: la
nevrosi ossessiva. Freud, infatti, affronta il caso di una adolescente allieva di
una scuola di cucito. L’ossessione di questa giovane consiste nell’aver
perduto la libertà di scegliere il proprio comportamento. Una forza
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incontrollabile le impedisce di smettere di lavorare. La ragazzina agisce senza
essere effettivamente cosciente di ciò che la costringe ad un lavoro
ininterrotto. Deve andare avanti e non riesce a staccarsi dalla sua macchina
come se fosse preda di una forza esterna che non le dà riposo. Appena si
ferma subentra l’angoscia, la paura, il senso di colpa, e allora deve continuare.
In questo breve aneddoto freudiano si può facilmente rispecchiare quella che
è la malattia dei nostri tempi; il lavoro ininterrotto, lo stacanovismo, la
continua ricerca della perfezione che, come afferma Freud, “si sposterà
sempre più avanti come un miraggio in un deserto”, e quindi, ci ritroveremo
in questo immenso deserto immaginario costretti a rincorrere la perfezione e
trascorrere i nostri giorni su un lavoro mai finito.
Ma, se per la ragazzina freudiana il lavoro ininterrotto, la nevrosi ossessiva,
era dovuto al fatto che aveva perso la libertà di scegliere il proprio
comportamento, per noi, oggi, da dove deriva tale malattia, cosa ci porta a
questa continua ricerca della perfezione, stacanovismo, lavoro ininterrotto? Io
credo che in fondo noi non siamo così diversi dall’adolescente, allieva della
scuola di cucito; anche noi abbiamo perso la libertà di scegliere il nostro
comportamento, ed è la società in cui viviamo ad averci privato di questo, con
i suoi canoni, i suoi standard, i suoi modi di essere, ma soprattutto con la sua
continua ricerca della ricchezza, del potere, del prestigio, della carriera. Su di
essa (la società) una sola voce detta gli ordini, sua Maestà il Dio Denaro.
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Il tutto sfocia nell’ossessione di essere ricchi e potenti, nel desiderio del
possedere. E’ questo che ha fatto muovere, nel passato, popoli interi, che per
la ricerca dell’oro, il dannato oro, hanno attraversato i pericoli del mare
(pensiamo ai conquistadores), e che oggi portano i grandi manager, banchieri,
e uomini di finanza a concludere operazioni tali da accrescere il loro
portafoglio di ricchezza e di potere, andando contro i valori dell’etica.
Attraverso tale ricchezza possono dimostrare il loro “potere del possedere”,
basta pensare a fenomeni tanto assurdi quanto reali, come l’acquisto di una
“Bugatti” degli anni ’30 per 400.000 dollari, oppure l’acquisto di una bottiglia
di “Petrus” rosso del 1979 per 1.700 dollari o ancora il pernottamento in una
suite del “Golden Hotel” di Dubay per 10.000 dollari.
Consumo, dunque non sono sconfitto, ritengo di essere salito sulla zattera dei
salvati, di far parte dello stesso club, di sedere sullo stesso gradino della scala
gerarchica del denaro, così come afferma Giorgio Bocca ne “Il Dio denaro”.
Chi può permettersi di comprare tante macchine, il telefonino di ultima
generazione, una casa con vista panoramica, una vacanza per ogni week-end
pensa di poter rientrare fra i salvati, gli eletti, così come Weber ne:“L’etica
protestante e lo spirito del Capitalismo” distingue fra coloro che sono
destinati alla Grazia di Dio e coloro che invece saranno condannati alle pene
dell’inferno, perché è Dio a decidere a priori la loro destinazione. Allo stesso
modo la società moderna attraverso il Dio Denaro deciderà chi avrà in mano il
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potere e la ricchezza (pochi) e chi, invece, dovrà subire tale potere e tale
ricchezza (tanti).
L’uomo simboleggia il desiderio di tutte le ricchezze, senza freno, senza
misure, senza scrupoli, fino al crimine, altrimenti non sarebbero esistiti
personaggi come Riina, Buscetta, Al Capone, Mussolini, Hitler, Stalin, ecc.
ecc. e non sarebbero esistite tantomeno vittime come Falcone, Borsellino,
Roberto Calvi, il popolo ebreo, ecc. ecc.
L’occhio umano vede tutto e vuole tutto; il suo unico obiettivo è quello di
possedere, possedere più degli altri.
Marx, da analista perspicace quale era, aveva già insistito, nei Manoscritti del
1844, sul denaro come cristallizzazione del desiderio.
Vuoi nel caso in cui tale desiderio sia fondato sulla mancanza, come
affermano gli psicoanalisti (mancanza insostenibile che aspira senza tregua
alla completezza e non la raggiunge mai [Freud]), vuoi che esso sia la prova
della volontà umana di ricercare un godimento sempre maggiore, l’uomo è
incontestabilmente mosso, sempre meno da ideali e sempre più dalla tendenza
di realizzare il programma del proprio piacere che gli garantisce la sua
esistenza. L’uomo, quindi, vuole il riconoscimento da parte degli altri
(desidera il desiderio degli altri e gode nel possederlo). Questo fortifica il suo
narcisismo. Vuole mettere in atto il suo sogno di onnipotenza e di dominio
sugli altri. In tutto questo, cosa fa il denaro? Il denaro è un trasformatore.
Esso cambia i desideri in bisogni. Se il desiderio è, quindi, poetico, il bisogno
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è prosaico. Se il desiderio appartiene al mondo dell’immaginario, il bisogno è
reale. Il Denaro quindi, trasforma, ogni desiderio in bisogno e cioè in realtà; il
desiderio muore e rimane l’oggetto. Questa trasformazione a parere di G.
Simmel è una delle tendenze principali della vita: “la riduzione della qualità
(per qualità si intende ideologia, desideri) alla quantità (beni materiali) che
ritrova la sua rappresentazione al livello più alto e, con una perfezione unica,
nel denaro”.
Può sembrare un paradosso, ma così come il denaro uccide i desideri e
rimangono gli oggetti, allo stesso tempo il denaro fa sorgere nuovi desideri ed
il ciclo non si ferma mai.
Ma il denaro non è solo trasformatore, esso è un oggetto vivo, un motore, esso
ha un’energetica propria. Non è un caso che Weber ne “L’etica protestante e
lo spirito del capitalismo” affermi: “Ricordati che la potenza genitale e la
fecondità appartengono al denaro. Il denaro genera denaro ed il denaro
generato può generarne in misura maggiore e così via”.
Il denaro apporta così una rassicurazione all’individuo sulla sua identità
offrendogli la possibilità di agire sugli altri. In una società basata sul denaro
chi è ricco può mettere alla sua mercé gli altri, ed è per questo che il denaro
genera inevitabilmente altro denaro.
Al tempo di Marx si aveva D (denaro), M (merci), D’ (denaro), cioè
attraverso il denaro si produceva merce che veniva venduta e si otteneva così
altro denaro. Oggi invece si cerca di fare soldi senza passare attraverso la
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merce. Il denaro (D) produce altro denaro (D’) dando così, a chi ne è padrone,
influenza e potere sugli altri. Oggi, quindi, il denaro è divenuto un feticcio, un
Dio incarnato. Lo stesso Marx ne: “Il Capitale” parla di feticcio della merce,
feticismo applicato ai prodotti del lavoro nel momento in cui si presentano
come merci.
Ma il denaro è un oggetto vivo non solo perché genera altro denaro, ma anche
perché crea tempo e spazio.
Tutti oggi conoscono la massima di B. Franklin ripresa da Max Weber e cioè
“Il tempo è denaro”. Ogni istante di tempo può permettere, infatti, a chi ha
somme monetarie, di vederle fruttare senza svolgere un lavoro, per effetto del
tempo d’esercizio dell’usura e del credito. Il tempo si converte così in denaro
ed il denaro a sua volta diventa la misura del tempo. Il denaro è quindi misura
del tempo, ma come può, invece, creare il tempo? Il possesso di denaro, in
realtà, ci permette di “risparmiare” del tempo che sarà dedicato a ciò che più
ci piace (posso decidere di assumere un cameriere che si occupa delle
faccende di casa, un giardiniere che si occupa del mio giardino ed una
segretaria che si occupa di una parte del mio lavoro ottenendo così un
notevole risparmio di tempo che potrò dedicare a ciò che più mi piace).
Ma c’è di più: il denaro è capace di creare un tempo storicizzato. Ad esempio
le società sviluppate come la nostra vivono nel XXI° secolo, ma per le società
sottosviluppate come i Paesi africani, sicuramente non si può dire lo stesso.
Le società industrializzate si pongono il problema di come impiegare il
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denaro, di come far carriera, di come, quando e in cosa investire, mentre le
società sottosviluppate si domandano come sopravvivere.
Come ho detto in precedenza il denaro oltre a creare tempo crea spazio. Su
questo punto G. Simmel mostra come la vita del denaro si sviluppa in spazi
diversi: mercati, botteghe, assicurazioni, banche. Il denaro separa i poveri dai
ricchi in termini materiali, basta pensare alle zone residenziali e quelle
periferiche delle città. Poveri e ricchi sono così separati non solo da un punto
di vista gerarchico ma anche fisico.
Il denaro diventa, quindi, “il valore più assoluto”, così come pensava
Simmel. Il mezzo che diventa fine, ed è proprio questa focalizzazione sul
mezzo divenuto fine/valore assoluto che rafforza il carattere feticistico del
denaro, che nelle nostre società poggia sulla trasformazione delle relazioni
umane e sociali; ci si identifica col mezzo adorato e ci si trasforma in mezzi,
dimenticando che siamo fine a noi stessi. Avviene così un capovolgimento
totale dei ruoli: il denaro diventa fine e l’uomo diventa mezzo.
Marx aveva notato la scomparsa di tutti i legami sociali e la loro sostituzione
con il pagamento in contanti.
Il denaro si vendica degli uomini che credevano di dominarlo, ci invade, entra
senza bussare e ci rende schiavi. C’è un solo modo per uscire da questo
circolo vizioso che io ho così rappresentato:
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Desiderio⇒Denaro⇒Desiderio⇒Schiavitù:
dove il desiderio dei beni materiali porta al
desiderio del denaro e all’accumulazione del denaro; questo a sua volta fa
nascere nuovi desideri derivanti dal fatto che si possiede ricchezza, ed il ciclo
riparte con un nuovo desiderio di denaro e di ricchezza, raggiungendo così il
punto della schiavitù, cioè della completa dipendenza dell’uomo dai beni
materiali e dal denaro-feticcio. Così come afferma Serge Viderman ne “Il
denaro” l’unico modo per sfuggire alla ossessione del desiderio e quello di
tornare alla terra. La morte è il solo stadio in cui non si può desiderare nulla.
Ma anche in questo l’uomo riesce ad essere invulnerabile, spiega Vinderman,
poiché egli non ha mai la certezza della propria morte impegnato come è nella
lotta mortale con l’altro. È la lotta di prestigio, che ucciderà l’altro, che
porterà ogni uomo ad immaginare la morte dell’avversario e mai la propria.
L’uomo riesce a trarre la propria forza di affrontare la morte credendosi
immortale, e quanto più aumenterà il suo prestigio, potere, ricchezza, tanto
più aumenterà il suo spirito di immortalità.
Desiderio
Denaro
Desiderio
Schiavitù
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Chamfort dice che “dobbiamo temere non tanto Dio, quanto gli uomini. Gli
uomini sono felici solo una volta giunti al gradino più alto. Anche se
riuscissero a costruire la Torre di Babele ci sarebbe sempre qualcuno che
vorrebbe aggiungere un piano supplementare per abitarci da solo”.
Purtroppo è il denaro a rendere l’uomo tale, con la sua insolenza; esso è
inarrestabile, non si nasconde, anzi si mette in mostra attraverso i media e
invade le nostre teste e condiziona i nostri comportamenti.
Le OPA selvaggie prendono il posto dei documentari naturalistici, i raiders si
avventano sulle società in difficoltà come avvoltoi affamati, gli speculatori
entrano ed escono dalle loro tane, silenziosi ed invisibili come pipistrelli. A
capo degli Stati non abbiamo più un re, e neppure uomini politici, ma i
banchieri, gli uomini di alta finanza, coloro che sono alle dirette dipendenze
del Dio Denaro. Sono proprio i banchieri che si strafogano di ricchezze, i
politici sono camerieri servili ed il cittadino raccoglie i rifiuti. Ci ritroviamo
di fronte ad un solo gioco veramente agonistico (non è il calcio), un solo
Colosseo: Piazza Affari. Questo Tempio del gioco in borsa è il più
importante, ed attira più persone delle benedizioni di Piazza S. Pietro. Così
come il Paradiso è solo una credenza apocalittica; il vero paradiso è qui sulla
terra e somiglia tanto ad un conto in banca ben fornito.