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processi tesi a perseguire scopi desiderabili. Una volta chiarito
il parallelismo che sussiste tra rischi globali e rischi locali , il
discorso che segue mira direttamente ad acquisire conoscenze
sulla percezione sociale di determinate categorie di rischio , o
di rischi concreti associati a specifiche situazioni ( tra queste ,
lo smaltimento dei rifiuti in Campania ed in Irpina)o progetti
locali. Nel corso dell analisi si fa dunque chiarezza su un tema
che negli ultimi anni ha suscitato particolare interesse negli
studiosi : quello relativo alla percezione dei rischi ambientali
,che si propone , del resto , come un aspetto di un piø vasto
oggetto di riflessione e di ricerca empirica che concerne le
rappresentazioni , diffuse presso la popolazione , della natura ,
dell ambiente di vita , dei valori simbolici che sono ad essi
attribuiti e cos via.
Il caso della carenza cronica, in Campania, di infrastrutture
(cui si aggiunge il fenomeno dell ecomafia) atte alla gestione
ed allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e non solo, ha
suscitato clamore in tutta Italia, chiarendo quanto tale
fenomeno possa incidere sul crollo degli indici di qualit della
vita dei cittadini stessi. Questi ultimi devono essere considerati
come i destinatari ultimi delle conseguenze negative di un
rischio mai monitorato con trasparenza. La soluzione del
problema andrebbe rintracciata in una seria programmazione
di interventi atti ad arginare le fonti di rischio in materia, la
cui efficacia pu variare al variare delle tecniche di
comunicazione impiegate per implementare il coinvolgimento
dei cittadini. Nel corso dell analisi, inoltre, Ł stato osservato
come la stessa percezione del rischio ambiente tende a mettere
in atto comportamenti (individuali o di gruppo) che possono
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abbassare ulteriormente la qualit della vita e, al limite,
aumentare la vulnerabilit ad altri rischi ( ad es. i potenziali
rischi sulla salute provocati dalla diossina sprigionata dai
cassonetti saturi di immondizia dati alle fiamme da cittadini
tanto esasperati quanto distratti ) . In realt l e reazioni
negative delle popolazioni urbane rappresentano un chiaro
sentimento di paura che non viene veicolato attraverso la
diffusione di una cultura della sicurezza (informazione sui
rischi per la salute, abitudine al riciclaggio, monitoraggio del
territorio, lotta al fenomeno delle discariche abusive). Fare
ricorso alla comunicazione efficace, dunque, significa indurre i
cittadini all assunzione di comportamenti virtuosi, atti a
ridimensionare un problema (un rischio) che va a scapito della
qualit della vita urbana.
Non a caso, nel corso del dibattito che segue ci si Ł soffermati
a lungo sul ruolo centrale che la comunicazione copre sulla
scena del rischio, e, nella fattispecie, del rischio ambiente e dei
rifiuti .Si consideri, inoltre, che proprio nelle situazioni di crisi
di massa i media sono chiamati a ricomporre l universo
simbolico, svolgendo un ruolo centrale non solo nell orientare
la risposta degli attori interessati, ma dando forma alla stessa
percezione del rischio.
La seconda parte del lavoro, a questo punto, potr focalizzarsi
sul rischio rifiuti in Campania. I motivi che spingono ad
eleggere questa Regione quale area privilegiata di interesse in
materia non vanno rintracciati solo nelle fredde statistiche
ambientali. Statistiche che la relegano all ultimo posto tra le
Regioni d Italia in termini di gestione dei rifiuti. Dobbiamo
fare attenzione anche alle realt virtuose e dannos e che
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caratterizzano la Campania dando risalto ad una serie di
contraddizioni che da anni la schiacciano nella morsa di una
immobilit infrastrutturale, istituzionale e socioe conomica. Il
tutto, naturalmente, va a scapito della salute e dei diritti dei
cittadini. Probabilmente la chiave di lettura per accedere alle
possibili soluzioni della crisi rifiuti in Campania risiede
nell emulazione e nell applicazione delle strategi e gi
praticate in alcuni comuni campani rivelandosi vincenti,
nonchØ in linea con le direttive europee in materia.
La parte conclusiva del lavoro offre la possibilit , attraverso
l approccio metodologico delle interviste mirate, di conoscere
le voci amministrative , ovvero i punti di vista piø
rappresentativi tra coloro che devono o possono intervenire nei
processi decisionali e nelle politiche di salvaguardia della
popolazione dai rischi urbani. Dall indagine Ł emersa una
diffusa consapevolezza di dover abbracciare la cosiddetta
politica del fatto compiuto ( decisioni di cruciale importanza
prese dalle Istituzioni Locali in totale autonomia rispetto ad
una consultazione pubblica) in direzione di una discussione
coinvolgente e partecipativa per i cittadini anche in termini di
politiche decisionali. Un atteggiamento piø propositivo da
parte delle Amministrazioni potrebbe effettivamente
scongiurare le sconcertanti forme di attivazione pubblica non
assimilabili alla partecipazione politica ( rivolte di quartiere,
astio diffuso da parte di alcune subculture nei confronti dello
Stato stesso e di chi lo rappresenta, ecc ) defin ibili come
forme di malessere urbano .
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Parte Prima
Analisi dei rischi , tra passato e presente
Se la scienza e la tecnica, con la
loro inestricabile sinergia, hanno
accresciuto in maniera poderosa le
possibilit di controllo da parte
dell umanit sui pericoli naturali,
ci ha generato l aumento della
componente di rischio prodotto
dall uomo .
Niklas Luhmann
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1. Il concetto di rischio
1.1. Premessa.
L idea di Rischio Ł strettamente correlata alle trasformazioni
sociali e culturali proprie della modernit . Essa s i afferma nel
XVI secolo, e, soprattutto, nel XVII secolo, in parallelo con lo
sviluppo dell attivit economica che apre la via
all industrializzazione. Fu, dunque, coniata per la prima volta
dagli esploratori occidentali che si avventuravano per il
mondo: la parola rischio sembra infatti derivare dallo
spagnolo o dal portoghese, lingue nell ambito delle quali era
impiegata per indicare la navigazione in acque ignote, non
segnate sulle carte. Originariamente, insomma, tale concetto si
riferiva esclusivamente allo spazio e solo piø tardi fu esteso
alla dimensione temporale. Il calcolo del rischio venne
applicato per la prima volta all ambito bancario e assicurativo
per indicare le possibili conseguenze delle decisioni di
investimento per chi dava e per chi prendeva in prestito;
successivamente si afferm in una vasta gamma di al tre
situazioni di incertezza. Le precedenti culture tradizionali non
avevano un concetto di rischio, perchØ non ne avevano
bisogno: ad esempio le prime grandi civilt del mon do, come
Roma o la Cina antica, vivevano essenzialmente rivolte al
passato, si servivano delle idee del fato e degli Dei. Il rischio,
invece, riferendosi a scelte azzardate che sono perseguite in
vista di possibilit future, Ł , appunto, largamente usato come
concetto solo in una civilt orientata verso il fut uro. Dunque,
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presuppone una societ attivamente impegnata a romp ere con
il suo passato: caratteristica fondamentale, infatti, della civilt
industriale moderna. Il rischio Ł il dinamismo che muove una
societ legata allo scambio, che intende determinar e il proprio
futuro invece di lasciarlo alla religione, alla tradizione o ai
capricci della natura. Il Capitalismo moderno si differenzia da
ogni altra precedente forma di sistema economico proprio per
il suo atteggiamento verso il futuro. Lo stesso, si innesta nel
futuro calcolando i profitti e le perdite a venire, e quindi i
rischi, come un processo continuo.
Per tutte queste ragioni, l idea di rischio ha sempre fatto parte
della modernit , ma attualmente assume un importanz a inedita
e peculiare. Se infatti, fino agli anni 50 Ł stato pensato come
un modo di affrontare il futuro, di gestirlo e di condurlo verso
il nostro dominio, le cose non stanno oggi in questi termini
perchØ la societ globale Ł diventata particolarmente
complessa. Dobbiamo perci abituarci a considerare i rischi
come strettamente collegati al concetto di complessit oltre
che di modernit orientata verso il futuro. Tanto m aggiore Ł la
complessit del sistema sociale in cui operiamo tan te piø
saranno le variabili in gioco e le decisioni ad esse correlate.
Quest ultima riflessione chiama in gioco la logica secondo cui
Luhmann giustifica quello che sempre piø spesso avviene
oggi: la negoziazione simbolica. Secondo il teorico l indubbia
complessit dei rischi globali coinvolge tutta la s ociet , specie
i decisori e coloro che vengono investiti da queste decisioni, e
poichØ queste due tipologie di attori negoziano tramite la
comunicazione delle scelte, ne consegue che la definizione di
rischio va analizzata anche sulla base di processi di
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comunicazione che caratterizzano la societ attuale [Luhmann,
1991]. Anche Anthony Giddens conviene sulla corrispondenza
tra modernit e rischi, ma con una vena di ottimism o garantita
da una riflessione: il rischio pu essere inteso co me minaccia,
ma anche come opportunit [Francesco Mattioli, 2006 La
societ del rischio globale ]. Con questo vuole int endere che il
rischio in sØ non pu mai prescindere da una connotazione
negativa intrinseca, ma pu anche generare la possi bilit di
miglioramenti all interno delle organizzazioni sociali per
effetto di scelte e politiche decisionali praticate con esiti
positivi e concertate tra i vari attori. Si pensi in quale mondo
migliore potremmo vivere se solo certe scelte riguardanti i
rischi ambientali fossero state effettuate attraverso il contributo
di tutte le controparti (opportunit di aumentare l a sostenibilit
del sistema, opportunit di occupazione, cultura am bientale
diffusa ecc ) o se fossero state almeno fatte delle scelte.
Giddens, infatti, precisa che anche una non decisi one pu
determinare il realizzarsi di un rischio. Il teorico sottolinea che
l inazione Ł sovente rischiosa, e vi sono alcuni rischi che,
volenti o nolenti, noi tutti dobbiamo correre, come quello di
una catastrofe ecologica [A. Giddens, 1990, Le con seguenze
della modernit , trad.it.,1994]. Il quadro teorico fin qui
descritto si collega in maniera diretta al caso dell emergenza
rifiuti in Campania. Qui prima del 1994 il collasso del sistema
di gestione dei rifiuti rappresentava un rischio che oggi non
pu piø definirsi come tale per effetto di decision i errate o mai
prese. Ma se il quadro regionale Ł degenerato in una
emergenza, che Ł l effetto di decisioni sbagliate prese di
fronte ad un rischio, lo stesso non pu dirsi per i l
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comprensorio irpino che ne Ł coinvolto solo periodicamente.
Per questa provincia si pu ancora parlare di risch io rifiuti
perchØ, come dimostreremo, la provincia di Avellino si trova
ancora di fronte a scelte praticabili che possono trasformare il
rischio in opportunit . Piø avanti si spiegher que sta sottile
differenza tra emergenza e rischio che distingue la realt irpina
da quella campana.
1.2. Teoria del rischio e modernit
Dopo la catastrofe di Chernobyl dell Aprile del 1986 e,
nuovamente, dopo l attacco terroristico dell 11 Set tembre
2001 alle Torri Gemelle ed al Pentagono, l opinione pubblica e
l umanit in generale hanno iniziato a porsi in man iera
critico/riflessiva una interrogativo: quali scenari stanno
arrivando?
L uomo perde le sue certezze su cose ed eventi che fino a quel
momento ha dato per scontate. Proprio a partire da queste
incertezze il mondo accademico comincia ad interessarsi del
fenomeno del rischio sociale e globale. Dunque, Ł da circa
venti anni che nel panorama degli studi contemporanei sulla
comunicazione, la sociologia e finanche la statistica, la
tematica del Rischio sta assumendo un ruolo di crescente
rilievo, sia sotto il profilo teorico, che dell interesse pratico.
L attenzione degli studiosi della modernit si Ł concentrata
sull analisi e sulla definizione dei rischi emerge nti ( di ordine
globale, naturalmente) che corre la societ postmod erna, a
prescindere dagli eventi naturali, che vanno pur sempre
categorizzati come rischi, ma ancestrali piuttosto che
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emergenti. Dunque, un primo chiarimento concettuale: tutte le
attuali teorizzazioni sul Rischio vertono sull analisi delle
conseguenze derivanti da decisioni umane.
Trovandoci in una fase prematura della discussione, sarebbe
azzardato tentare sin da ora una definizione puntuale ed
universalmente riconosciuta del concetto di Rischio. Dopo
aver accertato che Ł frutto di conseguenze delle decisioni
umane, emergono altre dimensioni di riferimento che ci
aiutano ulteriormente nella definizione del concetto. La prima
di queste dimensioni Ł strettamente legata al futuro, perchØ,
appunto, nel futuro, potrebbe realizzarsi l evento rischiato,
ovvero non al momento della decisione, spontanea o ragionata
che sia, ma dopo che la decisione ha scatenato una precisa
conseguenza. D altro canto, la forza sociale dei rischi sta nei
pericoli proiettati nel futuro. In definitiva, il centro della
coscienza del rischio non sta nel presente, ma nel futuro.
A questo punto Ł utile distinguere il rischio dal pericolo. La
distinzione piø chiara Ł stata formulata da Luhmann [1991] : si
ha un rischio quando il verificarsi di un evento, dannoso o
vantaggioso, Ł connesso ad una decisione. Pericolo, invece, Ł
un evento dannoso il cui verificarsi Ł indipendente da qualsiasi
decisione, concetto generico che presuppone unicamente la
percezione di minacce: Ł il caso, ad esempio, di un cataclisma
naturale.
Chiarito, dunque, che il Rischio Ł frutto delle conseguenze
delle decisioni umane osservabili solo dopo che le stesse siano
state applicate, l altra dimensione di riferimento Ł quella
dell incertezza, la quale si associa direttamente alla societ
dell incertezza , frutto di quell aumento di rifles sivit
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ipotizzato da Beck e Giddens, ma ancor meglio da Zygmunt
Bauman [La Societa dell Incertezza, Il Mulino, 199 9]
.L incertezza Ł un elemento da non trascurare perchØ provoca
stress decisionale che affanna soprattutto le istituzioni statali e
mette in bilico la loro credibilit , ovvero, la cap acit di reagire
di fronte ad un evento rischioso ed in difesa del cittadino.
Ed Ł qui che entra in gioco il ruolo di una buona e strutturata
organizzazione socio-istituzionale che consenta una
adeguata e sempre piø necessaria capacit di conviv enza con
il rischio, o meglio, con le sue diverse tipologie. Per
convivenza si intende la capacit di non farsi tra volgere dagli
effetti del rischio, ma di averne consapevolezza.
Gi dai primi anni 80 il mondo accademico iniziava a
soffermarsi sull idea che solo col diffondersi di una nuova
consapevolezza e di una razionalit resa piø accort a dalle nuove
conoscenze scientifiche, si poteva avviare un processo di
cambiamento (Dunlap e Catton,1978). Questa consapevolezza Ł
tanto piø influente quanto piø gli individui modificano i loro
comportamenti sociali in specifiche direzioni e con
conseguenze anche molto interessanti: ne Ł prova la raccolta
differenziata dei rifiuti che aumenta all aumentare della
consapevolezza dei rischi che si corrono, in termini di impatto
sull ambiente e sulla qualit della vita, a causa d ell eccessiva
produzione dei beni di consumo (questo argomento sar oggetto
di approfondimento nella successiva analisi).
La stessa produzione di beni ed il relativo fenomeno
consumistico si relazionano direttamente alla
modernizzazione , ovvero, allo specifico insieme d i
cambiamenti sociali, culturali, economici e politici su larga
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scala che hanno caratterizzato la storia mondiale degli ultimi
duecento anni [Martinelli , 1998]. La societ moder na, dunque,
Ł l esito del processo di modernizzazione stesso. Ma la disputa
teorica, a questo punto del ragionamento, si dirama in
interpretazioni e riflessioni diverse circa i caratteri della societ
moderna correlati ai rischi moderni. Secondo una nutrita schiera
di teorici, la modernit si fonda su tre dimensio ni analitiche :
• Razionalizzazione (ottimamente descritta da Weber come
l espressione massima della riflessivit individual e e
istituzionale: a suo avviso, il fenomeno si manifesta nella
visione scientifica del mondo come meccanismo causale;
nella crescente importanza del sapere tecnico;
nell oggettivazione dell organizzazione dell impres a dello
Stato, del diritto e della politica, in base alla quale,
l emozione, l abitudine e i principi perdono import anza in
luogo del calcolo dell idoneit dei mezzi rispetto ad un fine
prefissato);
• Differenziazione sociale (che viene in genere ricondotta
alla divisione del lavoro piuttosto che a diversit di sesso,
razza, potere, ricchezza, ecc );
• Individualizzazione (che talvolta Ł vista come una
dimensione positiva, in termini di autonomia ed autenticit
di ogni singolo individuo, talaltra, come un espressione
negativa che indica atomizzazione, isolamento e
alienazione dei singoli elementi di una societ mod erna).
Per qualcun altro, la modernit Ł sostanzialmente finita, priva
dei suoi elementi cardine, tant Ł che ci si richiama all idea di
postmodernit per descrivere la peculiarit della nostra attuale
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societ globale e dei rischi nei quali incorre. Il postmodernismo
valorizza il diverso (altre culture da acquisire, altri modi di
interpretare i rischi, sostanzialmente diversi da quelli
caratterizzanti il mondo prima degli anni 60) perchØ diverso Ł
l attuale ordine mondiale. Un approccio che trova,
effettivamente, riscontro negli attuali problemi ambientali, un
tempo per niente teorizzati. Dunque, il cambiamento dei tempi
determina un diverso assetto dei rischi della post modernit e
l adozione di interpretazioni e soluzioni diverse . Non tutti per
sono d accordo su questi principi interpretativi delle
trasformazioni in atto nella societ contemporanea. Anthony
Giddens, ad esempio, nega l’avvento di un’epoca sedicente
"postmoderna"; al contrario quella che stiamo vivendo Ł una
fase di radicalizzazione estrema della modernit ne lla quale, da
un lato, sono enormemente cresciute le opportunit di
un’esistenza sicura, dall’altro sono aumentati di pari passo i
rischi e i pericoli del "lato oscuro" della modernit . Nel suo
schema ogni cosa si accompagna cos al suo ambiguo doppio:
la conoscenza aumenta, ma niente Ł certo e tutto pu essere
rivisitato; la globalizzazione dei fenomeni allenta i vincoli con
lo stato nazionale, ma alimenta il sorgere di sentimenti
nazionalistici locali. Questi fenomeni sono prodotti dalla
contemporanea trasformazione della soggettivit e
dall’organizzazione sociale mondiale andatasi modificando.
Dunque nel suo quadro teorico si configura una situazione di
necessit di controllo sui possibili risultati di d ecisioni che
possono comportare conseguenze negative sull uomo o
sull ambiente naturale. Questo orientamento, ispirato alla
riflessivit ed all autocontrollo, rende evidente l a presenza
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pervasiva del rischio e la grande complessit dei p rocessi
causali che possono produrre danni. Difatti, Ł proprio a partire
da eventi traumatici dettati dai rischi della modernit (quale,
appunto, il disastro di Chernobyl) che si Ł configurata la
convinzione, in molti teorici del rischio, della necessit di
controllo sui possibili risultati di decisioni che possono
comportare conseguenze negative sull uomo. Inoltre, per
creare una sorta di accettabilit sociale ed indivi duale del
rischio, si Ł cercato, negli anni, di studiarlo nel modo piø
sistematico possibile, facendo ricorso a modalit d i calcolo
probabilistico per individuare catene di cause ed effetti anche
in assenza di certezze sui meccanismi che stanno alla base
delle cause. In ciascun ambito dell attivit social e, dunque, si
sono venute consolidando pratiche atte a rassicurare sul fatto
che, quand anche gli effetti negativi di una decisione non
possono essere del tutto esclusi in via di principio, essi
possono essere tenuti sotto controllo. A questo punto
dell analisi, chiarito il quadro di riferimento (ovvero la societ
attuale, quella globale) nell ambito del quale si muoveranno le
successive analisi dei rischi ambientali locali, va
inevitabilmente citato il teorico Ulrich Beck. Lo studioso
individua nella societ attuale la Societ del Ri schio , o
Risikogeselschaft . Secondo Beck, l aumento della
consapevolezza dei rischi, o meglio, la coscienza socialmente
diffusa della presenza di rischi, costituisce l attuale forma della
modernit . Il sociologo precisa che, come nel XIX s ecolo la
modernizzazione ha dissolto la societ feudale, pro ducendo i
quadri di fondo della societ industriale, cos ogg i la
modernizzazione dissolve la societ industriale, de lineando il