Introduzione
A conclusione dei miei studi accademici ho voluto illustrare ed approfondire, all’interno
della tesi, le patologie dei dismorfismi e dei paramorfismi, e le varie metodologie e tecniche di
approccio al singolo problema posturale, sia di natura reversibile sia irreversibile.
Nel primo capitolo ho ritenuto necessario illustrare alcuni cenni di anatomia generale
intraprendendo, innanzitutto, un breve excursus storico, necessario per comprendere gli
sviluppi che la disciplina farà nel corso della storia e mettere in risalto tutte quelle figure di
studiosi che hanno permesso di studiare nel dettaglio il corpo umano, come nel caso, un nome
su tutti, delle tavole anatomiche di Leonardo Da Vinci.
Concluso questo tema, ho iniziato ad approfondire le varie parti anatomiche dell’apparato
muscolo scheletrico, dove, per ogni sezione, ho analizzato: arti superiori, tronco, bacino, arti
inferiori, illustrandone le varie componenti ossee ed i rispettivi muscoli.
Questo primo capitolo lo ritengo di particolare importanza perché propedeutico per lo
svolgimento successivo della tesi che tratterà, in modo approfondito, le tecniche e metodi per
il miglioramento di paramorfismi e dismorfismi; è infatti di vitale importanza capire il ruolo
che ogni muscolo ha nel tener stabile e posturalmente corretto il nostro corpo e cosa comporta,
invece, una sua eccessiva contrazione o estensione.
Compreso bene come funziona questa macchina complessa chiamata corpo umano, con il
suo scheletro e i tanti muscoli che lo tengono stabile, nel secondo capitolo ho affrontato la
tematica dei paramorfismi e dei dismorfismi spiegandone il significato e le differenze.
Innanzitutto ho compiuto una classificazione dei più comuni paramorfismi e dei
dismorfismi, mettendo in evidenza quali approcci e metodologie correttive vengono messi in
atto in quest’ultimo caso.
Nel terzo capitolo ho concentrato la mia attenzione nei confronti dei vari trattamenti per la
correzione dei più comuni paramorfismi.
In questo capitolo ho voluto trattare la ginnastica medica, posturale e correttiva, utile per la
prevenzione ed il miglioramento dei paramorfismi; evidenziando alcuni specifici esercizi per il
trattamento della singola tipologia. Inoltre, ho dedicato un approfondimento in merito alle
diverse tipologie di respirazione illustrando, in particolare, la respirazione diaframmatica che
viene considerata la respirazione più corretta. Tale respirazione abbinata a esercizi di mobilità
specifici, per lo svolgimento corretto di esercizi effettuati in sala attrezzi, ci permetterà il
miglioramento della postura errata.
Nel quarto e ultimo capitolo ho esposto, nello specifico, la problematica della scoliosi, in
particolar modo la scoliosi idiopatica adolescenziale (AIS), ed i vari trattamenti che possono
essere applicati al soggetto, in base allo stadio di gravità, determinato dal grado dell’angolo di
Cobb.
Vedremo, inoltre, che sono presenti diverse scuole di pensiero per la cura ed il trattamento
di questa particolare patologia; queste diverse scuole di pensiero però sono tutte accumunate
dall’utilizzo di esercizi fisioterapici specifici per la scoliosi (PSSE).
A tal proposito, presenterò nel dettaglio le sette maggiori scuole di approccio alla AIS, tra
cui una tutta Italiana (SAES); le metteremo a confronto e tenteremo di stabilire quale, secondo
gli studi effettuati, sia la più efficace.
In conclusione affronterò il tema della lombalgia, molto spesso causa della AIS, valutando i
vari metodi di prevenzione e cura.
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1. Cenni di anatomia
L’anatomia è una parte delle scienze biologiche che si occupa dell’identificazione e
descrizione delle strutture corporee degli esseri viventi.
Essa studia, nello specifico, la morfologia dell’essere umano sia uomo sia donna in età
adulta, infantile e neonatale. La sua conoscenza risulta di necessaria importanza per poter
comprendere la fisiologia, la fisiopatologia e l’anatomia patologica del corpo, soprattutto, in
campo chirurgico.
Innanzitutto, è importante distinguere l’anatomia umana in due macro aree: anatomia
macroscopica e anatomia microscopica.
L’anatomia microscopica è lo studio di tutte le strutture anatomiche la cui dimensione è
estremamente piccola, al punto da avere la necessità di utilizzare degli strumenti di precisione,
come dei microscopi. Fa parte di quest’area l’istologia, in altre parole, lo studio dei tessuti e la
citologia, lo studio delle cellule (Loiacono, 2018).
L’anatomia macroscopica, o antropotomia, si occupa dello studio delle strutture corporee
tramite dissezione e osservazione, di conseguenza tutte quelle parti che possono essere visibili
senza l’utilizzo di un microscopio, ma semplicemente tramite l’osservazione diretta delle varie
strutture.
Essa comprende la descrizione di forma, colore, peso di un dato organo, tessuto, sistema o
apparato, della sua vascolarizzazione arteriosa e venosa, della sua innervazione dei vasi linfatici
che gli appartengono, delle origini e inserzioni dei vari tessuti. Nel suo senso più ristretto si può
dire che si occupa unicamente del corpo umano.
L’anatomia macroscopica è stata la disciplina che per prima ha aiutato la scienza nello studio
del corpo umano, proprio perché non si avvale di particolari strumenti tecnologici ma
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semplicemente sull’osservazione e la dissezione; in particolare, quest’ultima pratica, è sempre
stata alla base di tutta la ricerca anatomica.
Attraverso dei brevi cenni storici, (https://www.britannica.com/science/anatomy)
ripercorriamo le prime testimonianze del suo impiego, iniziando proprio dai Greci, in particolar
modo dal filosofo Teosfrato che coniò il termine “anatomia” da ana-temnein, in altre parole,
tagliare a pezzi.
La storia dell’anatomia non ha però seguito un percorso lineare ed omogeneo, infatti si dovrà
aspettare il XVI secolo per avere uno studio accademico della disciplina; il culmine di questa
antica disciplina si avrà, infatti, tra il 1500 e il 1850.
Prima di allora non vi fu nessuna civiltà del mondo che abbia sezionato un corpo umano per
scopi scientifici, in quanto essa era considerata una pratica profana, infatti, il corpo aveva una
valenza sacra perché associato allo spirito dell’anima defunta. Per di più le varie credenze
religiose, di una vita dopo la morte e resurrezione corporea, ne hanno inibito ulteriormente lo
studio.
Possiamo affermare, perciò, che l’acquisizione delle conoscenze dell’anatomia umana in
quest’arco di tempo furono apprese esclusivamente tramite la medicazione di ferite, l’assistenza
nel parto e la sistemazione di arti rotti. Per questa ragione, questo campo rimase più speculativo
che descrittivo.
Facciamo, comunque, risalire l’inizio degli studi anatomici alla scuola medica di Alessandria
d’Egitto e della sua figura principale Erofilo, medico ellenistico e primo anatomista della storia,
che sezionò per la prima volta corpi umani per scopi medici, dando così una importante base
fattuale all’anatomia.
Eurofilo compì molte scoperte importanti ed i suoi studi proseguirono grazie al suo più
giovane allievo Erasistrato.
Nel II secolo d.C., il medico greco Galeno raggruppò e organizzò tutte le scoperte degli
anatomisti greci, integrandoli ed arricchendoli con i suoi studi di fisiologia e le scoperte in
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medicina sperimentale, realizzando dei libri molto importanti come: Anatomicae
administrationes (procedimenti anatomici), Megatetgni (metodo terapeutico), ecc…
Molti di essi divennero dei punti di riferimento indiscussi per l’anatomia e la medicina in
Europa, perché erano gli unici testi greci antichi che trattavano di anatomia, sopravvissuti al
Medioevo, sotto forma di traduzioni arabe, e in seguito latine.
In Europa invece, a causa dei divieti imposti per la dissezione imposti dallo Stato della
Chiesa, la medicina nel Medioevo si basava solo sulle informazioni pervenute da Galeno,
piuttosto che sull’osservazione diretta, con lo scopo di una dettagliata conoscenza anatomica,
anche se erano concesse alcune autorizzazioni per le dissezioni solo per fini didattici.
Fig.1 Tavole dei disegni anatomici di Leonardo Da vinci
Fu solo all’inizio del XVI Secolo che Leonardo Da Vinci, uomo di scienza e illuminato,
intraprese le prime dissezioni e realizzò i primi disegni anatomici accurati (Fig.1).
Grazie ai disegni di Da Vinci è stato possibile, al medico Andrea Vesalio, di ristrutturare la
scienza dell’anatomia nella sua opera del 1543 “De Humani corporis fabrica libri septem” (I
sette libri sulla struttura del corpo umano) che rappresentò il primo testo completo, ma
soprattutto, illustrato di anatomia (Fig.2).
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Fig.2 Trattato di anatomia di Andrea Vesalio De humani corporis fabrica
Vesalio, in qualità di professore dell’Università di Padova, incoraggiò gli scienziati più
giovani ad accettare l’anatomia tradizionale solo dopo averla verificata; questo atteggiamento
ruppe l’autorità di Galeno ponendo così l’anatomia su una base solida di fatti osservabili e
dimostrabili.
Vesalio diede pertanto una descrizione dettagliata dello scheletro, dei muscoli, dei vasi
sanguigni, del sistema nervoso e del tubo digerente.
Esso grazie al suo lavoro, fu considerato il padre dell’anatomia umana moderna.
Essendo il corpo umano molto complesso, per scopi didattici, l’anatomia venne suddivisa in
vari sottogruppi, i quali sono:
• La splancnologia: che studia principalmente una parte della medicina interna
(apparato digerente, respiratorio ed urogenitale).
• L’anatomia del sistema nervoso: che si occupa del sistema nervoso centrale (SNC) e
del sistema nervoso periferico (SNP).
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• L’anatomia dell’apparato locomotore: che si occupa di ossa e muscoli.
Tra tutti gli apparati, quello muscolo scheletrico, o apparato locomotore, è quello più grande
del corpo umano e ne rappresenta addirittura l’80% del peso corporeo.
Esso è composto da ossa, articolazioni e muscoli, cioè da tutte le strutture che hanno la
funzione di sostenere e difendere l’organismo consentendone così i movimenti.
Per semplicità possiamo suddividerlo in 4 blocchi:
• Arti superiori, che comprendono il cingolo scapola omerale e le braccia
• Tronco
• Bacino
• Arti inferiori
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1.1 Arti Superiori
Gli arti superiori sono caratterizzati da delle appendici collegate al tronco tramite le
articolazioni sterno clavicolare.
Sono costituiti da una serie di segmenti articolari suddivisi tra loro: spalla, braccio, gomito,
avambraccio, polso e mano.
Il particolare, il complesso osseo che li caratterizza è suddiviso in: clavicola e scapola, che
contribuiscono a formare la spalla,
l’arto superiore che comprende
l’omero che è l’osso lungo che
costituisce il braccio, l’ulna e radio
che congiuntamente formano
l’avambraccio, ed infine dalle ossa
carpo, metacarpo e falangi che
costituiscono la mano (Fig.3).
Fig. 3 Arti superiori cingolo scapolare e braccia
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1.1.1 Spalla
La spalla è la radice dell’arto superiore, ed è composta dall’insieme dei segmenti ossei quali
scapola, clavicola e omero (fig.3), e da articolazioni e muscoli che uniscono l’arto superiore al
tronco.
I muscoli che ne fanno parte sono denominati muscoli scapolo-omerali, e sono il deltoide e
i muscoli della cuffia rotatoria distinti in: sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo, grande
rotondo e sottoscapolare (fig.4).
Fig.4 vista posteriore dei muscoli della regione scapolare
(Atlante di anatomia ortopedica di Netter)
Il Deltoide è il muscolo della spalla la cui forma è simile ad un palloncino di forma
triangolare allungato (da cui ne deriva il nome per la somiglianza alla lettera greca delta Δ), che
ricopre esternamente la parte dell’articolazione della spalla ed è formato da tre parti:
• parte clavicolare (o anteriore): ha origine dal terzo laterale del margine anteriore della
clavicola;
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• parte acromiale (o mediale): ha origine dall’apice e dal margine laterale
dell’acromion;
• parte spinale (o posteriore): ha origine dal labbro inferiore della spina della scapola.
Tutte e tre le parti proseguono sull’omero, dove prende inserzione con un robusto tendine, al
livello della tuberosità deltoidea.
La sua azione consiste, in maniera generalizzata e semplificata, in quella di sollevare il
braccio in tutte le direzioni, a 180°, essendo un muscolo abduttore ed elevatore.
In particolare, il deltoide, è il muscolo abduttore più potente della spalla fino ai 90°
soprattutto grazie alla parte acromiale, sopra i 90° entrano in gioco nel movimento i muscoli
del trapezio e del gran dentato. Data la sua suddivisione in tre fasci, dobbiamo considerare che
ognuno di loro è caratterizzato da un proprio movimento specifico, che vediamo nel dettaglio:
• deltoide anteriore (clavicolare): eleva fino a 180°, adduce in orizzontale, abduce
(soprattutto a braccio extra ruotato) fino a 180°, partecipa in maniera debole
all’intrarotazione del braccio;
• deltoide laterale (acromiale): abduce e flette, soprattutto a braccio intraruotato, fino
a 180°, partecipa in maniera debole all’extrarotazione e nell’estensione orizzontale
del braccio;
• deltoide posteriore (spinale): la sua funzione è di estendere o abbassare l’omero,
estendere (o abdurre) in orizzontale l’omero, adduce, retropone e partecipa
all’extrarotazione del braccio.
Nel complesso c’è da considerare che il deltoide, grazie alla sinergia dei suoi fasci, va a
intervenire nella realizzazione di alcuni movimenti importanti, utili per una corretta postura,
quali:
• antiversione della spalla: tramite i fasci anteriori e mediali;
• retroversione: grazie ai fasci posteriori.
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Il deltoide, in campo anatomico, va considerato come un unico muscolo, ma in nell’ambito
delle sue funzioni e movimenti in cui è possibile intervenire, dobbiamo considerare che i fasci
anteriori e posteriori sono tra loro agonisti e antagonisti, ovvero, nell’accorciamento
dell’anteriore il posteriore si estende e viceversa.
I muscoli che fanno parte della cuffia rotatoria, con le loro inserzioni e origini, tengono saldi
e uniscono la parte scapolare con la parte omerale e clavicolare degli arti superiori, e si
distinguono in, tre extrarotatori e un intrarotarore dell’omero.
Fig. 5 vista in dettaglio, anteriore e posteriore, dei muscoli della cuffia rotatoria
Fanno parte degli extrarotatori quelli che con la loro funzione portano a una extrarotazione
dell’omero, e sono il sovraspinato, il sottospinato (o infraspinato) e il piccolo rotondo (fig.5).
Il sovraspinato ha la sua ubicazione nella fossa sovraspinata della scapola ed ha una forma
di un prisma a base triangolare; la sua origine è dai 2/3 mediali della fossa sovraspinata e dalla
fascia omonima, i suoi fasci si sviluppano lateralmente per poi passare sotto l’estremità
acromiale della clavicola, all’acromion e al legamento coracoacromiale, per poi arrivare da
inserire nella sua origine, situata, nella parte superiore della grande tuberosità dell’omero.
La sua contrazione permette la realizzazione di movimenti di abduzione e rotazione del
braccio verso l’esterno, questo, però, in maniera sinergica con il muscolo del deltoide.
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Il sottospinato o infraspinato, i termini sono sinonimi, occupa la fossa infraspinata, della
scapola. È un muscolo piatto di forma triangolare, ha origine dai ¾ della fossa infraspinata,
dalla fascia infraspinata e dal setto che lo separa dal muscolo piccolo rotondo; anche i suoi fasci
si vanno a sviluppare lateralmente terminando in un tendine che, passando al di sotto
dell’acromion e aderendo alla capsula fibrosa dell’articolazione della spalla, si va a inserire
nella parte media della grande tuberosità dell’omero. La sua contrazione permette la rotazione
verso l’esterno del braccio.
Il piccolo rotondo è un muscolo allungato, appiattito e corrisponde al margine inferiore del
muscolo sottospinato, ha origine dalla fossa infraspinata, a livello della metà superiore di una
striscia ossea che decorre vicino al margine ascellare e si estende in alto e lateralmente per
inserirsi, con un breve tendine che aderisce alla capsula fibrosa dell’articolazione della spalla,
nella parte inferiore della grande tuberosità dell’omero. Anche in questo caso la sua contrazione
permette la rotazione all’esterno del braccio.
Il muscolo che fa parte della cuffia rotatoria il cui compito è quello di intrarotazione, è invece
il sottoscapolare.
Esso si trova nella fossa sottoscapolare (fig. 5), come il sottospinato, si tratta di un muscolo
appiattito con un contorno triangolare; ha origine dal fondo della fossa sottoscapolare e invia
fasci convergenti in alto e lateralmente, i quali passano sotto il processo coracoideo, davanti
l’articolazione della spalla e vanno a inserirsi sulla piccola tuberosità dell’omero.
La sua azione (contrazione) determina l’adduzione e rotazione interna del braccio.
L’insieme dei muscoli facente parte della cuffia rotatoria che siano, intra o extrarotatori,
svolgono una funzione stabilizzante dell’articolazione scapolo-omerale.
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1.1.2 Braccio
La parte dello scheletro del braccio è contraddistinta dall’omero, un osso lungo situato tra la
scapola, il principale osso della spalla, e l’avambraccio, cioè da radio e ulna.
Fornisce l’inserzione per diversi muscoli e partecipa alla formazione di due importanti
articolazioni degli arti superiori, ovvero l’articolazione della spalla, come già visto in
precedenza, e articolazione del gomito, in unione con l’avambraccio.
I muscoli presenti nel braccio possono essere distinti in due gruppi: muscoli anteriori e
muscoli posteriori.
Gli anteriori (fig.6) sono caratterizzati da tre muscoli: dal muscolo principale distinto dal
bicipite brachiale, che è un muscolo caratterizzato da due ventri (parti) con origini distinte, il
capo-lungo ha origine dalla tuberosità sovraglandea della scapola, e il capo-breve che ha origine
dall’apice del processo coracoideo, entrambi hanno un’unica inserzione tramite un tendine nella
tuberosità radiale; la sua azione è caratterizzata nel flettere l’avambraccio sul braccio e di
addurre il braccio sul corpo.
Fig. 6 complesso muscoli anteriori del braccio