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infatti, che in numerosi casi l’inquadramento diagnostico-terapeutico delle ulcere diabetiche
prevede purtroppo periodi, spesso anche molto lunghi, di ospedalizzazione (circa il 3%) (3). Dai
dati emersi da alcuni studi epidemiologici è, infatti, risultato che la durata media della degenza in
ospedale per pazienti con ulcera agli arti inferiori (30-40 giorni) fosse almeno del 50% più lunga
rispetto a quella di pazienti diabetici senza lesioni cutanee (3). Inoltre, anche se la maggior parte
delle ulcere del piede non necessita di ricoveri ospedalieri e viene trattata in strutture ambulatoriali,
le ulcere del piede più complesse (infezione profonda, gangrena, etc.) richiedono spesso tempi di
guarigione anche molto lunghi, con un aumento dei costi di gestione (6) che risultano più elevati in
funzione dell’età, dello stato vascolare e della severità dell’ulcera (14). In aggiunta ai costi diretti
prima elencati, andrebbero inoltre considerati anche le spese indirette che derivano dalla perdita di
produttività, i costi sostenuti personalmente dal paziente e lo scadimento della qualità di vita. A
questo riguardo, sono numerosi gli studi che hanno dimostrato un impatto negativo delle ulcere
diabetiche sulla qualità della vita, a seguito di svariate problematiche correlate alla loro presenza,
quali la sintomatologia dolorosa, l’insonnia, la limitazione nei movimenti, l’isolamento sociale, la
solitudine, e, non ultimi, i disagi psicologici (15). Infatti, è stato dimostrato che i diabetici affetti da
ulcere agli arti inferiori sono frequentemente e più gravemente depressi e hanno una qualità della
vita peggiore di quelli che non hanno complicanze.
IL PIEDE DIABETICO
Il piede diabetico è un piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia
periferica e/o dalla neuropatia diabetica (1). Questa definizione, elaborata dall’ “International
Working Group on the Diabetic Foot”, ha sostituito la precedente definizione dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità che si riferiva alla condizione di piede diabetico come: “…presenza di
infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associate ad anomalie neurologiche e a
vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori” (1). In questo modo la definizione è stata
estesa a tutti quei soggetti diabetici che, in assenza di lesioni ulcerative, sono comunque a rischio
di ulcerazione. I problemi derivanti dall’allargamento della definizione sono di due ordini: il primo,
relativo alla definizione stessa, che necessiterebbe a monte di un’adeguata definizione di
neuropatia e di vasculopatia, con parametri clinico-strumentali possibilmente quantitativi, tali da
permettere un’univoca definizione dei soggetti a rischio; il secondo, è un problema di natura socio-
economica, in quanto utilizzare una definizione così ampia implica aumentare il numero dei
soggetti nei quali effettuare una efficace prevenzione.
EZIOPATOGENESI DELLE ULCERE DIABETICHE
I fattori implicati nella genesi delle lesioni ulcerative agli arti inferiori nei pazienti diabetici è
sicuramente multifattoriale. E’ noto da numerosi studi epidemiologici che fattori sia metabolici che
ambientali e biomeccanici sono responsabili dell’insorgenza delle ulcere diabetiche.
I fattori “endogeni”
Uno dei più importanti predittori di comparsa delle lesioni ulcerative è senza dubbio il controllo
glicometabolico. Infatti, numerosi studi hanno dimostrato come elevati valori di glicemia a digiuno
ed emoglobina glicata siano fattori di rischio indipendenti di ulcere agli arti inferiori (16;17) e di
amputazione (18-24).
Una possibile spiegazione consiste nel fatto che un minor compenso metabolico comporta un
aumentato rischio di neuropatia e/o arteriopatia agli arti inferiori che, come vedremo in seguito,
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sono la base patogenetica delle lesioni ulcerative. Inoltre, almeno teoricamente, l’iperglicemia
cronica potrebbe ostacolare la guarigione delle lesioni ulcerative attraverso l’inibizione della sintesi
e secrezione di fattori di crescita, le alterazioni della dinamica del microcircolo e l’aumento del
rischio di infezioni (25).
Esistono, inoltre, altri fattori di rischio per la comparsa di ulcere (26) e per l’amputazione nei
pazienti diabetici (19;24;27-29) quali il fumo di sigaretta, che comporta un aumento del tono
adrenergico, con effetti negativi sull’emodinamica degli arti inferiori, potendo interferire
negativamente con il processo di guarigione. Inoltre, l’ipercolesterolemia si associa ad una
aumentata incidenza di amputazioni nei pazienti diabetici (28;30). Livelli elevati di colesterolo totale
e di colesterolo LDL aumentano il rischio di arteriopatia obliterante agli arti inferiori; è quindi
verosimile che, tra i pazienti con ulcere, quelli con ipercolesterolemia abbiano più spesso lesioni di
tipo ischemico che hanno, notoriamente, una prognosi peggiore.
Neuropatia
La neuropatia diabetica è quasi la più comune di tutte le complicanze del diabete, presentandosi
fino nel 50% dei pazienti con diabete di tipo 2 (31), e si definisce come la presenza di sintomi e/o
segni di disfunzione dei nervi periferici di persone affette da diabete, in assenza di altre cause
compatibili (32). Dei vari sottotipi di neuropatie, quella maggiormente associata al piede diabetico è
la polineuropatia distale e simmetrica. Questa forma di neuropatia si caratterizza per il
contemporaneo coinvolgimento della componente sensitiva, motoria e vegetativa. La neuropatia
motoria riveste un ruolo significativo nella genesi del piede neuropatico, come diretta responsabile
delle tipiche modificazioni morfologiche e funzionali del piede. Il deficit motorio si manifesta
inizialmente con perdita di tono e progressiva atrofia dei muscoli del piede, modificazione dei
rapporti tra muscoli estensori e flessori, che comporta iperestensione dorsale dell’articolazione
metatarso-falangea e accentuazione dell’arco plantare. Le dita si deformano con aspetto a
martello, ad artiglio, il piede diviene cavo e l’alluce valgo. Queste deformazioni comportano una
alterazione della distribuzione dei carichi plantari con sviluppo di aree di ipercarico, sedi in cui si
sviluppa la classica ulcera plantare neuropatica La sola neuropatia motoria non è però sufficiente a
determinare lo sviluppo dell’ulcera se non è associata alla notevole compromissione della
sensibilità. La neuropatia sensitiva si caratterizza per la progressiva evolutività e per
l’interessamento di tutte le modalità di senso, con iniziale e graduale riduzione della sensibilità
dolorifica fino alla completa anestesia del piede. La compromissione delle fibre sensitive di grosso
calibro porta ad una diminuzione della sensibilità tattile e propriocettiva, mentre la compromissione
delle fibre di piccolo calibro riduce quella dolorifica e termica. Nei pazienti diabetici i primi disturbi
sensitivi si manifestano alle dita dei piedi, coinvolgendo il corpo del piede e le gambe sempre in
modo simmetrico e, successivamente, ma più raramente, si estendono alle mani ed alle braccia.
La polineuropatia sensitiva distale ha una modalità di presentazione estremamente variabile, che
va da una forma asintomatica da un lato (di cui l’ulcera può essere la prima manifestazione), ad
una forma estremamente dolorosa dall’altro (dolore urente o profondo, sordo e lancinante).
Pertanto, l’assenza di sintomi non va mai correlata con l’assenza di rischio di ulcerazione, e la
neuropatia non può essere diagnosticata sulla base della sola anamnesi, ma occorre un accurato
esame clinico della perdita di sensibilità e di riflessi alla caviglia (33). Sono tipiche le parestesie e
le disestesie neuropatiche, oltre ai sintomi “negativi”, quali la diminuzione della sensibilità fino
all’anestesia. Molto poco si conosce sulla istopatologia di queste lesioni. I pochi studi in merito
sono giunti a conclusioni non univoche, sebbene concordino sul ruolo di modificazioni istologiche
associate all’interruzione dei processi di riparazione tissutale (34;35). Due sono i reperti istologici
principali in biopsie di nervi di pazienti con polineuropatia simmetrica distale: in primo luogo, una
minore densità delle fibre mielinizzate (diminuita di circa un terzo nelle forme moderate e di due
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terzi nelle forme gravi), che riflette la perdita di fibre nervose, con degenerazione di quelle
rimanenti. Esiste, inoltre, la conferma di una microangiopatia dei vasa nervorum: anche la densità
dei capillari nervosi diminuisce in proporzione con la severità della neuropatia, con spessore della
membrana basale dei capillari raddoppiato nelle forme moderate e triplicato in quelle gravi. La
suscettibilità dei nervi periferici all’ischemia può essere in parte correlata con la notevole
lunghezza dell’assone e lo scarso rifornimento ematico. Come nel caso della retinopatia e della
nefropatia, lo scadente controllo glicemico è una delle maggiori cause di neuropatia, per cui
l’uptake di glucosio da parte dei nervi, non mediato dall’insulina, aumenta all’aumentare della
glicemia.
La neuropatia distale coinvolge anche il sistema autonomico, che esercita un controllo sulla
circolazione cutanea, costituita da una vasta rete microcircolatoria di tipo terminale, responsabile
delle funzioni e del trofismo della cute. Questa struttura microcircolatoria è costituita da due unità
funzionali diverse: i plessi papillari formati da arterie terminali, capillari e venule postcapillari (la cui
funzione è soprattutto nutritizia) e le anastomosi arretro-venose, che collegano arteriose e venule
nel derma e hanno funzione essenzialmente termoregolatoria. Fisiologicamente, il controllo del
simpatico determina una tonica vasocostrizione arteriolare e controlla il flusso ematico attraverso
le anastomosi; la neuropatia autonomia ha ripercussioni sulla normale circolazione periferica del
piede: la riduzione della vasocostrizione, infatti, favorisce un aumento di flusso cutaneo, con
conseguente aumento della temperatura, ed insieme all’aumento della permeabilità capillare, può
rendersi responsabile della comparsa di edema, per l’elevazione della pressione idrostatica del
microcircolo. Inoltre, si verifica un’apertura degli shunts artero-venosi, con passaggio di sangue dal
territorio arterioso a quello venoso, e una alterazione della sudorazione con completa anidrosi
della cute del piede, che si presenta anelastica, secca, desquamata, con comparsa di fissurazione
specie in regione calcaneare, con aumentato rischio di infezione batterica. Quindi, un piede caldo,
asciutto e con scarsa sensibilità è ad alto rischio di ulcerazione (33).
Ipotensione ortostatica, gastroparesi, diarrea o costipazione, disfunzione erettile e vescica
neurologica sono ulteriori manifestazioni della disfunzione autonomica (36).
Da un punto di vista clinico il piede neuropatico si presenta con cute anidrosica tendente alla
fissurazione, distensione delle vene sul dorso del piede legata all’iperafflusso per vasodilatazione e
apertura degli shunts artero-venosi, atrofia dei muscoli interossei, deformazione della struttura del
piede (dita ad artiglio, alluce valgo, dita a martello, sovrapposizione delle dita, arco plantare
accentuato, teste metatarsali prominenti, etc…) La reazione fisiopatologia dovuta alla presenza
delle suddette deformazioni risulta essere l’abnorme carico in zone circoscritte plantari con
comparsa di ipercheratosi (quale difesa opposta dai tessuti ai continui traumatismi) e successiva
possibile ulcerazione; infatti, su tali aree prominenti vengono a determinarsi stress meccanici
ripetuti, che si verificano soprattutto durante la deambulazione e, di fatto, costituiscono la causa
principale delle lesioni cutanee nel piede diabetico.
Il callo rappresenta l’evento iniziale sotto il quale i tessuti si necrotizzano con formazione di una
cavità a contenuto sieroso o siero-ematico che si estende progressivamente per poi aprirsi
all’esterno. In alcuni casi l’orifizio dell’ulcera può mostrarsi piccolo in superficie, ma con vasta
estensione della cavità in profondità; in altri il cratere ulceroso può essere particolarmente esteso,
con estrinsecazione delle sottostanti strutture legamentose metatarso-falangee.
La tipica ulcera neuropatica ha una base granulosa di colore rosa con bordo fibrotico bianco
circondato da tessuto ipercheratosico. Nei casi in cui un buon apporto vascolare è associato alla
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presenza dell’ulcera, il piede si presenta caldo e la stessa lesione viene ad essere circoscritta da
una reazione infiammatoria più o meno intensa.
L’obiettivo della valutazione della neuropatia all’interno delle linee guida è quello di identificare i
pazienti diabetici neuropatici a rischio di ulcerazione, e la finalità di questa identificazione è di
mettere in atto delle misure preventive, in particolare misure educative. Gli strumenti di diagnosi
clinica della neuropatia sono sostanzialmente tre: sintomi, segni e valutazione quantitativa della
sensibilità. I sintomi sono poco sensibili e specifici e non hanno un chiaro valore predittivo per cui
la loro valutazione si inserisce, eventualmente, all’interno di un’anamnesi generale volta a
identificare tutti gli altri fattori di rischio per l’ulcerazione del piede, ad esempio la presenza di
complicanze del diabete, il cattivo controllo metabolico (16), scadenti condizioni igieniche e così
via. Per quanto riguarda i segni, l’ispezione dei piedi è irrinunciabile, con attenzione a tutti i singoli
elementi: cute, unghie, forma del piede, presenza di calli, ulcere, etc.
L’esame neurologico comprende la valutazione della sensibilità nelle sue diverse forme (dolorifica,
tattile superficiale, pressoria, vibratoria) e dei riflessi osteotendinei. Lo strumento migliore per
testare la sensibilità vibratoria è rappresentato dal biotesiometro, che permette una valutazione
quantitativa della soglia di percezione vibratoria (1).
Ischemia
La definizione di piede diabetico ischemico indica le alterazioni e le lesioni che possono
svilupparsi a carico del piede in conseguenza di una insufficienza arteriosa prodotta da una
condizione di arteriopatia ostruttiva periferica. La reale prevalenza dell’arteriopatia periferica è
difficile da determinare in quanto la maggior parte dei pazienti è asintomatica (almeno nelle fasi
iniziali), la percezione del dolore può essere attenuata dalla presenza di neuropatia periferica, molti
(in particolare gli anziani) tendono a non riferire i loro sintomi e le modalità di screening non sono
state ancora uniformemente definite (37). Gli esperti raccomandano di controllare annualmente lo
stato vascolare nei pazienti diabetici, con particolare attenzione all’anamnesi da cui risulti
claudicatio intermittens o dolore a riposo, distinto dal dolore provocato da neuropatia periferica, ed
alla presenza di polsi arteriosi tibiale posteriore e pedidio (37;38). La presenza dei polsi periferici
rende molto improbabile una diagnosi di malattia vascolare (39). Una stima più accurata deriva da
un test validato e riproducibile, l’Indice di Winsor, che consiste nel rapporto tra la pressione
sistolica alle caviglie (arterie dorsale del piede e tibiale posteriore), ottenuta mediante
sfigmomanometro e apparecchio doppler manuale ad ultrasuoni, e la pressione sistolica alle
braccia (arteria brachiale); un indice pressorio di Winsor inferiore a 0,9 sta ad indicare la presenza
di una malattia arteriosa occlusiva (40). Nei pazienti anziani i valori possono risultare sovrastimati
a causa della calcificazione e scarsa comprimibilità dei vasi (41) e risultati falsamente negativi si
possono ottenere in caso di pazienti sintomatici con moderata stenosi aortoiliaca. Utilizzando
l’indice di Winsor, la prevalenza di arteriopatia agli arti inferiori risulta essere del 20% in pazienti
diabetici di età superiore a 40 anni e del 29% nei diabetici di più di 50 anni (42).