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CAPITOLO 2: LA PAURA
2.1 La paura come emozione
La paura è un’emozione che colpisce in modo variabile ogni essere umano,
lasciando molto spesso delle tracce indelebili nella sua memoria che possono
riemergere in maniera più o meno drammatica sia a livello cosciente che nei
sogni. Essa è un’emozione primaria, ossia un’emozione presente nel bambino
sin dalla nascita, così come la gioia, la sorpresa, la tristezza e la rabbia (Ferraris,
2007).
Quando ci troviamo in situazioni di minaccia alla nostra integrità fisica o
psicologica, la reazione del nostro organismo è la paura, la quale si identifica
come un vero e proprio “sistema difensivo” per rielaborare le informazioni e
affrontare la realtà. Qualsiasi oggetto, persona o evento possono essere vissuti
come pericolosi e indurre a provare tale emozione (Ciceri, 2001).
Ogni episodio di paura, così come ogni episodio emotivo, è costituito da
numerose componenti:
o L’evento scatenante, che è sempre specifico per ogni emozione, nel caso
della paura nasce da una situazione minacciosa che mette in allarme il soggetto.
o Le componenti fisiologiche, come il battito cardiaco accelerato, la
respirazione affannosa, un’abbondante sudorazione e altre funzioni controllate
dal sistema nervoso autonomo.
o Le componenti esperienziali, ossia i sentimenti che le situazioni suscitano
in ogni persona. La percezione cognitiva della situazione che ha scatenato
l’emozione e il modo in cui questa ci influenza è collegata ai cambiamenti
fisiologici. Durante l’infanzia gli aspetti cognitivi svolgono man mano un ruolo
sempre più significativo e questo rappresenta uno dei cambiamenti più
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significativi legati all’età: il bambino piccolo reagisce ad uno spavento
manifestando semplicemente i segni della paura, mentre il bambino più grande
mette in atto un piano d’azione che controlla la paura.
o Il cambiamento comportamentale manifesto, cioè l’aspetto di cui sono
maggiormente consapevoli le persone che osservano lo stato emotivo di un altro
individuo. I segni più palesi sono le espressioni facciali, i cambiamenti della
voce e i gesti del corpo, che permettono ad altre persone di comprendere e
identificare l’emozione specifica del momento (Schaffer, 2005).
La persona spaventata tende a fissare la propria attenzione principalmente sulle
situazioni e sugli aspetti ansiogeni della realtà che possono portare a difficoltà
sia di controllo delle proprie reazioni, sia a considerare in modo vantaggioso le
alternative possibili. Nonostante questo, la paura ha un funzione positiva poiché
serve a segnalare uno stato di emergenza e allarme preparando la mente e il
corpo ad una reazione (Ferraris, 2007).
In ambienti ostili la paura permette all’individuo di elaborare adeguate strategie
di adattamento. Le paure sono una specie di “allenamento psicologico” basato
sull’esperienza, che ci prepara ad affrontare il pericolo. Se, quindi, la paura ci
può portare a compiere atti futili e non adattivi che possono ledere l’integrità
personale, è anche vero che un certo grado di ansia non è pericoloso perché
attiva la curiosità che ci rende intraprendenti. La paura può avere, quindi, un
duplice effetto: salvarci dal pericolo e stimolarci, oppure boccare le nostre
capacità o impegnarci in attività senza senso (Celi, 2010).
Ma come si può riconoscere una persona che ha paura?
Gli studi etologici hanno valorizzato il ruolo dei comportamenti non verbali nel
tentativo di collegare il comportamento osservabile ai meccanismi
motivazionali ed emotivi: la tensione corporea, l’immobilità e l’attenzione
selettiva sono alcuni degli aspetti su cui gli esperti si sono soffermati.
Darwin (1872) descrisse gli effetti della paura nell’uomo: “La paura è spesso
preceduta da stupore (…) Gli occhi e la bocca si spalancano, le sopracciglia
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di alzano. L’uomo spaventato sta dapprima immobile e senza respirare come
una statua (…) Il cuore batte a colpi precipitosi e violenti, la pelle impallidisce.
(…) La circolazione si altera, la respirazione precipita. Le ghiandole salivari
funzionano in modo imperfetto: la bocca diventa asciutta e si apre e chiude
spesso. La voce si altera, diventa rauca e indistinta, e può anche sparire del
tutto”.
Analizziamo i vari segnali non verbali che rivelano la presenza di uno stato
emotivo di paura:
o L’ espressione del volto è la zona più espressiva e in grado di trasmettere
molte informazioni. La mimica della paura comprende tre zone del viso: le
sopracciglia, gli occhi e le labbra. Le sopracciglia risultano sollevate e
avvicinate e accompagnano il movimento degli occhi e della bocca. Gli occhi
appaiono ben aperti e sbarrati, con una cospicua dilatazione della pupilla e un
movimento contratto della palpebra inferiore. Anche grazie alla bocca si può
notare uno stato di tensione. Essa, infatti, è aperta in orizzontale e le labbra sono
tese con gli angoli tirati all’indietro. Quanto più è intensa la paura, tanto più è
maggiore la tensione muscolare del viso, la quale è ben riconoscibile già in età
prescolare.
o Il tono muscolare e i movimenti del corpo si irrigidiscono. Questa tensione
muscolare diventa l’espressione esterna dei tratti del carattere, tanto da bloccare
il corso normale delle proprie reazioni. I comportamenti motori possono
distinguersi tra movimenti intenzionali e non intenzionali. I movimenti
intenzionali sono gli illustratori che un individuo decide di mostrare alle
persone che ha intorno, mentre quelli non intenzionali rappresentano lo stato
emotivo della persona che li emette spontaneamente.
o La persona spaventata cerca di sottrarsi al pericolo e di raggiungere una
persona che la protegga, ricercando così un contatto corporeo. Queste due
tendenze sono concomitanti ma non sempre si muovono nella stessa direzione
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spaziale: quando una persona è molto spaventata può andare incontro al
pericolo pur di raggiungere una fonte di protezione.
o Un’attenzione particolare va data anche ai gesti e movimenti del corpo,
poiché l’automanipolazione viene considerata un indice di disagio. I gesti sono
azioni motorie coordinate e circoscritte volte a generare un significato e
indirizzare l’interlocutore. Il toccarsi ripetutamente parti del corpo, mordere o
tirare i capelli e pizzicarsi sono indicatori di timore nell’individuo. Questo
atteggiamento è scaturito dalla ricerca di sicurezza e controllo dell’ansia da
parte della persona spaventata (Ferraris, 2007).
La paura è un’emozione contagiosa: le persone con un Io debole sono più
contagiabili rispetto a persone mature e con una solida personalità. I bambini si
spaventano non soltanto quando si trovano in situazioni di pericolo, ma anche
quando percepiscono segni di paura negli altri. Gli adulti troppo ansiosi creano
un clima di preoccupazione che può intimorire il bambino, il quale coglie lo
stato d’animo dei genitori attraverso gli indizi non verbali. Le espressioni del
volto e i gesti del corpo possono indurre stati di paura nell’osservatore, anche
se per motivi diversi (Berto e Scalari, 2005).
Nella paura si possono distinguere diversi gradi di intensità a seconda del
soggetto e descrivere tale emozione con diversi termini:
Timore: forma meno intensa della paura.
Ansia: momento in cui la minaccia del dolore e quella del piacere si
equivalgono e generano situazioni di conflitto.
Paura: emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore, in
questo caso si è pervasi dal desiderio di allontanarsi.
Panico: momento in cui la paura diventa travolgente. L’impulso è quello
di scappare correndo via alla cieca.
Terrore: forma estrema di paura dove l’impulso di scappare è talmente
elevato da ricercare una soluzione immediata (Sunderland, 2007).
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Possiamo distinguere due tipi di paura: la paura innata e quella appresa. La
paura innata ha origine da stimoli molto intensi (come il dolore o il rumore);
oggetti, eventi o persone sconosciute; situazioni di pericolo per la
sopravvivenza (come per esempio l’altezza, il buio, l’abbandono) e, infine,
dall’interazione con degli animali. La paura appresa, invece, riguarda
un’infinita varietà di stimoli che derivano da esperienze dirette e che si sono
dimostrate pericolose. Il meccanismo universale responsabile dell’acquisizione
di paure apprese viene definito “condizionamento”, il quale può trasformare un
qualunque stimolo neutro in uno stimolo fobico mediante l’associazione per
vicinanza spaziale e temporale ad uno stimolo originariamente fonte di paura. I
fattori fondamentali sono, dunque, la percezione e la valutazione dello stimolo
come pericoloso (Ferraris, 2007).
2.2 La paura in età prescolare
Come abbiamo già detto, la paura è un’emozione universale a tutte le specie
viventi. Ogni animale, compreso l’uomo, prova paura quando si sente
vulnerabile e indifeso in relazione a tutte le insidie che possono minacciare il
suo benessere o la sua sopravvivenza. I cuccioli delle vaie famiglie di animali
reagiscono con spavento di fronte ad eventi della natura anche se non hanno
ancora fatto esperienza diretta della reale minaccia ma segue l’istinto come
reazione difensiva. Di tutto il regno animale, gli umani sono gli esseri più
complicati, caricati dall’incerto privilegio di essere indipendenti dai semplici
automatismi degli istinti. I bambini, soprattutto, reagiscono con impulsivo
spavento ai rumori improvvisi e ai volti sconosciuti; quando qualcosa li