6
mercati composti da ampie aggregazioni di soggetti, in quanto sono composti da
persone, comunità e gruppi collegati da vere e proprie reti. In passato, la
principale, e per certi versi unica, area di potenziamento della marca era
rappresentata dalla immaterialità, che le Information Communication
Technology (ICT) rendono oggi ancora più visibile, in quanto consentono di
considerare nuove aree, grazie al loro straordinario potenziale di interazione, che
consente alle imprese di progettare e sviluppare nuove forme di identità legate
alla marca. Oggi questo ha determinato che le strategie e le politiche di marca
rappresentano, in misura maggiore rispetto al passato, una fonte primaria di
vantaggio competitivo per le imprese, per questo diviene essenziale
approfondire le logiche di gestione volte a sviluppare competenze e capacità di
attivazione della marca, di sperimentazione dei suoi contenuti e delle sue
applicazioni, di ampliamento del suo raggio, nonché di ulteriore sviluppo del
suo valore economico. Tutto questo risulta particolarmente vero per le imprese
denominate abitualmente pure players, nate negli ultimi anni per sfruttare
l’enorme potenziale cui ha dato accesso la Rete, dopo ormai quasi dieci anni
appare evidente come molte di queste imprese non siano riuscite a costruire e/o
preservare significative proposizioni di valore nei confronti della clientela
servita. Ne deriva la necessità di una più attenta ponderazione della natura
qualitativa e quantitativa della domanda di riferimento e di un approfondito
studio del modello strategico legato alla relazione di mercato che si intende
instaurare, le imprese pure players che per prime hanno avviato iniziative di e-
7
commerce si trovano oggi a fronteggiare un mercato sempre più competitivo e,
da un punto di vista finanziario, caratterizzato da una propensione al rischio
decrescente. Nella realtà di internet, dove, peraltro, la competizione si gioca in
un contesto dinamico, ad alta intensità di informazione e con continue
interazioni bidirezionali tra domanda e offerta, che portano a una situazione di
customer empowerment senza precedenti, si presentano nuove opportunità di
creazione di valore per il mercato, così come nuove difficoltà nella gestione
delle relazioni con i consumatori, la marca da questo punto di vista, può
assumere un ruolo fondamentale nell’aiutare le imprese tanto a identificare e
sfruttare le prime, quanto a superare le seconde. Questa convinzione è confortata
anche dai risultati emersi da un’indagine empirica recentemente condotta
dall’Area Marketing della SDA Bocconi
1
con la metodologia delle mappe
cognitive su un campione di imprese operanti nei settori maggiormente coinvolti
dal fenomeno del commercio elettronico, focalizzando l’attenzione sul tema
dello sviluppo della marca, è emersa con chiarezza la criticità attribuita alla
brand awareness e alle associazioni cognitive che definiscono la brand
personality da parte delle imprese pure players. La value proposition della
marca, che negli ambienti digitali risulterebbe agevolata dalla maggiore
possibilità di coinvolgere il consumatore nella specificazione dei propri bisogni
e quindi nella progettazione e nella costruzione di un contesto simbolico
coerente con il sistema di valori condivisi, estendendo gli ambiti di relazione
1
Busacca B. , Marche digitali, Egea, Milano, 2002
8
ben oltre l’ottenimento di benefici funzionali. Nel Web la personalità della
marca è connessa al design e ai contenuti del sito, ovvero, più in generale, ai
servizi informativi, di supporto e accessori generati dall’intermediazione virtuale
(Castaldo e Premazzi, 1999). Al riguardo è agevole ricondurre al presidio del
valore-utilità e del valore-equità la rilevanza attribuita all’incremento dei
benefici offerti ai consumatori (personalizzazione dei contenuti, prossimità
cognitiva, assortimento, informazione indiretta, modalità d’ordine, di pagamento
e di consegna) e alla riduzione dei costi di accesso a tali benefici. La creazione
di valore per il cliente è indispensabile per alimentare la fiducia nella marca e
attivare il potenziale di differenziazione, la cui centralità risulta accresciuta sia
dalle maggiori opzioni che le peculiari caratteristiche della navigazione e della
interazione in Rete offrono sul piano della generazione di elementi di distintività
competitiva, sia dal più elevato coinvolgimento dei consumatori. Nell’economia
delle reti digitali il vettore “valorizzazione della marca” dovrà includere il
presidio dell’equità (che è essenziale per lo sviluppo della fiducia) e
dell’interazione nell’ambito dei processi di consumo (essenziale ai fini della co-
evoluzione); quindi tutto questo fa nascere la necessità, per chi vuole sfruttare
l’enorme potenziale concesso dalle tecnologie digitali, di sviluppare opportune
politiche di e-branding, che se ben implementate sono in grado di generare forti
identità di marca e di far conseguire alle imprese solidi e duraturi vantaggi
competitivi.
9
CAPITOLO 1
IL BRAND: CONCETTI INTRODUTTIVI E PERCORSO
STORICO-EVOLUTIVO
1.1 ATTI DI MARCHIATURA, PROTOMARCHI E MARCHE PONTIFICIE
La marca moderna guarda al futuro, è immersa nel presente e sembra ormai
obliare il passato, pare infatti svincolata dal suo significato primordiale:
un’accezione antica che risiede in un basico ed universale atto di marchiatura.
Oggi quando si dice marca si allude al marketing, alla produzione industriale, al
consumo di massa, al commercio; senza pensare che invece si tratta di una
traccia del tempo, apporre il marchio è un gesto che ha radici lontane, da sempre
ogni civiltà, ogni attività artigianale, commerciale o artistica ha utilizzato dei
marchi per fissare la paternità di un bene o di un oggetto; è una lunga tradizione
fatta di tratti caratteristici impressi come riferimento, per distinguere tra di loro
le “cose”, per indicarne la proprietà, la qualità, il luogo di provenienza, il posto
di fabbricazione o altre caratteristiche più o meno convenzionali. Marchi
primordiali, proto-marchi
2
diremo oggi, ovvero segni distintivi impressi sul
bestiame, manufatti e vasellame, impronte universali che esistono da che esiste
l’uomo. L’atto di marchiatura che in sostanza consiste nell’apporre un timbro,
un’etichetta, una firma, su di un bene, è un’operazione antica quanto le nozioni
d’identità e di proprietà, da un certo punto di vista è possibile affermare che con
2
Minestroni L., L’Alchimia della Marca, Franco Angeli, Milano, 2002, cit. pp. 35-36
10
l’operazione di marchiatura si realizza il passaggio dalla natura alla cultura,
basti pensare all’animale selvaggio che non è marchiato, dal momento in cui
avviene il marchio a fuoco, la bestia si trasforma in bestiame, l’animale diventa
“domestico”; bollare a fuoco con un ferro rovente il corpo di un animale è un
atto ideologico, che contiene un’argomentazione: l’appartenenza, la razza, la
provenienza e persino lo stato di salute. La natura biologica della bestia viene
inserita in un ordine del discorso, tradotta e declinata nel codice umano dei segni
e della civiltà, è una sorta di messa a morte simbolica ed una contemporanea
rinascita nella cultura, anche il corpo dell’uomo è stato ed è tuttora territorio di
marchiatura, luogo di contrassegni, di codici di riconoscimento, di
emarginazione e classificazione, basti pensare a pratiche come la scarificazione,
l’infibulazione, la foratura del setto nasale o del piattello labiale, la
deformazione dei denti, il tatuaggio, tutti marchi di differenziazione sociale,
d’appartenenza ad una razza od una tribù, d’iscrizione a una casta; il catalogo
dei segni dell’uomo sull’uomo è molto vasto, l’impronta distruttrice e dolorosa,
la mortificazione del corpo, il sigillo permanente, hanno origini lontane
3
. La
marca si appropria di ogni oggetto e di ogni essere vivente contaminato dal suo
tratto, diventa sacrificio in nome di, luogo del simbolico, intermediaria tra
l’uomo ed i suoi riti, il marchio e la marchiatura entrano in questo modo
nell’ordine dei contenuti e della grammatica di una civiltà.
3
Monachesi R., Storia, semiotica e produzione. Lupetti & co., Milano, 1993, pp. 27-28
11
L’uso antico della marca accoglie dimensioni e vocazioni contemporanee, non a
caso, già nelle più lontane forme di marchiatura è possibile leggere certamente
allo stato embrionale, alcune delle principali caratteristiche e finalità che la
marca conserva sino ai giorni nostri, è possibile individuare quattro funzioni
fondamentali che convivono nella marca originaria e in quella moderna:
identificazione, appropriazione, differenziazione e qualificazione
4
.
Contrassegnare un qualsiasi bene, oggetto o sostanza, con un sigillo, una
stampiglia o un timbro, equivale ad inserirlo in uno statuto di riconoscibilità,
attraverso il nuovo segno, il prodotto ha la possibilità di essere individuato ed
identificato, la funzione di identificazione è una delle funzioni originarie e
basilari della marca; i primi marchi permettevano di riconoscere merci analoghe
fabbricate in stabilimenti diversi oppure di identificare capi di bestiame inseriti
in uno stesso carico ma provenienti da allevamenti distinti: marchiare i singoli
elementi dell’intera partita consentiva di stabilirne l’origine e la provenienza.
Anche la funzione di appropriazione appartiene alla preistoria della marca,
marchiare un oggetto, il più delle volte, significava far valere su di esso un
diritto di proprietà, il segno diventava così un indicatore di appartenenza: ad un
padrone, un sovrano o ad un committente; spesso identificazione e
appropriazione coincidevano, altre volte erano disgiunte, erano coincidenti
quando il prodotto usciva dallo stabilimento di produzione e raggiungeva il
consumatore finale senza intermediari, erano invece distinte quando il prodotto
4
Semprini A., la marca: dal prodotto al mercato, dal mercato alla società, Milano, Lupetti, 1996, cit. pp. 27-32
12
veniva acquistato e rivenduto diverse volte, si assisteva al tentativo di
aggiungere o sostituire il nuovo marchio di identificazione a quelli preesistenti
da parte dei vari intermediari. La marca consentiva inoltre di riconoscere la
produzione dell’una o dell’altra bottega e di semplificare le operazioni di
inventario, stoccaggio e di movimentazione, da qui la funzione di
differenziazione della marca: differenziare significa celebrare i tratti salienti,
mettere in risalto caratteristiche specifiche, distinguere le cose tra di loro, in
origine si trattava naturalmente, di procedure strettamente collegate al circuito
commerciale e al sistema di fabbricazione, la moderna funzione di
differenziazione è orientata al consumatore: comunicare l’unicità e la distinzione
di una marca significa, oggi, rendere visibile il prodotto in un mercato denso e
sovraffollato. La vera modernità dei protomarchi risiede soprattutto nella loro
capacità di attribuire significati intangibili ai beni a cui si riferiscono, accadeva
infatti che vasellame, manufatti o qualsiasi altro prodotto, sebbene analoghi
nella forma e nell’aspetto, si differenziassero tra loro per resistenza o durata,
oppure per impermeabilità o puntualità di consegna, diveniva quindi necessario
fissare con un marchio queste differenze di qualità. La funzione di
qualificazione rappresenta una modalità inedita di comunicare una
argomentazione, si tratta di nuovo valore del marchio, la piccola traccia
disegnata o incisa sulla terracotta, impressa sul metallo o sul cuoio, inizia a
trascendere l’ordine fondamentale dell’identificazione, dell’appropriazione e
della differenziazione; essa non consente soltanto di riconoscere le prestazioni
13
oggettive del prodotto, ma permette anche di individuare quelle caratteristiche,
che sebbene non si riferiscono alla materia tangibile, appartengono comunque al
contesto produttivo e commerciale (puntualità di consegna e/o garanzia di buona
conservazione), a questo punto lo “scarabocchio” diventa un segno, consente di
conoscere le qualità ed i difetti di un prodotto senza doverne farne l’esperienza
5
.
La diffusione del marchio, l’abitudine alla segnatura argomentante proseguono
nel corso del Medioevo e del Rinascimento, nel mondo dell’artigianato e del
commercio, l’atto di marchiatura è sentito come una necessità: un gesto
irrinunciabile, per connotare opere e merci, per rendere dinamici e significativi
gli scambi, per comunicare oltre il tangibile. L’uomo contemporaneo ha
ereditato un vasto repertorio di segni di riconoscimento appartenenti ha civiltà
passate, una straordinaria ricchezza di marchi, propri a ogni categoria
commerciale: mercanti, ceramisti, vasai, vetrai, pittori, scultori, orafi, fabbri,
carpentieri ed arazzisti. Il termine marca si carica di significati e funzioni nel
corso dei secoli, nel latino medievale sta ad indicare una “barra d’argento
bollata” e successivamente “mezza libra d’argento”
6
; uno dei significati
originari, più interessanti del termine “marca” è quello che la vede come segno
di confine, “Markà verosimilmente dal latino margò, margine, confine, limite”.
Nel Medioevo nell’Europa centro-occidentale, Marca era il paese o la contea di
confine, la cui funzione principale era la difesa dai nemici esterni; tuttavia,
l’istituzione delle marche o distretti militari, destinati a proteggere le province di
5
Semprini A., la marca, dal prodotto al mercato, dal mercato alla società, Milano, Lupetti, 1996, cit. p. 30
6
Monachesi R., Il Marchio. Storia, semiotica, produzione. Lupetti & Co., Milano, 1993, cit. p. 7
14
frontiera, è di molto anteriore a Carlo Magno al quale viene generalmente
attribuita. Sulla fine del secolo X il territorio italiano del Piceno iniziò a
chiamarsi Marca, proprio ad indicare la demarcazione, un limite di provincia, è
però a partire da Innocenzo III che la Marca diventa Pontificia, cioè sotto
giurisdizione della chiesa; a questo punto la marca si trasforma in
toponimo(nome proprio di luogo, di regione), dunque marca come
determinazione di un perimetro territoriale, un’accezione particolarmente vicina
alle più attuali vedute del marketing: questa marca che “chiama” ed identifica
una porzione di terreno, coerente al suo interno, è una metafora di grande
efficacia e contemporaneità
7
. La marca moderna sembra contenere certi tratti
simbolici e funzionali che sono inscritti nella sua storia, è luogo che definisce e
difende, territorio omogeneo e circoscritto, impronta di identificazione e
appropriazione, suggello di differenziazione e qualificazione, segno
antichissimo, dunque, legato a riti primitivi e funzioni originarie, intrecciato alla
storia dell’umanità e della cultura.
7
Fabris G., Valore e Valori della marca, Relazione per <<Io parlo tu ascolti. Tu parli, io ascolto>>,
Congresso Nazionale della Pubblicità, Roma, 25 Ottobre 2001, cit. p.3
15
1.2 FASE DELLA STANDARDIZZAZIONE E DEL CONSUMO DI MASSA
L’emancipazione del marchio dal concetto originario di atto di marchiatura e la
sua evoluzione verso uno statuto di carattere distintivo dell’azienda, prende
avvio soltanto agli albori della società dei consumi, ma quando inizia la società
dei consumi? I punti di vista, a questo proposito, portano ad una inevitabile
scelta, cioè quella di prendere come riferimento temporale gli anni successivi
alla seconda guerra mondiale, quando il piano Marshall contribuì alla
ricostruzione dell’Europa
8
. In quel periodo, infatti, il boom economico consentì
ad un gran numero di individui appartenenti a classi sociali prima di allora assai
poco inclini al consumo, di avere accesso a tutta una serie di prodotti, un tempo
impensabili e irraggiungibili. Il processo di industrializzazione, realizzatosi
prima negli Stati Uniti e poi in Europa con la grande trasformazione del XIX
secolo, aveva consentito lo spostamento da una economia orientata al consumo e
alla produzione di sussistenza ad una economia capitalista, caratterizzata dalla
produzione in serie di merci standardizzate, fabbricate in misura maggiore di
quanto non fosse necessario per il sostentamento, per quasi tutto l’Ottocento,
infatti, il cuore del commercio e della vendita al dettaglio era ancora costituito
dagli empori e dalle piccole botteghe, vi si vendeva un po’ di tutto: dai saponi
alla farina, dal sale al borotalco, dai tessuti al lardo, era una fase ancora piuttosto
romantica del consumo, in quanto resisteva un umano filo di tradizione e di
relazione, un rapporto quasi amicale e confidenziale col negoziante, il quale
8
Corrigan P., La sociologia dei consumi, Franco Angeli, Milano, 1999, cit. p.18
16
rassicurava e affabulava il cliente. Sebbene alcuni beni di consumo riportassero
il nome del fabbricante, in genere non c’era differenza tra un prodotto e l’altro
dello stesso genere, il consumatore finale acquistava un chilo di burro, un pezzo
di stoffa, un litro di latte, senza troppo preoccuparsi dell’identità del produttore;
i fabbricanti che potevano marchiare la propria merce con un nome distintivo,
avevano il vantaggio di essere riconoscibili e grazie a basiche, persistenti ed
efficaci forme di pubblicità, riuscivano a comunicare un discorso sul prodotto: a
dire, cioè, perché la propria marca di sapone(o di biscotti, di farina, di cacao) era
la migliore.
I primi processi di produzione industriale mutano radicalmente la visione degli
individui sulle merci e sugli oggetti, i prodotti sono insoliti, rivisti e corretti,
realizzati mediante macchinari sconosciuti, con procedimenti innovativi e
rivoluzionari; in buona sostanza, la produzione standardizzata industriale, con la
marchiatura e il confezionamento, non ha fa altro che emancipare il prodotto
dalla mediazione del negoziante, il droghiere che umanizza, rassicura e informa,
cede così gradatamente il passo alla marca che identifica, orienta, qualifica e
garantisce
9
. È un processo prudente e progressivo che s’avvia giusto in questa
fase di transizione, attraversa gran parte dell’Ottocento e si sviluppa nel corso
dell’intero secolo, giungendo a pieno compimento soltanto in epoche abbastanza
recenti.
9
Semprini A., Musso P., Lombardi M., Il dolce tuono. Marca e pubblicità nel terzo millennio, Franco Angeli,
Milano, 2000, cit. p. 43
17
Nel 1852, negli Stati Uniti, l’Union Paper Bag Machine Company brevetta un
dispositivo per realizzare e produrre sacchetti di carta, sulle buste vengono per la
prima volta stampati i nomi di marca, simboli e logo delle principali aziende
produttrici dei beni di largo consumo; dai sacchetti alle scatole di latta e cartone
il passo è breve, in poco tempo la marca appare sugli involucri e sui recipienti,
sulle taniche e sui barattoli, sulla carta oleata e sul ferro; è un capitolo
significativo nella storia del commercio, della produzione e della fruizione, da
questo momento infatti, il cliente “porta a casa” non solo il prodotto, ma anche il
produttore. La merce non è più materia prima allo stato grezzo, derrata generica,
involucro anonimo o mera soddisfazione di un bisogno, diventa linguaggio e
cultura, s’arricchisce di un contrassegno di garanzia, di un sigillo di provenienza
e fabbricazione; i primi marchi compaiono così nella vita, nel quotidiano e nella
domesticità del consumatore, lo fanno attraverso il sembiante, la loro etichetta e
il loro packaging, ma si tratta ancora di pura nomenclatura, di appellativi
fantasiosi o stampiglie decorative, la cui unica funzione era quella di distinguere
il prodotto dai suoi simili, dagli altri articoli della stessa categoria merceologica.
Tra la fine dell’ Ottocento e gli inizi del Novecento, la marca attraversa una
sorta di periodo di “incubazione”, naturalmente sono gli Stati Uniti il luogo
privilegiato di questa lenta maturazione; se nel 1871 soltanto 121 fabbriche
avevano registrato la loro griffe mediante l’ U.S. Patent Office, nel 1905 i
marchi registrati arrivavano a quota 10.000
10
.
10
Mierau C., Accept no substitutes! The History of American Advertising,Lerner, Minneapolis, 2000, cit. p. 43