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Prefazione
Cosa intendiamo esattamente quando parliamo di Politically Correct? Secondo
alcuni si tratta di una nuova forma di censura che limita e vieta ciò che fino a poco
tempo fa era consolidato nell’immaginario collettivo, per altri invece si tratta di un
vero e proprio movimento che si batte per dar voce alle minoranze e creare un
mondo più inclusivo. I mutamenti occorsi all’interno della società hanno infatti
portato all’evidenza che con l’evolversi del tessuto sociale si è reso necessario
creare nuove parole e rappresentazioni che fossero in grado abbracciare i
cambiamenti della realtà che ci circonda. Tuttavia, sebbene l’intenzione iniziale del
Politically Correct fosse quella di promuovere una realtà multiculturale in cui tutti
potessero sentirsi rappresentati, il movimento manovrato da interessi politico-
economici, si è trasformato in un’estremizzazione della diversità, restituendo così
un’immagine distorta della realtà, promotrice di un’iper-inclusività a volte fittizia. Il
mondo del mercato si è quindi dovuto adattare tenendo conto delle diverse spinte
che coinvolgono l’ambito culturale, sociale e politico: le aziende, di conseguenza,
hanno modificato di volta in volta la loro comunicazione per renderla più attuale,
andando di pari passo con le richieste avanzate a gran voce dai movimenti del Me
too e del Black Lives Matter. Attraverso i social, la comunità dei consumatori ha
sviluppato una nuova sensibilità diventando protagonista delle proprie scelte di
acquisto, dando più importanza ai valori etici rispetto alla qualità del prodotto stesso.
In breve, il purpose sociale è diventato importante al pari di quello economico e
l’impegno dell’azienda a sostegno degli interessi dei propri consumatori ha portato
un incremento nella Brand Reputation dell’impresa. L'elaborato si propone di
analizzare quali sono gli effetti prodotti dal Politically Correct sulla comunicazione
aziendale, in particolare nelle narrazioni per il cinema, la tv e la pubblicità. Grazie
all'osservazione dei mutamenti sociali e dell'evoluzione del mondo del mercato,
verrà mostrato come la reputazione sia ormai diventato un asset di marca
monetizzabile e misurabile che ha importanti risvolti sulla comunicazione d'impresa
e come gli interessi del nuovo target (Generazione Z) influenzino la scelta da parte
dei Brand di incentrare la comunicazione verso le tematiche sociali. Attraverso i casi
studio vedremo come alcune aziende, ad esempio la Disney, hanno reagito dopo le
accuse di scorrettezza da parte del Politically Correct modificando di conseguenza
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la loro comunicazione o ancora come i contenuti di film e serie tv sono cambiati per
assecondare i nuovi gusti del pubblico e come la trasposizione di una realtà più
inclusiva sia poi stata sfruttata per scopi di marketing, cadendo in una sorta di iper-
inclusività a tutti i costi.
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1. Brand Reputation: il biglietto da visita delle
aziende
Citando le parole di Warren Buffet
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, “Ci vogliono 20 anni per costruire una
reputazione e solo 5 minuti per distruggerla” con … una comunicazione sbagliata.
La credibilità è tutto per un’impresa, guadagnarla è difficile quanto perderla è facile.
In questi ultimi anni, la presenza sempre più pervasiva delle piattaforme
tecnologiche, nella vita di tutti i giorni, ha reso possibile uno scambio di notizie e
opinioni, libere e senza controllo. A differenza dei media tradizionali, il web e più in
specifico i social media, hanno modificato il modo in cui le imprese si relazionano
con il pubblico; da una comunicazione top down dove a parlare era solo la marca,
si è passati a un dialogo di tipo orizzontale, ovvero uno scambio potenzialmente
reciproco tra brand e consumatore. Per muoversi all’interno del mondo del mercato
globale, le aziende hanno imparato da tempo che non basta offrire un prodotto o un
servizio, individuando un target specifico, bisogna agire anche sul piano relazionale.
La comunicazione, infatti, è una leva del marketing che le imprese hanno imparato
a usare a proprio vantaggio, per distinguersi dalla massa e caricare di significato il
proprio brand in mondo tale che esso sia più del semplice marchio di un prodotto,
ma piuttosto un punto di riferimento carico di valenze affettive e simboliche in cui i
consumatori possano riconoscersi e identificarsi. “La marca, è un insieme di valori
che si definisce nel rapporto con il consumatore e, come tale, ha una natura
dinamica, perché si evolve insieme ai mercati e alla società” (Masini, Pasquini e
Segreto, 2017) quando parliamo di marca, infatti, facciamo riferimento ad un asset
dell’azienda legato ad un segno distintivo correlato al valore generato da un prodotto
o servizio, che coinvolge gli atteggiamenti dell’individuo. Il brand è un costrutto
dell’azienda, qualcosa di intangibile sul piano materiale ma che ha effetti importanti
a livello concreto: le associazioni positive che si creano nella mente del
consumatore costituiscono la brand identity e fungono da garanzia della qualità del
prodotto oltre che del valore dell’azienda stessa, che si traduce in brand equity. Un
brand è considerato una marca forte, quando le proprie brand identity e brand equity
si sovrappongono, ovvero quando la marca riesce a influenzare le scelte di acquisto
degli utenti. Tuttavia, non bisogna guardare a essa come qualcosa di immutabile
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Imprenditore, economista e filantropo statunitense noto per le sue abilità negli investimenti finanziari
come “l’oracolo di Omaha”
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nel tempo, la costruzione di un brand va continuamente seguita e aggiornata, in
modo da essere sempre al passo con i tempi e con le necessità dei consumatori.
“Oggi qualunque cosa riguardi un brand, che sia un comunicato stampa, un articolo,
un post, una recensione, sono di fatto tutti pezzi di uno storytelling, all'interno dei
quali le audience trovano le loro verità” (Schwarz, 2022). La rivoluzione digitale
segna infatti un punto di svolta per le imprese, un avvicinamento al consumatore,
che avviene attraverso la raccolta di dati ed il monitoraggio costante della
percezione della marca e della sua reputazione da parte degli utenti. Secondo le
statistiche, circa 7 italiani su 10, utilizzano la rete per trovare informazioni su prodotti
e servizi, formandosi un’idea di questi sulla base delle recensioni lette online; di
fatto, la reputazione o più tecnicamente brand reputation non è qualcosa su cui le
aziende hanno un vero e proprio controllo, come sostiene Jeff Bezos
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, “La
reputazione è quello che dicono di te, quando non sei nella stanza”, quindi una
narrazione che non viene costruita dal brand stesso, al contrario della brand identity,
ma che tuttavia pesa inevitabilmente sulla decisione del consumatore che,
sovrastimolato da un’offerta troppo ampia, si affida alla reputazione come fattore
differenziale per scegliere tra i diversi competitors. Per questo motivo le aziende
cercano di influenzare positivamente l’opinione del consumatore mediante una
comunicazione strategica di tipo creativo, cioè lo storytelling, che mira ad entrare in
connessione con il target di riferimento attraverso le emozioni, puntando su un
discorso memorabile in grado di apportare reputazione e orientare le azioni degli
utenti. L’impresa non opera in un contesto neutro, deve corrispondere e
necessariamente adeguarsi al contesto sociale “In tutto il mondo le persone, i
giovani – i vostri futuri clienti- […] scendono in strada per lottare contro ogni forma
di ingiustizia” scrivono Philip Kotler e Christian Sarkar, pertanto “si aspettano che i
brand collaborino a risolvere i gravissimi problemi che affliggono il mondo, non a
peggiorarli”. Al fronte delle nuove aspettative, le aziende sono quindi chiamate ad
impegnarsi attivamente per la collettività, prendendo posizione nelle questioni
sociali e ambientali al pari delle istituzioni. Nasce così la Corporate Social
Responsibility o CSR, definita dalla Commissione Europea come “la responsabilità
delle imprese per il loro impatto sulla società” che aveva come obbiettivo iniziale
quello di restituire alla comunità parte del ricavato dei profitti delle aziende. Tuttavia,
l’aderenza al CSR non è solamente dettata dalle costrizioni normative o dalle buone
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Imprenditore americano, fondatore e CEO di Amazon
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intenzioni delle aziende, ma è piuttosto una questione legata alla necessità di
rispondere agli interessi di tutti gli stekeholder, al fine di ricavarne una legittimazione
sociale, utile per muoversi sul mercato. D’altra parte, quando parliamo di
reputazione, dobbiamo tener conto che essa non è una sola ed univoca, ma un
discorso più ampio composto da diverse sfaccettature, tante quanti sono i portatori
di interesse a cui ci rivolgiamo, siano essi clienti, investitori, dipendenti o istituzioni.
La scelta di acquisto si traduce in breve in una scelta valoriale da parte del
consumatore, questo interesse sempre maggiore per le questioni etico-sociali da
parte dei nuovi target dei Millennials ma soprattutto della generazione Z, ha
trasformato la reputazione in un “asset di marca monetizzabile e misurabile”
(Iabichino, 2020). A maggio 2020, i dati riportati dall’osservatorio Civic Brand Ipsos,
su uno studio condotto in America, mostravano come l’86% degli intervistati fosse
più propenso a fidelizzarsi se il brand era apertamente schierato contro le
discriminazioni raziali; di questi, il 56% apparteneva alla Gen Z. I dati del Trust
Barometer 2022, confermano infatti questa tendenza anche in Italia, dove il 72%
degli intervistati attribuisce alle imprese un ruolo rilevante sempre maggiore nel
dibattito sociale e guardano ai CEO come a delle figure chiave del cambiamento, i
quali devono farsi carico di tematiche come discriminazione, cambiamento
climatico, equità degli stipendi etc. senza però sconfinare nella politica. Il purpose
sociale dell’azienda diventa quindi importante al pari dello scopo economico,
l’impresa per far quadrare i conti e raccogliere consensi deve venire incontro a
quelle che sono le richieste dei nuovi consumatori, costruendo una strategia di
marketing chiara, equa e responsabile. Una tendenza che trova conferma nei dati:
in Italia oggi il 60% dei consumatori, il 57% dei lavoratori e il 56% degli investitori
sceglie il posto di lavoro e i brand da acquistare o in cui investire, in base ai propri
valori e convinzioni, in linea con il trend che si registra a livello globale (Trust
Barometer 2022).
1.1 Mondo social e le nuove sfide dei brand
La rivoluzione informatica ha quindi trasformato in breve tempo il nostro modo di
comunicare, permeando ogni aspetto della vita sociale, modificando non solo le
nostre abitudini ma anche il modo di pensare, di relazionarci con gli altri e di
concepire ciò che ci circonda. I cambiamenti apportati dalla rete hanno