Introduzione
Il presente elaborato è stato realizzato con lo scopo di studiare ed approfondire
l'evoluzione del diritto del lavoro italiano relativamente ai nuovi orizzonti e sinallagmi
contrattuali resi possibili dalla sempre crescente implementazione di tecnologie
informatiche e telematiche nei rapporti di lavoro subordinato, con particolare attenzione
ad un nuovo strumento che si propone come innovativo ed alternativo rispetto a quanto
abbiamo fino ad ora conosciuto: il lavoro agile.
L'interesse nei confronti di questa materia nasce dalla constatazione che l'orario
di lavoro come mezzo di oggettivazione della prestazione lavorativa sta conoscendo una
profonda crisi. E proprio la deoggettivazione del tempo-lavoro è da ritenersi il concetto
cardine su cui si fonda l'intero elaborato, e di cui si ritiene fin d'ora necessario chiarire il
significato. Mutuando la definizione di Bavaro, giurista che ha riflettuto in maniera
approfondita su questo tema, la deoggettivazione del tempo-lavoro è “un processo di
desincronizzazione del tempo-lavoro produttivo dal tempo-lavoro effettivo, il cui
governo è attribuito al potere unilaterale di organizzazione.”. Prosegue Bavaro
“Mentre l'oggettivazione del tempo-lavoro determina la separazione del tempo-
subordinazione dal tempo-libertà e affida all'orologio la reciproca misurazione, la
deoggettivazione affida all'organizzazione la determinazione della misura del tempo-
lavoro effettivo.”
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, con la conseguenza che il potere organizzativo datoriale non agisce
più solo nel tempo di lavoro, ma anche sul tempo di lavoro. La sempre maggiore
richiesta di flessibilità nella gestione della giornata lavorativa proveniente, seppur per
ragioni differenti, tanto dal mondo imprenditoriale quanto dai lavoratori è un'espressa
manifestazione di questo progressivo processo di deoggettivazione, ed impone di
riflettere sul ruolo attuale e futuro dell'orario di lavoro. Al contempo si è portati a
chiedersi quale possa essere entro questo orizzonte il ruolo di strumenti come appunto
1 V. Bavaro, 2008, p. 257
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lo smart working, giacché queste nuove forme di gestione del tempo-lavoro potrebbero
aprire lo spazio ad un ripensamento del ruolo dei lavoratori subordinati: essi infatti
potrebbero non solo ritagliarsi su misura la prestazione lavorativa, svolta da remoto ed
in orari flessibili, ma anche ambire ad avere un diverso ruolo all'interno
dell'organigramma aziendale, potendo godere di maggiori libertà d'azione e
responsabilità, e di una conseguente ripartizione non solo dei rischi ma anche dei
guadagni d'impresa più vantaggiosa. Al contempo, se declinate secondo parametri miopi
e che arridano esclusivamente al potere aziendale, questi nuovi strumenti diverrebbero
dei meri metodi per il datore di lavoro per sgravarsi da consistenti costi fissi e per
passare da una retribuzione oraria ad una retribuzione legata principalmente al
raggiungimento di obiettivi aziendali.
È forte tuttavia la convinzione che, in un'epoca in cui il diritto del lavoro fatica a
garantire una tutela solida ai lavoratori e ad adeguarsi alla modernità e all'evoluzione dei
rapporti lavorativi, queste forme di esercizio della prestazione lavorativa, estremamente
flessibili e potenzialmente utili tanto alle aziende per abbattere i costi fissi ed aumentare
la produttività quanto ai lavoratori in funzione conciliativa, rappresentino il nuovo
orizzonte entro il quale bisognerebbe immaginare una parziale ridefinizione dello stesso
rapporto di lavoro subordinato. Tale necessità è impellente: come accennato, un
intervento tardivo o parziale finirebbe presumibilmente per non mutare gli equilibri di
potere tra le parti in gioco e lascerebbe campo aperto ad un peggioramento delle
condizioni effettive di esercizio della prestazione lavorativa dei lavoratori subordinati. È
dunque fondamentale capire quali siano gli orizzonti entro i quali legislatore e
contrattazione collettiva si stanno muovendo, per comprendere quale sia la strada verso
cui il mercato lavorativo ed il diritto del lavoro italiani si stanno dirigendo.
In ragione della posta in gioco e dell'importanza di questo dibattito nel
determinare i destini futuri del lavoro e del diritto correlato, tale analisi è stata preceduta
da uno studio in merito alla parabola dell'orario lavorativo nel diritto e nella
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contrattazione in Italia dall'Unità ad oggi, al fine di mettere in luce il percorso evolutivo
della disciplina e l'importanza che l'orario ha avuto come mezzo di oggettivazione del
tempo-lavoro negli ultimi due secoli, in modo da chiarire quale sia l'orizzonte entro il
quale la ricerca si va ad innestare ed introdurre i motivi che portano oggi a parlare di
deoggettivazione della prestazione lavorativa. Si è dunque proceduto ad analizzare
come il paradigma della deoggettivazione affermatosi a livello teorico abbia iniziato ad
avere ripercussioni sul mondo del lavoro anche dal punto di vista pratico. Se nella prima
sessione si analizzava come esso si sia fatto strada attraverso l'introduzione di sempre
maggiori dosi di flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro subordinato, nella
seconda parte dell'elaborato si analizzano quelle forme di esercizio della prestazione
lavorativa in cui la flessibilità oraria e di luogo si afferma non come l'eccezione, bensì
come l'elemento radicale del rapporto di lavoro. A tal scopo è stato chiamato in causa il
telelavoro, importante nella nostra riflessione sia come primo esempio di gestione da
remoto tramite strumenti informatici della prestazione lavorativa sia come antenato del
lavoro agile.
Punto cardine di questa analisi è però rappresentato dalla seguente ed
approfondita disamina dell'iter avuto dalle proposte di legge in tema di lavoro agile
susseguitesi negli ultimi due anni, con particolare attenzione ai ddl 2229 e 2233,
sottoposti all'attenzione della Presidenza del Senato lo scorso febbraio.
Il materiale oggetto di studio è stato affrontato secondo la scansione già
parzialmente accennata: il primo capitolo è incentrato sulla ricostruzione storica del
percorso legislativo e contrattuale dell'orario di lavoro in Italia dall'Unità ad oggi; il
secondo breve capitolo è incentrato sul telelavoro; il terzo capitolo, centrale nella
dissertazione, si focalizza sull'iter legislativo e sugli esiti contrattuali raggiunti ad oggi
dal lavoro agile in Italia. I temi sono dunque affrontati secondo uno stringente ordine
cronologico e logico: il passato è funzionale a riflettere sul presente, la storia dell'orario
di lavoro ci offre l'inquadramento logico e la necessaria base per discutere di lavoro
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senza vincoli orari e di luogo, di lavoro agile insomma. Nei capitoli riguardanti
telelavoro e lavoro agile, i contributi di legislatore e contrattazione collettiva sono stati
affrontati secondo l'ordine in cui sono ora stati menzionati. Tale scelta risponde alla
volontà di dare precedenza alla legge in qualità di fonte primaria di cui la contrattazione
dovrebbe rappresentare il compimento e perfezionamento.
Nella ricerca, mentre nel primo capitolo di natura storica si è attinto
principalmente da fonti indirette quali manuali, monografie, saggi ed articoli, le quali
ove possibile sono state confrontate con le fonti primarie, nella seconda parte hanno
avuto una funzione ben più centrale i testi legislativi e i resoconti del dibattito
parlamentare, soprattutto nel capitolo relativo al lavoro agile. Nella terza sessione,
riguardante gli approdi della contrattazione collettiva, hanno ugualmente avuto un ruolo
principe le fonti dirette, rappresentate in questo caso dagli accordi sottoscritti dalle parti
sociali. Queste scelte sono dipese da considerazioni di diversa natura: mentre nella
prima parte si è trattato di storia del diritto del lavoro, e dunque di fatti sedimentati
adeguatamente analizzabili attraverso il ricorso all'abbondante letteratura disponibile,
nella seconda parte della ricerca sono stati trattati argomenti e processi attuali, in
divenire, il cui esame pretendeva un ricorso alle fonti primarie, in modo da evitare
possibili fraintendimenti o distorsioni della realtà prodotti dal ricorso a fonti secondarie
che, pur autorevoli, tendono ad inquadrare il dibattito all'interno di una propria e
senz'altro legittima teoria causale. E si ritiene che proprio il ricorso a fonti dirette
rappresenti il punto di maggior forza di questo elaborato: le risorse documentarie
consentono infatti di dare risposte a domande su cui i commentatori tendono a glissare e
di spingere l'analisi ad un livello di approfondimento maggiore. Il lavoro sulle fonti
primarie, ossia resoconti delle sedute delle commissioni parlamentari competenti e
contratti collettivi, è stato accurato, e ha permesso di ricostruire in modo preciso e
fedele sia il processo evolutivo del disegno di legge 2233 rispetto alla materia lavoro
agile sia gli approdi a cui è giunta negli ultimi anni la contrattazione collettiva. Si ritiene
dunque che questo lavoro sia fondamentale al fine di inquadrare il processo legislativo
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nella sua interezza e di mostrare quale sia ad oggi l'orientamento del mondo del lavoro
nei confronti del lavoro agile.
Attraverso questa analisi, ci si pone l'obiettivo non solo di fornire un'istantanea
del capo riguardante il lavoro agile del ddl 2233 ora in esame in Parlamento, ma di
spiegarne l'origine, di mettere in luce i diversi orientamenti emersi in tema, di spiegare
perché sono state intraprese determinate vie ed altre sono state scartate, di riflettere sulle
parole di volta in volta scelte dal legislatore e di sottolineare il contributo che i vari
attori, dai senatori alle parti sociali, hanno avuto nell'andare a definire il disegno di
legge nei termini in cui oggi si presenta.
Come accennato, ad oggi il disegno di legge non ha ancora terminato il proprio
iter: nonostante il governo avesse manifestato l'intenzione di procedere alla sua
approvazione in tempi rapidi
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, le lungaggini dell'esame parlamentare hanno
notevolmente dilatato la durata del processo legislativo, anche oltre i tempi tecnici
necessari alla stesura di una tesi magistrale. Si era consci nel momento in cui si è scelto
di affrontare questo tema del rischio che si stava correndo, essendo la lentezza del
legislatore italiano tristemente rinomata. Si è voluto comunque percorre questa strada,
nella convinzione che i temi affrontati siano degli snodi chiave per cercare di intuire il
destino dell'universo-lavoro italiano.
In considerazione di quanto detto, il fine ultimo di questo studio sarà capire la
strada che legislatore e parti sociali stanno intraprendendo in tema di lavoro agile, in
modo da sviluppare nelle conclusioni una riflessione complessiva sul ruolo futuro di
queste nuove forme di esercizio della prestazione di lavoro subordinato in relazione a
natura della prestazione lavorativa, tempo di lavoro e diritti del lavoratore, offrendo
altresì una solida base ed eventuali spunti per un futuro proseguimento ed
approfondimento dei temi qui trattati.
2 Huffingtonpost.it, 05 gennaio 2016
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Andamento storico del diritto del lavoro in Italia in tema di orario
lavorativo
1. Le origini
L'epopea dell'orario di lavoro e degli interventi legislativi e contrattuali legati
alla sua limitazione iniziò in Inghilterra nella prima metà del XIX secolo. All'inizio
della Rivoluzione industriale la giornata lavorativa non era soggetta a limiti. I primi
vincoli legali vennero promulgati proprio oltremanica con i Factory Acts del 1819 e del
1833, i quali introdussero nelle fabbriche tessili la giornata lavorativa di 8 ore per i
bambini tra i 9 e i 13 anni e di 12 ore per gli adolescenti tra i 14 e i 18 anni, fissando in
15 ore l'orario di lavoro normale per gli altri operai. Negli anni successivi, i limiti legali
agli orari di lavoro per fanciulli e ragazzi vennero ulteriormente abbassati ed estesi alla
donne. Nei decenni seguenti poi il limite della giornata lavorativa fu abbassato prima a
12 e poi a 10 ore, e nel 1872 edili e meccanici conquistarono le 9 ore lavorative
giornaliere. Già nel 1878 il Parlamento inglese approvò il Consolidation Act, che
abrogava i precedenti statuti particolaristici e ridefiniva il quadro legislativo, fissando in
modo sistematico vari livelli di tutela per le varie categorie di forza-lavoro.
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Seppur più lentamente, il tema della necessità di una regolamentazione degli
orari di lavoro iniziò a proporsi dopo la metà del XIX secolo anche negli altri paesi
europei. Dal 1866 inoltre il limite legale delle 8 ore emerse come rivendicazione forte
ed elemento di lotta sociale della Prima Internazionale. La battaglia per le 8 ore fu
inizialmente trainata dai sindacati statunitensi: il 1° maggio 1886 l'Afl indisse scioperi e
manifestazioni in molte città americane, che a Chicago si concretizzarono in diversi
giorni di protesta e si conclusero in uno spargimento di sangue; da allora il Primo
Maggio rappresentò la giornata internazionale di lotta per le 8 ore.
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Nel frattempo anche l'Europa continentale vedeva sorgere le prime legislazioni
3 G. Ricci, 2005, p. 30
4 M. Craviolatti, 2014, pp. 52-53
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