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1. INTRODUZIONE
È opinione diffusa
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che le serie televisive rappresentino
delle moderne fiabe: questi due generi narrativi hanno infatti in
comune quella che viene definita funzione affabulatoria, ovvero la
capacità di parlare contemporaneamente a noi e di noi. Parlano a noi
per soddisfare il nostro bisogno ancestrale di narrazione, di ascoltare
storie, di abbandonarci nella “sospensione dell’incredulità” per la
durata del racconto. Parlano di noi in quanto ritroviamo nella fiaba e
nella sua nuova versione i temi e gli interessi della vita quotidiana,
valori elementari su cui si basa l’esistenza di ciascuno: l’opposizione
tra bene e male, la famiglia, i sogni, le paure, l’amore. È ormai
ampiamente riconosciuta anche dal punto di vista pedagogico questa
funzione della fiaba, “prodotto di esseri che vivono, pensano e
agiscono in una determinata cultura e aiutano a calarsi in essa e a
comprendere i valori e le credenze, trasmettendo ciò che di
maggiormente significativo sussiste nei vari popoli e nelle varie
epoche” (Palazzini 2005, p. 16). Proprio l’utilizzo di caratteri stereotipi,
temi ricorrenti e opposizioni nette e facilmente individuabili all’interno
di un dato sistema sociale creano un meccanismo semiotico capace di
generare infinitamente nuove storie, attribuendo alla fiaba quella
proprietà che Grignaffini chiama narrabilità, ovvero “la condizione
pragmatica che un testo ha di proporsi come una matrice che rimane
in qualche misura invariabile in grado di generare infinite forme
discorsive di carattere narrativo” (in Dusi e Spaziante 2006, p. 357).
Questi testi rappresentano oramai degli insiemi istituzionalizzati di
valori, un nucleo condiviso di significati ben depositati nella memoria
collettiva di tutti i membri di una cultura, parte della competenza
enciclopedica di ciascuno. Questa ricorrenza di temi, ma anche di
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Vedi ad esempio: Pozzato e Grignaffini (2008), Buonanno (2004),
Palazzini (2005).
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forme, ciò che Propp (1928) chiama la morfologia della fiaba, fa di
questi oggetti dei pre-testi, cioè testi che è possibile riaprire,
rielaborare, riadattare per creare nuove storie, in una sorta di infinita
mitopoiesi, riadattabile a diversi contesti ed epoche storiche,
mantenendo così attiva la capacità della fiaba e della narrativa in
generale di rappresentare una società (capacità dimostrata dal
larghissimo numero di testi di varia natura che sfruttano e citano più o
meno fedelmente e apertamente le strutture narrative di fiabe o testi
della tradizione popolare).
Considerare le fiabe come pre-testi narrativi è proprio ciò
che si propone di fare questo elaborato attraverso l’analisi e la
discussione del telefilm americano Once Upon a Time (d’ora in avanti
OUAT). Questa serie unisce in modo interessante fiaba e serial: non è
di certo il primo caso di testo mediatico che mette in scena vicende
ispirate ai “racconti di fate”, ma la sua particolarità deriva dal basare la
narrazione sull’opposizione tra reale e fiabesco. La rappresentazione
di questa dialettica tra fiction e non-fiction, tra mondo incantato e
magico e mondo reale consente al telefilm di operare una duplice
operazione:
- in primo luogo rende possibile una meta-riflessione sul ruolo della
fiaba e del racconto finzionale in genere nella società contemporanea.
Uno dei protagonisti di OUAT, Henry, (non a caso un bambino, la
categoria di destinatari che più ha bisogno della funzione di
familiarizzazione con il mondo sociale tipica della narrativa) riesce a
trovare nel suo libro di fiabe una spiegazione plausibile a tutti gli
avvenimenti del mondo “reale”, come la cattiveria di certe persone o
l’attrazione che ne lega altre. Essendo un’opera di fantasia, queste
connessioni si scopriranno poi sussistere realmente, ma restano
comunque una metafora del ruolo della fiabe, che è quella di “venire a
patti con un mondo che non ha senso, dare speranza nel lieto fine”,
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come viene fatto dire dal telefilm proprio all’insegnante di Henry, in
realtà Biancaneve. Il bambino per colpa della sue teorie “fiabesche”
viene preso per matto dagli adulti e ritenuto incapace di distinguere tra
realtà e immaginazione, proprio come avviene per i grandi fruitori della
fiction, considerati a rischio di subire un “effetto Don Chisciotte”. In
realtà gli studiosi da un lato e OUAT dall’altro dimostrano che la
narratività definita “finzionale” non è slegata dalla realtà, anzi “ne rivela
le potenzialità inesplorate e le prospettive sfuggenti alla percezione,
ne porta alla scoperto il rimosso, getta luce dove non arriva il nostro
sguardo, anticipa l’imprevisto che, adagiati nella ripetitività del
quotidiano, non arriviamo a prefigurare” (Buonanno 2004, p. 14). Le
opere di finzione aprirebbero l’accesso a una molteplicità di mondi
possibili, alle “realtà multiple” teorizzate da Schutz, una serie di mondi
simbolici in cui si distribuisce la nostra esperienza vissuta, ognuno con
un proprio stile cognitivo ma comunque reali, rappresentati in OUAT
come universi paralleli tra cui è possibile viaggiare fisicamente.
Sei arrogante a credere che il tuo mondo sia l’unico e il solo,
ce ne sono molti. Devi aprire la tua mente, i mondi si
toccano, sono vicinissimi, uno accanto all’altro e sono tutti
reali, ciascuno con le sue regole. In qualcuno c’è la magia,
in altri non c’è, ma in tutti ce n’è un disperato bisogno.
(Jefferson/Cappellaio Matto, episodio 1x17 OUAT)
- In secondo luogo, portando i personaggi della fiabe nel mondo
contemporaneo OUAT lavora proprio sulla narrabilità di questi testi e
contribuisce ad un aggiornamento ed a una rilettura in chiave moderna
dei temi e dei valori della fiabe tradizionali, sfruttando la loro
sedimentazione enciclopedica che rende immediatamente
riconoscibile le strutture narrative originarie ma anche le loro
modificazioni. Questi nuovi significati ed effetti di senso vengono
inoltre enfatizzati dal fatto di far convivere nella narrazione personaggi,
luoghi ed eventi appartenenti a molte opere finzionali diverse, creando
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quindi dialettiche tra vari sistemi valoriali e riferimenti culturali. OUAT
non offre quindi soltanto una rappresentazione di come si
comporterebbero Biancaneve, la protagonista della narrazione, o altri
personaggi a noi noti nel mondo odierno, ma anche come
reagirebbero in situazioni tipiche di altri “mondi possibili”.
The seed of it was that we were trying to figure out what it is
about storytelling that we really love, and what we love is the
mystery and excitement of exploring lots of different worlds.
Fairy tales clicked with us because they were so much in the
DNA of what made us storytellers, to begin with. If we can
go between two different worlds and see two different sides
of these characters, for us, as writers, that was a new way to
explore characters and what makes them tick, and come at
them from different angles. What you always want, as a
writer, is to find different ways to explore the characters, and
that’s what got us excited about this idea.
(da un’intervista
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a Adam Horowitz, produttore esecutivo)
Da queste considerazioni derivano gli obiettivi di questo elaborato che,
partendo da brevi riflessioni su serie tv e fiabe come generi narrativi, si
occuperà innanzitutto di analizzare e scomporre con il metodo
greimasiano le strategie testuali su cui si basa OUAT per poi indagare,
attraverso una comparazione con i testi originari e le versioni più
diffuse delle fiabe che vi sono citate, come questa serie televisiva
rielabori, intrecci e aggiorni nei diversi livelli una mole così imponente
di testi e soprattutto quali risemantizzazioni, quali nuovi significati e
valori emergano da questa opera di remix inter ed intra – testuale.
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Da i “contenuti speciali” del cofanetto dvd della prima stagione
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2. ONCE UPON A TIME
2.1. INTRODUZIONE ALL’OGGETTO DI STUDIO
OUAT è una fiction statunitense prodotta dall’emittente
televisivo ABC in collaborazione con Disney ed ideata da Adam
Horowitz e Edward Kitsis, famosi per essere i produttori esecutivi di
Lost, altro serial di grande successo trasmesso sullo stesso canale.
La prima stagione è andata in onda negli Stati Uniti a
partire dal 23 Ottobre 2011. Visti i buoni risultati raggiunti in termini di
ascolti, il 10 maggio 2012 ABC ha confermato l’intenzione di realizzare
una seconda stagione, trasmessa a partire dal 30 settembre 2012. Già
prima della fine di quest’ultima la produzione ha poi annunciato che a
settembre 2013 partiranno la terza stagione di OUAT ed uno Spin-Off
intitolato Once Upon a Time in Wonderland. In Italia il primo episodio
della serie è stato trasmesso da Fox il giorno di Natale del 2011, con il
titolo tradotto in C’era una volta e la seconda stagione è partita
esattamente un anno dopo. In chiaro, la serie è stata trasmessa con il
titolo originale inglese ed in prima serata da Rai 2 dal 12 Settembre
2012, ma dal 1 novembre è stata spostata su Rai 4 a causa di ascolti
non soddisfacenti. Contrariamente che in Italia, negli Stati Uniti OUAT
ha ottenuto un grande successo: l’episodio pilota è stato seguito da 13
milioni di telespettatori
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, rappresentando il debutto più alto della
stagione per una serie drammatica nella fascia 18-49 e il più alto
debutto per la rete ABC in 5 anni. La serie è diventata il primo
programma non sportivo in termini di ascolti della domenica sera. Non
è tra gli obiettivi di questo elaborato indagare i motivi di un tale
successo o dell’insuccesso italiano, ma sicuramente ciò che verrà
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Dati Nielsen TV Ratings
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analizzato, cioè il fatto di utilizzare e rielaborare testi popolari già noti
al grande pubblico, ha rappresentato un motivo di richiamo e suscitato
curiosità negli spettatori.
Riassumendo brevemente la trama della prima stagione,
che sarà l’unica qui considerata vista la maggiore affinità con gli
obiettivi di comparazione dell’elaborato, OUAT racconta delle vicende
dei più noti personaggi delle fiabe e di altri generi di racconti finzionali,
che a causa di un sortilegio lanciato dalla Regina Cattiva si trovano a
vivere in un piccolo paese del Maine chiamato Storybrooke senza
ricordare le loro vere identità. L’unico che ha intuito la verità è Henry,
figlio adottivo del sindaco del paese, proprio la stessa Regina Cattiva.
Il bambino possiede infatti un libro di fiabe, intitolato come la serie
stessa, in cui riconosce tutti i suoi concittadini. Henry va quindi alla
ricerca della sua madre biologica, Emma, la figlia di Biancaneve e del
Principe Azzurro, l’ignara salvatrice inviata nel nostro mondo con
l’apposito compito di spezzare l’incantesimo. Come si vedrà più
approfonditamente nel capitolo dedicato all’analisi, la prima stagione di
OUAT è incentrata sul cammino di presa di consapevolezza di Emma
e degli altri abitanti della cittadina circa la loro identità e origine, oltre
mostrare le motivazioni e le condizioni che hanno portato Regina a
lanciare questo sortilegio attraverso flashback che rimandano al
Regno della Foresta Incantata, da cui tutti loro provengono.
Secondo le intenzioni dichiarate dagli autori
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, ciò che
OUAT cerca di fare è “raccontare la vita segreta dei personaggi delle
fiabe”, riempire i vuoti narrativi lasciati dalle versioni precedenti di
questi testi, solitamente racconti molto brevi e poco approfonditi dal
punto di vista emotivo, più centrati sulle azioni dei personaggi che
sulle loro motivazioni e sui loro risvolti psicologici. L’obiettivo è quindi
quello di suscitare nuove domande e trovarvi una risposta nella storia,
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Da i “contenuti speciali” del cofanetto dvd della prima stagione
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ad esempio perché Brontolo brontola, o perché c’è qualcuno
intrappolato nello specchio della regina, contribuendo quindi a dare
maggiore spessore e profondità a questi aneddoti e personaggi
conosciuti da tutti. Il fatto che la prima scena dell’episodio pilota sia
proprio uno dei finali di fiaba più famosi e conosciuti, quello di
Biancaneve, risvegliata dal bacio del principe nella sua bara di
cristallo, simboleggia figurativamente proprio questa volontà di andare
oltre alle narrazioni già note ed “esplorare meglio cosa c’è dietro il
‘vissero felici e contenti’”. Questa intenzione di “ricostruire” i fatti, di
raccogliere indizi che permettano di rimettere in discussione le
certezze, sia le nostre sui personaggi delle fiabe che quelle di Emma
sul fatto che essi non vivano in questo mondo, è sottolineata da
moltissimi elementi presenti in OUAT, che verranno approfonditi ed
evidenziati nel capitolo dedicato all’analisi. Sempre per restare
all’interno dell’episodio pilota, le vicende narrate vengono fatte
precedere da brevi scritte introduttive che fin da subito avvertono che
“C’era una foresta incantata piena dei classici personaggi che
conosciamo. O che crediamo di conoscere”, alludendo
immediatamente al processo di risemantizzazione attuato dal telefilm.
OUAT quindi aggiunge alle versioni più note delle fiabe profondità e
dettagli, ma anche legami con la realtà attraverso i continui rimandi
tematici e parallelismi tra i due mondi, rendendo questi antichi miti più
vicini allo spettatore e maggiormente rappresentativi per lui, come
sarà illustrato meglio nel capitolo conclusivo.
Le vicende narrate in OUAT si svolgono tra continui salti
temporali; la rappresentazione della vita del presente nel Maine viene
continuamente interrotta da flashback che portano lo spettatore nell’
“habitat originario” dei personaggi, la Foresta Incantata o gli altri mondi
da cui provengono, molto spesso con lo scopo di dare una
spiegazione a configurazioni di eventi e attitudini attuali. Come spiega
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Grignaffini (2012), spesso nella serialità la narrazione deve fare un
passo indietro per poterne fare uno avanti. Questi flashback non
seguono un ordine cronologico, vengono mostrati nel corso delle
puntate diversi punti del passato dei personaggi, collegati agli aspetti
che di volta in volta si vogliono evidenziare, in armonia con le isotopie
tematiche dell’episodio. Ad esempio, nell’episodio pilota della serie ci
viene mostrato il matrimonio tra Biancaneve e il Principe, mentre nelle
puntate successive vengono approfondite le modalità del loro incontro
e della nascita della loro storia d’amore. Questa “narratività complessa
stimola l’enunciatario ad acquisire una progressiva competenza nel
decodificare storie” (Spaziante in Pozzato e Grignaffini 2008, p. 110),
invita lo spettatore fedele a prestare attenzione agli indizi che,
disseminati nel corso delle puntate, gli consentono di ricostruire,
episodio dopo episodio, le vicende narrate ed avere un “quadro
generale”, rendendolo uno spettatore onnisciente, con molte più
conoscenze sui personaggi di quante ne abbiano loro stessi. Come
rivela però Braga “troppi personaggi e una tagliente sensibilità
drammatica richiedono un impegno d’attenzione e una collaborazione
emotiva cui il nostro spettatore non è ancora pronto” (Braga in
Casarotto 2007, p. 200), trovando forse proprio in questa complessità
narrativa una ragione all’insuccesso di OUAT in Italia.
2.2. GENERE E LINEE NARRATIVE
Nelle definizioni che ne danno molti siti dedicati alle serie
televisive, OUAT viene spesso contrassegnato come “genere fantasy”
o “family drama”. Obiettivo di questo paragrafo è verificare la
correttezza di queste definizioni e cercare di evidenziare i generi e le
strutture narrative che caratterizzano questo telefilm, nonostante la
difficoltà rappresentata da una sempre più pervasiva tendenza alla
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contaminazione nella produzione seriale nordamericana. Gli studiosi
concordano che dagli anni ’80, per la precisione dalla serie “Hill Strett
Blues” ,diventano sempre meno nettamente distinguibili serie e serial,
strutture orizzontali e verticali, mentre si da sempre più importanza al
percorso passionale dei personaggi, probabilmente all’interno di una
strategia finalizzata ad una sempre maggiore fidelizzazione degli
spettatori. È utile specificare che molti degli aspetti che qui verranno
utilizzati per riconoscere caratteristiche di genere e linee narrative
verranno maggiormente approfonditi e resi evidenti dall’analisi nel
paragrafo successivo.
Seguendo i criteri di classificazione per la fiction proposti da
Grignaffini (2012), si cercheranno di definire meglio alcuni aspetti e
caratteristiche di OUAT. Innanzitutto per fiction si intende una forma di
racconto audiovisivo che prevede la ricostruzione “degli spazi, di un
mondo popolato di attori, scandito da eventi e passioni già previste e
preordinate da una sceneggiatura, e quasi sempre, da un montaggio
che permette di andare avanti o indietro nel tempo” (Grignaffini 2012,
p. 54).
All’interno di questo macrogenere si possono ovviamente
distinguere tipologie di testi diversi. A seconda del formato, cioè delle
modalità dello scorrere del tempo diegetico nella storia e della sua
conclusione, si distinguono serie e serial: se entrambe si basano sui
cardini di ogni racconto seriale, cioè variazione e ripetizione,
modulano però in maniera differente l’andamento narrativo. Si
definisce serie una narrazione composta da episodi come segmenti
autosufficienti che raccontano una storia dall’inizio alla fine. Ha quindi
una misura temporale standard, una formula narrativa data da
elementi ricorrenti (personaggi principali) e altri variabili (caso
dell’episodio). La serie si caratterizzerebbe quindi per la predominanza
di linee narrative verticali, cioè che si esauriscono nel singolo episodio,