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INTRODUZIONE
«Prima sognavo di avere la laurea e poi ho lasciato tutto per venire qua in Italia, per realizzare
un sogno, per cercare un lavoro con cui aiutare la famiglia, perché noi come cultura abbiamo
sempre una responsabilità verso l’altro. Per cui ho sempre cercato di dare il meglio di me
stessa, però è dura, per una donna straniera da un mondo arabo ad uno occidentale si complica
molto il cammino».
Intervista ad Amina
Ho sempre amato andare nei quartieri di Torino in cui le persone, gli odori, i colori e i
sapori del mondo si mescolano fra loro. Quando vado in questi luoghi e osservo le
persone, che esprimono con gli occhi storie non dette, mi chiedo ogni volta quale
potrebbe essere la loro storia e per quale motivo sono arrivati a Torino. Durante i tre
anni di università ho potuto studiare molte ricerche sull’immigrazione che hanno
aumentato ancora la mia curiosità.
L’anno scorso ho scelto un tirocinio in ambito interculturale, per poter approfondire la
conoscenza di una popolazione presente sul territorio torinese. Ho svolto il tirocinio
presso la Cooperativa Progetto Tenda, che si occupa di accompagnare le donne
maghrebine in un percorso di autonomia e di conoscenza del territorio cittadino. Così
ho potuto conoscere ed entrare in contatto con alcune donne marocchine residenti a
Torino.
All’inizio ho seguito dei corsi di formazione sul Marocco, sulla condizione della
donna e sulle famiglie marocchine residenti a Torino, che mi hanno fornito le basi per
poter affiancare le lezioni di italiano per donne maghrebine. Durante il tirocinio, che è
durato sei mesi, ho potuto conoscere le donne del corso di italiano in modo più
approfondito e ho capito che dentro ai loro discorsi si nascondevano delle storie di
vita molto interessanti e molto eterogenee fra loro, che avrei voluto conoscere meglio.
Grazie al corso di italiano ho avuto i primi contatti utili per le interviste, che si sono
amplificati tramite la rete di amicizie che lega le donne marocchine residenti a Torino.
Bisogna sottolineare che le donne intervistate fanno tutte parte della prima
generazione di donne arrivata in Italia e la maggior parte di loro ha figli in età
prescolare o che hanno appena iniziato la scuola elementare. Tutte loro hanno
frequentato il corso di italiano per risolvere i problemi che incontravano nel
rapportarsi con le persone e per l’esigenza di diventare autonome e più sicure di se
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stesse. Quindi non sono persone del tutto isolate, ma hanno maggiori o minori contatti
con la società esterna.
Il fatto di essere donna è stato determinante per la mia ricerca, in quanto ho potuto
entrare liberamente nelle loro case e alcune di loro si sono aperte con me affrontando i
vari problemi personali che hanno riscontrato in Italia.
Le interviste si sono svolte prevalentemente nelle loro case, tra l’arredamento e i piatti
tradizionali marocchini, per poter osservare gli ambienti in cui abitano e per capire da
vicino la vita quotidiana nella sfera domestica. Inoltre le donne con i figli piccoli
apprezzavano molto che andassi io da loro, perché oltre a sentirsi maggiormente a
loro agio, potevano lasciare che i figli si muovessero liberamente per la casa senza
doverli seguire in ogni momento.
Ho svolto due tipi di interviste: alle donne che conoscevano meglio l’italiano ho fatto
un’intervista libera, lasciando loro la possibilità di parlarmi del percorso migratorio e
della vita a Torino; alle donne che conoscevano l’italiano meno bene ho fatto delle
interviste guidate, seguendo una traccia che raccoglieva un insieme di domande, per
facilitare loro il racconto. Alcuni argomenti sono stati poi approfonditi durante altre
visite, in cui mi sono soffermata su dei temi in particolare. Tutte le interviste sono
state registrate, per poter cogliere ogni aspetto e ogni dettaglio del discorso. Infine ho
confrontato le storie fra loro e ho individuato dei nodi tematici su cui sviluppare la
ricerca.
Ho intervistato 10 donne marocchine e una di origini tunisine, per capire se alcune
peculiarità della migrazione marocchina si potessero estendere anche ad altri paesi del
Maghreb. Le donne hanno un’età che va dai 24 ai 38 anni e la maggior parte di loro è
sposata. Tutte risiedono con le famiglie in tre quartieri di Torino, dove ormai vive la
gran parte degli immigrati extracomunitari che sono da tempo stabili a Torino e che
hanno famiglia: Barriera di Milano, Borgata Vittoria e Madonna di Campagna.
Dalle testimonianze ho potuto ricavare il loro contesto di provenienza, il profilo di
ogni donna, il percorso migratorio e come interagiscono con la società d’accoglienza.
In alcuni casi i racconti e le testimonianze di vita sono diventati strumento di denuncia
di episodi di discriminazione e intolleranza da parte della società italiana.
Alle interviste ho affiancato un discorso teorico sull’immigrazione a Torino e, in
particolare, sull’immigrazione femminile. Visto che la ricerca rivolge lo sguardo
principalmente sulla vita a Torino delle donne marocchine, la letteratura mi ha aiutato
a completare lo studio del loro percorso migratorio a partire dal Marocco, e a capire
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meglio i legami transnazionali che legano i due paesi su cui ruota la vita di ogni
famiglia.
Lo scopo della ricerca è di analizzare e capire le differenze delle storie di vita delle
donne marocchine che risiedono a Torino, facendo riferimento ai diversi tipi di
percorso migratorio, ai problemi che si devono affrontare nel contesto d’arrivo e ai
legami che sono mantenuti con il Marocco. Visto che le biografie delle donne sono
molto diverse fra loro, ho provato a dare una descrizione di alcuni fenomeni e
situazioni che possono incontrare in quanto donne e in quanto straniere in Italia.
Partendo dalle storie e dalle esperienze delle persone, ho analizzato alcuni fenomeni
tipici delle migrazioni in genere, e in particolare delle migrazioni femminili e di
quelle più specificatamente marocchine, anche grazie a precedenti ricerche
sull’argomento.
Il lavoro si divide in tre differenti capitoli che analizzano le diverse fasi del percorso
migratorio delle donne marocchine, dalla partenza all’insediamento in Italia.
Il primo capitolo introduce una breve descrizione dell’immigrazione a Torino,
focalizzando l’attenzione sull’immigrazione marocchina. Si possono distinguere
differenti strategie migratorie con cui le donne sono arrivate nel capoluogo
piemontese. A partire dalle loro storie di vita ho cercato di analizzare i diversi
percorsi migratori e l’importanza che la famiglia ha sia nel progettare l’emigrazione
nel paese d’origine, che nel sostegno nel paese d’arrivo.
Nel secondo capitolo analizzo le difficoltà del primo insediamento a Torino. I
problemi che le donne marocchine devono affrontare sono riferiti al forte senso di
isolamento per la mancanza della famiglia, alla difficoltà di uscire dalle categorie che
la società italiana impone e ai forti pregiudizi esistenti nei confronti del velo. I
rapporti con gli italiani sono quasi nulli nella maggior parte dei casi, e per affrontare il
senso di esclusione le donne marocchine mettono in atto delle fitte reti di solidarietà e
aiuto tra connazionali.
Le donne giunte in Italia, per contrastare l’esclusione della società ospite, mantengono
forti legami con il paese di provenienza, che resta il punto di riferimento principale; a
questo è dedicata l’ultima parte della ricerca. La vita transnazionale delle donne
marocchine è analizzata sia in relazione ai legami simbolici che si manifestano
nell’arredamento delle case a Torino e nelle abitudini alimentari, sia riguardo alle
pratiche transnazionali come l’organizzazione dei matrimoni durante i rientri estivi.
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Questa ricerca rivolge lo sguardo su Torino e sulla fase finale del percorso migratorio.
Analizza il fenomeno dell’immigrazione delle donne marocchine e cerca di spiegare
le difficoltà che incontrano alla fine del loro cammino. La letteratura già esistente e i
racconti delle donne mi hanno permesso di analizzare anche il contesto d’origine:
come nasce l’idea di emigrare e come si sviluppano le pratiche transnazionali. Grazie
a questo materiale ho potuto rendere la ricerca più completa e capire meglio molti
aspetti della vita delle donne marocchine che ho conosciuto.
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1. STORIE DI VITA DI DONNE MAROCCHINE A TORINO
1.1 Torino: città d’immigrazione
La storia di Torino è caratterizzata dall’immigrazione. La prima grande ondata
migratoria avvenne negli anni Cinquanta, con l’immigrazione meridionale dovuta allo
sviluppo industriale della Fiat. La popolazione aumentò considerevolmente in quegli
anni (dai 694.000 abitanti degli anni Cinquanta a oltre un milione e duecentomila nel
1972). Gli immigrati meridionali si dovevano adeguare a vivere in condizioni molto
disagiate nei quartieri, come Porta Palazzo e Barriera di Milano, che verranno abitati
anni dopo dai nuovi immigrati. L’immigrazione meridionale a Torino ha condizionato
la successiva ondata migratoria internazionale e ci sono molti elementi che le
accomunano (Sacchi, Viazzo, 2003).
Negli anni Settanta ha inizio l’immigrazione internazionale in Italia. Importante, per
l’aumento del numero degli immigrati, è stata la chiusura delle frontiere dei paesi
dell’Europa centrosettentrionale a causa della recessione e dell’impennata della
disoccupazione (Ambrosini, 2005). I fattori di attrazione del nostro paese sono stati la
rapida internazionalizzazione dell’economia e la crescita della piccola industria, che
ha accresciuto il bisogno di forza-lavoro flessibile e a basso costo. Accanto a questo
occorre rilevare la debolezza del welfare state italiano, soprattutto nei servizi
personali e di cura, che verranno affidati quasi totalmente alle donne immigrate
(Salih, 2003).
A differenza dell’emigrazione in Francia, che era regolata da accordi tra il paese
d’origine e quello di arrivo, la maggioranza dei residenti marocchini in Italia è giunta
sprovvista di documenti e ha ottenuto il permesso di soggiorno attraverso successive
regolarizzazioni (Salih, 2008).
A Torino una delle comunità etniche più numerose è quella marocchina: la prima fra
le dieci nazionalità extraeuropee. I dati dell’Ufficio di Statistica del Comune di Torino
indicano che il totale degli immigrati marocchini nel 2010 è di 18.909, di cui 10.749
uomini e 8.160 donne.
Come ha notato Ottavia Schmidt di Friedberg (1994), il percorso storico
dell’emigrazione marocchina può essere diviso in diverse fasi (Capello, 2008). Nel
primo periodo il gruppo di migranti marocchini è ristretto e l’immigrazione è di tipo