Davide Pachera – Neurofisiologia della Performance: Dai Neuroni Specchio all’Anti-relativismo di Peter Brook
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Introduzione:
Secondo Peter Brook i Neuroni Specchio hanno permesso ai neuro-scienziati di
comprendere ciò che il mondo del teatro ha sempre saputo
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. Con questa postilla iniziale
non voglio assolutamente mettere in discussione ciò che Brook ha affermato, anzi, è stato
mio intento in queste pagine tentare di formulare un percorso che mi permettesse di
spiegare innanzi tutto cosa siano i Neuroni Specchio e il loro funzionamento, in secondo
luogo ho voluto capire perché Brook abbia avuto ragione nell’affermare ciò che ho qui
sopra ribadito.
Quello che era il mio intento iniziale per questo elaborato, ovvero definire una piccola
neurofisiologia della performance, mi ha portato in seguito a constatare come non sia
tanto ciò che lega il discorso neuro-scientifico dei Neuroni Specchio alla performance
teatrale quello che dovrebbe interessare “noi” gente di teatro, ma bensì, tutto ciò che dei
Neuroni Specchio non rientra all’interno dell’evento performativo come lo conosciamo.
Credo che in questo caso sia stato più vantaggioso seguire i motivi che mi allontanavano
dal mio presupposto iniziale – il fatto che il Sistema dei Neuroni Specchio fosse in qualche
modo implicito in una qualsiasi forma teatrale – per valutare in conclusione che le
caratteristiche per cui una comunicazione performativa sia legata ad un sistema di
Rispecchiamento neuro-motorio sono riscontrabili in un tipo di teatro che, rispetto alla
porzione illimitata presupposta inizialmente, rappresenta invece una parentesi assai più
ridotta.
Per quanto il tema dei Neuroni Specchio sia riuscito – e riesca tutt’oggi – ad accrescersi
grazie alla sua profonda influenza nell’ambito di diverse discipline sullo studio dell’uomo e
di ciò che più lo riguarda a livello viscerale, tutto ciò che si può dedurre dalla loro scoperta
rimane legato alla estrema semplicità con cui possiamo, ad ogni punto del discorso,
spiegare il loro funzionamento: si tratta infatti di neuroni di carattere visuo-motorio che
rispondono sia quando compiamo una determinata azione, sia quando osserviamo questa
stessa medesima azione compiuta da un’altra persona. Basta questa semplice premessa
per poter aprire innumerevoli porte all’interno dello studio della sola performance
teatrale: di fatto la descrizione di un sistema di rispecchiamento a livello neuronale
riporta in auge alcuni dei principi che sono alla base della comunicazione teatrale quali
l’inter-soggettività, l’imitazione e l’empatia, trascinando in questo modo lo studio della
performance a ripercorrere alcuni passi all’indietro verso una forma originaria e
primigenia dell’evento teatrale.
Analizzando più a fondo questo sistema di rispecchiamento neurologico possiamo
apprendere come esso definisca i movimenti osservati in un’altra persona attraverso un
vocabolario di atti, un patrimonio motorio che può essere o meno identificato, e quindi
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Ho trovato questa citazione per prima nella Premessa di Rizzolatti e Sinigaglia al loro volume:
Rizzolatti G., Sinigaglia C., 2006, So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio. Milano, Raffaello
Cortina Editore.
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compreso, da parte dell’osservatore. Immedesimazione e rispecchiamento avvengono
infatti grazie ad un ponte neurologico che rende possibile una simulazione (incarnata)
all’interno dell’individuo e che fa si che ciò che vede compiere da un altro individuo possa
essere da lui immediatamente compreso e vissuto a sua volta a livello corporeo oltre che
neurologico.
Il nostro patrimonio motorio ci differenzia da altre specie animali ma in alcuni casi
mantiene delle caratteristiche (degli atti motori) comuni con altre specie come ad
esempio i primati. Difficoltà comunicative di questo genere, dovute per l’appunto ad un
differente repertorio motorio, si possono riscontrare tuttavia anche tra noi esseri umani.
Ogni individuo infatti – come appurato non solo nel campo dell’antropologia e della
sociologia – trasforma il suo registro comportamentale e motorio a seconda del contesto
in cui è inserito. Ognuno di noi possiede e utilizza differenti codici motori in base al tipo di
comunicazione che vuole instaurare o in base alla persona con cui vuole comunicare.
Eugenio Barba, attraverso la sua Antropologia della Performance e il concetto di extra-
quotidianità, espone quanto il nostro patrimonio di atti che utilizziamo nella vita
quotidiana si allontani dal repertorio di una performance teatrale. Da un lato quindi, i
Neuroni Specchio impostano la nostra conoscenza e le nostra comprensione dell’altro
attraverso la condivisione di repertorio comportamentale, se questo repertorio non è
condiviso dalle due parti, il processo di simulazione viene meno e quindi ci risulta più
difficile comprendere a pieno il significato dei movimenti altrui. Dall’altro lato anche il
concetto di extra-quotidianità sembra porre degli ostacoli nella comprensione del
linguaggio corporeo distinguendo in maniera rigorosa un repertorio motorio quotidiano
da un altro patrimonio motorio performativo.
La domanda che viene da porre a questo punto è se sia possibile costruire un linguaggio
non basato su un codice comportamentale: in sostanza può un individuo muoversi e
comportarsi eliminando tutto quel surplus culturale che si nasconde dietro ogni suo atto
corporeo?
In questo senso la ricerca compiuta dal regista Peter Brook a partire dagli inizi degli anni
‘70 risulta essere particolarmente esaustiva. In seguito alla sua esperienza nella terra
africana Brook sembra essere riuscito a scovare il percorso ideale sul quale incamminarsi
per raggiungere una comunicazione inter-individuale a livello performativo che si
allontani il più possibile da ogni stereotipo culturale e classificatorio, per avvicinarsi di
conseguenza ad un procedimento di condivisione il più universale possibile.
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L’INDOLE CELATA
Risvolti e Parentesi nell’Intersoggettività umana.
“Interrogarsi sul teatro e sulla performance attoriale
significa interrogarsi su noi stessi e sulla nostra
natura di esseri eminentemente sociali”
V. Gallese
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Le indagini teoriche e in seguito le scoperte a livello scientifico hanno permesso al
Sistema dei Neuroni Specchio di fungere da faro non solo nella neuroscienza ma in molti
campi a proposito dello studio dell’uomo, a partire dalla psicologia, all’antropologia e alla
sociologia. Come ribadisce anche V. Gallese, uno dei fautori della scoperta: «la scoperta
dei Neuroni Specchio non è la scoperta di un nuovo fenomeno clinico ma solo dei possibili
meccanismi neurali che possono fare luce su fenomeni clinici già noti»
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, aggiungerei
inoltre quanto lo studio su questo nuovo sistema neurologico possa permettere di
chiarire molti dei meccanismi alla base dell’inter-soggettività umana e quindi, di riportare
alla luce svariati “come” e “perché” sulla comunicazione sociale. Grazie ai Neuroni
Specchio abbiamo potuto apprendere quali sono i meccanismi alla base della
comprensione dell’individuo inserito in un contesto collettivo e di constatare quanto
questi meccanismi siano legati alla dimensione motoria.
L’osservazione di un oggetto determina non solo l’attivazione delle parti visive del nostro
cervello ma anche le parti relative alla corteccia pre-motoria, ovvero attiva quel pattern di
movimenti che ci sarebbe indispensabile per andare ad interagire con quell’oggetto che
stiamo guardando. Allo stesso modo, l’osservazione di un’azione altrui induce
l’attivazione dello stesso circuito nervoso deputato a controllare l’esecuzione di
quell’azione. Stimola in sostanza nel proprio cervello, una automatica simulazione
dell’azione che si sta osservando.
Il cervello non è esclusivamente solo cervello, sembra paradossale ma nel complesso è
quello che ci mostra e che ci rivela il S.N.S.: ciò che lega la nostra mente al pensiero altrui
è ciò che ci permette anche di muoverci fisicamente verso l’altro. Comprendiamo la
mente, e quindi le emozioni, le sensazioni di un’altra persona grazie a quello che ci mostra
il suo corpo, e lo comprendiamo perché la sua fisicità è - somaticamente - anche la
nostra, intimamente e neuro-biologicamente legata al nostro cervello. La nostra mente
non è confinata nella testa, ma estesa attraverso il corpo vivente e include quel mondo al
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Gallese V., 2008, «Il corpo teatrale: mimetismo, neuroni specchio, simulazione incarnata», Culture
teatrali, n°16, Novembre. Pag. 14.
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Gallese V., Migone P., Eagle M.N., 2006, «La simulazione incarnata: i neuroni specchio. Le basi
neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicoanalisi». Psicoterapia e scienze
umane, XL, n°3, (pp. 543-580). Pag. 548.
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di sotto della membrana biologica dell’organismo, l’interpersonale mondo sociale del sé e
dell’altro.
Poter esperire attraverso un input immediato le intenzioni che restano nascoste dietro il
comportamento motorio altrui ci permette di condividere con loro quello che solitamente
ricerchiamo attraverso un processo mentale ma che in realtà scaturisce dal corpo, nostro
principale strumento di comunicazione.
Il fatto che un’azione eseguita e un’azione osservata posseggano il medesimo codice
neurologico è una fondamentale prerogativa all’interazione umana: riferendomi al
concetto di Compatibilità Ideomotoria espresso da A. Greenwale, più un atto percepito
assomiglia al patrimonio motorio dell’osservatore più tende a indurne l’esecuzione. La
percezione e l’esecuzione di un’azione devono possedere pertanto uno schema
rappresentazionale comune, schema modellato dalla comprensione da parte
dell’osservatore del tipo di atto e dello scopo, dell’intenzione che esso riesce a far
scaturire.
Esiste un patrimonio di atti che possiamo permetterci di definire in tutto e per tutto come
un vocabolario, tenendo conto del ruolo cruciale che questo sistema gioca nella
comunicazione tra individui. Un linguaggio che differisce su base esperienziale da persona
a persona e che identifica ogni individuo in maniera millimetrica a livello motorio ma che
grazie alla sua parte comune, condivisa con le altre persone e con il loro altro tipo di
fisicità, ne permette la identificazione e quindi la comunicazione.
La domanda che alcuni esperti si sono posti ad un certo punto del loro percorso di studi è:
cosa accade quando i movimenti osservati non rientrano immediatamente nel nostro
vocabolario di atti? In altre parole, quando ci troviamo nella situazione di dover interagire
con movimenti che non appartengono al patrimonio della nostra specie o, più
semplicemente, con azioni che anche se agite da individui nostri consimili, non siamo
comunque in grado di compiere e replicare.
Durante un esperimento sono stati presentati ad una serie di volontari dei video privi di
sonoro che mostravano rispettivamente un uomo, una scimmia ed un cane che compiono
in un primo video degli atti di tipo ingestivo, come mordere o masticare. In un secondo
video gli stessi compiono atti di tipo comunicativo, in tal caso in questo secondo video si
poteva osservare l’uomo mentre parlava, la scimmia muovere le labbra e infine il cane
abbaiare. Il risultato dell’esperimento fu un’attivazione neuronale in aree del cervello
sovrapposte: l’area attivata risultava però diminuire con l’osservazione della scimmia e
ancor più con l’immagine del cane.
Oltretutto, la differenza di attivazione delle aree nella corteccia pre-motoria dei soggetti
osservatori analizzati – rispettivamente all’osservazione dei movimenti di individui
appartenenti a diverse specie – è risultata maggiormente accentuata durante la
visualizzazione degli atti comunicativi piuttosto che di quelli ingestivi. La mancata risposta
delle aree del sistema dei Neuroni Specchio - quale si è riscontrata durante l’esperimento
in questione - durante l’osservazione dell’abbaiare del cane, non va comunque iscritta
esclusivamente al tipo di informazione ricevuta dall’osservatore. Sappiamo infatti che
l’attività dei Neuroni Specchio non è vincolata da uno specifico input sensoriale ma bensì
da quello stesso patrimonio motorio che regola l’esecuzione di tutti i nostri movimenti.
Ne risulta per l’appunto che l’abbaiare non è presente nel nostro vocabolario motorio, in