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Prefazione
Nel 2006 una serie di iniziative, mostre, spettacoli e
concerti, hanno celebrato Roberto Rossellini, Mario Soldati e
Luchino Visconti, a cento anni dalla loro nascita.
In particolare la prima Festa internazionale del Cinema di
Roma che ha ricordato i tre maestri al grande pubblico con
proiezioni e dibattiti
1
.
R. Rossellini M.Soldati L.Visconti
Di fronte alla straordinaria coincidenza di questo triplice
centenario, avrei voluto dedicare loro una retrospettiva
comparata, ma una visita estiva presso la casa di Visconti a
Ischia mi ha portato a focalizzare e univocare l‟interesse su
di lui.
Influenzata dalle atmosfere isolane vissute dal regista, e di
fronte alla necessità di circoscrivere un argomento di
ricerca, ho voluto iniziare il lavoro andando a scovare
proprio le sue ispirazioni: partendo dall‟analisi delle
abitazioni in cui ha vissuto e degli oggetti che amava, per
approdare a quella degli ambienti rappresentati e filmati.
Muoversi (fisicamente e virtualmente) tra case, cose e
opere da lui orchestrate, porta ad incontrare i suoi amici, i
suoi collaboratori, i suoi attori prediletti, ma soprattutto a
1
In particolare la mostra Luchino Visconti e il suo tempo, allestita
all‟Auditorium Parco della Musica di Roma e dedicata alla carriera
cinematografica e teatrale del maestro.
7
scontrarsi con l‟ingombrante eredità lasciata nelle produzioni
dalla sua famiglia, insegnante di vita, arte e stile.
Questo lavoro segue volutamente un‟ottica
contestualizzante più spaziale che temporale.
Andare alla ricerca del maestro tra le sua mura significa
assumerne il punto di vista, per poi riconoscere, tra
scenografie e tematiche trattate, i particolari che collegano
pellicole, luoghi e biografia.
Scorrendo la filmografia di Visconti, quasi tutta mutuata dal
romanzo europeo di fine Ottocento e primo Novecento,
sembrerebbe inopportuno un lavoro di questo tipo, che mira
a creare connessioni tra il contesto reale e personale
dell‟autore e quello dei personaggi dei suoi film, che
perlopiù sono appunto personaggi letterari; eppure, Luchino
è stato ovviamente influenzato dal suo stesso background
anche nello scegliere i romanzi da rileggere e nel
progettare i rifacimenti, oltre che nella stesura o
commissione di soggetti originali.
Nel suo celebre articolo “Tradizione e Invenzione” Visconti
denigrava gran parte della soggettistica italiana auspicando
maggiori riferimenti al romanzo dell‟Ottocento e del
Novecento
2
, ma il suo spirito creativo incontenibile non gli
avrebbe permesso di sottomettersi esclusivamente all‟
invenzione letteraria di un altro, non importa se autore
classico o sceneggiatore contemporaneo, né al solo gusto
del pubblico.
Inoltre Visconti non ha mai seguito l‟esempio di
cinematografo di Rossellini, più legato agli aspetti tecnici e
alle tematiche politiche, né tantomeno quello del calligrafico
Mario Soldati, che lo definì spesso come un‟ “industria”, un
modo per guadagnarsi da vivere
3
.
Pur avendo battuto per primo la strada del Cinema
neorealista, Luchino Visconti sceglieva spesso di far rivivere
al pubblico i classici della tradizione europea, arricchendoli
2
Cfr. L. Micciché, Luchino Visconti. Un profilo critico, Marsilio, Venezia
1996, pp. 95-97.
3
Cfr. M. Soldati, Cinematografo, Sellerio Editore, Palermo 2006.
8
di temi nuovi, di modernità, di saggezza secolarizzata nell‟
indagare quella complessità del reale che i neorealisti
rappresentavano così com‟era.
Ed è così che anche negli ambienti, tra gli oggetti, e
attraverso i personaggi messi in scena negli adattamenti di
testi letterari, possiamo ritrovare il passato, il presente e a
volte addirittura il futuro di Luchino Visconti.
9
Premessa
L‟ispirazione gioca un ruolo fondamentale nella vita degli
individui, ma soprattutto degli artisti. Essa crea risonanze
intime, guida nelle ricerche e si accompagna alle
manifestazioni dell‟Arte orientandone l‟evoluzione,
costituendo per molti un processo interamente interiore.
Secondo Freud ciò che spingeva a dar vita ad un‟opera
proveniva direttamente dal subconscio ed è per questo che i
surrealisti cercavano nei propri diari, appositamente
compilati, la vera sorgente dell‟arte.
Locke
4
descriveva invece l‟ispirazione come un‟eco mentale,
un vicendevole richiamarsi di idee; mentre per i romantici
era una specie di “dio interno” al poeta, il genio.
Ralph W. Emerson
5
però parlava anche di modalità
pratiche, come la vita in solitudine o la conversazione,
attraverso cui l‟ispirazione sarebbe stata resa possibile o
facilitata.
Per chi scrive rappresenta soprattutto un punto di
attrazione al quale far riferimento per vivere secondo una
superiore coerenza.
Innanzitutto l‟ispirazione presuppone una particolare
predisposizione, dato che la capacità umana di illudersi è
infinita e le false ispirazioni possono produrre gravi
fallimenti.
Le vere ispirazioni sono infatti quelle che si concretizzano in
una sorta di sublimazione della nostra interiorità, che
partecipa attivamente alla manifestazione ispirata, senza
però costituirne l‟oggetto specifico.
L‟ ispirazione quindi non è irrazionale: le idee riflettono la
natura di chi le partorisce, svelano le inclinazioni più
profonde, ciò che sta a cuore. Le urgenze dell‟arte
coincidono con quelle dell‟anima, ma anche quando
4
Cfr. A. Allegra, Dopo l'anima. Locke e la discussione dell'identità
personale alle origini del pensiero moderno, Edizioni Studium, Roma
2005.
5
Cfr. B. Soressi, Ralph Waldo Emerson. Il pensiero e la solitudine,
Armando, Roma 2004.
10
l‟ispirazione è immediata e irrefrenabile le idee nascono
dalla nostra cultura individuale e dal mondo che abbiamo
intorno, anche quando non le stiamo cercando.
Visconti, incline a farsi folgorare da un dettaglio per crearne
immediatamente un altro, appartiene a quella categoria di
ispirati che non sottovaluta i segnali esterni.
Le sue ispirazioni sono il frutto del dialogo tra valori in
competizione e spesso sfruttano le crepe nell‟ideologia della
classe dominante per farne capolino e denunciare l‟esistenza
di una crisi.
Visconti ha riversato nelle sue opere tutto ciò che ha visto,
quello che ha ascoltato, le emozioni provate, i ricordi e le
fantasie, come succede a qualunque regista, ma la sua
maniacale cura per i dettagli, le ambientazioni, le atmosfere
denuncia un‟ esigenza personale fuori dall‟ordinario, un
bisogno.
Il regista sosteneva però che quella della sua
incontentabilità scenografica fosse solo una leggenda
causata da eccessive edulcorazioni della realtà
6
.
Da principio la cura che mettevo nella messinscena
suscitò molte perplessità, forse anche molte ironie, ma
gli attori più intelligenti capirono cosa significasse
quella mia pretesa di avere sulla scena cose vere,
precise, esatte. Fu così che nacque, sul mio conto, la
leggenda del regista incontentabile, terrore degli
impresari e dei padroni di teatro. Sulla cura che io
mettevo nell'allestimento di uno spettacolo c'è tutta
una divertente ma falsa aneddotica. Quel matto di
Visconti, si diceva, vuole i gioielli veri di Cartier, vuole
i rubinetti che buttano acqua vera, vuole vero profumo
francese dentro i flaconi appoggiati sul tavolo da
toilette, vuole lini di Fiandra sui letti
7
.
Ad ispirare molto le produzioni artistiche di Visconti (per lui
più che per altri) fu anche la passione profonda nutrita per
le sue case, quelle nelle quali si formò incoraggiato
6
Cfr. L. Micciché, op. cit., pp. 117-118.
7
http://www.luchinovisconti.net
11
costantemente all‟arte e al gusto del bello e quelle in cui
trascorse lunghi periodi di creazione, in un continuo
ripescare dalla memoria .
Nelle sue ideazioni traspare infatti il bisogno urgente di
dipingere cinematograficamente le conversations pieces
della sua vita, anche quando racconta storie scritte da altri.
E così, i suoi film prediligono gli interni, le famiglie
numerose, i legami morbosi.
Per quanto provasse spesso a negare le ragioni di chi lo
tacciava di estetismo, la pignoleria del dettaglio resta un
marchio evidente della sua messinscena, pur senza
prevaricare su dialoghi altrettanto curati.
Si parla di maniacalità ricordando lo zelo con cui Visconti
arredava i set e sistemava personalmente i fiori in scena a
teatro, ma entrando oggi nelle sue dimore, ove la ricerca
del particolare e della perfezione estetica che regnavano
allora ancora sopravvivono, le sue ossessioni scenografiche
si ridimensionano.
Entrando nelle stanze abitate dal regista e nei palazzi da lui
scelti come set, le scene della sua vita si sovrappongono a
quelle dei suoi film, e il processo inverso avviene
guardando certe sue opere, sedotte dall‟ambiente
aristocratico e dalla poliedrica educazione culturale vissuti
dal maestro.
Alla tematica della casa si legano imprescindibilmente quelle
della famiglia, dell‟educazione, della formazione culturale e
le relative sottotematiche.
I cinque capitoli sono quindi dedicati principalmente alla
biografia e agli stimoli culturali vissuti da Visconti, ai luoghi
ad essi legati e alle connessioni rintracciabili tra questi, i set
e le tematiche dei suoi film.
L‟appendice è invece frutto di ricerche e ricognizioni
condotte anche sul campo ed espone le principali
informazioni di carattere architettonico e artistico sui luoghi
citati.
12
Luchino visconti e la balia Maria Canova
13
Introduzione
Una grottesca coincidenza
Era il 2 novembre quando Luchino Visconti vide la luce per
la prima volta, nella casa della nonna materna in Via
Marsala, a Milano.
Il conte, come un paradosso, aveva scelto di venire al
mondo mentre tutti festeggiavano i defunti.
Ha raccontato più volte, con ironia, di essersi a lungo sentito
marchiato da questa grottesca coincidenza
8
, perciò poniamo
la questione del suo genetliaco a simbolo del dramma degli
opposti che percorre la sua vita e si insinua nella sua opera,
senza scampo.
La Vita e la Morte formano però solo una delle molteplici
dicotomie che caratterizzano il percorso umano e
intellettuale di Visconti, sempre teso alla ricerca di un
equilibrio tra Amore e Odio, Guerra e Pace, Ricchezza e
Povertà, Ottimismo e Pessimismo, Coinvolgimento e
Distacco, Inizio e Fine. Visconti è l‟uomo delle coincidenze e
dei contrasti, come ha ricordato anche Irene Bignardi in un
articolo
9
scritto in occasione del centenario della nascita:
8
Cfr. G. Rondolino, Luchino Visconti, UTET, Torino 2006, p.1.
9
I. Bignardi, Luchino Visconti. Quando il cinema era leggenda, in “La
Repubblica”, 2 novembre 2006.
14
[…]un aristocratico che diventa comunista. Un uomo
incantato dalle donne che diventa omosessuale. Uno
che rappresenta la cultura più raffinata e sofisticata e
che, almeno a sentire certi testimoni, adora la tv. Uno
che, come ricordano certi suoi attori, poteva essere
terribilmente crudele, capace di umiliare la gente
dall‟alto del suo carisma nobiliare, ma capace anche di
un‟incredibile generosità. Uno che si è sempre sentito,
per certi versi, fuori posto, un artista tra gli
aristocratici, un aristocratico tra gli artisti. A cento
anni dalla sua nascita e a trenta dalla sua morte, il
carisma e la leggenda di Luchino Visconti sono sempre
lì intatti, come una storia troppo spettacolare per
essere vera. Perché non c‟è un altro che possa vantare
una simile biografia. Non c‟è nessun altro che sia nato
in un palazzo di Milano da una famiglia nobile, ricca e,
guarda la fortuna, anche colta, per poi diventare un
protagonista della vita culturale internazionale.
Luchino da piccolo
15
1. Un teatro a Palazzo Visconti
Don Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo,
deve il suo nome ad un abile condottiero del 1300 che fu
signore di Milano e morì avvelenato dalla moglie
10
.
Prospetto di Palazzo Bolagnos nel Settecento, incisione di M. A. Dal Re
11
Oltre al nome, ereditò dalla casata Visconti la fortuna di
crescere in un fastoso Palazzo nel centro di Milano, in Via
della Cerva
12
.
10
Cfr. C. Bertelli, M. T. Donati, T. Tibiletti, Milano dai Visconti agli austriaci,
Touring Editore, Milano 2004.
11
Le incisioni di Dal Re sono una preziosa testimonianza per ricostruire lo
splendore di edifici ora in parte distrutti. Nella sua opera principale, Ville di
Delizia o siano Palagi camperecci nello Stato di Milano, pubblicata in due
tomi tra il 1743 e il 1750, sono riprodotte le principali residenze di
campagna dei nobili milanesi presenti sul territorio lombardo. Cfr. ibidem.
12
A volere la costruzione del Palazzo nel XVII secolo fu Carlo Bolagnos,
appartenente a una famiglia di conti provenienti dalla Spagna, ma ignoto
rimane l‟architetto che lo progettò. Dopo i Bolagnos, il palazzo passò a
16
Nel 1900 il Conte Giuseppe Visconti, padre di Luchino,
aveva sposato Carla Erba e, dopo aver ereditato dal padre
Guido Palazzo Bolagnos e i possedimenti di Grazzano, decise
di trasferirsi con la consorte nella proprietà Milanese che da
allora prese il suo nome
13
. Giuseppe affidò all‟architetto
Alfredo Campanini
14
l‟incarico di risistemare gli ambienti e
fece costruire, tra il primo e il secondo cortile, anche un
piccolo teatro. Donna Carla e il Duca Giuseppe mettevano
insieme fantasia e creatività, conoscenze musicali e teatrali,
intraprendenza e goliardia, per scrivere, dirigere ed
interpretare, nel teatrino di via Cerva, degli spettacoli
privati, ma dotati di un certa professionalità: sul palco la
famiglia Visconti, alcuni amici e gli ospiti che di volta in
volta si lasciavano coinvolgere in rappresentazioni tanto
apprezzate che tra il 1910 e il 1913 vennero in parte aperte
al pubblico.
La passione teatrale dei Visconti si può rintracciare in tutta
la loro storia: gli avi di Luchino, possessori da sempre di un
diversi proprietari finché, tra la fine del XVIII secolo e l‟inizio del XIX, fu
acquistato dai Visconti di Grazzano. Cfr. AAVV, Palazzo Visconti, Chimera
Editore, Milano 2004.
13
Agli altri duchi di Modrone restava l‟altro grande palazzo in via della
Cerva, ora distrutto. Fino ai primi anni del Novecento la famiglia non abitò
il palazzo, ma lo affittò per trarne vantaggi economici. Al primo e al
secondo piano alloggiavano famiglie facoltose, al pianterreno viveva la
piccola e media borghesia. Cfr. ibidem.
14
Alfredo Campanini (1873-1926) fu uno sperimentatore dello stile liberty.
I suoi rapporti con i Visconti di Modrone iniziarono nel 1905, quando
restaurò il Castello di Grazzano Visconti e ricostruì ex novo il borgo
circostante in stile quattrocentesco.
17
palco stabile alla Scala, sono menzionati tra i soci fondatori
del teatro, e Guido, nonno di Luchino, fu promotore di
un‟ iniziativa che riunì tutti i proprietari dei palchi scaligeri in
uno sforzo economico volto a risolvere la grave crisi
pecuniaria dello stabile meneghino
15
.
Fu così che, tra partecipazioni pubbliche e allestimenti
privati, Luchino mosse i primi passi come spettatore e scoprì
le meraviglie del sipario e del melodramma.
“Teatro Casa Giuseppe Visconti”: foto ricordo della rivista “Giocondiamo?”, firmata da
Joseph von Icsti ( anagramma di Giuseppe Visconti)
15
Nel 1898 Guido Visconti divenne presidente della Società anonima per
l‟esercizio del Teatro alla Scala, da lui stesso costituita: questa associazione
aveva anche lo scopo di rendere il Teatro meno esclusivo ed elitario. Cfr. G.
Rondolino, Luchino Visconti, op. cit., p. 4.
18
“Carità mondana”, prima messinscena di L.Visconti, Teatro di Como 1936
Visconti deve quindi principalmente a suo padre e agli
spettacoli del Teatro Casa Giuseppe Visconti, alle magiche
serate vissute al Cinema Centrale, alla Società del Quartetto
e nel segreto del palco di famiglia alla Scala, la possibilità
avuta di esercitarsi nel gioco dell‟immedesimazione e di
appassionarsi al teatro.
Ricordo il teatro gremito, sfolgorante. E il rumore
fragoroso degli applausi, alla fine di ogni atto. I palchi
erano di proprietà. Il nostro era il quarto, in primo
ordine, proprio sopra l‟orchestra. Presto noi ragazzi il
teatro cominciammo a farlo in casa, in una stanza-
guardaroba. Ero regista e attore. Il mio ruolo preferito
era quello di Amleto. Prima attrice era la piccola
Wanda Toscanini
16
.
16
G. Rondolino, Luchino Visconti, op. cit., p. 16.