8
Il nostro lavoro parte quindi da considerazioni generiche
sugli eventi mediali, sulla loro definizione e struttura;
considerazioni utili ad inquadrare e contestualizzare il
trattamento mediale riservato al nostro caso specifico, quello
della morte e dei funerali di Giovanni Paolo II.
Successivamente abbiamo suddiviso per praticità il lavoro in
due blocchi di ricerca: una quantitativa, ricca di dati Auditel
e palinsestuali variamente elaborati; l’altra qualitativa,
basata sull’analisi, di stampo semiotico, dei testi televisivi
andati in onda sui canali Rai e Mediaset in quel periodo di
tempo che va dal 27 marzo al 10 aprile 2005.
Così, esplorato il contesto numerico e quello simbolico
dell’evento, ci auguriamo di aver fornito un quadro
completo sui ruoli e sugli atteggiamenti dell’audience, sia
reali che semplicemente simulacrali, sull’operato degli
organizzatori e dei protagonisti dell’avvenimento, così
come, soprattutto, sulle scelte palinsestuali e linguistiche
operate dai broadcaster nella mediazione (creativa)
dell’evento.
Nel quarto e ultimo capitolo, poi, sono alcuni dei
protagonisti dell’evento mediale a testimoniare le scelte e i
retroscena organizzativi che stavano alla base della
programmazione televisiva del periodo.
I colloqui avuti, infatti, con grandi professionisti del settore
mediatico come Padre Ciro Benedettini, Vice del Portavoce
della Sala Stampa Vaticana, Giancarlo Scheri, direttore del
palinsesto di Rete Quattro e il giornalista, vaticanista di Rai
Uno, Fabio Zavattaro, sono stati trascritti in stile narrativo e
sono, a nostro parere, utili esplorazioni del know how
produttivo.
Abbiamo, dunque, cercato di armonizzare conoscenze
teoriche e conoscenze pratiche, numeri e parole in uno stile
che fosse gradevole e talvolta accattivante, pur senza
9
rinunciare alla specificità di linguaggio e al rigore
scientifico.
Nel tentativo di fare un’analisi esaustiva e accurata di quanti
più aspetti fosse possibile esaminare dell’evento mediale, si
è cercato di fornire una trattazione concreta, ma comunque
ricca di astrattismi e spunti di riflessione su quello che è il
media scape (panorama mediale) italiano, nei suoi pregi e,
talvolta, nei suoi difetti.
Il nostro lavoro, pur accademico, non è certo privo di una
dimensione ironica e perfino provocatoria, atta a stimolare il
lettore a riflettere per farsi un’opinione propria sulla
comunicazione mediale e sulla sua capacità di mettere,
come auspicava proprio Giovanni Paolo II, la dignità delle
persone al centro del proprio operato.
La stesura del nostro testo è pensata per un pubblico di
lettori esperti in Comunicazione, ma è aperta ad utilizzi più
vari: lo stile narrativo rende l’opera più gradevole da
leggere, mentre l’utilizzo del grassetto serve ad introdurre
gli argomenti interni ai paragrafi, per agevolare una lettura
veloce e di immediata comprensione; le sottolineature di
alcune frasi evidenziano, invece, i concetti chiave e sono
particolarmente adatte ad uno studio sui dati da noi forniti.
Il nostro lavoro è, dunque, una riproposizione metodica,
nonché un’applicazione delle teorie di vari egregi studiosi
dei media, arricchita da ipotesi personali.
Consci di quanto l’argomento da noi trattato sia delicato in
quanto coinvolge, seppure ai nostri fini indirettamente, la
Chiesa cattolica, il papa ed il sentimento religioso della
gente, confidiamo nell’intelligenza dei lettori affinché non
vengano fraintese le provocazioni da noi rivolte, non
all’istituzione religiosa, verso la quale ci poniamo
10
dichiaratamente in una prospettiva laica, bensì alla
televisione, accaptivante
1
sirena della postmodernità.
1
Il neologismo qui utilizzato serve a richiamare l’attenzione
sull’etimologia del termine “accattivante” ossia, dal latino, “che rende
prigionieri”.
11
I. Una definizione dell’oggetto di ricerca.
Tutti conosciamo la televisione.
Tutti sappiamo chi era Giovanni Paolo II.
Tutti abbiamo assistito alle lunghe dirette, ai telegiornali,
agli Speciali andati in onda quel 2 aprile 2005, quando il
Santo Padre è morto.
Eppure pochi hanno indagato su quella che gli studiosi
Dayan e Katz definirebbero “L’anatomia dell’evento”
1
.
Scoprire quali sono state le scelte (obbligate o indipendenti)
di autori, registi, produttori e giornalisti, non è importante
solo per gli studiosi della comunicazione, ma per chiunque
si renda conto che ciò che è successo il 2 aprile 2005 resterà
nella storia tramite le immagini trasmesse dai media che
hanno fotografato, ma anche interpretato l’evento.
I media sono davvero il “quarto potere”
2
: sono loro a
decidere cosa è importante che noi sappiamo e come è
opportuno che noi lo ricordiamo ed interpretiamo
3
.
1
Dayan D, Katz E. Le Grandi Cerimonie dei media. La Storia in diretta.
Baskerville. Bologna. 1993. p.118
2
Più precisamente, i poteri istituzionali sono considerati (già dagli
Illuministi) quello legislativo, quello giudiziario e quello esecutivo. La
stampa sarà definita, citando il film di Orson Welles del 1941, il quarto
potere. La televisione è dunque il “quinto potere” nell’omonima
pellicola di Lumet, del 1976
3
Sugli effetti dei media si è parlato tanto e, in proposito sono state
proposte varie teorie, quella a cui mi rifaccio in particolar modo è quella
cosiddetta dell’agenda setting, formulata nel 1972 da Mc Combs e
Shaw. Sul tema è utile consultare l’opera di Rosengren K.E.
Introduzione allo Studio della Comunicazione.Mulino.Bologna.2000
12
Il lavoro che intraprenderemo mira a conoscere i
meccanismi che ci hanno portato a vedere in tv ciò che
abbiamo visto, e non altro.
Solo conoscendo queste dinamiche possiamo divertirci,
volendo, a ipotizzare infiniti modi in cui avremmo potuto
fruire del “miracolo televisivo”
4
.
Ma andiamo con ordine.
Infatti, così come, prima di costruire un palazzo, è bene (e
necessario) partire dalle fondamenta, ugualmente prima di
entrare nel vivo di una ricerca è importante assicurarsi che
tutti abbiano le nozioni di base sull’argomento che si
tratterà.
Abbiamo dunque detto che l’oggetto della nostra ricerca è
l’anatomia dell’evento mediale nel caso specifico della
morte di papa Giovanni Paolo II.
Ma, come è ovvio, per poter dare delle risposte, occorre
porsi prima delle domande.
Che cos’è dunque un evento mediale? Chi è coinvolto nella
sua realizzazione? Perché è importante studiarlo?
In questo capitolo cercheremo delle risposte alle tre w: what,
who, why. (Cosa, chi, perché) ed infine, una volta delineato
e contestualizzato il nostro oggetto di ricerca, introdurremo
il modo in cui tratteremo l’analisi nei capitoli successivi,
fornendo, infatti, le coordinate spazio-temporali del caso
specifico di cui ci occuperemo nel nostro studio,
rispondendo quindi alle domande when e where, ossia
“Quando e dove” avviene il “nostro” evento mediale
5
.
4
Dayan D, Katz E.Op.cit, p.8
5
Il nostro giocoso utilizzo di un’allitterazione per la suddivisione delle
domande utili alla ricerca è liberamente ispirato al lavoro di Lasswell
(1948).
13
1. What: Cos’è un evento mediale?
Gli eventi mediali rientrano, secondo Menduni, in un
particolare genere televisivo e sono definiti come “Grandi
eventi cerimoniali, spettacolari, sportivi o sociali e politici
che la televisione periodicamente trasmette in diretta. La
certificazione del carattere eccezionale, irrinunciabile degli
eventi è data dall’ampiezza del loro pubblico e dal valore
storico o patriottico.
E’ legata a valori forti, condivisi, adatti ad una
partecipazione corale”
6
.
Tale definizione è sicuramente importante perché inquadra
in maniera sintetica l’oggetto della nostra ricerca, ma
giacché lo studioso si rifà esplicitamente all’opera “Le
Grandi Cerimonie dei Media” di Daniel Dayan ed Elihu
Katz, è opportuno approfondire il nostro discorso
utilizzando una schematizzazione ricavata dalla lettura del
libro sopra citato.
Per questi due autori un evento mediale è caratterizzato da:
1) La rottura della routine (e del suo flusso)
2) La richiesta di un’attenzione focalizzata
3) La diretta
4) L’organizzazione da parte di istituzioni pubbliche
5) La sospensione (o riduzione) della pubblicità
6) La fruizione collettiva
7) La pianificazione
8) L’incoraggiamento dell’attesa
9) L’atteggiamento cerimoniale
10) La percezione dell’evento come storico
7
6
Menduni E. I linguaggi della radio e della televisione. Teorie e
tecniche. Laterza. Roma. 2002. pp.161-162
7
Un evento è percepito come storico in quanto sottolinea un
cambiamento, il passaggio di un’era, anche se Dayan e Katz precisano
che, per loro, la storia non è mai un evento, ma un processo. Op.cit, p.I
14
11) La celebrazione della personalità e della
riconciliazione
12) Il dovere di assistere
13) La maggiore rilevanza delle immagini sulle parole
Tutti questi elementi sono necessari ed imprescindibili per
una definizione di evento mediale
8
.
Spieghiamo brevemente questi 13 punti sopraccitati usando
ad esempio proprio il nostro casus studi, il funerale del papa
Giovanni Paolo II.
In questo modo inizieremo a familiarizzarci con
l’argomento e ci assicureremo, come poi avremo modo nel
corso della nostra ricerca di approfondire meglio, che le
esequie del pontefice siano state trattate dai media nel
rispetto della definizione di Dayan e Katz, ossia proprio
come un evento mediale.
Tanto per cominciare la televisione durante le onoranze
funebri ha interrotto la normale programmazione prevista
dal palinsesto (1), focalizzando la sua attenzione sulle
notizie che arrivavano dalla Santa Sede (2) e questo ha
richiesto lunghe dirette (3).
Le cerimonie funebri sono state organizzate da istituzioni
pubbliche (4), pianificate (7), attese (8), commentate in
televisione con toni cerimoniali e solenni (9) e con scarse o
nulle interruzioni pubblicitarie (5).
L’evento è stato definito e percepito come storico (10) ed è
stata lungamente celebrata la figura del Papa e messo in
evidenza come, tramite lui, la Chiesa si è avvicinata ai
giovani, alle differenti religioni, riconciliando i vari
segmenti della popolazione (11).
8
Cfr. Dayan D, Katz E. Op.cit. pp.3-16
15
La fruizione dell’avvenimento è indubbiamente stata
collettiva (6) e l’ampio pubblico ha sentito il dovere
9
(morale e sociale) di assistere alle dirette (12) e di guardare
quelle immagini commentate, ma già di per sé eloquenti
(13)
Detto questo, al lettore attento non sarà sfuggito un
particolare importante sul quale è opportuno chiarirci subito.
Abbiamo dimostrato che il funerale del papa è stato trattato
dai media come un evento mediale, ma la sua morte
sembrerebbe invece sfuggire alla nostra definizione per via
di un unico, ma importante particolare: non si può certo dire,
infatti, che la scomparsa del Santo Padre sia stata pianificata
o organizzata, tuttavia, e qui sta l’abilità dei media, in un
certo senso l’attesa c’è stata e la televisione era pronta da
giorni all’annuncio.
Per capire come risolvere questo apparente paradosso basta
fare delle considerazioni banali sul fatto che la televisione è
stata molto attenta ad interpretare i segnali, ossia le
condizioni di salute del papa sempre più gravi; in questo
modo non si è lasciata cogliere di sorpresa dalla sua morte e,
creandone l’attesa, ha poi reso l’avvenimento ancora più
commovente e quasi tangibilmente storico.
Per questa ragione considererò anche la morte del papa
come pianificata e televisivamente organizzata.
Vedremo poi nel dettaglio come i media si sono preparati
all’evento, pur non sapendo né l’ora né il giorno preciso in
cui questo avrebbe avuto luogo.
In un certo senso la televisione ha previsto l’imprevedibile
vegliando attenta, quasi come un avvoltoio, su Giovanni
9
La percezione del dovere di assistere ad un dato programma e la
necessità di definirlo coerentemente con le interpretazioni date dalla
televisione richiamano alla teoria della Spirale del Silenzio elaborata da
Noelle e Neumann nel 1970. Su questo argomento si veda Rosengren
K.E. Op.cit
16
Paolo II agonizzante; se non l’avesse fatto o se il Santo
Padre fosse morto per via di un ictus improvviso, certo non
avremmo assistito ad un evento mediale, bensì ad un evento
semplicemente giornalistico.
E’ proprio la pianificazione a farci distinguere eventi
giornalistici da eventi mediali.: il funerale di Kennedy è un
grande evento cerimoniale, ma non il suo assassinio che è
invece un evento giornalistico cruciale
10
; Taggi lo
definirebbe “evento involontario”
11
.
1.1 Le tipologie dell’evento mediale
Fin qui abbiamo dato una definizione di evento mediale,
sufficiente a costituire le fondamenta del nostro discorso,
ma ancora mancano all’appello dei pilastri importanti.
Abbiamo infatti stabilito che il nostro casus studi è a tutti gli
effetti un evento mediale, ma ci sembra utile arricchire
questa classificazione specificando di che tipo di
avvenimento si tratta.
Vediamo dunque quali sono le tipologie esistenti degli
eventi mediali.
Per quanto io sia personalmente convinta che a volte
sarebbe bene non eccedere con le classificazioni giacché
queste hanno il difetto di segmentare delle realtà che si
presentano come continue, creando quindi delle tipologie
che, non solo sono più convenzionali che effettive, ma
tendono sempre, quando applicate, a sovrapporsi, tuttavia
cercherò di non trascurare neanche questo aspetto,
illustrando così le suddivisioni operate dagli esperti dei
generi televisivi.
10
Cfr. Dayan D, Katz E Op.cit. P 12
11
Taggi P. Il Manuale della Televisione. Le idee le tecniche i
programmi. Editori Riuniti. Roma. 2003. p. 365
17
D’altro canto le operazioni di frammentazione della realtà
stanno alla base del linguaggio stesso: senza di esse non
potremmo comunicare e il linguaggio è da sempre il nostro
handicap più necessario.
Tralasciamo le questioni filosofiche e andiamo dunque a
vedere quel che Paolo Taggi ci dice sugli eventi mediali.
Egli distingue fra:
- eventi prodotti dal mondo e resi tali dalla presenza
della tv
(Es. la visita del presidente Sadat a Gerusalemme nel
1977)
- eventi pensati e creati espressamente per la tv
(Es. L’assegnazione dei Telegatti)
- eventizzazioni dei programmi televisivi
(Es. prima edizione del Grande Fratello)
12
La seguente classificazione probabilmente non necessita di
ulteriori spiegazioni, ma è invece importante mettere in
rilievo il fatto che solo gli eventi definiti “prodotti dal
mondo” (ed è con tutta evidenza questo il caso della morte e
del funerale del papa) hanno i requisiti per rientrare nella
definizione di media event da noi precedentemente fornita,
come sottolinea Taggi stesso:
“Tra gli eventi prodotti dal mondo rientrano tutti quegli
eventi che nascono indipendentemente dalla televisione e si
diffondono assumendo un’altra dimensione attraverso i
media. Diamo per scontata l’obiezione che molti di essi
nascono già pensando alla televisione. Discriminante
diventa, nella nostra catalogazione, che non siano stati
pensati all’interno della tv stessa”
13
.
12
Ivi, pp. 366-370
13
Ibidem
18
Certo, anche gli eventi creati dalla tv sono eventi mediali in
quanto sono eventi, cioè “avvenimenti momentanei, con una
data precisa nel tempo, che si mettono in rilievo […] perché
si staccano dall’orizzonte apparentemente uniforme della
quotidianità”
14
e in quanto mediali, cioè trasmessi dai
media
15
; tuttavia sono eventi minori che non vengono
percepiti come storici, non richiedono un’attenzione
focalizzata e si discostano perciò da ciò che Dayan e Katz
classificano come evento mediale.
Un’ulteriore distinzione degli avvenimenti ce la forniscono
ancora questi due autori.
Essi propongono tre diverse forme narrative:
1) Competizioni
2) Conquiste
3) Incoronazioni
Trattandosi di tassonomie convenzionali è evidente che
alcuni eventi non aderiscono perfettamente ad una forma
narrativa stabilita, bensì contengano echi di altre tipologie.
Ad ogni modo, il caso di nostro interesse, ossia il funerale
del papa, si può pienamente inscrivere nella forma narrativa
delle Incoronazioni.
Scopriremo meglio il perché dopo aver riproposto lo schema
tracciato nel testo “Le Grandi Cerimonie dei Media”
16
e
cercheremo quindi anche di inquadrare meglio, all’interno di
questa classificazione, anche la trepidazione mediale per la
morte del papa.
14
Ivi, p.365
15
Per una definizione di media si può consultare Menduni E. Op.cit. p
11.
16
Dayan D, Katz E. Op.cit. Pp. 59-60