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Gli utenti sono incentivati da altri soggetti in modo sempre più rilevante alla creazione di contenuti
se quest’ultimi detengono una reputazione online che infonde fiducia e che va a rinforzare la trust
worthiness verso gli atri membri della piattaforma. Ogni piattaforma che ha come mission la crea
zione di una community o fanbase ha diversi indicatori di reputazione, con lo scopo di infondere nel
creatore di contenuti una grafitazione psicologia attraverso badge o punteggi relativi a varie classi
fiche.
Se la piattaforma non ha alcun tipo di indicatore esistono comunque altri strumenti adottati che at
testano il gradimento della community ed il loro coinvolgimento, come l’uso di LIKE o EMOJI che
permettono di esprimere emozioni, seppur in un range di scelta limitato, dettato dalla volontà dei
progettisti dopo un’attenta ricerca di mettere a disposizione dell’utente solo le emozioni usate più
frequentemente (6 opzioni) su un contenuto postato. Tutti queste metriche di valutazione e di gra
tificazione per l’utente rappresentano dei solleciti alla creazione di nuovi contenuti UGC e vengono
raggruppati tutti sotto il nome di incentivi sociali.
1.3 Il loro utilizzo nel Web 2.0
Nel 1991, l’informatico e fisico inglese di nome Tim Bernes Lee, capo ricercatore del Cern sviluppa
il primo programma in grado di leggere il linguaggio HTML che rappresenta la pietra miliare per la
nascita del Word Wide Web (HTTPS://HTTPS://WWW), rivoluzione che prenderà il nome di Web
1.0.
Il Web 1.0 denominato in gergo anche Web statico era una complessa struttura che univa tra loro
documenti elettronici, grazie agli ipertesti, ovvero la combinazione di testi e immagini. All’interno
di essa venivano sviluppati portali, siti e piattaforme di navigazione e tutti i documenti pubblicati sul
web basati sul linguaggio html che gli utenti non esperti di informatica difficilmente coglievano.
La struttura informatica del web 1.0 era caratterizzata da un flusso di comunicazione di tipo uni
direzionale tra un utente ed il content creator , l’utente poteva visualizzare i contenuti creati e messi
a disposizione sul web, ma non poteva in nessun modo interagire modificandoli o commentandoli
Nel web statico la comunicazione tra l’azienda e i clienti avveniva utilizzando classici mezzi di
interazione rappresentati da contatti telefonici diretti , email, fax, pubblicità diretta al target di ri
ferimento, senza avere l’opportunità di ricevere un feed back ai contenuti condivisi, in tempo reale,
da parte degli utenti.
Il vero cambiamento avvenne nel 2004 quando l’editore americano Tom O’ Reilly durante la web
conference di San Francisco, coniò il termine WEB 2.0 o web dinamico, seconda fase di sviluppo del
World Wide Web.
Il Web 2.0 è la rete intesa come una piattaforma dove non è necessario scaricare applicativi sul com
puter, in quanto sono già disponibili in rete. Le applicazioni Web 2.0 sono definite da Tim O’Riley
come “quelle che permettono di ottenere la maggior parte dei vantaggi intrinseci della piattaforma,
fornendo il software come un servizio in continuo aggiornamento e che migliora con l’utilizzo da
parte degli utenti”
O’ Riley prosegue dicendo anche “Essi forniscono i propri contenuti ricavati da molteplici diverse
fonti, in un modo da permetterne il riutilizzo da parte di altri utenti, creando una serie di effetti at
traverso un “architettura della partecipazione” che va oltre la metafora delle pagine del Web 1.0 per
produrre così user experience più significative”.
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Il web 2.0 è un web inteso come piattaforma, che si trasforma così da spazio di download e sola let
tura, read only, ad uno spazio di lettura /scrittura, read write, i cui fondamenti sono interazione, con
divisione e partecipazione.
Il web diventa una piattaforma interattiva che ha ancora come struttura portante l’ipertesto. ma che
ha anche come concetto base, la relazione tra i contenuti.
Gli ugc sono stati l’elemento distintivo del passaggio da web 1.0 a web 2.0 che trasformando il web
da mezzo statico a mezzo dinamico, rendendolo attraverso i social media, strumento di conversazio
ne per gli utenti.
La conversione da web 1.0 a web 2.0 avviene quando le applicazioni web possono interagire attiva
mente con gli utenti che possono modificare le informazioni disponibili sul sito internet; nel web 2.0
l’utente diventa attore, un prosumer, ovvero contemporaneamente produttore e consumatore di con
tenuti e servizi.
La principale caratteristica che segna la netta separazione tra web 1.0 da web 2.0 è la possibilità di
avere un flusso di comunicazione bilaterale tra gli utenti ed il sito web, si passa così dalla comuni
cazione alla conversazione. Questa struttura aperta permette un elevato livello di interazione comu
nicativa, in grado di convertire l’utente da attore passivo ad attore attivo della piattaforma.
Nel web 2.0 si passa dalla comunicazione alle conversazioni, non ci sono più ruoli imposti e rigida
mente predefiniti, in esso i ruoli di mittente e ricevente sono ruoli liquidi ovvero interscambiabili.
Ma come è possibile comprendere se un prodotto possa essere collocato nella famiglia 2.0 o piutto
sto 1.0?
O’Reilly fornisce una gerarchia a 4 livelli ben distinti del web 2.0:
Livello 0: è possibile trovare tutti quei servizi che operano sia offline sia online, senza trarre alcun
vantaggio dalla loro presenza sul web, tutto questo funziona perché i servizi dispongono dei dati
necessari in loco senza aver bisogno di internet. Alcuni servizi conosciuti sono: Google Maps e Ma
pquest.
Livello 1: comprende tutte le applicazioni che forniscono strumenti e funzionalità, ma una volta che
si passa dall’utilizzo on line all’utilizzo offline, offrono comunque i loro servizi anche se in maniera
limitata; ne sono un esempio Applemusic o Spotify che in modalità offline offrono solo la possibilità
di ascoltare brani/podcast/album solo di cui, in precedenza, si è fatto il download.
Livello 2: tutte quelle applicazioni che possono esistere off line, ma che sono maggiormente perfor
manti quando hanno una presenza sul web come Flickr, Google foto, Pinterest etc.
Livello 3: nell’ultimo livello rientrano l’applicazione che vivono soltanto sul web e la loro gestione
avviene prettamente online, offrono il loro massimo potenziale esclusivamente grazie all’utilizzo
della rete e di internet come EBay, Wikipedia, WhatsApp e Teams etc.
La condivisione e attiva partecipazione degli utenti nel web 2.0 lo hanno portato ad essere la mag
giore fonte di UGC esistente.
Nel web 2.0 la misurazione delle interazioni e delle conversazioni ha riscontrato sempre più succes
so tra le aziende che hanno scelto di operare nell’ambito digitale. Il controllo e la misurazione di tutto
quello che succede online hanno portato all’utilizzo di metriche e software di varia natura, in ottica
di analisi delle performance delle aziende.
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La misurazione delle performance dei profili aziendali sui social network viene definita dagli studiosi
Social Analytics.
I social media presi in considerazione sono tre:
1. Facebook
2. Instagram
3. Twitter
4. TikTok
1. L’utilizzo di questo mezzo di comunicazione comporta una attenta attività di analisi continuativa
di tutto ciò che accade su questa piattaforma. Agli amministratori delle pagine è messo a disposizio
ne un pannello di controllo ed analisi chiamato Facebook Insights.
Questo strumento di analisi permette uno studio attento di tutte le dinamiche che hanno come pro
tagonisti gli utenti, come ogni metrica deve essere contestualizzata in un periodo temporale per es
sere utilizzata per fare confronti con un benchmark di riferimento ed i propri competitor operanti
nello stesso settore, il lasso temporale che Facebook insights permette è di massimo 92 giorni.
Questo strumento permette l’accesso a tutta una serie di dati utili come la portata, la diffusione, gli
utenti coinvolti, le persone che ne parlano etc. Insight mette a disposizione numerose informazioni,
le metriche di valutazione più utilizzate, a seconda della propria strategia e degli obiettivi prefissati,
possono essere:
I. Liker o Fan: metrica utilizzata per indicare i potenziali segmenti di lettori interessati ai conte
nuti pubblicati dalla pagina, permette di individuare e stimare la quantità di persone interes
sate ai contenuti proposti e la possibilità che questi contenuti possano essere ricondivisi in
modo da ampliare il proprio bacino di utenza e così facendo permette una condivisione più
allargata dei contenuti ed una migliore visibilità alla pagina.
II. Total Engagement: rappresenta l’insieme di tutte le interazioni che le attività sulla pagina so
no riuscite a produrre come like, commenti condivisioni ed earned media che gli utenti hanno
creato. Questa metrica permette agli amministratori di capire quali contenuti sono maggior
mente apprezzi e quali meno.
III. Page Engagement: è il risultato del rapporto tra Total Engagement e Fan che rappresenta il
numero in media di interazioni prodotte da un fan ed il suo grado di coinvolgimento.
IV. Total Reach o portata: rappresenta il numero delle persone che hanno effettivamente guarda
to i contenuti prodotti dalla pagina. Gli insights permettono agli amministratori di poter vede
re quali contenuti sono stati letti maggiormente se quelli organici, quelli virali o quelli a pa
gamento.
2. Il secondo media, Twitter, mette a disposizione a tutti gli utenti la sua dashboard, con la quale si
può avere una visione approfondita della attività correlata al proprio account. Twitter dashboard con
sente l’accesso a grafici collegati alle mention, alle visite al profilo, ai commenti, segnala il numero
di volte in cui si è twittato, l’andamento dei follower, l’analisi di ogni singolo tweet ed il numero di
volte in cui è stato visualizzato e le relative azioni di engagement correlate.
I. Follower: indica il numero di utenti che seguono un determinato account.
II. Mention: rappresentano ogni mention citata, una risposta ad un tweet, una citazione sponta
nea o un retweet