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INTRODUZIONE
Il lavoro di tesi costituisce la parte finale di un progetto partito quattro anni
fa da una personale curiosità per le applicazioni informatiche in archeologia e in
particolare per le ricostruzioni tridimensionali, ed ampliatosi grazie all'esperienza
didattica proposta dal Prof. Gottarelli che richiedeva, nell'ambito
dell'insegnamento di Metodi informatici della ricerca archeologica, di svolgere un
lavoro pratico di modellizzazione 3D.
Dopo diverse e molteplici ricerche eseguite a titolo personale ho avuto la
possibilità, durante gli scavi del Castello di Rontana, diretti dal Prof. Augenti e dal
Dott. Cirelli, di sperimentare sul campo queste conoscenze con un lavoro che
avrebbe affiancato le regolari attività di scavo.
Nel corso delle prime sperimentazioni si faceva sempre piø insistente una
domanda: perchØ fare modelli 3D?
Rispondere a tale quesito ha comportato il necessario approfondimento di
temi fondamentali, seppure la realtà attuale li vede stranamente trascurati: la
comunicazione e la percezione visiva.
I modelli tridimensionali e la Realtà Virtuale, infatti, affascinano così tanto
perchØ danno la possibilità di visionare immediatamente una gran mole di dati:
infatti gli studi sulla percezione suggeriscono che un modello tridimensionale
riesce a simulare il modo in cui l'uomo apprende. Così, osservare su un monitor
una ricostruzione, anche solo un filmato prodotto in precedenza (in attesa che gli
strumenti per la visione in tempo reale risultino alla portata di tutti), riesce in
qualche modo ad attivare la percezione senso-motoria
1
, fondamentale per sentire e
capire un luogo fisico.
Le ricerche hanno riguardato anche l’aspetto economico al fine di chiarire
quali sono le tendenze del mercato: esse vedono un crescente interesse verso il
cosiddetto turismo culturale, un trend in controtendenza rispetto ad altri settori,
che si interseca sempre piø spesso con le nuove tecnologie. Il turista che visita i
musei o gli scavi archeologici, ormai, prima di partire, raccoglie informazioni sui
social network: è dunque molto sensibile all'uso delle nuove tecnologie, siano esse
ricostruzioni, realtà aumentata o informazioni che riceve in loco sul telefono
cellulare; infine, tornato a casa, recensirà a sua volta l'esperienza vissuta.
1
Sulla percezione senso-motoria vedi infra p. 32.
10
Si tratta di un tipo di turismo che spesso esce dai grandi circuiti, spesso si
rivolge a piccole situazioni di provincia e si incrocia con il turismo
enogastronomico, anch'esso fortemente in espansione.
Da ricerche di mercato effettuate dal Ministero dei Beni Culturali emerge
una tendenza ben chiara: il settore turistico sta programmando investimenti per i
prossimi anni proprio nel turismo culturale e nell'uso delle nuove tecnologie.
La parte finale di questo lavoro si concentra sulla descrizione lavoro
eseguito sullo scavo del castello di Rontana: dalla metodologia usata, alle
modifiche da essa subite nel corso delle varie campagne di scavo fino ai diversi
usi che, di volta in volta, sono stati fatti dei modelli tridimensionali realizzati.
L'obiettivo fondamentale di questo studio è stato dunque la messa a punto
di una metodologia specifica da utilizzare in campo archeologico.
In particolare, rispetto agli usi che si fanno attualmente del 3D in altri
settori (cinema, videogiochi e grafica), nel settore dell'Archeologia ci si scontra,
purtroppo, con alcune importanti difficoltà.
La prima riguarda il fattore economico. I software commerciali, infatti,
hanno costi molto elevati, ed utilizzarli nella loro versione non originale, vista la
mancanza di fondi, non avrebbe reso un prodotto vendibile sul mercato, per ovvie
ragioni legali.
¨ stato necessario, dunque, elaborare una metodologia a basso costo
affidandosi, dove possibile, a software open-source, freeware o dai costi
accessibili.
Altro ostacolo incontrato, riguarda un aspetto prettamente tecnico: cioè
una formazione universitaria di conservatore dei beni culturali che non fornisce
conoscenze tali da rendermi un "tecnico" del settore. Certamente è legittima
l'applicazione dell'Informatica anche nel settore archeologico, così come ormai
avviene in molti altri settori del nostro vivere quotidiano, ma bisogna tenere bene
in considerazione il rischio di una totale sottomissione dell'Archeologia
all'Informatica stessa.
Si è mirato, dunque, ad una metodologia utilizzabile da un archeologo e
ripetibile in qualunque contesto, che possa essere impiegata senza dover
necessariamente seguire corsi specifici del settore informatico.
Essa ha trovato applicazione in quelle che devono essere le tre fasi
fondamentali di un progetto di scavo archeologico: la ricerca, la programmazione
e la divulgazione.
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1. ARCHEOLOGIA VIRTUALE
1.1. USO DELLE TECNOLOGIE INFORMATICHE IN
ARCHEOLOGIA
Le tecnologie informatiche per la gestione dei dati e la loro visualizzazione
hanno trovato la loro prima applicazione in ambito scientifico, ma nel corso
dell'ultimo quindicennio hanno acquistato uno spazio sempre crescente anche in
quello dei beni culturali.
In campo grafico, i progressi tecnologici dei primi anni '80 si limitavano,
infatti, ad ambiti funzionali nei quali il settore industriale aveva maggiori capacità
di investimento, porzione di mercato quindi, ad esempio, della progettazione
CAD
2
-CAM
3
dell'industria meccanica o della sensoristica dei sistemi di visione
nell'ambito dei processi di automazione. Da questi ultimi presero le mosse le
prime applicazioni in campo archeologico, le cui esperienze pilota furono legate
alla modellazione tridimensionale wireframe di grandi beni monumentali e al
trattamento dell'immagine elettronica da telecamera (GOTTARELLI A. 2009), fino
ad essere impiegate nella ricerca.
Ogni In particolare si possono individuare due aspetti fondamentali che
riguardano l’impiego della tecnologia in ambito archeologico.
Il primo, prettamente tecnico-scientifico, relativo: al progressivo
diffondersi di esperienze legate alla costituzione di sistemi di archiviazione di
immagini; nell'ambito della modellazione grafica, all'introduzione della nuova
possibilità di integrare nei tradizionali CAD di origine industriale la componente
raster
4
, quale elemento qualitativo di rappresentazione delle superfici; in campo
2
Il CAD (Computer-Aided Design) indica un tipo di progettazione assistita dal computer e fa parte
di un settore dell'informatica che usa la computer grafica per disegnare oggetti sia reali che virtuali
in 3 dimensioni. Il CAD appartiene alla famiglia del CAE (Computer Aided Engineering),
disciplina che si occupa dei calcoli e delle analisi dei modelli 3D, mentre il CAD, nello specifico,
si occupa della sola parte geometrica. Da Encyclopedia of Information Science and Technology,
New York 2009.
3
Il CAM (Computer Aided Manufacturing) è un tipo di fabbricazione assistita dal computer ed
indica una famiglia di software che utilizzano il progetto vettoriale per produrre il manufatto
corrispondente, istruendo le specifiche macchine utensili. Da Encyclopedia of Information Science
and Technology, New York 2009.
4
La grafica raster (o bitmap) è una delle tecniche di computer grafica per la rappresentazione di
un’immagine ed indica letteralmente quelle linee ortogonali dello schermo di un televisore o di un
monitor disposte a formare una scacchiera di cui ciascun elemento è il pixel, ad ognuno dei quali è
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economico, all'uscita sul mercato di modellatori piø orientati alla rappresentazione
architettonica e ambientale di tipo analitico-quantitativo, con tecnologie derivate
dall'industria dei video games e da quella cinematografica. (GOTTARELLI A. 2009).
Il secondo aspetto è legato invece al progressivo cambiamento della
società moderna rispetto alla tecnologia e alla conseguente politica delle
Istituzioni culturali sulle modalità di gestione e fruizione dei beni culturali; in
Archeologia, in particolare, ciò comporta la registrazione e lo studio dei diversi
livelli di scavo, la modellazione e la visualizzazione del dato archeologico volte
ad incrementarne la pubblicizzazione e la diffusione, anche attraverso il ricorso a
soluzioni ad elevato coinvolgimento ed impatto visivo, come la Realtà Virtuale o
l'uso di scenografie virtuali per la realizzazione di documentari (FORTE M. 1996;
BARCELÒ J. A. 2000).
Le applicazioni tecnologiche, considerate dapprima con un certo grado di
diffidenza, quasi come un elemento estraneo e colonizzatore, hanno
progressivamente dimostrato la loro utilità come strumento polifunzionale, capace
di far ripensare in un modo nuovo la ricerca stessa, per quanto riguarda sia
l'archiviazione, sia la comunicazione, senza per questo snaturarne il campo di
attuazione.
Gli strumenti informatici hanno offerto inizialmente le opportunità degli
ipertesti multimediali che consentono di presentare fonti di varia natura in maniera
organica e interrelata, mentre oggi sono ormai realizzabili produzioni piø
elaborate (rispetto anche ai CD-ROM) per postazioni fisse o, per sistemi mobili,
come palmari e cellulari.
Le sperimentazioni continuano a fare progressi e, ormai, anche i beni
culturali non possono piø fare a meno di queste preziose risorse. Naturalmente ci
possono essere problemi e rischi, come quello di lasciare che lo strumento, un
congegno dall'apparenza accattivante, finisca con l'essere sopravvalutato rispetto
ai contenuti e alla loro scientificità.
Resta innegabile però il fatto che, se ben utilizzate, le nuove tecnologie
possano risultare molto utili, anche per affrontare e superare le tendenze alla
specializzazione, le rigidità e i limiti della comunicazione culturale (LIGUORI
2008).
associato un colore. Il modo piø utilizzato dalle schede grafiche per definire i colori è il sistema
RGB (Red, Green and Blue). Da McGraw-Hill, Concise Encyclopedia of Science and Technology,
USA 2005.
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1.2. COS'¨ LA REALTÀ VIRTUALE?
Il termine virtuale, sempre piø consueto, è diventato un motivo di
confronto e riflessione per molti studiosi. Se nel linguaggio comune il significato
viene esteso fino ad comprendere qualsiasi surrogato della realtà in formato
digitale, da un punto di vista tecnico con Realtà Virtuale
5
ci si riferisce ad "un
particolare tipo di simulazione interattiva, nella quale lo spettatore, in interazione
con un computer, può esplorare ed interagire con una rappresentazione
tridimensionale di oggetti ed ambienti, provando la sensazione di essere
nell'ambiente stesso che, pur non esistendo concretamente, può essere percorso ed
osservato" (LIGUORI M. C. 2008, p. 2).
Lo spazio, nella Realtà Virtuale, è realizzato con dati processati
dinamicamente in tempo reale ed in modo differente rispetto alla computer
graphics e agli effetti speciali usati per film e programmi televisivi, per i quali
ciascuna immagine è stata calcolata in precedenza ed è quindi letta in una
sequenza predefinita sulla base del filmato (LEVY P. 1999).
Lo scenario della ricerca scientifica contemporanea sta subendo una
radicale trasformazione grazie alla nuova possibilità di costruire modelli sintetici
di sistemi complessi con l'aiuto del computer. (SARTI A. 1995).
Al momento non sappiamo quale sarà la forma finale con la quale verrà
usata la Realtà Virtuale: forse userà i media presenti oggi, magari modificandoli
profondamente, o forse ne creerà di nuovi.
Fidler parla di mediamorfosi
6
, il cui concetto si può applicare anche a un
medium come la Realtà Virtuale: quest'ultima dovrà comprendere altri media e
5
Le caratteristiche della Realtà Virtuale dovrebbero essere:
intensività - informazioni multiple
interattività - tra uomo e macchina
immersività - esperienza profondamente assorbente
illustratività - informazioni chiare e illuminanti
intuitività - informazioni facilmente percepite (LIGUORI 2008, p. 2).
6
Secondo la Teoria della mediamorfosi di Fidler l’evoluzione dei media è come un processo di
selezione che avviene per cause sociali, politiche ed economiche. Come avviene in natura, le
spinte evolutive favoriscono o svantaggiano eventuali “metamorfosi” dei media esistenti in media
tecnologicamente piø evoluti. Fidler elabora due concetti per spiegare l’evoluzione dei media,
coevoluzione e convergenza. Con coevoluzione Fidler intende mostrare come i nuovi media non
sorgano mai dal nulla, ma come evoluzione di una medium pre-esistente (ad es., il telefono mobile
dal telefono fisso), che spesso continua ad esistergli accanto. Il concetto di convergenza intende
invece far luce sulla progressiva sinergia che caratterizza l’evoluzione dei media, come
ultimamente sta avvenendo attraverso la digitalizzazione del segnale. (FIDLER R. 2000).
14
forse costringerà altri media a mutare, così come l'avvento della televisione ha
costretto la radio a trasformarsi. "Oggi la Realtà Virtuale, come è stato per il
cinema delle origini, è un medium nuovo che vive ancora la fase effetto stupore,
ma che dovrà definire un proprio linguaggio e specializzarsi in generi" (FELICORI
M. 2003, p. 9).
15
1.3. L'ARCHEOLOGIA VIRTUALE
Si è già detto di come la tecnologia di visualizzazione del calcolo, nata in
ambiente scientifico e tecnologico, grazie alla sua eccezionale versatilità, abbia
visto crescere il proprio campo d'applicazione, tanto che oggi è possibile fare
esperienza di sistemi virtuali anche per generare, navigare ed esplorare ambienti
ricostruiti d'interesse storico culturale (FELICORI M. 2003).
Quale può essere il contributo della Realtà Virtuale nel campo della ricerca
archeologica?
Una delle lacune piø evidenti della scienza archeologica è l'impossibilità di
svolgere sperimentazione nelle fasi di scavo e di esplorazione stratigrafica: cioè,
l'archeologo vede già distrutta gran parte degli oggetti stessi della ricerca.
Dunque, la riproduzione virtuale dell'intera fase esplorativa archeologica e
la ricostruzione puntuale del paesaggio, potrebbero essere i mezzi indispensabili
per procedere a sempre piø corrette stratificazioni. "L'archeologia virtuale
rappresenta forse lo stadio ultimo della ricerca, in ragione del fatto che si prefigge
di realizzare spazi e ambienti scientifico-informativi altrimenti non perlustrabili,
guidando le fasi di indagine con criteri di accesso privi di arbitrarietà" (SARTI A.
1995, p. 110).
L'archeologia virtuale, espressione della Virtual Cultural Heritage, vede
una sua prima elaborazione teorica nei primi anni Novanta.
Il primo a parlare di Virtual Archaeology fu Paul Reilly, che nel 1991
indicò alcuni dei percorsi praticabili dell'archeologia computazionale
individuando i suoi punti di forza nella registrazione degli scavi e nella ripetibilità
degli scavi stessi attraverso modelli tridimensionali, ipertesti e soluzioni
multimediali. Questa visione, dieci anni dopo, si è ampliata fino a comprendere
l'applicazione dei metodi di visualizzazione e presentazione di ricostruzioni di
ambienti del passato come edifici, paesaggi ed artefatti. Quel concetto iniziale
tende così ad essere integrato con tutti quegli elementi che permettono la
pubblicazione sempre piø fedele di una complessità di contenuti, spostando
l'attenzione dal singolo luogo all'ambiente con tutti i suoi elementi, grazie
all'impiego crescente di banche dati che ne raccolgono i particolari (GUIDAZZOLI
A. 2007
2
).
La maggior parte dei settori della nostra vita ha visto, attraverso la
digitalizzazione, un aumento esponenziale dei dati a disposizione producendo, a
16
loro volta, l'emergere di un problema di gestione della loro consultazione.
All'inizio di quella che è stata chiamata rivoluzione digitale
7
(e nella conseguente
convergenza al digitale
8
) si era mirato ad occupare il minor spazio possibile (in
termini di byte), mentre il piø recente rinnovamento nel settore dell'archiviazione
ha prodotto supporti sempre piø capienti e dai costi sempre piø contenuti (Figura
1) (come i CD, fino ai DVD ed i BLU RAY, ma anche hard disk e dispositivi
portatili come le memorie flash), rendendo l'archiviazione quasi una prassi, senza
la minima selezione: un semplice riversamento di dati su diversi supporti.
La semplice conversione al digitale della ricerca archeologica non porta
dunque ad alcun evento straordinario, nØ deve alimentare aspettative esagerate (il
fattore "cool"); sicuramente però bisogna affrontare un impatto informativo di
molto superiore a quello degli ultimi decenni: piø informazione comporta piø
complessità che, a sua volta, implica piø processi di elaborazione e di conoscenza
(FORTE M. 2006).
Negli anni '80-'90, tra l'altro, la notevole resistenza accademica (in parte
ancora persistente) alla modellazione e visualizzazione 3D di dati archeologici, si
basava fondamentalmente su un pregiudizio: che le realizzazioni 3D fossero una
sorta di capriccio estetico e dessero cioè informazioni tutto sommato superflue ed
opzionali all'uso scientifico, considerate quindi un mero supporto alla didattica ed
7
La rivoluzione digitale è un processo di radicale trasformazione iniziato verso la metà del
novecento con la realizzazione dei primi elaboratori elettronici e assume dimensioni internazionali
già negli anni ‘70 continuando la sua espansione durante gli anni ‘80, fino ad affermarsi come
“rivoluzione industriale” negli anni ‘90. Con rivoluzione digitale si intende l’enorme diffusione
che hanno avuto i diversi prodotti digitali e a seguire quei cambiamenti sociali, economici e
politici avvenuti con all'avvento della digitalizzazione di gran parte delle informazioni. La
rivoluzione digitale, iniziata con la nascita del linguaggio binario comune a tutti i media e sempre
piø utilizzato per trasformare i mezzi di comunicazione tradizionali e per crearne di nuovi, ha
contribuito a mutare profondamente il concetto di comunicazione. La rivoluzione digitale ha
cambiato l'approccio alla cultura, al lavoro e al tempo libero. Da Encyclopedia of Information
Science and Technology, New York 2009.
8
La convergenza al digitale (trasformazione dell'informazione in digitale) è il fulcro della
rivoluzione digitale con cui le informazioni provenienti da diverse fonti sono scritte con lo stesso
linguaggio di base (il linguaggio dei bit) e gestite attraverso uno stesso strumento (il computer). La
convergenza al digitale (ossia la migrazione verso il digitale di formati differenti di informazioni di
solito collegati a diversi media) rende possibile una stretta ed inedita integrazione fra codici e
linguaggi molto differenti tra loro. Questo processo non è solo una diretta conseguenza del
progresso tecnologico, dal momento che coinvolge direttamente i modi di rappresentare, scambiare
e gestire le informazioni; la rivoluzione digitale non va intesa come una riformulazione in un
linguaggio nuovo di una preesistente realtà: ha modalità nuove rese possibili dalla tecnologia, ma è
frutto di scelte che non sono solamente tecnologiche. Da Encyclopedia of Information Science and
Technology, New York 2009.
17
interpretate come un processo di volgarizzazione della conoscenza anzichØ
l’ampliamento.
Alcune problematiche in effetti ne hanno, fino ad oggi, limitato l’uso: ad
esempio l’errore di pensare che un modello tridimensionale possa indurre
solamente affabulazione estetica a danno del contenuto, o che le tecniche di
modellazione 3D siano molto costose. In passato inoltre molte multinazionali del
software adottavano una politica tecnologica secondo la quale il 3D rappresentava
una nicchia di mercato non ancora allettante per cospicui investimenti,
atteggiamento che invece, attualmente, sta subendo una rapida inversione di
tendenza.
Il mondo tridimensionale era quindi relegato ad un ruolo ricostruttivo e
non investigativo.
Questa diffidenza può trovare giustificazione nella difficoltà di
immaginare un modello 3D come "uno spazio interattivo, multimodale e
soprattutto come un contenitore olistico di informazione, un tutto maggiore della
somma delle parti" (FORTE M. 2006, p. 24).
L'assetto metodologico dell'Archeologia come disciplina non può ancora
essere influenzato dall'utilizzo delle tecnologie 3D sia nelle fasi di acquisizione
che di ricostruzione/elaborazione di immagini, poichØ il numero di scavi
archeologici nel corso dei quali esse sono applicate è statisticamente ancora poco
significativo. Purtroppo accade così che la modellazione 3D elabori dati acquisiti
manualmente in due dimensioni e/o integri informazioni spazialmente non corrette
o addirittura inventate.