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l’artista in questione e nei suoi décollages ho ravvisato un
parallelo con la mia esperienza personale: come Rotella stac-
cando lembi di carta sovrapposti fa scoprire qualcosa, getta
un ponte tra passato e presente, così, come un ricordo sbiadi-
to, andando a ritroso nel tempo è affiorato quel lontano po-
meriggio di studio… Alcuni mesi dopo la voce di uno
“speaker” del telegiornale locale della Calabria annunciava
la prossima mostra di Rotella a Rende…
1
ed intanto matura-
va la decisione di interessarmi sempre più da vicino a questo
artista.
L’artista, unico rappresentante italiano nell’ambito del-
la corrente del Nouveau Réalisme, possiede doti di grande
creatività con la quale ha dato vita ad una ricchissima pro-
duzione artistica che ha contribuito a rivoluzionare la pittura
del secondo dopoguerra.
Décollage, artypo, blank, rappresentano tutto il suo
1
Inauguratasi presso il Museo Civico di Rende (CS), palazzo Zagarese; catalogo
mostra Rotella, a cura di R. Barilli, T. Sicoli, 23 maggio – 30 giugno 1996, ed.
Charta, Milano 1996.
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mondo. Ciò che ha maggiormente interessato i critici è stata
la produzione storica del décollage, avviata nel 1953, prose-
guita negli anni ’60 e sporadicamente ripresa dopo gli anni
’80. Fu proprio questa forma innovativa di linguaggio artisti-
co che diede fama e notorietà internazionale all’artista; piut-
tosto trascurata risulta la produzione posteriore agli anni ’70
che si presenta abbastanza proficua e volta a saggiare la po-
tenziale espressività del suo materiale per eccellenza: il ma-
nifesto.
Inoltre quasi sconosciuta risulta la produzione anteriore
al décollage, quella relativa agli anni 1945-1951, al tempo in
cui l’artista soggiornava a Roma e si era indirizzato verso
una ricerca astratto-geometrica inizialmente, e poi materica
in linea con la tendenza informale allora dominante.
La bibliografia da me consultata, per quanto non sia la-
cunosa, risulta molto frastagliata e dispersa, in gran parte
settorializzata al periodo più noto di Rotella – il décollage -
offrendo una documentazione relativa, poco organica, e in
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gran parte con un taglio più storico che critico.
Inoltre dalle ricerche effettuate è emerso che solo recen-
temente (novembre 1999) è stata affrontata metodologica-
mente una catalogazione più ampia della sua opera, per il
resto in oltre quarant’anni di attività artistica, il lavoro di
Rotella risulta documentato in cataloghi “poveri” e frammen-
tari. Purtroppo, a rendere più complessa la catalogazione
completa della sua opera, resta il fatto che buona parte delle
opere del primo periodo artistico siano andate disperse, come
testimonia lo stesso artista:
« … Quasi tutti i quadri che avevo dipinto a Roma tra il
1945 e il 1951 andarono perduti. Erano una documentazione
dell’evoluzione del mio stile pittorico, dei rapidi progressi che
avevo fatto grazie al mio intuito e al mio senso di libertà.»
2
E ad avvalorare la tesi di quanto non sia stato semplice
rintracciare i documenti di lavoro di Rotella, trovo perfetta-
mente congrua l’osservazione critica di Maurizio Fagiolo Del-
2
MIMMO ROTELLA, Autorotella – Autobiografia di un artista, Milano, Ed. Prea-
ro, 1972, p. 94.
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l’Arco:
« … questo ladro d’immagini, questo “nomade” non con-
serva niente del suo passato, che non sia la memoria… »
3
,
per cui il lavoro di ricostruzione dell’opera rotelliana si è do-
vuto basare non solo sulle fonti scritte, ma anche su una me-
todologia diacronica supportata da testimonianze orali, in-
terviste, documentari e siti Internet.
Pertanto ho cercato di fornire un quadro più articolato
dell’attività creativa di Rotella adottando un criterio di com-
pletezza storica, con particolare attenzione critica al décolla-
ge, quale aspetto più nuovo e vitale della sua ricerca artisti-
ca.
Ciò che mi ha maggiormente colpito è la risolutezza del-
l’artista che da buon meridionale introverso e tenace ha te-
nuto duro sin dagli esordi, nonostante fosse bersagliato da
critiche non certo incoraggianti e alla fine la sua caparbietà è
3
M. FAGIOLO DELL’ARCO, Le favolose trasformazioni di Rotella, in “Maestri
Contemporanei” n.8, Milano, Ed. Vanessa, aprile 1977.
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stata premiata. Rotella lavorando sui media ha compreso con
grande anticipo e profonda intelligenza quello che sarebbe
avvenuto di lì a poco, ha precorso il ruolo della comunicazio-
ne nella società: nei primissimi anni Cinquanta la televisione
in Italia non c’era ancora e il termine media con il significato
che gli diamo noi oggi era ancora di là a venire ed Internet
non esisteva neppure nei film di fantascienza. Quello che mi
ha stupito in lui è stata la curiosità, la gioia nell’operare, nel
creare. Un aspetto quasi ludico del fare artistico in questo
maestro dell’arte contemporanea che nasconde, sotto una
maschera quasi dannunziana, una creatività stupendamente
“infantile”. E poi quell' essere sempre presente sulla scena
del nostro presente, essere il testimone del tempo, il saper
rompere l'omologazione visiva, quel mondo pubblicitario che
come un rituale scandisce quotidianamente la nostra esi-
stenza, ha fatto da molla speculativa per apprezzare i risvolti
sociologici dell'opera rotelliana.
L'artista è una sorta di mago-taumaturgo che nel suo
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processo di appropriazione del reale ha voluto spaziare di
360º: dai manifesti lacerati alle sue coperture, dagli assem-
blaggi di oggetti alla recita dei poemi fonetici, Rotella è l' in-
stancabile "reporter" del paesaggio metropolitano, seleziona
l' universo dell'informazione, tramuta i codici comunicativi, e
mescolando e reinventando immagini ci proietta in una di-
mensione spazio-temporale dove hanno sede la fantasia, l'
immaginazione, l’ironia.
Il mio punto di partenza è stato quello di ripercorrere i
motivi che hanno spinto l’artista ad adottare un nuovo lin-
guaggio più di quarantacinque anni fa quando in seguito ad
una profonda crisi artistica, dà vita ai primi décollages of-
frendoci una delle più potenti immagini poetiche della sua
leggenda urbana.
Dopo l’analisi del décollage, nucleo della sua poetica mi
sono soffermata su tre periodi della vita dell’artista (anni 70-
80-90) corrispondenti a tre fasi significative della sua vita e
della sua opera. Si tratta di una suddivisione metodologica-
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mente arbitraria ma che può rivelarsi utile per un migliore
inquadramento cronologico della produzione artistica nonché
per la sua collocazione culturale nell’ambito di analoghe aree
di ricerca.
Pertanto ho articolato la tesi in cinque capitoli inte-
grandola con una ricca appendice dove mi soffermo partico-
larmente sull’analisi stilistica di circa venti opere significati-
ve che documentano l’interesse di Rotella per il mondo della
strada e dei manifesti pubblicitari.
Una rapida contestualizzazione storico-culturale degli
anni ‘50-60’ costituisce l’ossatura del primo capitolo utile per
comprendere le coordinate artistiche del secondo dopoguerra
entro le quali muove “l’appropriazione dei manifesti” operata
da Rotella. Fu un decennio caratterizzato da una profonda
crisi d’identità e di linguaggio, il ruolo e il comportamento
dell’artista viene messo in discussione mentre nel volgere di
pochi anni l’espressività dell’arte assume forme sempre più
impetuose: dalla tendenza informale alle correnti di New
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Dada, Pop Art, Nouveau Réalisme, ecc.. E proprio queste ul-
time, sorgendo in un contesto di alto sviluppo tecnologico ed
industriale, (tra Europa ed America) assegnano agli oggetti e
ai materiali del quotidiano la parte di protagonisti
emblematici nel processo artistico.
E in questa poetica del quotidiano il manifesto occupa
un ruolo fondamentale, come strumento di arredo urbano,
immagine oggettiva della città, intesa quasi come
un’immagine archetipica dell’inconscio collettivo dei suoi abi-
tanti. É proprio nei manifesti che Rotella trova un favoloso
serbatoio di immagini per la rappresentazione di uno straor-
dinario campione del vissuto di ogni giorno e della cultura
popolare della città; e questa ricerca, questo modo dell’artista
di guardare “l’epidermide” dei muri e renderla artistica è a-
nalizzata in gran parte di questo capitolo. In modo particola-
re sottolineo la novità di questo linguaggio e la sua carica di-
rompente: l’invenzione di questa tecnica avviene a Roma nel
1953, sono gli anni della ricostruzione caotica, del disinvolto
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edonismo della Dolce Vita, ma artisticamente parlando pre-
vale un ostinato conformismo estetico. Perciò
l’appropriazione della realtà urbana, lo strappo del manifesto
assume il senso di uno “strappo” concreto dal convenzionali-
smo linguistico e dall’immobilismo creativo.
Il secondo capitolo è incentrato sulle prime tappe arti-
stiche di Rotella (1946-1951): dai lavori geometrici alle opere
di matrice informale dove prevale un gusto burriano per
l’espressività della materia che risulta più accentuato nei re-
tro d’affiche
4
(1954-1956) eseguiti contemporaneamente ai
primi décollages. A questa prima fase artistica risalgono i
poemi fonetici ovvero composizioni di parole inventate, suoni
inarticolati e derivanti dai rumori urbani.
Punto focale del capitolo è l’incontro dell’artista con
Pierre Restany nel 1958, da cui scaturisce un lungo sodalizio
molto importante per Rotella, e che due anni dopo lo invita a
far parte del movimento dei Nouveaux Réalistes che seppur
4
Versione creativa del manifesto mostrato per il verso, in modo da esibire le
incrostazioni della colla e dell’intonaco a diretto contatto con il muro.
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di breve durata (1960-1963) ha avuto un ruolo importante
nella sperimentazione sistematica dei nuovi materiali offerti
dalla società di massa, consumistica, mettendo in evidenza
nuove possibilità di appropriazione di un reale sempre più
ampio.
Ho ricordato i protagonisti
5
di quest’azione collettiva
che come Rotella, anche se con diverse sfumature, hanno o-
perato con i loro lavori un’appropriazione diretta della realtà
oggettiva, trasformando il “rumore” visivo del paesaggio ur-
bano e i prodotti dell’omologazione culturale in materiali di
un processo creativo ed estetico.
Una più vasta attenzione è dedicata, nel terzo capitolo,
alla rivoluzionaria invenzione del décollage, definendo la sua
etimologia, i precedenti artistici da cui muove questa tecnica
fino alle sue ultime conseguenze, ho cercato di proporre nel
modo più esauriente possibile le varie tappe evolutive di que-
5
Di Arman si ricordano le Accumulations, oggetti di recupero, di César le Com-
pressioni, rottami di automobili compresse in blocco, di Spoerri le stoviglie in-
trappolate in un “teatro” oggettuale della quotidianità, Tinguely realizza
sculture cinetiche, Christo realizza i vari “impacchettamenti”.
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sta tecnica in Rotella: da una fase iniziale più prettamente
materica ad una fase più costruttiva; attraverso alcune opere
realizzate tra il 1954 e il 1964 ho cercato di mettere a fuoco
le scelte che hanno dettato a Rotella determinati percorsi
creativi sia che abbia preferito costrutti astratti, cromatici,
sia che abbia optato per certe scelte iconografiche, ed infine
ho fornito una lettura dell’opera finale.
Attraverso lo scavo minuto della carta, gli strappi di su-
perficie, la scopertura graduale di manifesti, Rotella attua
un rovesciamento dell’ordinaria versione della realtà; il ma-
nifesto diventa due volte opera: prodotto anonimo della ri-
dondante imagerie pubblicitaria delle nostre città, oggetto
eletto dall’artista in una ritrovata unicità che da livello di
ordinaria comunicazione e da prodotto effimero viene consa-
crato all’ambito più duraturo dell’arte.
Parallelamente ai décollages Rotella esegue anche alcu-
ni assemblages di oggetti, affermando così la sua personale
filosofia di appropriazione del reale; non senza una buona
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dose di ironia e di humor intelligente specialmente negli og-
getti che presentano nessi associativi con il cognome
dell’artista
6
.
Nel quarto capitolo prendo in esame la produzione rela-
tiva alle tele emulsionate, agli artypo, ai blanks, che coprono
un arco di tempo compreso tra il 1963 e il 1983 circa, ed infi-
ne le sovrapitture, opere realizzate più recentemente (1986-
1999).
Il manifesto pubblicitario rimane uno dei materiali es-
senziali della sua “officina”, ma stavolta lo usa in proiezione
figurativa e non soltanto più coloristica, con procedimento
strettamente tecnico attraverso il sistema fotomeccanico. Sia
facendo uso di scarti tipografici e praticando su essi sovrim-
pressioni diverse
7
, sia lavorando di “frottage” sul rotocalco
per ottenere velate impronte ironiche, o decidendo di cancel-
6
Petit monument a Rotella non è altro che una lattina di olio per auto della
Shell chiamato Rotella T, oppure Rotella metrica, un nastro metrico avvolgibile
usato per le misurazioni dagli ingegneri.
7
Procedimento dell’artypo, realizzato nel 1970.
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lare alla vista le immagini coprendole di fogli monocromi
8
,
(quasi a volerci liberare dalla ossessiva serialità della produ-
zione pubblicitaria), sempre ciò che guida l’artista è l’attitu-
dine ad appropriarsi delle forme del reale tecnologico e pub-
blicitario dei mass-media.
Infine il quinto capitolo è incentrato su tre mostre signi-
ficative che l’artista ha tenuto durante gli anni Novanta. In
ordine cronologico, la prima nel 1990 a Venezia è un’instal-
lazione nelle sale ottocentesche del Caffè Florian dove sugge-
stivamente le immagini di “strada” s’incontrano con quelle
“storiche” delle sale abitate da uomini illustri, da nomi esoti-
ci e da raffinati addobbi. Inoltre ho riportato l’intervista pre-
sente nel catalogo della suddetta mostra nella quale sono
enucleati alcuni concetti chiave dell’opera di Rotella e gli in-
contri determinanti fatti dall’artista nel fervido ambiente ar-
tistico degli anni ’60.
Segue il commento alla mostra dal titolo “A Federico
8
Procedimento dei blanks o coperture inventate a Milano nel 1980 e presentate
nel medesimo anno alla Galleria Marconi e alla Galleria Denis Réne di Parigi.
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Fellini”, allestita presso la Galleria Fabjbasaglia di Rimini
nel 1998, che evidenzia gli stretti legami di Rotella con il
mondo del cinema; infatti dal ’60 Rotella è attratto dai cartel-
loni cinematografici e crea opere bellissime nelle quali de-
canta le icone cinematografiche di Cinecittà e di Hollywood.
Non a caso, Fellini è stato un artista che il neorealismo degli
inizi ha richiesto in strada, e la strada è lo stesso palcosceni-
co dal quale Rotella ha cominciato le sue investigazioni nei
panni di predatore e compagno del nostro immaginario dal
quale attinge frammenti di vita.
Ed infine punto focale che ha coronato la mia ricerca, è
stata la retrospettiva allestita a Catanzaro, la prima grande
mostra istituzionale nella sua città natale che molto signifi-
cativamente si è svolta a cavallo di due millenni (26 novem-
bre 1999 – 5 marzo 2000), un vero tributo che la città catan-
zarese ha voluto rendere al suo illustre concittadino e che ho
avuto occasione di visitare la sera stessa della cerimonia i-
naugurale. È stato toccante assistere all’ “abbraccio” di Ro-
Introduzione
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tella, ormai cittadino del mondo, con la sua città, ascoltare
durante la cerimonia inaugurale, le parole di Pierre Restany,
“vate” del Nouveau Réalisme; inoltre ripercorrere l' iter crea-
tivo di Rotella attraverso le sale espositive è stato un modo
più diretto per riflettere in pieno le condizioni della nostra
storia attuale – una storia – che si compie e si disperde nella
frammentarietà del reale, nella provvisorietà di un presente
governato dalle inderogabili ragioni dell’effimero, dalle leggi
massificanti del consumo; un presente che vede la rapida ed
inarrestabile obsolescenza dei propri oggetti, inseriti in una
catena tautologica senza fine.
Inoltre per la prima volta è stato esposto un superbo dé-
collage intitolato Tacco a spillo ritrovato. Omaggio a Catan-
zaro, del quale ho proposto una lettura critica in appendice.
E in quest'ultima sede ho raccolto un paio di documenti in-
trodotti da breve nota, e per una migliore comprensione
dell’opera ho elaborato le sopracitate schede critiche accom-
pagnate da intervista, biografia e ricca documentazione foto-
Introduzione
- xvii -
grafica.
A rafforzare tutta una serie di idee che mi ero fatta sul-
la base del materiale selezionato nel corso della mia ricerca,
e` stata la conoscenza e la disponibilità del critico francese
Pierre Restany, di Tonino Sicoli , divulgatore culturale e cu-
ratore di innumerevoli mostre, dall’architetto Roberta Giu-
ditta
9
, che con i loro preziosi suggerimenti mi hanno consen-
tito di ricostruire alcuni tasselli mancanti del mio lavoro.
Ed infine, come “summa” del lavoro, ho incontrato “il
maestro” che gentilmente mi ha rilasciato un’intervista ri-
portata in chiusura di questa tesi.
Non ho potuto fare a meno di confermare la verità e la
validità di quanto aveva dichiarato nel 1957 in un testo or-
mai classico:
« Strappare i manifesti dai muri è l’unica rivalsa,
l’unica protesta contro una società che ha perduto il gusto dei
mutamenti e delle trasformazioni strabilianti… Se avessi la
9
Alla quale l’artista calabrese ha commissionato la realizzazione della Fonda-
zione Rotella. E in questa sede non manco di ricordare il collezionista Guido
Peruz, proprietario di circa 200 opere di Rotella, e il team che ha lavorato alla
buona riuscita della mostra catanzarese.
Introduzione
- xviii -
forza di Sansone, incollerei Piazza di Spagna con le sue tinte
autunnali tenere e molli sulle rosse piazze del Gianicolo ai
bagliori del sole calante… »
10
Ebbene Rotella l’ha avuta e ce l’ha ancora questa forza
da Sansone, che gli permette di edificare senza tregua
un’opera che oggi fa di lui l'incontornabile protagonista della
nostra cultura urbana, l’indispensabile testimone sul destino
della modernità e non ultimo comunicatore di una profonda
umanità.
10
M. ROTELLA, Così, presentazione al catalogo della mostra personale, Galleria
Selecta, Roma, marzo-aprile 1957.