II
Il fenomeno del giornalismo on line è partito dagli Stati Uniti, la vera patria
delle high technologies per poi raggiungere anche il nostro Paese.
Chiariamo subito un punto importante: il giornalismo in versione on line non
consiste, come potremmo invece erroneamente credere, in una riproposizione in
versione digitale di articoli destinati ai giornali tradizionali.
Il giornalismo on line è un’altra cosa, è un modo nuovo di fare informazione; da
questo nuovo giornalismo, sono nati i blog
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.
Cos’è un blog?
I blog hanno varie forme; sono racconti, diari, articoli di diversa lunghezza,
elenchi, commenti. Sono scritti generalmente con un linguaggio diretto, parlato,
semplicissimo e rispecchiano un po’ le caratteristiche di chi li scrive. Per questo
motivo non generano aspettative in chi li legge, rischiando di deludere.
I blog rappresentano una sfida al moderno giornalismo: per la prima volta,
infatti, il giornalismo non è più l’unico depositario degli strumenti tecnici ed
economici utili a produrre informazioni.
La televisione, la radio, la stampa, non hanno mai concesso, a chiunque lo
volesse di fondare una testata o emittente, utilizzando un capitale bassissimo o,
addirittura, gratuitamente; grazie ad Internet, invece, milioni di persone possono
partecipare alla produzione di contenuti telematici, rivolgendosi ad un pubblico
potenzialmente pari al numero di utenti della Rete. Basta solamente disporre di un
computer e di un collegamento telefonico ad Internet, oltre ad una conoscenza, anche
basilare dell’informatica.
Possiamo definire il giornalismo “da blog” come il risultato della
collaborazione di tecnologia e mente umana: la tecnologia mette a disposizione le
proprie potenzialità, mentre gli utenti (da tutto il mondo), pensano e poi scrivono.
La società dell’informazione trova nel Web lo strumento che libera ogni sua esigenza
di comunicare, far conoscere, scambiare pareri direttamente con milioni di persone.
Il blog si colloca come strumento dalle grandi potenzialità che chiunque può
aprire gratuitamente e in pochissimo tempo; un blog è facile da gestire, esistono
software gratuiti (e open source) molto intuitivi, dedicati alla compilazione delle
pagine, pur senza la conoscenza del codice html; un blog è facile da aggiornare, non
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Contrazione del termine web log.
III
serve alcuna competenza tecnica e informatica, semplicemente un computer
collegato alla Rete o anche un telefono cellulare di nuova generazione.
Se gestito in modo serio e professionale, può anche avere un ruolo di primaria
importanza nell’ambito dell’informazione e della comunicazione, soprattutto se si
toccano argomenti ostici, quali guerra, terrorismo, politica.
L’autore di un blog è insieme lettore ed editore: lettore delle cose che
vengono pubblicate in Rete, che poi anche seleziona, raccoglie, commenta, come
editore del suo blog. La quantità sterminata di prodotti informativi che circola su
Internet viene scelta da qualcuno che ne fornisce ai lettori una scelta mirata, secondo
criteri e tematiche, e di gusto personale.
Naturalmente la cosa che più risalta, all’interno di un blog, è la libertà di cui
gode il suo autore nello scrivere ciò che pensa, caratteristica che rende il blog stesso
un mezzo alternativo da cui trarre informazione.
Nato per sovvertire le regole tradizionali del giornalismo, con temi che si
presentano a mo di semplici sommari e molteplici collegamenti ad altre risorse
presenti in Rete, il blog incoraggia la lettura di simili prodotti presenti in Rete.
Un blog è la pura espressione della soggettività di chi scrive; non è
imparziale, non argomenta, non verifica le informazioni (almeno secondo i criteri
base del giornalismo), ma offre la possibilità di avere un riscontro immediato con i
propri lettori.
La rivoluzione portata dai blog non riguarda solamente il mezzo da cui si
fruisce l’informazione ma tocca soprattutto la professione del giornalista. Come si
diventa giornalista? Ha rilevanza oggi “collezionare” titoli di studio per accedere alla
professione giornalistica, se i blog hanno reso tutto più semplice?
E che dire delle scuole di giornalismo on line, come il J-Learning
4
, nate per
insegnare, tramite l’uso del computer, la professione giornalistica?
In questo lavoro proverò a mostrare il percorso e la percezione della Rete come
luogo privo di mediazione e come spazio idoneo alla sperimentazione di nuovi
linguaggi e nuovi teatri espressivi.
.
4
www.j-learning.org/
IV
Nel primo capitolo ricostruirò il fenomeno dei blog, partendo dalla nascita e
analizzando la loro collocazione ed evoluzione nel Web. Parlerò del loro rapporto
con l’informazione giornalistica, tema molto delicato e spesso al centro di polemiche.
Il secondo capitolo sarà invece dedicato al personal journalism oggi: cosa
rappresenta nel mondo attuale della comunicazione, chi ne usufruisce e quali sono gli
scopi con cui è utilizzato.
Nel terzo capitolo analizzerò il caso di J-Learning, un vero e proprio laboratorio
di giornalismo interattivo americano, facente capo all’Università del Maryland ed
alla scuola di giornalismo “Philip Merrill”. I progetti del J-Learning sono sostenuti
grazie alle concessioni della Saint John and James L. Knight Foundation, in onore
delle quali si tengono, annualmente, dei concorsi giornalistici a premi.
1
CAPITOLO I
WEBLOG: STORIA E PRIME DEFINIZIONI.
LA BLOGOSFERA
Nel 2005, a conferma di quanto delineato l’anno precedente, il rapporto The
State of the News Media segnala una grande crisi del giornalismo della fine del
ventesimo secolo.
Lo studio è stato promosso dal Project for Excellence in Journalism
[www.stateofthenewsmedia.org]
1
; si tratta di un rapporto annuale dedicato al
giornalismo americano e tiene conto di tutti i mezzi di comunicazione di massa
(giornali, tv, Internet).
Il consueto – ed ormai obsoleto – modello di giornalismo ha piano piano, negli
anni, lasciato il posto ad un giornalismo “talk show”, fatto non solo di accertamenti
circa la veridicità dei fatti narrati, ma anche di interventi esterni, da parte del
pubblico di lettori. Si va verso un giornalismo libero ed economico.
Per adattarsi, il giornalismo deve tentare di rendere più trasparente ed esperto il
proprio lavoro, ampliando la sua area di attenzione. I giornalisti, nello scenario
attuale, aspirano ad essere l’unica fonte in grado di aiutare i cittadini a scoprire a che
cosa si debba credere (trasformando il loro ruolo di custodi dell’informazione in
quello di autenticatori o arbitri). Per ottenere questo obiettivo, i network di
informazione devono prepararsi a profondi cambiamenti.
Dovranno imparare a documentare i processi di raccolta delle informazioni in
maniera più trasparente, lasciando il pubblico più libero di decidere a che cosa
credere
2
.
Ed è proprio in questo scenario che fa capolino il fenomeno dei weblog, i diari
di Rete che hanno rivoluzionato totalmente l’idea di “fare giornalismo”.
Ma cosa sono realmente i blog? Chi e come li usa?
Cerchiamo di capirlo insieme, partendo dall’origine del termine e percorrendo la
strada che li ha portati ad essere il nuovo strumento per comunicare.
1
In Internet.pro; Anno XI; Aprile 2005; Tecniche Nuove.
2
G. Granieri, in internet.pro; Anno XI; Aprile 2005; pag 10; Tecniche Nuove.
2
1.1 Etimologia del termine Weblog
Nel corso della loro storia le parole non mantengono inalterato il loro
significato, quello attribuito loro, quando furono coniate. A volte può succedere che
vengano “modellate” per servire altri significati, deducibili solo dal contesto in cui
tali parole vengono utilizzate. E può anche capitare che il significato “più recente”
sia talmente forte da soppiantare il primo, tanto da essere in seguito percepito come il
significato primario della parola, nata in realtà, per servirne un altro.
È il caso della parola weblog.
Inizialmente nata dall’unione dei vocaboli inglesi web e log, la parola fu poi
coniata all’interno della comunità di informatici per indicare la registrazione degli
accessi dai server web ospitanti dei siti Internet, ossia le macchine sulle quali sono
archiviate fisicamente le pagine che leggiamo navigando nella Rete.
Log può infatti significare traccia, registrazione, mentre web significa rete e
inferisce che queste registrazioni sono avvenute nell’ambito della Rete, di Internet.
Quello che un server compie automaticamente, via via che degli utenti
accedono alle pagine che ospita, è scrivere all’interno di un file la provenienza e l’ora
precisa degli accessi, ordinandoli cronologicamente e solitamente in maniera che
l’ultimo accesso sia quello in cima alla lista, per permettere all’amministratore di
sistema con uno sguardo di individuare gli accessi più recenti senza dover scorrere il
registro sino in fondo, come si farebbe con un libro di storia per cercare gli
avvenimenti a noi più vicini.
Torniamo al nostro weblog.
Quelle registrazioni degli accessi ad un server sono di utilità a coloro che
amministrano il sistema per verificare, ad esempio, eventuali tentativi di intrusione
nei siti ospitanti dal server in questione. Capita infatti, e non raramente, che qualche
esperto informatico voglia creare scompiglio nelle pagine web di una multinazionale,
ad esempio, inserendo insulti o addirittura cancellando l’intero sito.
L’ordine cronologico utilizzato dai server, rende più semplice
all’amministratore del sistema, l’immediata percezione di cosa accada nel sistema:
basta un rapido sguardo al weblog e l’amministratore vedrà riportati, attimo per
attimo, tutti gli ultimi eventi.
3
Verso la fine del 1997 qualcuno prende la parola weblog e la riutilizza per un
altro fenomeno che in comune col precedente ha solo l’essere riferito alla Rete ed
avere come caratteristica determinante il suo strutturarsi secondo un ordine
cronologico.
La persona che introduce un nuovo significato al termine “weblog” è Jorn
Barger, che nel dicembre del 1997 rese nota su numerosi newsgroup di Usenet la sua
iniziativa di cominciare a tenere un log pubblico delle sue navigazioni della Rete e
terminò il suo messaggio indicando il sito tramite il quale poter accedere al suo
esperimento: la parte finale dell’indirizzo era “weblog.html”
3
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Oggi, di fronte a milioni di weblog aperti, non possiamo che riconoscere la
veridicità dell’intuizione di Barger, il quale suggerì per il nuovo strumento la
seguente suggestiva immagine:
«I weblog sono come fuochi di segnalazione che si usavano anticamente dalla
cima delle colline per diffondere le notizie di paese in paese».
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Nel 1999 Peter Merholz, weblogger della prima ora, propose di pronunciare il
termine in una nuova maniera, “wee – blog” e ci volle pochissimo tempo prima che
l’abbreviazione “blog” facesse la sua comparsa come alternativa a weblog, tanto da
restare ancora oggi la parola utilizzata per indicare il diario on line. In Inghilterra è
addirittura diventata tanto comune da essere stata candidata all’inclusione
nell’Oxford English Dictionary.
Inoltre la American Dialect Society, che da oltre un secolo si dedica allo studio
della lingua inglese nel Nord America, nel gennaio del 2002, in occasione della
tredicesima edizione di “The Word of the Year”, manifestazione atta ad eleggere
quale parola (o frase) meglio rifletta gli avvenimenti, gli interessi e le preoccupazioni
dell’anno appena terminato, ha prodotto la seguente classifica:
1) Weapon of Mass Destruction
2) to google
3) blog
3
Dennis G. Jerz , On the Trail of Memex . Vannevar Bush, Weblog and the Google Galaxy,
http://www.dichtung-digital.org/2003/issue/1/jerz/index.htm
4
Ulisse, F. Blogs, monologo esteriore, fuffa e cultura. Da Idearium.it,
http://www.idearium.it/nuke/article.php?sid=149