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Oggi questo patto si è rotto o rischia di rompersi; per rimanere
competitivi i governi dei diversi paesi stanno smantellando o riducendo il
sistema di garanzie noto come Stato Sociale.
Non si tratta però di fermare il fenomeno della globalizzazione o di
ripristinare le vecchie reti di protezione. Occorre piuttosto individuare
politiche in grado di garantire anche ai più poveri e ai meno avvantaggiati
l’opportunità di diventare membri produttivi della società.
E’ necessario che il divario tra vincitori e vinti resti entro limiti
accettabili.
Questo è possibile partendo da una gestione più razionale delle
risorse e con il diffondersi di una cultura dei consumi collettivi.
Anche gli enti economici, le imprese, avvertono sempre di più ogni
giorno l’esigenza di guardare con maggiore attenzione ai problemi sociali;
il marketing sociale costituisce un mezzo fondamentale per aumentare il
grado di accettazione sociale del binomio prodotto/servizio; dal loro angolo
di visuale le organizzazioni no profit devono adottare nuove strategie atte al
raggiungimento dei loro scopi sociali anche utilizzando strumenti di
derivazione prettamente aziendale ed economica per ottenere i fondi e le
risorse umane idonee all’ottenimento del loro scopo di solidarietà.
La scommessa del futuro è legare le sorti dei paesi meno sviluppati
al mondo occidentale per creare delle sinergie sociali utili a questi due
mondi fino ad oggi legati da un solo rapporto unilaterale di sudditanza.
3
1.1. Il marketing sociale e no profit
Il settore no profit si confronta oggi con un ambiente instabile ed in
rapida e continua evoluzione. Le continue trasformazioni della società
riguardano diversi ambiti come quello dell’ideologia, della cultura, delle
istituzioni, della politica, dell’ambiente. I cambiamenti influiscono sulla
società in genere e sulle persone. Con l’aumento della complessità della
società lo Stato non è più in grado di rispondere in maniera efficiente ed
efficace alle problematiche che scaturiscono dalla stessa. La domanda
crescente di servizi sociali viene soddisfatta sempre più da organizzazioni
che nascono al di fuori dello Stato.
Gli interventi di Welfare State (stato sociale) sono sempre più svolti da
gruppi, associazioni, cooperative che danno risposte alla soluzione dei
problemi relativi alle malattie, alla disoccupazione, alla devianza, alla
salute, …
Il terzo settore si concretizza in tutte quelle organizzazioni private senza
scopo di lucro che rispondono alla crescente domanda di servizi sociali. Le
organizzazioni che rispondono a questa domanda (organizzazioni di
volontariato, associazioni, cooperative sociali) alimentano una concorrenza
sia con i servizi pubblici sia con quelli privati; da qui la necessità di munirsi
di nuovi strumenti anche di marketing per soddisfare al meglio i bisogni che
nascono dalla domanda (
1
).
L’impiego di strumenti di marketing consentirà al terzo settore di
migliorare la sua organizzazione e progettualità ottenendo dei vantaggi
competitivi.
Il terzo settore che si distingue dal primo, lo Stato, e dal secondo, il
mercato, riguarda il mercato sociale, la domanda e l’offerta sociale.
1
A. Foglio in Il marketing non profit. Franco Angeli. Milano, 2003. Pp. 13-28.
4
Con terzo settore si indicano quelle organizzazioni private che
hanno lo scopo di soddisfare richieste di utilità sociale. Al terzo settore
privato/sociale appartengono solo le Onp private.
E’ un sistema di imprese non profit mirato al perseguimento di finalità
sociali collettive verso specifici beneficiari.
Le associazioni, le fondazioni, le cooperative, le organizzazioni di
volontariato hanno specifiche aree di competenze e missioni in diversi
ambiti: sanità, assistenza sociale, marginalità sociale, cultura, arte,
istruzione e formazione, ambiente, ricerca, tutela dei diritti, attività
internazionali.
L’ultima indagine ISTAT svolta in Italia nel 1999, ha censito 3.221.185
volontari e 753.248 occupati divisi in 36.226 Onp tra associazioni,
fondazioni, cooperative, organizzazioni di volontari e non governative.
Il Marketing è uno strumento strategico per conseguire profitto.
Molti suggeriscono che non è uno strumento propriamente indicato per un
suo utilizzo nell’ambito della solidarietà.
Secondo altri potrebbe al contrario essere la giusta tecnica per permettere
ad un prodotto/progetto sociale di raggiungere strategicamente la propria
domanda.
Tale strumento permetterebbe all’ONP di conoscere, servire, comunicare
meglio con la propria domanda e procurarsi le risorse necessarie per
sopravvivere.
Cosa è il Marketing?
Diamone una definizione nei termini utili all’ONP.
Dal punto di vista dell’impresa che nasce per raggiungere il profitto, il
prodotto commerciale viene lanciato sul mercato, e, se accettato, supportato
con le giuste politiche commerciali sino a quando diventa obsoleto.
5
Offerta
Domanda
Marketing non profit
Il prodotto/progetto sociale è frutto di una missione etica, si confronta con
ideali ed aspirazioni, solidarietà, qualità della vita; il prodotto commerciale
si confronta con aspetti economici diversi, siano essi pratici, funzionali,
consumistici e riscontri immediati.
Il marketing commerciale vende, il marketing non profit serve la società.
Il Marketing non profit è il percorso per conoscere, identificare,
raggiungere, comunicare, controllare in maniera ottimale i beneficiari di
un’offerta, i volontari, i donatori/sostenitori.
Esso rappresenta la gestione ottimale dell’incontro tra offerta e domanda,
tra ONP e relativo prodotto /servizio e destinatario dell’offerta (fig. n. 1.1).
Il marketing non profit non ha lo scopo di vendere di più, in modo
redditizio, ma di permettere alle Onp di gestire con efficacia le loro
relazioni con il pubblico (utenti, dipendenti, volontari, donatori/sostenitori,
enti pubblici, mass media).
Figura 1.1.: Legame tra offerta e domanda nel marketing non profit
6
Esso deve conseguire importanti obiettivi: migliorare la vita sociale
dei destinatari, conoscere i bisogni della domanda sociale ed identificare
una risposta adeguata, capire le necessità dell’ambiente, raccogliere
informazioni di cui l’offerta necessita per approcciare il mercato sociale con
successo, predisporre il posizionamento ottimale della Onp e della sua
offerta nel mercato sociale, organizzare e controllare l’attività, assicurare
una gestione economica e manageriale, conseguire una redditività sociale.
Il marketing non profit presenta determinati caratteri distintivi: è
sociale (risponde ad una domanda sociale, contribuisce al miglioramento
della vita), è dinamico (le Onp devono adeguarsi al continuo cambiamento),
è mirato (si occupa di nicchie specialistiche), è legato al territorio (risponde
ad una domanda di una specifica area), è operativo (deve conseguire
risultati pragmatici: conquistare spazi del mercato sociale, conquistare
segmenti di cittadini-utenti, volontari, sostenitori, consenso sociale), è
differenziato (si deve differenziare per obiettivi, soluzioni di problemi,
progetti), è costante, è partecipato (richiede consenso), ha una dimensione
umana (l’uomo è al centro della sua azione sia nel caso di cittadini, utenti,
volontari, donatori) (Foglio, 2003).
L’approccio di marketing rappresenta l’insieme di scelte attraverso le quali
l’Onp si propone di raggiungere gli obiettivi prestabiliti nei confronti del
mercato sociale, della domanda, dei volontari, dei donatori.
Tale approccio potrà assumere diversi connotati: essere differenziato,
indifferenziato, concentrato o di nicchia, misto.
Nell’approccio differenziato, l’Onp si propone di rivolgersi a un particolare
segmento indirizzandosi in maniera selettiva al mercato.
Tale scelta comporterà maggiori costi di ricerca di mercato,
un’approfondita conoscenza del mercato e dei segmenti, notorietà ed alto
livello di immagine sociale, supporto indispensabile di comunicazione e
promozione, personal selling di alto livello.
7
I vantaggi saranno determinati dalla possibilità dell’offerta di rispondere in
maniera ottimale alle richieste del mercato.
Nell’approccio indifferenziato si prende in considerazione solo ciò che vi è
di comune nei possibili destinatari dell’azione di marketing. Per poter
approcciare il mercato in tale maniera è necessario che i destinatari
posseggano caratteristiche omogenee, è necessaria una penetrazione rapida,
decisa e su vasta scala del mercato, un’azione globale di comunicazione e
promozione, una capacità di gestire cicli di vita di prodotto/servizio con
inferiore durata su tutto il mercato. Le debolezze di tale approccio sono
un’offerta concorrenziale sostenuta, una minore efficacia di penetrazione di
segmenti indifferenziati, la relativa insoddisfazione di segmenti specifici,
un’immagine generalizzata.
L’approccio di marketing concentrato rivolge le sue attenzioni ad una
nicchia del mercato sociale attentamente selezionata.
Si riduce così la competizione e si sfruttano meglio le opportunità. Si offre
un elevato livello di qualità alla soluzione del problema sociale.
Nell’approccio misto si prevede l’applicazione nel mercato di approcci
diversi.
Le decisioni relative al tipo di approccio da utilizzare divengono per l’Onp
un momento strategico di notevole importanza e ne determinano il successo
futuro.
In questa fase il fattore umano è maggiormente decisivo implicando la
necessità della presenza di management di alto livello all’interno
dell’organizzazione.
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1.2. Responsabilità sociale delle imprese
“Corporate social responsability”, la responsabilità sociale delle
imprese costituisce un riferimento di fondo delle politiche europee per il
lavoro e lo sviluppo sostenibile. Un principio ed un obiettivo, più che una
regola, come tale definito dalla Commissione Europea e fortemente
promosso e voluto, a partire dalle indicazioni della Conferenza di Lisbona
che nel 2000 ha definito e promosso la nuova strategia europea per il
lavoro.
Una strategia che rafforza decisamente la connessione tra società ed
economia e che, nell’ambito del principio guida di sviluppo sostenibile,
pone all’attenzione degli Stati membri proprio il collegamento tra l’agire
economico e la qualità sociale.
Il fare impresa diviene quindi un elemento valutato non solo ai fini della
produzione di ricchezza materiale, ma anche in termini più ampiamente
sociali: dalla creazione di occupazione di qualità alla promozione di reti
sociali, dall’attenzione per l’occupabilità alla tutela ambientale.
Si tratta in realtà dello sviluppo e della “ codificazione” di un’attenzione e
di comportamenti che, in diversi Stati membri, sono stati oggetto in questi
anni di vari interventi promozionali e normativi.
D’altra parte è oggetto da anni sia di studi sociologici che economici quel
modello di sviluppo, che da più parti si vuole “ europeo”, che punta sulla
qualità delle reti sociali come un elemento di fondo della capacità
economica di un territorio, nella convinzione, sostenuta da dati e ricerche,
che in una economia evoluta e che punta alla qualità, il “ viver bene” aiuta
la creazione di opportunità e di ricchezza.
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Da qui la convinzione di come la promozione di comportamenti
socialmente attivi delle forze economiche e dei fattori produttivi costituisca
non solo una scelta politica, ma una opportunità di sviluppo ed una vera e
propria forma di investimento.
L’Unione Europea collega quindi la varietà di interventi connessi alla
corporate social responsability (CSR) ad un progressivo sistema di
certificazione e valutazione, non ancora del tutto e compiutamente
codificato, rafforzando le raccomandazioni agli Stati Membri ed inserendo
l’obiettivo dello sviluppo sostenibile e dell’attenzione dell’economia verso
la società nella programmazione europea, non solo dell’FSE, e nelle
indicazioni per i Piani nazionali del lavoro.
Se l’attenzione formale del legislatore italiano verso il tema della
promozione della responsabilità sociale delle imprese è recente (Convegno
del 13 dicembre 2002 promosso direttamente dal Ministero del Welfare), in
realtà proprio le dinamiche sociali ed economiche in Italia mostrano la
validità dell’approccio europeo e degli obiettivi della corporate social
responsability.
Le differenze dei livelli e della qualità dello sviluppo economico delle
diverse regioni ed aree italiane appaiono infatti direttamente collegabili alla
presenza o meno di un sistema di servizi e di relazioni sociali. E’ il tema del
“capitale sociale”, variamente studiato dal punto di vista produttivo
(distretti ) o sociale (reti, servizi e concertazione tra le forze sociali), ed in
ogni caso elemento indicativo per la definizione del livello di sviluppo di un
territorio. Insomma, la promozione di comportamenti socialmente attivi da
parte delle imprese sembra costituire un elemento, un tassello fondamentale
dello sviluppo socialmente ed ambientalmente compatibile, di quella
relazione tra economia e società che, laddove è forte e ben strutturata,
costituisce lo snodo di fondo dell’efficacia del welfare.
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L’ambito di promozione della responsabilità sociale è vasto: da un livello di
base relativo al rispetto della soglia della legalità in relazione alla
sicurezza, all’inquinamento e al diritto del lavoro fino alla promozione di
interventi ulteriori in materia di occupabilità, ricerca e formazione, ed
ancora la partecipazione a programmi di investimento sociale
(dall’inserimento di disabili al sostegno alla cooperazione, alla attivazione
di servizi per i lavoratori, alla partecipazione attiva ai servizi per
l’impiego). Un’azione integrata che collega interventi che costituiscono
investimenti diretti per l’impresa ad immediata ricaduta ad azioni più
direttamente rivolte al contesto sociale. In una dinamica tuttavia in cui
l’impresa è posta al centro della rete sociale ed in cui quindi la distinzione
tra investimento diretto ed indiretto si fa meno evidente, in quanto la qualità
sociale costituisce una componente della stessa competitività
dell’economia.
In questo senso i paesi occidentali si trovano a poter promuovere la
responsabilità sociale delle imprese in relazione ad una duplice rete di
sostegno:
le dinamiche di organizzazione a rete e a distretto dell’economia; la
presenza dei soggetti dell’economia sociale.
In questo senso la progressiva affermazione dei criteri e degli obiettivi della
responsabilità sociale delle imprese ha consentito, da un lato,
l’avvicinamento dei soggetti dell’economia sociale e del non profit
tradizionale alle imprese e alle loro organizzazioni e, dall’altro, un
ripensamento da parte dell’economia profit tradizionale delle forme di
investimento a medio e lungo periodo.
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Il sistema delle Camere di Commercio, le maggiori imprese italiane,
soprattutto a livello locale e alcune organizzazioni di impresa stanno
attivando forum e promuovendo progetti rivolti a questi obiettivi. L’Unione
Europea ha costituito un comitato di intervento per il coordinamento delle
azioni (Forum del CSR) ed il Ministero del Welfare ha posto il tema del
rapporto tra imprese e welfare tra i temi rilevanti della sua agenda.
Organizzazioni di impresa come CNA hanno costituito strutture nazionali
(Impresa sensibile) per sostenere l’attenzione sociale delle PMI mentre
sorgono reti di intervento e di progetto promosse da grandi imprese ed
Università ( Sodalitas). E’ tra l’altro in corso un’iniziativa comunitaria
promossa da CISL, Università di Roma, CNA Impresa sensibile e Comunità
di Capodarco proprio per la certificazione della sensibilità sociale delle
imprese, da vedersi soprattutto come il sostegno alla non discriminazione e
alle pari opportunità per l’occupabilità delle persone svantaggiate nel
sistema produttivo.
E’ un inizio che vede la progressiva costituzione di reti nazionali e sovra-
nazionali.
Una prospettiva interessante, ma impegnativa, che mette in discussione
tradizionali assetti e divisioni della rappresentanza e dell’agire nella nostra
società ed economia. E soprattutto che scardina la facile abitudine di buona
parte dei soggetti dell’economia di lasciare alla facile beneficenza e ai
lasciti alle Fondazioni ogni attenzione sociale. Abitudine che diviene priva
di senso laddove la qualità della società (in termini ampi: dalla scuola ai
servizi) costituisce la pre-condizione della competitività anche economica
di un territorio.