Introduzione
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La terza parte (ACCOMODATEVI), invece, ha per oggetto il ruolo del punto vendita e
le caratteristiche che esso dovrebbe possedere per trasformarsi in un palcoscenico per le
esperienze che le imprese intendono allestire. Oltre ad analizzare alcune problematiche
inerenti al punto vendita, mi sono concentrato fondamentalmente sull’atmosfera intesa come
strumento di comunicazione estetica, nel senso classico del termine.
In PRIMA DI SALUTARCI, invece, il padrone di casa tenta di allietare i suoi ospiti con
un racconto e del buon caffè.
La quinta ed ultima parte (USCITA) contiene delle riflessioni conclusive personali che
hanno l’obiettivo di filtrare i contenuti esposti, tentando di evidenziare criticamente vantaggi
e limiti, non tanto dell’approccio esperienziale al marketing nei suoi contenuti teorici, quanto
delle sue applicazioni concrete da parte degli operatori di mercato.
1_Entrata I fondamenti teorici
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1_Entrata
I fondamenti teorici
1.1 Il processo di comunicazione del marketing estetico ed esperienziale
Scopo di questo primo capitolo è quello di fornire una panoramica delle attuali tendenze
del mercato, in modo da mettere in evidenza le modalità con cui il marketing e i suoi studiosi
reagiscono e si adoperano per contrastare i repentini cambiamenti che investono l'identità del
mercato e dei consumatori.
In questa sede intendo parlare di alcuni aspetti della comunicazione ai quali le più
innovative branche del marketing prestano oggi molta più attenzione che in passato. Il
panorama attuale diventa sempre più complesso e il marketing si deve inevitabilmente
adattare; è così che spesso capita di vedere il termine marketing affiancato da aggettivi come
estetico, esperienziale, oppure visivo, olfattivo, ecc. per scendere più in dettaglio. E' quasi
come se questi aggettivi volessero dire che il marketing “vecchia maniera” non è più
sufficiente. Il marketing estetico e il marketing esperienziale non sono più avanguardie per
differenziarsi, ma si stanno trasformando sempre più in strumenti necessari alle imprese per
sopravvivere.
Il marketing estetico [...] tratta gli elementi in modo che le singole parti siano
fruttuosamente mescolate e interrelate con tutte le altre, e in modo che in ogni
singola parte si rispecchi il risultato finale. [...] Tale risultato possiede una forza e
una resistenza superiore alla semplice somma delle parti. Ecco perché, in
comunicazione, sbagliare anche un solo aspetto significa indebolire moltissimo
l'insieme mentre se ogni elemento è corretto, abbiamo come risultato una
comunicazione dotata di maggiore impatto, in grado di suscitare interesse, di
fornire informazione e possibilità di identificazione. A tali fenomeni può seguire
un maggiore livello di comprensione, una più alta credibilità, frutto di una forte
coerenza, e una convinzione superiore
1
.
1
M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore 2002, pp. 179-180
1_Entrata I fondamenti teorici
8
La definizione di marketing estetico appare oggi fuorviante, in quanto nel corso dei secoli il
termine estetica è diventato sinonimo di studio e comprensione del fenomeno del bello. Per
dare una definizione corretta di marketing estetico bisogna invece ritornare alla radice
etimologica del termine. L'estetica è una disciplina antica e precisa che nasce occupandosi
della “teoria della conoscenza sensibile”, e cioè della capacità da parte dei nostri cinque sensi
di apprendere e di conoscere
2
.
«Abbinare il marketing all'estetica significa portare la sensibilità e l'attenzione del
marketing a prendere in considerazione ogni singolo elemento percettivo»
3
. Sono proprio gli
elementi percettivi a dare forma e sostanza all'esperienza di consumo, che si sta sempre più
“sensibilizzando”. La “sensibilizzazione” è una caratteristica emergente dello studio
dell'identità delle marche, le quali possono essere guardate, sentite, annusate, ascoltate, ecc.
Nel panorama attuale, utilizzando coerentemente i canali complementari della comunicazione,
cioè quelli non verbali (sintetici e sinestetici), si può ottenere un vero e proprio vantaggio
competitivo.
Il marketing estetico si esplicita in tutto quello che può passare sotto i cinque sensi, e
consiste nella focalizzazione sull'estetica, intesa nel senso di comprensione attraverso i cinque
sensi. Si tratta di un tipo di comprensione che non conduce al concetto, ma all'esperienza.
«L'estetica è in grado di produrre nuove opportunità e, come conseguenza della
maggiore attenzione che il marketing manifesta verso agli aspetti estetici, produce in noi una
più approfondita esperienza del consumo. Questo è il passaggio dall'estetica all'esperienza.
In altri termini, costruire una situazione di consumo che risponda ai dettami del marketing
estetico significa far sì che il consumatore si avvii verso un consumo esperienziale»
4
. Scopo
del marketing esperienziale è quello di confondere i confini tra denotazione e connotazione: la
situazione esperienziale del consumo si deve confondere con ciò che viene consumato, e
quindi con l'aspetto denotativo e concreto della situazione di consumo.
La sfida del futuro per le aziende è quella di costruire esperienze memorabili, e quindi
diventa necessario aumentare il livello di marketing estetico nell'atto di acquisto/consumo. La
comunicazione diventa sensibile, e non coinvolge solo gli esseri umani, ma anche le cose, i
beni, i servizi, i packaging e le marche.
2
Fu Kant a riprendere l'accezione etimologica del termine dando il titolo di Estetica trascendentale alla prima
parte della Critica della ragion pura.
3
B. H. Schmitt - A. Simonson, Marketing Aesthetics. The Strategic Management of Brands Identity, and Image,
New York, The Free Press 1997
4
M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore 2002, p. 185
1_Entrata I fondamenti teorici
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1.2 La Nuova Economia
La Nuova Economia può essere definita come il complesso dei cambiamenti provocati
nelle aziende di produzione e di distribuzione dalla contemporaneità della competizione
globale e di sempre più pervasive tecnologie dell'informazione. Le radici del mutamento
della Nuova Economia risalgono alla metà degli anni Settanta, quando iniziò il passaggio dei
maggiori settori industriali (auto, acciaio, calcolatori, beni durevoli, materie prime ecc.) da
una situazione macroeconomica di scarsità di risorse complessive (assunzione base
dell'Economia Classica) a una situazione di sovrabbondanza di risorse complessive
(assunzione base della Nuova Economia).
Questa transizione ha avuto un insieme di cause, principale delle quali il grande
sviluppo dell'offerta da parte di produttori in competizione ormai mondiale e tutti dotati di
tecnologie industriali avanzate e con produttività in continuo aumento (globalizzazione). La
conseguenza di tutto ciò è stato il progressivo spostamento nell'organizzazione dell'impresa
dalla centralità dell'efficienza della combinazione delle risorse, tradizionalmente assunte
scarse, alla centralità della soddisfazione dei clienti oramai “competitivizzati” dalla
sovrabbondanza di alternative.
Questo rovesciamento delle priorità economiche in termini di scarsità, reso possibile
dallo sviluppo della tecnologia, entra in una nuova fase all'inizio degli anni Novanta quando
la tecnologia accelera il passo con la convergenza tra informatica e telecomunicazioni in una
tecnologia unitaria delle informazioni (I & CT).
Le principali conseguenze che emergono sul lato dell'offerta sono tre:
la continua disarticolazione e ricomposizione dell'organizzazione dell'offerta in
funzione di un sostanziale abbattimento dei costi delle transazioni e di un
allargamento su scala globale della disponibilità di beni e servizi;
l'arricchimento crescente dell'offerta di beni e servizi nei contenuti di informazione;
l'arricchimento della relazione tra cliente e fornitore in termini bilaterali, attivi e di
crescente densità informativa.
Queste caratteristiche della Nuova Economia spiegano bene due nuovi fenomeni
economici. Si assiste a un potenziale aumento della produttività delle risorse superiore alla
capacità di sviluppo della domanda corrispondente, con (1) conseguente assenza a livello
macroeconomico di inflazione pur in situazioni di forte sviluppo e (2) l'imporsi a livello
microeconomico della cosiddetta centralità del cliente come opposta alla storica centralità del
produttore, che spingono le imprese a riorganizzarsi completamente.
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1.3 Differenziazione e cambiamento del consumatore
Attraverso l'applicazione dei princìpi e delle tecniche psicologiche alla ricerca sociale e
di marketing e lo studio delle opinioni, degli atteggiamenti e dei comportamenti del
consumatore si è dimostrato che il rapporto consumatore-bene di consumo è oggi dominato da
due tendenze: la differenziazione e il cambiamento. Queste rappresentano le maggiori sfide
che il marketing incontra nell'ambito del mercato di massa.
Si tratta di due ordini di fenomeni psicologici e socioculturali che dominano il rapporto
fra consumatore e oggetti del consumo nel nostro tempo.
Il fenomeno della differenziazione si riferisce alla crescente disomogeneità dei
consumatori che, se considerati in quanto individui o gruppi di individui, presentano distanze
sempre maggiori gli uni dagli altri su un mercato crescente di dimensioni.
Il fenomeno del cambiamento, invece, si riferisce alla trasformazione che subisce nel
tempo lo statuto della differenziazione interindividuale o intergruppo.
I due termini distinguono, in sostanza, due campi di variazione, di cui uno sincronico e
l'altro diacronico, nei quali si generano rispettivamente le distanze fra consumatori ad un
momento dato e le distanze fra i medesimi in tempi successivi.
Oggi si sa con certezza che aumenta progressivamente la variabilità interpersonale e
intergruppo (differenziazione) e che lo statuto di queste distanze muta nel tempo
(cambiamento); si tratta di fenomeni che hanno fatto emergere tendenze significative che
impongono una rivisitazione del ruolo del marketing.
Una di queste tendenze ha per oggetto fenomeni che riguardano l'evoluzione della
mentalità, in particolare per quanto concerne la percezione dei bisogni e l'investimento di
valore, cioè di desiderabilità rivolta ad oggetti, persone e modi di agire. La distanza
interindividuale e intergruppo, a questo proposito, è aumentata secondo una tendenza che va
dagli ambiti reali a quelli immaginari, da quelli concreti a quelli simbolici. Questo vale in
termini di differenziazione, nel senso che le persone sono più diverse le une dalle altre negli
ambiti dell'immaginario e del simbolico che in quello della realtà, così come vale in termini di
cambiamento, nel senso che più il tempo passa e più gli ambiti del simbolico e
dell'immaginario crescono rispetto agli altri.
Per meglio comprendere la tendenza appena descritta è necessario inquadrare
storicamente la rivoluzione avvenuta nel consumatore. Negli anni Sessanta la maggior parte
dei Paesi occidentali ha assistito ad una rapida crescita economica che è riuscita a garantire la
copertura dei bisogni primari della maggioranza della popolazione.
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La libertà dai bisogni primari si è accompagnata in quegli anni ad un accesso più ampio
ai livelli superiori dell'istruzione e ad un'accelerazione intensa dei consumi culturali, per
merito anche dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Questo insieme di fattori ha
cominciato ad agire sinergicamente, generando effetti di portata amplissima.
Negli anni Sessanta la gente si è messa in moto sul piano cognitivo ed ha cominciato a
nutrire nuovi bisogni, nuove aspirazioni, nuovi desideri. Con l'esplosione dei moti
studenteschi inizia la rivoluzione dei desideri e dell'immaginazione. I movimenti che si
agitavano sulle piazze non erano proletari, ma borghesi, perché avanzavano richieste tutte
collocate ben oltre i bisogni primari.
Questo processo subì un rallentamento solo nella fase acuta della recessione economica,
fra il 1975 e il 1977.
Per descrivere i cambiamenti avvenuti negli anni '60 R. Inglehard ha proposto una
categorizzazione piuttosto elementare che è diventata estremamente nota e adottata ovunque.
Inglehard ipotizza che nuovi valori post-materialistici (autostima, stima sociale,
autorealizzazione) abbiano sostituito i vecchi valori materialistici (di chi aspirava solo al
posto di lavoro sicuro, al guadagno, alla protezione della famiglia e degli averi). La
contrapposizione fra valori materialistici e post-materialistici è molto efficace in quanto
riferita al paradigma tradizionale della povertà (bisogno di beni materiali e primari) e della
ricchezza (bisogni immateriali derivanti dalla saturazione dei bisogni primari).
Tuttavia, riportare la differenziazione e il cambiamento avvenuto negli ultimi decenni
alla dimensione materialismo/post-materialismo è un'operazione eccessivamente
semplificatoria e distorcente. Essa, infatti, tende a riportare ad un asse di lettura economico
dei fatti che si colgono pienamente solo su di un asse psicosociale. Infatti è l'esplosione della
soggettività il fenomeno alla base di tutti quelli di cui stiamo discutendo, e non può
certamente essere ridotta ad una dimensione economica. La crescente capacità dell'individuo
di autorappresentarsi, autodeterminarsi, autolegittimarsi costituisce senza dubbio un frutto
della raggiunta sicurezza economica, oltre che di un'istruzione più elevata e di
un'informazione più ricca, ma è anche una realtà nuova, un nuovo fattore di evoluzione
dell'individuo e della società, una potenzialità dalla quale l'economia stessa finisce a sua volta
per dipendere.
Riflettendo sul fenomeno psicosociale della crescente soggettività ci si rende conto che
esso ha la sua radice nella maggiore capacità dell'individuo di agire nell'ordine del simbolico,
di padroneggiare o addirittura generare simboli. La libertà dai bisogni primari ha aperto la
strada ai desideri, cioè all'immaginario e al simbolico.
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Il salto di qualità sta in questo aspetto del processo: dal materialismo, come subordinazione a
una realtà scarsamente elaborabile sul piano simbolico, al mondo del simbolico, cioè delle
idee, dei significati, delle rappresentazioni e dei progetti ai quali la realtà viene subordinata.
E' necessario iscrivere nella tendenza del reale al simbolico l'evoluzione del modo di pensare
dell'individuo, se si vuole capire ciò che è avvenuto nel recente passato e ciò che sta per
accadere. In questo modo è possibile comprendere perché l'individuo pensa in modo sempre
meno convenzionale, cioè in modo più libero e originale.
E' indispensabile muovere da questo assunto per capire anche la dinamica del consenso
individuale ai valori, il quale non viene negato ai grandi ideali (cioè i valori finali della
giustizia, dell'onestà, del sacro, della bontà, ecc.) ma che si carica emotivamente solo per i
piccoli ideali (cioè i valori strumentali della quotidianità, della professionalità, del tempo
libero, della relazione affettiva, ecc.) quelli, appunto, che il singolo è in grado di elaborare
simbolicamente in modo autonomo e di far divenire per libera scelta i valori dominanti del
mondo personale. L'accresciuta soggettività comporta necessariamente questa
polverizzazione dei simboli valoriali, che qualcuno descrive come la crisi dei valori.
Un secondo ordine di fenomeni concerne prevalentemente il piano dei comportamenti,
così come il primo riguardava aspetti della mentalità. Anche nell'ambito dei comportamenti si
è accentuata la differenziazione individuale e si è osservata una mobilità nel tempo più
marcata rispetto all'ambito delle credenze e dei valori. Per esempio, nel nostro Paese (così
come in molti altri) vi sono consumi e mercati il cui incremento o decremento annuo viene
espresso da percentuali a due cifre, mentre il consenso ai valori mutua al massimo dell'1-2%
5
.
Ad ogni modo il senso profondo di questa tendenza è un altro. E' accaduto qualcosa che
si può descrivere dicendo che si sono moltiplicati i modelli di comportamento e di consumo e
che contemporaneamente questi si sono democratizzati: la moltiplicazione non è avvenuta
verticalmente tra i vari livelli socioeconomici, ma orizzontalmente. La gerarchia sociale
implicita nei modelli si è appiattita, e ciascun modello ha cominciato a parlare per se stesso,
non per la posizione occupata rispetto agli altri. In definitiva, questo aspetto del mutamento
sociale si rileva nel passaggio da modelli comportamentali ordinati per livello di status a
modelli differenziati per stile di vita.
I livelli socioeconomici e di status sono dati e condizionanti in una società in cui molti
soggiaciono al bisogno; tale società è fortemente gerarchizzata e al suo interno ampi strati
inferiori guardano con invidia ai beni posseduti dagli strati superiori, beni che acquisiscono
l'alone dello status symbol.
5
Cfr. per l'Italia la ricerca psicografica di Eurisko.
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Al contrario, in una società saziata e dai bisogni elastici, la gerarchia di status perde
fascino, anche se permane: in essa i modelli di comportamento non devono necessariamente
ricondurre allo status, ma è preferibile che esprimano tutta la libertà e l'originalità di molti
stili di vita inclassificabili, cioè irriducibili ad un'unica scala.
Lo status è una condizione convenzionale, mentre gli stili di vita sono espressivi. Lo
stile di vita è un modello organico e coerente nell'agire personale quotidiano, in cui si esprime
l'accresciuta soggettività di milioni di persone. Lo stile di vita è divenuto la formula con la
quale il singolo tenta di conciliare concretamente delle aspirazioni materiali e immateriali fra
loro difficilmente compatibili. Anche in questo senso lo stile di vita è frutto di una
soggettività che si esprime con delle scelte di valore prima che in un modo comportamentale.
Dal momento che si parla di valori strumentali, in genere, lo stile di vita è sempre una scelta
temporanea, una risposta provvisoria che tiene conto di sollecitazioni interne ed esterne.
Sono questi i motivi che fanno degli stili di vita, empiricamente individuati, uno degli
indicatori nuovi e più interessanti sia della crescente differenziazione che del continuo
mutamento socioculturale.