Comunicazione di massa: teorie
L’evoluzione delle teorie di comunicazione di massa si suddivide in tre fasi, individuate
dalla studiosa tedesca Noelle-Neumann (1973)
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Nella prima fase, conclusasi negli anni quaranta, i media venivano visti come onnipotenti,
in grado di piegare qualsiasi volontà. Qui troviamo la “Teoria della società di massa” in cui
questa massa non è altro che uno strumento di manovra a disposizione dell’elité, ovvero
una minoranza organizzata che governa una maggioranza disorganizzata.
La “Teoria dell’ago ipodermico” è pero quella più rappresentativa di questa fase, viene
fatto riferimento ad un modello comunicativo che si caratterizza per una relazione diretta e
univoca che lega lo stimolo alla risposta (come negli esperimenti sui cani di Pavlov), i
fondamenti di questa teoria sono:
1. il pubblico è una massa indifferenziata in cui gli individui sono in un isolamento
fisico, sociale e culturale;
2. i messaggi veicolati dai media sono potenti fattori di persuasione, in grado di
introdursi all’interno degli individui con le stesse modalità di un “ago ipodermico”;
3. gli individui sono indifesi di fronte al potere dei mezzi di comunicazione di massa;
4. i messaggi veicolati sono ricevuti da tutti i membri nello stesso modo.
Gli individui sono veramente soli, senza una rete di protezione, esposti senza scampo agli
stimoli esercitati dai media.
Nella fase successiva si assiste a un deciso ridimensionamento del potere dei media,
viene sostenuto che “la comunicazione di massa non funge in genere da causa necessaria
o sufficiente degli effetti sul pubblico, ma agisce, semmai, un complesso di fattori
intermediari”
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(Klapper, 1960, p.8) si afferma in questa fase il paradigma degli effetti
limitati dei media.
In questa fase si scopre la rilevanza assunta da alcuni individui che, fornendo materiale
conoscitivo e interpretativo ad altri soggetti assumono il ruolo di “leader d’opinione”; viene
introdotta l’idea del flusso a due fasi della comunicazione in cui le idee sembrano passare
dalla radio e dalla stampa ai leader d’opinione e da questi ai settori meno attivi della
popolazione.
Gli assunti che troviamo in questa seconda fase sono:
1) gli individui non sono isolati socialmente;
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Bentivegna, S., 2003, Teorie delle comunicazioni di massa
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Bentivegna, S., 2003, Teorie delle comunicazioni di massa
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2) la risposta ai messaggi veicolati dai media non è diretta e immediata ma mediata e
influenzata dalle relazioni sociali;
3) vi sono 2 processi all’opera, uno di ricezione e attenzione e un’altro di risposta, il
quale può assumere la forma di accettazione o rifiuto dell’informazione veicolata;
4) gli individui non sono tutti uguali di fronte alle campagne mediali, ma hanno
differenti ruoli nel processo comunicativo;
5) i leader d’opinione hanno un consumo mediale più elevato, un più basso livello di
gregarismo e una percezione di sé come persona influente sugli altri.
La teoria degli effetti limitati dei media fu però presto criticata e poi messa da parte da chi
era convinto che la storia non finisse lì, questo apre la strada alla terza fase, ovvero quella
del ritorno all’idea dei media potenti (Noelle-Neumann, 1973).
In quest’ultima fase l’attenzione si concentra sugli effetti a lungo termine, sulla capacità di
elaborare le informazioni disponibili, su fenomeni collettivi come la formazione
dell’opinione pubblica, sui modelli culturali offerti dai media, sul potere dei media di
affermare e diffondere specifiche ideologie.
E’ questa la parte più importante per quello che verrà approfondito in questa tesi, da qui
partiremo per esplorare l’uso/abuso dell’informazione nel formare e indirizzare l’opinione
pubblica.
Le più recenti teorie attribuiscono ai media il potere di intervenire nella costruzione sociale
della realtà da parte degli individui, si ritiene che i media giochino un ruolo rilevante nei
processi di interpretazione della realtà.
AGENDA SETTING E SPIRALE DEL SILENZIO
Queste due teorie riguardano entrambe gli effetti dei media ed in particolare di quelli a
lungo termine.
Secondo quanto afferma la teoria dell’agenda setting:
“in conseguenza dell’azione dei giornali, della televisione e degli altri mezzi di
informazione, il pubblico è consapevole o ignora, dà attenzione oppure trascura, enfatizza
o neglige, elementi specifici degli scenari pubblici. La gente tende a includere o escludere
dalle proprie conoscenze ciò che i media includono o escludono dal proprio contenuto. Il
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pubblico inoltre tende ad assegnare a ciò che esso include, un’importanza che riflette da
vicino l’enfasi attribuita dai mass media agli eventi, ai problemi, alle persone.”
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(Shaw,1979)
Secondo questa teoria, gli individui hanno bisogno dei media per accedere a esperienze,
mondi e realtà che mai potrebbero conoscere personalmente, i mass-media offrono quindi
gli elementi conoscitivi in base ai quali i soggetti prendono decisioni e agiscono, attraverso
l’accrescimento del grado di conoscenza e informazione, permettono di cogliere le correnti
di pensiero e gli atteggiamenti dominanti in un dato momento storico.
Possiamo dire che il concetto di agenda rappresenta:
“un insieme di temi che vengono comunicati secondo una certa gerarchia di importanza in
un determinato momento.”
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.(Dearing e Rogers 1996, in Marini)
Il sistema dei media offre agli individui temi e problemi intorno a cui pensare e discutere,
non li costringe ad assumere un particolare punto di vista, propone un’agenda di temi su
cui pensare, in altre parole limita il nostro orizzonte tematico.
“Descrivendo e precisando la realtà esterna, prestano al pubblico una lista di ciò intorno a
cui avere un opinione e discutere. L’assunto fondamentale dell’agenda-setting è che la
comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale è mutuata dai media.”
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(Shaw, 1979).
Da qui, nasce anche il problema della “distorsione della realtà”: “nella misura in cui il
destinatario non è in grado di controllare l’accuratezza della rappresentazione della realtà
sociale, sulla base di qualche standard al di fuori dei media, l’immagine che egli si viene
formando mediante questa rappresentazione finisce per essere distorta, stereotipata o
manipolata.”
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(Roberts, 1972)
Ai media non interesserebbe persuadere, questo perché i media non hanno bisogno di
farlo, si limitano a far scegliere tra una gamma di opzioni che vengono presentate, la realtà
viene quindi vista nel modo in cui i media la presentano, inoltre, discutendo sugli
argomenti che vengono proposti si rafforzata ulteriormente questa “realtà dei media”.
Thomas (Scuola di Chicago, anni ‘20): ”se gli uomini definiscono certe situazioni come
reali, esse saranno reali nelle loro conseguenze”.
“L’agenda setting è una teoria sul trasferimento di salienza degli elementi che
costituiscono le immagini del mondo che vengono presentate dai mass media agli
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Wolf, M., 2006, Teorie delle comunicazioni di massa
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Dearing, J. W., Rogers, E. M., 1996, Agenda-setting
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Bentivegna, S., 2003, Teorie delle comunicazioni di massa
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Wolf, M., 2006, Teorie delle comunicazioni di massa
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elementi che costituiscono le rappresentazioni mentali della realtà degli individui.
L’assunto teorico di fondo è che gli elementi che hanno maggior rilievo nelle
rappresentazioni offerte dai media assumono lo stesso rilievo anche nelle
rappresentazioni elaborate del pubblico.”
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(McCombs, 1996).
Un importante elemento dell’agenda dei media sono le prospettive e i “frame” che i
giornalisti, e in seguito i membri del pubblico utilizzano per pensare e parlare di questi
temi. Questi “frame” fanno si che l’attenzione si focalizzi su alcuni attributi e si allontani da
altri.
Possiamo dire che i mezzi di comunicazione operano filtrando e poi amplificando
selettivamente, relativamente ad una gerarchia d’importanza: questa viene accolta
dall’agenda degli utilizzatori delle informazioni e si traduce in giudizi di importanza che
l’opinione pubblica formula nei confronti dei problemi del giorno.
Dearing e Rogers sostengono che la teoria dell’agenda setting è utile perché:
“offre una spiegazione di come informazioni in merito a certi temi e non ad altri siano
disponibili al pubblico in una democrazia; come l’opinione pubblica si forma e come certi
temi sono affrontati mediante specifiche azioni politiche mentre altri temi non lo sono”
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La seconda teoria presa in analisi, ossia quella della spirale del silenzio, aggiunge un
ulteriore sfumatura alla costruzione della realtà da parte degli individui ed entra più in
profondità nel contesto dell’opinione pubblica.
Nonostante questa teoria presenti alcuni punti estremamente rigidi e sia stata criticata,
contiene in sé elementi che possono aiutare ad interpretare la dinamica con cui i media
possono contribuire al mutamento sociale.
La teoria della spirale del silenzio, elaborata negli anni dalla Noelle-Neumann, può essere
presentata in prima istanza dalle parole di MacQuail (1994): “tale teoria riguarda
l’interazione fra quattro elementi: mezzi di comunicazione di massa; comunicazione
interpersonale e rapporti sociali; manifestazioni individuali di opinione; percezione che gli
individui hanno dei “climi di opinione” nel proprio ambiente sociale”
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La Noelle-Neumann sceglie di utilizzare il concetto di opinione pubblica “integrativa” per
elaborare la sua ricerca, “la pubblica opinione è interpretata come un processo che
continuamente si svolge tra i cittadini, è basata sulla natura sociale umana e garantisce la
formazione e il rafforzamento per ambiti ricchi di valore. (…) L’opinione pubblica è un
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Bentivegna, S., 2003, Teorie delle comunicazioni di massa
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Bentivegna, S., 2003, Teorie delle comunicazioni di massa
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