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Introduzione
Perché una tesi sul made in Italy?
La risposta non è scontata ma nasce dalla crescente consapevolezza della
forza di questo marchio e delle molte potenzialità ancora inespresse.
Nel mondo globalizzato la competizione economica è sempre più difficile
e nuove potenze industriali stanno prepotentemente avanzando, il made in
Italy si trova quindi ad affrontare problemi inaspettati e di grande rilievo.
Le contraffazioni di prodotti italiani continuano a crescere, i governi
continuano a destinare poche risorse per la ricerca e l’innovazione, c’è
poca propensione a fare sistema da parte delle istituzioni che dovrebbero
sostenere di più le imprese del made in Italy. Questi ed altri problemi sono
sotto l’occhio di tutti ma nonostante ciò le imprese italiane continuano a
sfornare prodotti di qualità portando in alto nel mondo il gusto, la fantasia,
l’innovazione in una parola: l’italianità.
Oggi non solo i prodotti, ma lo stile di vita italiano è apprezzato in ogni
parte del mondo. Questo è un grande patrimonio per l’Italia e per tutto il
suo sistema produttivo che deve credere in queste potenzialità inespresse e
promuovere con estrema decisione il marchio made in Italy nel mondo e
all’interno dei confini nazionali.
Dopo aver affrontato nel primo capitolo le peculiarità, i punti di forza e di
debolezza del marchio made in Italy, nel secondo ho trattato le proposte di
legge e le misure governative, chiarendo anche come il nuovo logo
presentato, ed il logo in generale, siano importanti nella comunicazione
pubblicitaria.
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Nel terzo capitolo ho spiegato la funzione della marca e della sua
immagine, la sua capacità di creare dei mondi possibili, di allargare i suoi
orizzonti diventando internazionale, anche utilizzando come esempio due
simboli vincenti del made in Italy: la moda e la Ferrari.
Nel quarto ho invece trattato il concetto della qualità come sinonimo dei
prodotti del made in Italy, soffermandomi anche sull’idea della qualità
totale da applicare all’intero processo produttivo rifacendomi alle proficue
esperienze giapponesi di kaizen (miglioramento continuo).
Puntare sulla qualità dei prodotti è importantissimo ma lo sarà ancor di
più far crescere la qualità dell’intero sistema produttivo. Credo che questa
sia una delle tante sfide che dovranno vincere le aziende italiane nel
prossimo futuro.
Sempre nel quarto capitolo ho trattato il discorso relativo alla produzione
di cappe, prodotto tipicamente italiano, prendendo come riferimento una
prestigiosa azienda italiana del settore: la Faber s.p.a.
Grazie alla collaborazione dell’Amministratore Delegato dell’azienda e di
uno dei responsabili della qualità ho potuto conoscere le caratteristiche, le
potenzialità e le difficoltà di un settore in forte cambiamento che sta
puntando su produzioni di qualità.
La tesi si conclude con alcune mie proposte di annunci stampa per
promuovere il marchio made in Italy.
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1.1 Che cos’è il made in Italy?
Si scrive made in Italy e si traduce in abiti eleganti e design
sofisticato. Ma non solo. Dal cibo italiano alle soluzioni
tecnologiche più avanzate in campo meccanico e della
robotica, sono tanti i settori che danno lustro all’economia del
bel paese nel mondo, sostenuta e rappresentata sia dal lavoro
e dall’iniziativa di grandi imprese che da una miriade di
piccole e medie aziende.
Il made in Italy è ormai parte della cultura del nostro paese e
anche uno degli elementi di immagine dell’Italia nel mondo.
Elemento unificante della galassia del made in Italy è senza
dubbio il valore dell’estetica: “made in Italy” è mangiare
bene, vestirsi alla moda, vivere in un ambiente gradevole.
Infatti, quando si pensa al made in Italy, tradotto in un vestito
di Versace o in un Brunello di Montalcino o in una macchina
di design Pininfarina, si pensa a prodotti che, dal punto di
vista della loro qualità e del loro utilizzo, presentano un
altissimo contenuto estetico.
Il made in Italy è un elemento centrale dell’identità culturale
italiana; in Italia si realizzano le scarpe in un certo modo
perché qui c’è un certo gusto estetico, una certa storia: non a
caso è il paese del Rinascimento, di Raffaello, di Leonardo, e
tutto questo senza dubbio conta.
Produrre una scarpa made in Italy non è sicuramente di per
sé difficile. Si produce perlopiù in pelle, uno dei materiali più
diffusi del mondo e non è neanche competitiva dal punto di
vista dei costi in quanto le scarpe delle Filippine o cinesi
vengono prodotte con un costo del lavoro largamente minore.
Qual’è allora la differenza, il valore aggiunto che fa sì che ad
esempio alla Quinta Strada di New York si vendano solo
scarpe italiane?
La risposta sta nell’elemento di innovazione e di qualità
costituito dal gusto, dal design, da come è prodotta e trattata
la pelle, da come si presenta la scarpa made in Italy.
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Il fatto di essere il paese del made in Italy inteso quindi come
un paese che ha un profilo fortemente estetico deve essere
considerato come un elemento di forza. In realtà spesso il
paese stesso non vive questa sua identità come un fattore di
potenzialità ed è sovente radicata la convinzione che ci sia
innovazione solo se si fabbricano computer o comunque
prodotti ad alta tecnologia.
Fare un buon olio tuttavia richiede una capacità innovativa
pari a quella che si usa per la realizzazione di un processore,
è chiaro quindi che l’innovazione non appartiene solo a
determinati settori.
“Persino settori considerati “maturi” come il tessile, la
rubinetteria o le ceramiche sono stati capaci nel recente
passato di introdurre innovazioni radicali come il “fresco
lana” (innovazione di prodotto), l’introduzione dei dischi di
ceramica nei rubinetti miscelatori monocomando o il
passaggio dalla tradizionale bicottura alla monocottura delle
piastrelle (due esempi di innovazione di processo)”. (Quadrio
Curzio A., Fortis M., 2000, p.51).
L’Italia deve essere, quindi, molto più consapevole della
forza economica, sociale e culturale che esprime come paese
dell’estetica, del gusto e di tutto ciò che, a partire da questo
profilo, deriva.
Tuttavia il nostro paese non è soltanto questo.
“L’essere diventati progressivamente i migliori del mondo
nel fabbricare beni del tessile-abbigliamento, calzature,
mobili, ceramiche, gioielli, scarponi da sci ecc. ha favorito lo
sviluppo in Italia di una moderna industria dell’indotto non
solo a livello di semilavorati e componenti, ma anche di
macchinari.
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Il nostro paese ha finito così per dominare (da solo o insieme
a paesi storicamente importanti nella meccanica come
Germania e Giappone) anche il mercato mondiale delle
macchine tessili, per imballaggio, per lavorare il legno, le
ceramiche, i marmi, per produrre le scarpe e così via”.
(Quadrio Curzio A., Fortis M., 2000, p.26).
Non si ha piena consapevolezza di tutto ciò che il made in
Italy rappresenta in termini di forza economica e culturale e
ciò dimostra che l’Italia ha una coscienza di sé minore di
quello che in realtà il paese è ed esprime.
La causa principale di questo è da ricercare senza dubbio
nella difficoltà strutturale che ha il paese a presentarsi come
sistema.
Da sempre è infatti emersa la scarsa propensione a fare
questo, cioè a proiettare sui mercati internazionali non la
singola impresa, che da anni comunque con coraggio affronta
sovente con successo tali mercati, ma l’intero sistema Italia.
Con la globalizzazione in atto, la competizione è sempre di
meno tra singole imprese e sempre di più tra sistemi nazionali
e, quindi, il proiettarsi come sistema-paese è oggi più che mai
un valore aggiunto di cui l’impresa ha sempre più bisogno.
Tale discorso vale a maggior ragione per l’Italia, la quale
presenta una morfologia del suo apparato produttivo
caratterizzata essenzialmente da imprese di piccola e media
dimensione, le quali quindi non hanno, proprio per una
ragione dimensionale, al proprio interno tutte quelle funzioni
e risorse per affrontare la nuova sfida globale e dunque hanno
bisogno di ritrovare fuori di sé gli strumenti di cui sono prive.
Fare sistema può significare molte cose, ma innanzitutto è
necessario intrecciare sempre di più la proiezione del paese
dal punto di vista politico con quella del suo sistema
imprenditoriale mettendo a disposizione delle aziende
strumenti che l’accompagnino, l’assistano e le sostengano
sui mercati internazionali.
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Tali strumenti dovranno essere pubblici, attraverso maggiori
risorse ed interventi promozionali, ma anche privati, come un
maggior sostegno del sistema bancario.
Come appena accennato gran parte del made in Italy viene
generato in distretti industriali formati da tante piccole e
medie imprese. Questo è un fenomeno tipicamente italiano
che ha attirato l’attenzione di molti studiosi e politici di varie
parti del mondo.
“Si è parlato al riguardo di vere e proprie “multinazionali
spontanee”, giacchè il peso economico di tali distretti nei
rispettivi settori di attività è tale da renderli eguali per
importanza occupazionale, valore della produzione e
proiezione sui mercati internazionali ai più grandi gruppi
industriali del mondo”. (Quadrio Curzio A., Fortis M., 2000,
pp.35-36).
Non è difficile, infatti, incontrare nel territorio italiano
distretti anche di piccole dimensioni che sono tuttavia leader
mondiali. Si ha a che fare con dei distretti specializzati in
nicchie particolari di mercato, che presentano fatturati di
notevole entità, come ad esempio quello bergamasco dei
bottoni o quello vicentino delle selle per bicicletta.
Il made in Italy, seppur costituito in gran parte da imprese
con meno di cinquanta addetti, garantisce all’Italia la maggior
quantità di addetti sul totale dell’industria manifatturiera, la
più duratura tenuta occupazionale nel lungo periodo e la più
alta intensità di occupati ogni mille abitanti rispetto alle altre
più grandi aggregazioni di industrie dei principali paesi
OCSE.
Solo un numero ristretto di settori del made in Italy ha
significative quote occupazionali in aziende con più di
duecento addetti e precisamente nel caso di alcuni comparti
del settore alimentare, caratterizzati dalla presenza di grandi
imprese leader a livello mondiale come Barilla, Ferrero,
Parmalat.
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Discorso analogo può essere fatto per pochi altri settori come
quello riguardante le caldaie e i bruciatori con gruppi come
Riello, Ferroli o quello degli elettrodomestici dove operano
grandi aziende come Electrolux-Zanussi, Merloni, Gruppo
Nocivelli ecc.
Facile intuire come la realtà produttiva dell’industria italiana
sia sostanzialmente basata sui settori del made in Italy (moda,
arredo casa, tempo libero, alimentazione mediterranea) e
della meccanica collegata. Questi settori sono un punto di
forza dell’economia italiana nell’ambito della competizione
globale e sono in grado di creare ricchezza ed innovazione.
Probabilmente di minor rilievo ma da non dimenticare è il
successo del made in Italy anche nel campo della
distribuzione che si basa su un modello del tutto diverso
rispetto a quello della grande distribuzione anglosassone.
“La distribuzione in molti settori del made in Italy,
soprattutto nell’area moda, ma anche in quella del mobilio, è
una distribuzione basata su reti di vendita imperniate sui
marchi, dotati di grande forza individuale ed immagine
presso il consumatore. Il successo di questo modello
distributivo moltiplica l’impatto del sistema industriale del
made in Italy sull’economia italiana, perché esso si riverbera
a valle su una miriade di piccole e medie imprese
commerciali di successo: le boutique, i negozi specializzati
ecc”. (Quadrio Curzio A., Fortis M., 2000, p.54).
Il made in Italy, pertanto, oltre a piccole e medie industrie di
successo si compone anche di una miriade di piccole e medie
imprese commerciali che portano i prodotti italiani sul
mercato e lottano contro un’agguerrita concorrenza straniera
e soprattutto contro i cosiddetti falsi d’autore.
Ultimo, ma non meno significativo, aspetto da sottolineare
per ciò che concerne il made in Italy è il collegamento tra
quest’ultimo e il turismo. Infatti le interrelazioni tra turismo,
moda, alimentazione mediterranea sono ben evidenti.
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Il turista straniero che arriva in Italia oltre a cogliere la
bellezza paesaggistica e culturale del nostro paese, con i suoi
luoghi di mare, di montagna, i suoi tanti monumenti e le sue
opere d’arte, può anche portare con sé un’immagine
incancellabile del gusto e del talento che possono offrire i
tantissimi prodotti tipici italiani, sia della moda che
alimentari.
“Il made in Italy è dunque non solo un fenomeno industriale
ed economico, ma anche un fenomeno culturale, artistico ed
un modello di vita che l’Italia esporta in tutto il mondo”.
(Quadrio Curzio A., Fortis M., 2000, p.54).
“In sostanza, il made in Italy esprime bene, nelle sue diverse
componenti e manifestazioni, la cultura ed i caratteri
dell’italianità ed i suoi prodotti finiscono per rappresentare
significativi simboli dell’immagine che il nostro paese vanta
a livello mondiale”. (Pratesi C.A., 2001, p.26).