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Introduzione
Nell’ attuale Contesto saturo dei mercati, con tecnologie e dinamiche intra e
internazionali che rifondano continuamente i canoni della comunicazione, risulta
difficile districarsi fra la natura, la ragione, e i significati. La funzione della
pubblicità si è scissa da quel pensare e progettare a lungo termine (questo soprattutto
per ciò che concerne il web) lasciando dei banner fluttuanti un mero abbaglio
fastidioso nell’utente disperso fra le sue ricerche su google, distratto nelle scorrere le
pagine dei social network, in un noioso zapping televisivo.
E' vero che, come indicano recenti indagini sociologiche, le persone, che ricevono al
giorno mediamente migliaia di messaggi e input esterni volti alla pubblicizzazione o
la comunicazione di qualcosa, sono diventate abili selezionatrici delle percezioni.
Audaci preventori delle stimolazioni pubblicitarie, ora che i format di presentazione
sembrano aver esaurito quell'effetto sorpresa ma anche coinvolgimento. Non saranno
certo I nuovi lidi di espressione dell'advertising
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che, sempre in maniera meno
ortodossa, spesso impiantati per lo più sull' intuizione, l'improvvisazione, che
esulano da specifiche procedure da manuale, a rinvigorire la comprensione e
l'apprezzamento delle dinamiche che sussistono ai consolidati processi - con
sfaccettature ben più ampie- dei piani di comunicazione, del marketing vecchio stile.
Non che manchino di efficacia, o discernano da qualsiasi validità artistica,
semplicemente rinvigoriscono una situazione già estremamente confusionaria.
Alimentando quel senso di straniamento sul cosa la pubblicità voglia realmente dire.
E perché sia “confezionata” in un determinato modo.
Il non addetto ai lavori, in balia di questo overload di stimoli, spesso recidivi,
frivoli, senza cognizione di intenti ha ragionevolmente perso interesse e la capacità di
carpire le motivazioni e l’architettura latente che sussiste a un volantino colorato, allo
spot televisivo, alla gigantografia sulla tangenziale. Questo, va detto, anche grazie
agli operatori di settore, che il più delle volte tendono a imbrigliare le semiosfere e le
potenzialità evocative del messaggio pubblicitario, preoccupandosi di asservire la
massima di Ogilvy – oggi mal interpretata- : “creativo è ciò che vende”. Un po' così
detta la logica del mercato globale, un po' è la cultura soprattutto nostrana che ha
scisso la pubblicità dallo stato di arte dandole spesso il compito di mero palliativo
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per una più facile emersione dalla caterva di marche, ora giocando sui doppi sensi,
ora puntando su improbabili testimonial sorretti da sceneggiature che definire
abbozzate è un eufemismo.
Con Internet l’agenzia ha decimato la funzione di mediazione che aveva come
motore complesso di interfaccia delle aziende verso il pubblico. Le più, vedi sempre
il contesto italiano, nemmeno considerano la possibilità di far analizzare le proprie
problematiche di pubblicizzazione da specialisti qualificati, risolvendo il dilemma
con l’ausilio di qualche grafico o video maker. Escludendo naturalmente da questo
discorso le grandi imprese multinazionali.
Credo quindi sia di primaria importanza, e doveroso, per chi è mosso da un briciolo
di interesse verso la materia estraniarsi prima di tutto dallo spazio e dal tempo per
avere una comprensione multidimensionale del settore. E’ assodato che per una
conoscenza teorica del funzionamento di una campagna e i meccanismi dell’agire
pubblicitario si potrebbe consultare un qualsiasi manuale, saggio, o frequentare
appositi corsi di grafica. Ma quanto il potenziale narrativo,esplicativo, della
strutturazione di una strategia può essere efficace mediante il mero studio di un tomo
universitario? Come si riesce a far interiorizzare tutte quelle dialettiche sociologiche,
politiche, linguistiche economiche e culturali che sottostanno a un claim, una scelta
di target, un determinato canale? In definitiva: Come si può capire il mondo
pubblicitario? La risposta non può che venire da una narrazione seriale, che sfrutti il
canale filmico dell’agire creativo attraverso un intera era. Che metta a confronto gli
ingranaggi e gli attanti della comunicazione con un contesto travagliato, un ambiente
sociale da capire, da sopraffare con la persuasione, l’inventiva. Un ambiente che si
evolve ma i cui concetti in evoluzione sono facilmente strutturabili, hanno una loro
linearità. Ma un ambiente Del quale però spesso non se ne riescono a prevenire i
risvolti e l’artista creativo si spoglia dell’immagine così ben costruita e deve
riadattare colpo su colpo il brand così ben congeniato ma di una labilità immane. Per
riuscire in questo delicato compito credo sia opportuno focalizzarci su un “caso”
americano, innanzitutto perché il nostro caro Paese ha investito in termini di tempo
energie e(soprattutto) denaro una porzione minima di ciò che è stata l’espressione e
l’importanza data all’advertising negli USA, oltre alle forti limitazioni creative
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imposte dal “fantasma caroselliano” che si sono ripercosse anche nei decenni
successivi. C’è da dire inoltre che gli Usa hanno sviluppato le fondamenta
dell’agenzia come la conosciamo oggi ed esportato terminologia ed assetti
organizzativi, dai quali possiamo solo attingere.
Ritengo quindi che la serie di Mad men riesca egregiamente nell’intento di mostrare
a tutto tondo la figura dell’artista e del funzionario di pubblicità inserito in quella
fase storica che è appunto la golden age in cui i precetti fordisti cominciano a cedere
il passo alle logiche del marketing, si può dare adito alle più svariate tecniche di
sperimentazione(oggi diremmo questo è uno dei pochi lati positivi della società del
capitale nel bene e nel male), agli approcci e le manifestazioni più variegate,
scardinando alcune certezze, rifondando dei valori costitutivi della società
contemporanea e dissipando via via quella gabbia di ipocrisia che vela i personaggi
facendone emergere i lati umani rischiarando l’occulto che vige sul mondo
pubblicitario. Si impara, si accusa il colpo, ci si ridimensiona mostrando con il
metodo più tangibile ed efficace cosa significhi l’adv. In una porzione di storia dalle
caratteristiche irripetibili, che hanno contagiato il futuro e si ripercuotono oggi in
maniera forse più latente e non solo nel campo pubblicitario, mettendo anche in
mostra in una posa più pura la società dell’immagine, con tutte le idiosincrasie che
genera, ma dal fascino ineguagliabile.
Al consumatore occidentale, perso nei meandri della crisi economica è qui l’incipit
che dà il là all’ Imbarbarimento nei consumi di massa, alle comunità fondate sul
pregiudizio e i fittizi progetti sociali, all’individualismo dilagante che come spiega
l’autore poggiano, nella trattazione della Sterling Cooper, su una base più palpabile
e che nella società attuale sono solo più velati ma con la giusta dose di perspicacia,
specie dopo un’attenta visione, facilmente riconoscibili.
E’ questa anche una chiave di lettura per capire il presente, e non fermarsi alle
apparenze di quello che ci comunica il mondo.
Concludiamo con l’importanza, oggi persa nella pubblicità, di riscoprire quei valori
etici persi nel corso degli anni, ritrovare un punto di raccordo che metta d’accordo
sinergicamente le personalità che si approcciano alla comunicazione, agire con una
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coerenza attitudinale prima ancora che lavorativa. E’ questo che riescono a
concretizzare i mad men ai nostri occhi. Imparare dagli errori, carpire i significati da
seguire, e agire responsabilmente. Avendo coscienza di detenere un’ arma
mediatica affilatissima, dall’inesprimibile potenziale culturale oltre che didattico.
Questo è ciò che c’è da insegnare ma, per dirla alla Gossage, estremamente difficile
da imparare.
NOTE:
1 Guerrilla marketing, Cool hunting e Cult searching.
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Capitolo uno
La pubblicità, nascita e sviluppo dell’agenzia.
L’importanza del contesto americano e della narrazione
seriale
Come esplicitato nell’ introduzione, scopo della mia trattazione è ricavare, nella
congerie semantica che adduce all’ambito pubblicitario, un dispiegamento delle
tecniche delle comunicazioni commerciali legato a una determinata era, che
discernono dalla proposta manualistica. In definitiva valutare l’approccio creativo, il
metodi e le dialettiche perpetuate dagli operatori della comunicazione secondo
l’avanzamento metodologico di una determinata epoca, con i relativi riferimenti
filosofici del periodo.
Farò qui in breve un’esposizione delle caratteristiche salienti che identificano il
settore disciplinare.
La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa in quanto deve provocare
o accrescere l’adesione delle menti ad una tesi. E’ sempre funzionale a un piano più
vasto e un vero macro obiettivo. Diversamente dagli altri tipi di comunicazione è
prevista la presenza di un committente oltre all’emittente che guida la funzione di
formazione del messaggio. Fra queste caratteristiche peculiari è da evidenziare come
l’uso del canale di comunicazione presuppone un “pagamento” che non è unicamente
una tariffa ma un costo inteso anche come investimento temporale, sempre presente,
spesso latente e indicatore utile per distinguere l’advertising vero e proprio dalle altre
forme di comunicazione argomentative come la propaganda sociale religiosa e
politica, che sono scisse il più delle volte da intenti commerciali. E’ unilaterale,
ovvero è sempre individuabile chi la promuove; è di parte e quindi non obiettiva con
un emittente sempre reso riconoscibile. E’ apprezzabile come espressione artistica
ed estetica solo a posteriori, quando perde le sue finalità persuasive e quando lo
studioso ha una mappa percettiva più definita che non del periodo di produzione del
messaggio. Ecco il motivo per la quale risulta arduo uno sguardo analitico all'odierna
generazione pubblicitaria proprio per il motivo che non ne conosciamo i risvolti,