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Capitolo I: IL CONTESTO STORICO.
1 L’ASSETTO POSTBELLICO.
1.1 Il secondo dopoguerra nel quadro internazionale.
L’assetto Europeo nel dopoguerra preoccupava non poco i membri della coalizione che
aveva sconfitto Hitler ancora prima dell’effettiva fine della guerra. Per trovare un accordo,
infatti, il Presidente degli Stati Uniti Roosvelt, il primo Ministro inglese Churchill e il
Presidente russo Stalin si riunirono a Yalta, in Crimea, il 4 febbraio 1945. Le ostilità non
erano ancora terminate, ma la capitolazione tedesca era solo questione di tempo. Nella
riunione fu sottoscritta la Dichiarazione sull’Europa liberata
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, che lasciava ampio spazio
all’autonomia decisionale dei popoli e alla loro possibilità di darsi governi rispondenti alle
loro effettive volontà tramite libere elezioni. Il ristabilimento dell’ordine in Europa e la
ricostruzione della vita economica nazionale dovranno essere raggiunti attraverso processi
che permettano ai popoli liberati di distruggere ogni traccia di Nazismo e Fascismo e di
creare proprie istituzioni democratiche
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. Venne anche affrontato l’argomento dell’istituzione
dell’ONU.
A Potsdam nella successiva riunione del luglio 1945, i vincitori divisero la Germania
in quattro settori, assegnati rispettivamente a URSS, USA, Gran Bretagna e Francia. Anche
Berlino venne divisa nello stesso modo. Nel contempo Roosevelt era morto, e il suo
successore Truman era molto più diffidente nei confronti di Stalin; già nel maggio del 1945
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A Yalta, si delinearono le reali intenzioni dei leader: Roosevelt sperava che i russi avrebbero accettato
l’instaurazione di governi democratici nei paesi dell’Europa orientale; Stalin invece, nel 1945 era preoccupato
di impedire per il futuro una nuova invasione del territorio sovietico, ed era profondamente convinto che solo
dei governi controllati da Mosca sarebbero risultati davvero affidabili. Pertanto ignorando la dichiarazione
firmata anche dall’URSS, il leader russo decise di procedere alla “sovietizzazione” di tutta l’area occupata
dall’armata rossa durante la sua vittoriosa avanzata: circa più della metà dell’intero continente europeo.
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Durante il temporaneo periodo di instabilità che attraverserà l’Europa liberata essi dichiarano di aver
congiuntamente deciso di uniformare le politiche dei loro tre Governi al fine di dare assistenza ai popoli liberati
dalla dominazione della Germania Nazista e ai popoli degli stati satellite dell'Asse Europeo al fine di risolvere
con strumenti democratici i loro pressanti problemi politici ed economici”.
Cfr.http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/conferenze_inter/conferenza_yalta.htm consultato il 08/06/2016.
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aveva interrotto gli aiuti nei confronti dell’URSS, intenta a legare a sé la Polonia. Poiché i
polacchi erano riluttanti ad accettare che i territori invasi dall’URSS nel 1939 fossero annessi
all’Unione Sovietica, Stalin decise di compensarli per tale perdita concedendo alla Polonia
un’ampia fascia di territorio tedesco e spostando il confine occidentale polacco fino alla linea
dei fiumi Oder e Neisse. Ciò significò la fine della plurisecolare presenza tedesca
nell’Europa dell’Est (le popolazioni tedesche residenti furono costrette a ritornare in
Germania); inoltre il nuovo assetto territoriale dell’area cancellò la Prussia quale entità
storica e culturale. In questa fase di riassestamento politico e geografico, L’URSS cercò di
rafforzare la propria posizione anche nella zona mediorientale e mediterranea, soprattutto in
Persia (Iran) Turchia e Grecia. Ciò irrigidì la politica estera americana, spingendola ad
abbandonare ancor di più la linea rooseveltiana di cooperazione con l’Unione Sovietica. A
ciò contribuiva anche Winston Churchill, che aveva avvertito gli Stati Uniti sul pericolo
comunista, a suo parere non meno grave di quello nazista
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. Nel ’47 la lotta al comunismo
trovò la propria espressione più diretta nella cosiddetta dottrina Truman. Nel discorso al
Congresso del 12 aprile 1947, il presidente degli USA fissò come obiettivo politico primario
quello di “contenere” il comunismo, in modo da impedire che altre regioni dell’Europa o del
mondo finissero sotto il controllo sovietico. Tale orientamento nasceva da considerazioni
che non erano soltanto di tipo politico e militare, bensì anche di ordine economico: i più
autorevoli economisti avevano chiesto a Roosevelt la creazione di una sorta di grande
mercato comune internazionale, capace di assorbire i manufatti degli USA e di garantire alle
sue industrie un regolare rifornimento di materie prime
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. Il modo in cui le considerazioni
politiche ed economiche fossero connesse nella strategia politica americana emerse con il
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Il 5 marzo del 1946, in uno dei suoi più famosi discorsi, Churchill aveva detto: “Diamo il benvenuto alla
Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari.
Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri
popoli. È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell’attuale situazione in Europa. Da Stettino nel
Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea
giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell’Europa Centrale ed Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna,
Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno ad esse, giacciono in
quella che devo chiamare sfera Sovietica, e sono tutte soggette, in un modo o nell’altro, non solo all’influenza
Sovietica ma anche a una altissima e in alcuni casi crescente forma di controllo da Mosca”. Tratto da
https://ogginellastoria.wordpress.com/2013/03/05/5-marzo-1946-churchill-pronuncia-il-famoso-discorso-
sulla-cortina-di-ferro/ “consultato il 08/06/2016”.
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L’obiettivo statunitense di un libero mercato globale, potenzialmente mondiale, era stato ribadito dai
fondamentali accordi monetari di Bretton Woods, stipulati nel 1944, e finalizzati a stabilizzare i cambi delle
monete. La decisione presa da Truman di procedere al contenimento del comunismo era il frutto non solo del
prospetto fallimentare che il progetto rooseveltiano di cooperazione con l’URSS era completamente privo di
prospettive, ma anche della convinzione che fosse in gioco la sopravvivenza stessa dell’economia americana.
Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Dottrina_Truman “consultato il 08/06/2016”.
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varo del Piano Marshall, un grandioso progetto di aiuti, lanciato dal segretario di Stato
George Marshall, e finalizzato a rilanciare la produzione industriale dei Paesi europei. Il
Piano Marshall
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divenne una formidabile arma di pressione, finalizzata soprattutto a
garantire agli USA l’allineamento di quei paesi (tra cui l’Italia e la Francia) che avevano al
proprio interno dei forti partiti comunisti. In risposta al piano Marshall, l’URSS fondò il
Cominform (Ufficio d’informazione dei partiti comunisti), il cui scopo era coordinare
l’azione politica dei partiti comunisti di tutto il mondo. Nel 1949 inoltre venne costituito
ufficialmente il Comecon (Comitato di assistenza economica). Il rilancio dell’economia
sovietica ebbe il suo apice nel 1949, quando l’URSS fu in grado di sopportare immense
spese necessarie per la produzione di ordigni nucleari.
Inoltre, Il 4 aprile 1949, nacque il Patto atlantico; vi aderirono Stati Uniti, Canada,
Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Italia, Norvegia e
Portogallo. A tale patto seguì un’alleanza di tipo militare: la NATO. Nel 1955 i paesi
comunisti costituirono il Patto di Varsavia. Era chiaro in Europa si erano creati due blocchi
di Stati contrapposti. La “guerra fredda” aveva avuto inizio, e sarebbe durata fino al 1989.
1.2. L’Italia.
Anche In Italia, all’inizio del secondo dopoguerra si delinearono gli schieramenti
contrapposti dei due maggiori partiti: da un lato la Dc (Democrazia Cristiana), il partito dei
moderati, cattolici e filo-americani; dall'altro il Partito dei comunisti italiani, il Pci, vicino
all'Unione Sovietica. La Dc, intrinsecamente interclassista, mirava a conquistare i credenti
di ogni ceto sociale; ispirandosi alla morale cattolica, si proponeva di salvaguardare la
proprietà, rispettare l’iniziativa individuale, limitare il potere dei grandi monopoli,
perpetrare, insieme alla Chiesa, politiche di assistenza alle famiglie provate dalla guerra con
l’obiettivo di proteggere tanto i consumatori come i produttori. La Dc si diceva attenta ad
assistere le fasce più deboli, ma al contempo sosteneva la classe imprenditoriale in
prospettiva di una ricostruzione economica dell'Italia. La maggior parte degli industriali
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Il Piano Marshall fu approvato dal Congresso americano nel marzo del 1948; quattro anni dopo (1952) quando
furono sospese le erogazioni, l’intero progetto aveva distribuito aiuti complessivi per oltre 13 milioni di dollari.
Cfr. http://cronologia.leonardo.it/marshal/marsh3.htm “consultato il 08/06/2016”.
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simpatizzò per la Dc: in sostanza, dopo la fine dello stato fascista (che aveva posto da sempre
delle limitazioni alle richieste della classe operaia) “[…] gli imprenditori miravano a
riconquistare quella libertà di azione che era stata severamente compromessa dalla ritrovata
autonomia del movimento operaio”
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Le classi popolari, invece, nel corso della guerra
avevano visto peggiorare di molto le loro condizioni di vita: molti erano rimasti senza casa
nelle città bombardate, soffrendo per la penuria di generi di prima necessità. Nelle aree rurali,
la temporanea sovrappopolazione causata dall'esodo in massa dalle città aggravava la
situazione. L’inflazione galoppante aveva eroso i salari degli operai cittadini. “A livello
nazionale il costo della vita era cresciuto di quasi 23 volte tra il 1938 e il 1945, mentre il
ritmo di crescita dei salari era inferiore della metà”
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. Le differenze regionali erano
drammatiche: i braccianti nel meridione costituivano sicuramente il settore più povero, e la
loro situazione era persino peggiore dei loro colleghi al nord e degli operai dell’industria.
Quest’ultimi auspicavano l’avvento di una nuova era socialista, ma la tanto attesa
rivoluzione era demandata ad un intervento esterno da parte dell’Unione Sovietica: erano
convinti che la liberazione, per loro, sarebbe giunta con i carri armati di Stalin. Vi era
comunque, in loro, un desiderio di ricostruzione e un'attesa di profonde riforme economiche
e sociali. Interprete dei bisogni della classe operaia e contadina fu Il Partito Comunista
Italiano. Tuttavia, nel periodo 1943-45 il PCI giocò d'attesa, rinviando ogni proposta di
riforma sociale e puntando all'alleanza politica con la Democrazia Cristiana. Si mirava ad
entrare a far parte del governo per operar una spinta all’attuazione di riforme strutturali che
consentissero l’emancipazione sociale ed economica delle classi lavoratrici. Nonostante la
strategia, per certi versi criticabile, il Pci registrava una buona crescita, anche grazie
all’attività di organizzazioni collaterali al partito (come l’Udi, Unione donne italiane,
un’organizzazione di donne progressiste che cominciavano a battersi per l’ottenimento della
parità di genere).
Nel giugno 1945, dopo settimane di prolungata contrattazione tra i partiti, Parri, capo
della Resistenza e membro del Partito d'Azione
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, divenne presidente del Consiglio, ma
rimase in carica pochi mesi (fino al novembre 1945, quando abbandonò il suo incarico). Il
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Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi, Milano 1996, p.61.
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Ibid., p. 65.
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Il PdA, Partito d’Azione fu una forza politica piccola ma di gran valore morale e intellettuale; raccolse
importanti pensatori e scrittori di orientamento liberal-socialista.
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Partito d'Azione era paralizzato da divisioni interne per lo scontento dell’anima moderata,
che nel 1947 promosse una scissione. Sulla scia di quest’ultima e delle dimissioni di Parri,
la Dc di Alcide De Gasperi (segretario nazionale) trasse grande favore. Infatti, il 10
dicembre, De Gasperi divenne presidente del Consiglio. Ciò avvenne anche con l’appoggio
della sinistra, tanto che De Gasperi - nella speranza di assicurare un periodo pre-elettorale
senza crisi politiche - nominò Nenni (segretario nazionale del Psi
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) vice-presidente del
Consiglio, il socialista Romita ministro degli Interni e Togliatti (segretario del Partito
Comunista) ministro della Giustizia. Due le questioni che pose subito De Gasperi: decidere
attraverso un referendum se l'Italia dovesse restare una monarchia o diventare una
repubblica; dare all'Assemblea Costituente, che sarebbe stata eletta dagli italiani, l’unico
incarico di redigere la Carta costituzionale. Intanto, nell’apparato dello Stato venivano
reintegrati funzionari e politici del vecchio regime (godendo alcuni di un’amnistia voluta da
Togliatti), mentre i leader partigiani avevano difficoltà nel conquistare ruoli e incarichi
istituzionali. Nonostante nell’Italia del dopoguerra persistesse una cronica mancanza di
materie prime come l'acciaio, il carbone e il petrolio, e vigesse un bassissimo livello di
produzione, i prezzi si mantenevano stabili. Ma ciò non bastava ovviamente a far ripartire
un'economia rimasta paralizzata nel ventennio fascista, che aveva bisogno d'essere
liberalizzata così come richiedeva una buona parte di imprenditori ed economisti di
orientamento liberale. Furono questi, peraltro, a dar vita ad una prima forma di “ripartenza”
dell'economia; dagli uomini di governo non veniva alcuna proposta organica di intervento e
pianificazione economica per la nazione ormai libera, né tanto meno ebbero potere di
incidere gli economisti comunisti, ideologicamente legati ad una visione statalista e
collettivista dell'economia modellata sul modello sovietico, improponibile in quel momento.
L'Italia si trovò a vivere in tal modo una situazione di stallo.
Il 2 giugno ’46, gli italiani (e le donne per la prima volta) si recarono finalmente alle
urne, dopo oltre 20 anni di diniego fascista. Gli elettori dovevano scegliere tra monarchia e
repubblica, e dovevano eleggere i loro rappresentanti all’Assemblea Costituente. Nonostante
Vittorio Emanuele III, un mese prima del referendum, in un ultimo disperato tentativo per
salvare la propria dinastia, avesse abdicato in favore del figlio Umberto, ciò non gli fu utile
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Il Psi, il Partito socialista italiano era il più antico partito d’orientamento marxista ma ormai revisionista e
antisovietico.