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Introduzione
Da alcuni anni, ormai, le istanze legate alla sostenibilità ambientale
del sistema economico e il futuro del nostro pianeta si sono fatte sempre
piø incessanti: i dati riguardanti lo squilibrio nel consumo alimentare e
l’aumento della popolazione stanno lentamente portando al collasso la
Terra. Il rapporto stilato dalla FAO nel 2011 sullo Stato Mondiale delle
Risorse Idriche e Fondiarie per l’Alimentazione e l’Agricoltura
(SOLAW)
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è estremamente chiaro in proposito: il diffuso degrado e la
scarsità di terre e risorse idriche sta mettendo in serio pericolo numerosi
sistemi di produzione alimentare in tutto il mondo, cosa che renderebbe
ancora piø complicato il compito di sfamare una popolazione mondiale
che, secondo le stime, dovrebbe arrivare a toccare i nove miliardi di
persone nel 2050.
Con un tale e crescente disequilibrio tra la domanda e disponibilità
di terre e risorse idriche, sia a livello nazionale che locale, si sono
raggiunti i limiti produttivi di diverse aree in tutto il mondo e il trend non
punta certo ad un miglioramento. Davanti ad una simile problematica il
Direttore Generale della FAO ha dichiarato che è necessario affrontare
queste sfide partendo dalla modifica delle politiche e delle istituzioni,
piuttosto che partendo da un approccio di miglioramento tecnologico.
Alla domanda sulla centralità da dare alla agricoltura capitalista o
all’agricoltura familiare, egli non ha avuto dubbi sul fatto che sia
necessario valorizzare il piø possibile le agricolture familiari, che devono
essere poste al centro delle strategie di sicurezza alimentare.
Anche alla luce di questo invito, il tema dell’agricoltura urbana
comincia lentamente ad acquistare piø rilievo con il passare del tempo:
nonostante questo, al momento è un argomento ancora poco diffuso ed
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http://www.fao.org/nr/solaw/solaw-home/en/
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proprio per questo che ho ritenuto importante concentrare la mia
attenzione su di esso.
L’elaborato che segue si pone come obiettivo quello di analizzare
tale fenomeno, riprendendo alcune definizioni fornite dalla letteratura in
materia (in particolare quelle teorizzate da Van Veenhuizen e Mougeot).
Inoltre saranno presentate le principali problematiche legate alla pratica
dell’agricoltura nei terreni urbani, insieme ai possibili vantaggi che se ne
possono ricavare; in tale occasione sarà discussa anche la reale fattibilità
dei progetti di vertical farming elaborati di recente.
Successivamente l’attenzione si sposterà sulle possibili forme con
le quali tali attività possono essere finanziate, analizzando le varie
tipologie di agricoltori urbani ed ipotizzando alcuni possibili metodi con
i quali destinare loro i fondi necessari.
La parte finale dell’opera, poi, si occuperà di mettere a confronto
due esperienze di agricoltura urbana: la prima verterà sulle iniziative
messe in atto dagli abitanti di Detroit in risposta al costante degrado della
città e alla povertà dilagante, mentre in seconda battuta saranno
presentati gli interventi avviati nella città di Pisa riguardanti gli orti
scolastici e sociali, nati grazie al contributo del Comune e alla
collaborazione dell’amministrazione provinciale e regionale.
Sebbene solo di recente si sia iniziato ad occuparsi dell’agricoltura
urbana, la letteratura al riguardo è comunque abbastanza vasta: si è
rivelato quindi necessario adoperare una selezione dei testi analizzati,
cercando comunque di preservare e includere le principali idee e
concetti, oltre alle diverse correnti di pensiero. In particolare, i lavori di
Mougeot e Van Veenhuizen hanno rappresentato la base sulla quale sono
stati inseriti i contributi di altri autori e studiosi.
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In conclusione vorrei ringraziare in modo particolare la Dott.ssa
Erica Giorda, PhD Student al Dipartimento di Sociologia della Michigan
State University, e la Dott.ssa Silvia Innocenti per il prezioso contributo
fornito alla stesura di questo elaborato: senza il loro aiuto e la loro
disponibilità sarebbe stato piø complesso ottenere le informazioni
necessarie a presentare un quadro chiaro dei casi di Detroit e Pisa.
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Capitolo 1 – Urban agriculture: una strategia sempre
piø diffusa
L’agricoltura è sempre stata un elemento importante nella vita
quotidiana sin dalle prime forme di urbanizzazione; registri e documenti
mostrano come già al tempo dei Sumeri e dei Babilonesi le mappe delle
città prevedessero specifiche zone destinate all’agricoltura. Questo
fenomeno si accentuò nel periodo medievale, durante il quale
tendenzialmente un terzo delle terre comprese attorno e all’interno delle
fortificazioni erano dedicate all’agricoltura (Smit, Bailkey in Van
Veenhuizen, 2006). Con il passare dei secoli l’importanza di questa
attività andò lentamente scemando, ritornando periodicamente alla ribalta
a causa delle carestie e delle crisi che si susseguirono, in particolare nel
periodo a cavallo tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del
ventesimo (Lawson, 2005). Negli anni tra la Prima e la Seconda Guerra
Mondiale e in particolare al termine di quest’ultima, la pratica di
coltivare all’interno delle zone urbane fu ampiamente utilizzata per
ovviare alle difficoltà di approvvigionamento di cui soffrivano gran parte
delle città europee.
Alcuni famosi esempi in questo senso sono gli Schrebergaerten
adottati in Germania dopo la Prima Guerra Mondiale, quando la
popolazione doveva scegliere tra morire di fame o coltivarsi parte del
cibo, oppure l’Allotment Act britannico del 1922 o il programma inglese
“Dig for Victory” promosso durante il secondo conflitto mondiale e che
trasformò buona parte del territorio urbano in coltivazioni (Deelstra &
Girardet, 2000); anche in Italia nel 1941, a causa della penuria di cibo, si
potevano coltivare per legge le aree verdi cittadine (pubbliche, private e
terreni incolti), con l’esclusione dei giardini storici (Attiani, 2012).
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Nel periodo post-bellico, poi, la ripresa economica e la forte
crescita favorirono il riapparire della dicotomia urbano-rurale e anche
l’idea delle coltivazioni nelle aree cittadine fu vista come una soluzione
assurda.
Solo durante gli anni Ottanta e Novanta, in cui salgono alla ribalta i
problemi legati all’inquinamento ambientale, all’effetto serra e in cui si
assiste a un costante aumento del prezzo dei beni alimentari (tendenza
che si accentua ancora di piø dai primi anni del Duemila)
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,
le pratiche
dell’agricoltura urbana riacquistano credito ed importanza, anche nei
Paesi sviluppati. Questo fenomeno nei Paesi in via di sviluppo (PVS) ha
rappresentato sempre, anche in quegli anni, la prima alternativa per
risolvere i problemi di approvvigionamento delle fasce piø povere della
popolazione.
1.1 - La sostenibilità ambientale e il contributo dell’agricoltura
urbana
Il mondo è sempre piø dominato dalle città, ma le problematiche
che esse generano hanno spinto la comunità internazionale ad affrontare
la questione della sostenibilità urbana: il primo passo in questo senso è
stato compiuto con la Conferenza di Rio del 1992, da cui è scaturita
l’Agenda 21, uno tra i documenti piø importanti riguardanti lo sviluppo
sostenibile e l’impatto umano sull’ambiente. Con il City Summit
dell’ONU ad Istanbul è stato redatto l’Habitat Agenda, firmato da 180
nazioni e che afferma:
“Human settlements shall be planned, developed and improved in a
manner that takes full account of sustainable development principles and
all their components, as set out in Agenda 21. … We need to respect the
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Vedi http://www.quadrantefuturo.it/media/8834/fao.pdf e altre statistiche FAO.
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carrying capacity of ecosystem and preservation of opportunities for
future generation. …”
Tale dichiarazione mostra come la quasi totalità dei Paesi si sia resa
disponibile a perseguire l’obiettivo di un futuro piø sostenibile: allo stato
attuale, si possono riscontrare numerose esperienze positive e virtuose
(non solo in merito all’agricoltura urbana) che in alcuni casi sono
difficilmente replicabili in altre zone, caratterizzate da contesti e
ambienti piø problematici.
É ormai riconosciuto che oggigiorno le città utilizzino enormi
quantità di risorse e producano rifiuti eccessivi: l’impronta ecologica
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,
ceteris paribus, è destinata ad aumentare poichØ gli agglomerati urbani
dovranno fronteggiare un costante aumento della popolazione e quindi
avranno necessità di maggiori risorse per sfamare tutti gli abitanti.
L’agricoltura urbana, assieme ad altre attività e iniziative, può essere un
valido strumento per invertire questa tendenza e contribuire alla futura
sostenibilità delle città.
Come affermato da Garreau (1991) e da Lerner ed Eakin (2011), i
concetti di ‘urbano’ e ‘rurale’ hanno tradizionalmente rappresentato una
dicotomia, basata sulla chiara distinzione di usi e mezzi di sussistenza
tipici delle due zone: tale dicotomia è stata inizialmente sfidata dalla
nascita di concetti come ‘suburbano’ o ‘margini della città’, non piø
adeguati alla recente evoluzione del tipo di spazio che si sta affermando e
nel quale decadono gli stereotipi sulla relazione tra risorse naturali,
attività economiche e organizzazione sociale. Questi spazi ibridi che
stanno emergendo sono sempre piø importanti dal punto di vista delle
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Tale termine, coniato da Wackernagel e Rees nel 1996, è un indicatore usato per misurare
l’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse
consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti prodotti. Utilizzandolo, è
possibile stimare quanti "pianeta Terra" servirebbero per sostenere l'umanità, qualora tutti
vivessero secondo un determinato stile di vita.