presenza di una pluralità di operatori in competizione tra loro. A tal fine si
rendeva indispensabile un' apposita regolamentazione di settore, basata su una
serie di misure “asimmetriche”, volta ad imporre una serie di obblighi agli
operatori ex monopolisti (ad esempio le misure di accesso e di interconnessione)
indispensabili per permettere la trasformazione di un mercato monopolista in un
mercato effettivamente concorrenziale, e quindi precondizione all' operatività
della “lex mercatoria”. Aver disegnato, però, solo rimedi comportamentali e non
misure più drastiche nei confronti degli ex monopolisti, è stata una risposta
inadeguata alla disfunzione da correggere, perché non riesce ad evitare che l'
operatore verticalmente integrato ricorra abusivamente alle sinergie tra gestione
integrata di rete e fornitura di servizi.
“...Nei settori recentemente liberalizzati, gli ex monopolisti, abituati per anni alla
protezione offerta dal regime della riserva legale, una volta che essa è stata
eliminata, tendono a replicarne gli effetti tramite comportamenti escludenti,
rifiutando ai concorrenti l' accesso ad un' infrastruttura essenziale o
pregiudicandone la permanenza nel mercato mediante l' adozione di strategie
predatorie...”(AGCM).
Il problema di fondo di una liberalizzazione “zoppa”, il dibattito che in questi
anni ha visto contrapporsi un ampio spettro di proposte sul destino dell' ex
monopolista (separazione della rete, pareri favorevoli all' acquisto del controllo
da parte delle banche al fine di tutelare l' italianità, nazionalizzazione della rete,
etc.) e i continui abusi lamentati dai concorrenti di Telecom Italia sono i temi
che hanno caratterizzato la storia recente di Telecom, e che meritano un ulteriore
importante approfondimento alla luce di quelli che sono stati i cambiamenti
avvenuti a partire dal 18 giugno del 2008, data nella quale l' azienda Telecom
Italia ha presentato una serie di impegni all' AGCOM. Tali impegni hanno
determinato una separazione funzionale della rete di proprietà della società di
telecomunicazioni, già monopolista, consistente nella creazione di una divisione
4
“ad hoc” all' interno della società (Divisione Rete), la cui gestione viene affidata
ad un organismo indipendente, sotto il controllo sia di organi di controllo interno
della società, anch'essi indipendenti, sia dell' Autorità di regolazione. Questa
soluzione adottata in Italia ha avuto, nell' esperienza inglese, già effetti positivi
sotto il profilo concorrenziale ed è auspicabile che ciò avvenga anche in Italia.
5
L' EVOLUZIONE NORMATIVA NELLE
TELECOMUNICAZIONI
1.1 Il regime di concessione
I servizi che soddisfano esigenze fondamentali della collettività quali i trasporti
di linea, le telecomunicazioni, le radiodiffusioni circolari, il recapito della
corrispondenza postale, la somministrazione di energia elettrica e di gas naturale,
sono tradizionalmente definiti servizi pubblici. La disciplina “di partenza” di tali
servizi è rintracciabile in quella che oggi possiamo definire come “vecchia”
costituzione economica per poi arrivare alle principali trasformazioni nei servizi
pubblici determinate da un lato, da principi comuni e norme generali, sia a livello
europeo sia a livello nazionale, e dall' altro lato da discipline speciali, spesso di
fonte comunitaria, relative ai singoli settori, che hanno profondamente modificato
gli antichi e stabili equilibri della normativa tradizionale1.
Uno dei servizi che si è caratterizzato nel corso degli anni per una continua
innovazione tecnologica che ha generato non pochi problemi sia teorici che
pratici nei vari settori del diritto, sia a livello nazionale che comunitario, è quello
delle telecomunicazioni. Il settore delle telecomunicazioni è stato uno dei primi
1 S. Cassese “La nuova costituzione economica” Editotori Laterza 2007;
6
comparti nell' ambito dei servizi a rete ad essere destinatario di importanti
interventi legislativi e regolamentari, su impulso comunitario e di matrice
interna, volti a favorire due obiettivi complementari: in primis, attraverso il
processo di liberalizzazione di ispirazione europea, la creazione di un mercato
aperto alla concorrenza. Il processo di liberalizzazione dei servizi di
telecomunicazione, ha imposto il pieno rispetto, in un settore tradizionalmente
sottratto alle regole di concorrenza, dei principi sanciti dagli artt. 81 e 82 del
Trattato istitutivo, i quali stabiliscono rispettivamente che: sono vietati tutti gli
accordi tra imprese e tutte le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per
effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all' interno del
mercato comune (art. 81); è vietato lo sfruttamento abusivo da parte di una o più
imprese di una posizione dominante sul mercato o su una parte sostanziale di
esso (art. 82). In gran parte tutta la politica comunitaria in materia di
telecomunicazioni si è ispirata al rispetto dei principi generali della concorrenza,
di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato2.
Il secondo obiettivo è stato lo smantellamento del presidio pubblico nel settore
delle telecomunicazioni mediante un articolato piano di privatizzazioni promosso
dal governo, nella prospettiva di rimuovere le storiche inefficienze solitamente
addebitate al monopolio legale nazionale. Infatti le privatizzazioni delle imprese
pubbliche hanno assunto nel nostro ordinamento un carattere strategico e centrale
sin dal 1990, comportando una vera e propria trasformazione del modello italiano
di intervento pubblico nell'economia, oltre a contribuire in modo decisivo alla
riduzione del deficit statale e al rafforzamento del sistema produttivo e
finanziario italiano, nonché alla evoluzione e alla crescita dei mercati.
Parallelamente a questi processi lo Stato ha focalizzato la propria attenzione sui
compiti di indirizzo e di controllo del rispetto delle regole del mercato,
costituendo apposite Autorità di regolamentazione. Il presidio regolamentare è
2 F. Cardarelli e V. ZenoZenovich “Principi e disciplina delle telecomunicazioni in ambito
comunitario” sta in “Il diritto delle telecomunicazioni” Editori Laterza 1997;
7
stato affidato principalmente all' Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
organo appositamente istituito nel 1998, affiancato in determinate circostanze dal
Ministero delle Comunicazioni. In materia di concorrenza la competenza spetta
all' AGCM.
La concomitanza di questi tre fattori (liberalizzazione, privatizzazione,
regolamentazione) ha fatto sì che le telecomunicazioni rappresentassero il settore
che, rispetto ad altre utilities, ha maggiormente beneficiato dei processi di
riforma intervenuti negli ultimi anni3. Naturalmente tutte queste trasformazioni
sono avvenute gradualmente nel tempo modificando quello che era il regime
tradizionale, cioè la disciplina normativa dei servizi pubblici che si sarebbe
consolidata in Italia nel primo trentennio del XX secolo.
Intorno agli anni '80 di due secoli fa si presenta sulla scena del nostro paese il
telefono, una nuova tecnologia che avrebbe avuto un rapido impatto sulla società
del tempo e che avrebbe sollecitato ben presto una presa di posizione dei pubblici
poteri. I primi sviluppi della telefonia si compiono nel nostro paese in un contesto
normativo che denota una notevole incertezza della classe politica, tanto che ad
una regolamentazione per legge della materia si arriverà solo nel 1892, oltre un
decennio dopo il primo provvedimento del 1881. In ogni caso a partire dal 1881 e
in seguito, cioè nel periodo compreso tra il 1883 e il 1892, la costruzione e la
gestione delle linee telefoniche risultarono essenzialmente affidate ai privati. Con
il Decreto del 1° aprile 1883 n. 1335 veniva confermato un sistema provvisorio in
attesa di una nuova disposizione di legge basato su un regime di concessioni dove
l'intervento statale diretto veniva configurato solo come una “facoltà” del
governo. L' amministrazione statale aveva non solo la facoltà di impiantare essa
stessa proprie linee telefoniche, ma anche quella di accordare ulteriori
concessioni triennali con rinnovi biennali. Si affermerà una pluralità di
concessioni che alimenterà la competizione e dunque la qualità del servizio,
3 C. Cambrini e A. Giannoccari “Le telecomunicazioni nell' era della convergenza tra nuove regole e
apertura del mercato” Il Mulino 2007;
8
anche se il legislatore in quegli anni mantenne un' atteggiamento ambivalente,
cioè disponibile alle iniziative dei privati ma allo stesso tempo geloso delle
prerogative pubbliche, in quanto era previsto che il governo potesse, in qualsiasi
momento, procedere al riscatto degli impianti.
I motivi che più incisero nel determinare l' iniziale atteggiamento astensionista
della mano pubblica nel settore delle telecomunicazioni furono soprattutto l'
impreparazione dell' amministrazione statale che non era pronta a misurarsi con i
problemi tecnologici e le incognite economiche che l'avvio di questa nuova
industria richiedeva. Infatti, in una sentenza del 1899, il Consiglio di Stato si
soffermò sulle ragioni che avevano suggerito di rinviare “l'esperimento” dell'
esercizio pubblico delle reti telefoniche indicando, come fattori del mancato
intervento dello Stato, da un lato, le difficoltà che si sarebbero presentate difronte
ai continui perfezionamenti tecnologici richiesti dal servizio, e dall' altro, la
necessità di estendere senza grandi profitti, ma con gravi spese, il servizio
telefonico anche ai piccoli centri. Tuttavia se l' intervento pubblico era ostacolato
da tali considerazioni di opportunità, da più parti invece quell' intervento veniva
visto come una conseguenza naturale. Il servizio telefonico venne, in realtà, sin
dall' inizio considerato come una specificazione del servizio telegrafico, gestito
dalla mano pubblica in forza di una normativa addirittura preunitaria (legge del
23 gennaio 1853, n. 1563) che prevedeva un monopolio statale di fatto. Insomma,
un consistente partito sosteneva che tale monopolio dovesse senz' altro essere
esteso ai telefoni. Si potrebbe sostenere che lo svolgimento della legislazione
telefonica in Italia segue una parabola che porta a realizzare il principio del
monopolio statale solo attraverso un persistente avallo alla gestione privata.
Il 7 aprile del 1892 viene varata una legge che rappresenterà la prima normativa
di origine parlamentare in materia. Tale normativa sanciva nuovamente un
regime di concessioni senza stabilirne, ancora una volta, l' unicità, ma offrendo
una maggiore tutela dell' industria privata sostituendo alla cadenza triennale delle
9
concessioni un limite venticinquennale. Inoltre si ribadiva nuovamente la
possibilità del governo di riscattare le linee concesse e di esercitare direttamente
comunicazioni telefoniche. Ma in quegli anni si stava verificando un clima
favorevole all' espansione dell' intervento pubblico e statale interessando anche
gli altri paesi europei manifestandosi con quei fenomeni e avvenimenti
significativi come la “municipalizzazione” dei servizi pubblici, regolamentata
dalla legge del 29 marzo 1903 n. 103, e la statalizzazione delle ferrovie, decisa
con legge 22 aprile 1905, n. 1374.
Venne dunque anche il momento dei telefoni. Una legge del 15 febbraio 1903, n.
32 stabilì nuovi stanziamenti per la ricostruzione delle linee telefoniche. Essa
venne seguita da un testo unico (3 maggio 1903 n. 196) nel quale era ribadito l'
impegno del governo a completare la rete nazionale entro il 1907.
Successivamente con la legge 15 luglio del 1907, n. 506, si procedette al riscatto
delle linee telefoniche private (sia pur senza escludere l' eventualità di
concessioni) e si delineò l' ordinamento dell' Azienda dei telefoni dello Stato. A
questi ultimi provvedimenti possiamo attribuire dunque la qualifica di “riforma”,
di intervento di statalizzazione, che procede a riorganizzare su nuove basi un
settore così significativo sotto il profilo economico e sociale come quello delle
telecomunicazioni5.
Alla fine degli anni '30 quindi si dispongono una serie di “nazionalizzazioni”
quali quella del trasporto ferroviario, dei servizi telefonici, del trasporto
automobilistico di linea, del trasporto marittimo e di quello aereo di linea.
Dunque il regime giuridico dei servizi pubblici è pressoché completo e rimarrà
immutato per mezzo secolo. L' unica grande riforma attuata dopo l' entrata in
vigore della Costituzione sarà la nazionalizzazione della produzione, del
trasporto e della distribuzione dell' energia elettrica disposta con legge del 1962.
Nel 1973, il servizio delle telecomunicazioni viene sottoposto, con decreto del
4 F. Rugge “Riforme e istituzioni fra '800 e '900” Piero Lacaita Editore 2002;
5 F. Chiappetta “Telecomunicazioni” sta in “Enciclopedia del diritto” Giuffrè Editore 1992;
10
Presidente delle Repubblica del 29 marzo 1973, n. 156, a “riserva originaria”, ai
sensi dell' art. 43 della Costituzione. Il testo dell' art. 1 precisando:
“Appartengono in esclusiva allo Stato nei limiti previsti dal presente decreto i
servizi di telecomunicazioni”, contribuisce ad affermare quel regime di
concessione che si era delineato precedentemente all' entrata in vigore della
Costituzione, regime che gli economisti definirono di monopolio e i giuristi di
“riserva originaria”. Il regime tradizionale dei servizi pubblici era caratterizzato
dalla riserva originaria o esclusiva che produce l' effetto di privare tutti i soggetti
della legittimazione ad assumere la qualità di imprenditori nel settore “riservato”.
Il divieto di attività poteva essere superato soltanto mediante concessione
pubblica. Il regime della riserva consolidato, come notato in precedenza, nel
primo trentennio del XX secolo, ha trovato una consacrazione nell' art. 43 della
Costituzione, secondo cui le imprese o le categorie di imprese operanti nei settori
in monopolio, delle fonti di energia e dei servizi essenziali possono essere
“riservate originariamente” allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori
e utenti, con apposito provvedimento legislativo. Componente fondamentale di
tale regime era la gestione pubblica diretta o indiretta.
Il sistema del 1973 era fondato sul presupposto di usi relativamente semplici da
parte degli utenti. L'attenzione era posta sulla rete pubblica e sull' unico servizio
da essa reso. Dopo il 1973, sono mutate le condizioni tecnologiche di uso delle
telecomunicazioni. La loro evoluzione ha consentito di far transitare sulla rete
pubblica numerosi servizi e ha reso anche economicamente conveniente
moltiplicare le reti. Si sono, quindi, determinate le condizioni di uno straordinario
sviluppo prima della concorrenza sulla rete e poi della concorrenza tra le reti6.
6 S. Cassese “La nuova costituzione economica” Editotori Laterza 2007;
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