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CAPITOLO I
LO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO REGIONALE:
CARATTERI GENERALI DELL'ISTITUTO E SUA
EVOLUZIONE
1.1 L'istituto dello scioglimento del Consiglio regionale ed i suoi
caratteri fondamentali
Lo scioglimento del Consiglio regionale è un istituto per
l'individuazione della cui disciplina occorre fare riferimento,
relativamente alle Regioni ad autonomia ordinaria, all'art. 126 della
Costituzione, la cui attuale formulazione si deve alla l. cost. n. 1 del
1999. Quanto invece alle Regioni ad autonomia speciale, occorre aver
riguardo alla normativa statutaria propria della singola Regione, così
come modificata ad opera della l. cost. n. 2 del 2001.
La particolare rilevanza dell'istituto in questione risulta con evidenza
considerando l'idoneità dello stesso ad incidere sull'autonomia
regionale determinandone una significativa alterazione. Lo
scioglimento spiega infatti i suoi effetti direttamente nei confronti del
Consiglio, organo più autenticamente rappresentativo della comunità
regionale, nonché sugli altri organi ordinari dell'ente, dei quali lo
stesso risulta privato. Ne consegue la necessità che la misura in
questione trovi attuazione esclusivamente in via provvisoria ed in
funzione del ripristino, in tempi brevi, degli organi ordinari dell'ente
attraverso la riattivazione del circuito democratico- rappresentativo.
8
8
M. SCUDIERO, Lo scioglimento del Consiglio regionale, in Enciclopedia giuridica Treccani,
Roma 1991, p.1.
11
Ciò impone quindi di porre in relazione la disciplina dello
scioglimento con il principio di autonomia, sancito dall'art. 5 della
Costituzione e posto alla base dei rapporti tra lo Stato e le Regioni.
Tale riflessione appare poi tanto più carica di significato oggi che, a
seguito degli interventi di riforma che hanno interessato il Titolo V
della Costituzione, si è assistito ad una rimodulazione dei rapporti tra
lo Stato e gli enti regionali nel senso del riconoscimento ai secondi di
sempre maggiori margini di autonomia.
D'altro canto, è stato però sottolineato come, benché circondata dalle
necessarie precauzioni, l'attività di controllo rappresenti un elemento
imprescindibile dell'autonomia stessa. Gli enti autonomi vengono
infatti istituiti dalla Costituzione in vista del perseguimento di
determinate finalità pubbliche. E nonostante il fatto che, come accade
per gli enti regionali, tali finalità possano essere generalissime, forme
di controllo sono comunque previste per garantire, allo stesso tempo,
il rispetto dei limiti che l'ordinamento giuridico positivo stabilisce nel
definire l'autonomia dell'ente e la funzionalità dell'ente stesso in vista
del perseguimento delle suddette finalità.
9
Ma, accanto ad un'esigenza di tutela degli interessi generali
dell'ordinamento costituzionale, l'istituto dello scioglimento nasce per
rispondere alla necessità di garantire, in primo luogo, gli interessi
propri dell'ente regionale e della comunità di cui esso costituisce
espressione rispetto ad ipotesi di afunzionalità o di cattivo
funzionamento dei suoi organi di governo.
9
SAILIS, Lo scioglimento dei Consigli regionali, Padova 1957, p. 21.
12
Di qui la necessità, sottolineata in dottrina
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, di prestare attenzione,
oltre alle garanzie da riconoscere all'ente Regione per l'eventualità che
dell'istituto in questione si faccia un uso inopportuno o strumentale,
anche all'esigenza di garantire la Regione rispetto all'eventualità che
lo scioglimento, anche se necessario, non venga disposto.
Quanto alla natura dell'istituto, lo scioglimento del Consiglio
regionale è generalmente annoverato tra i controlli che competono
allo Stato centrale sugli organi direttivi degli enti autonomi.
Si tratta, quindi, di una forma di controllo che si distingue,
innanzitutto, per la sua natura amministrativa e non giurisdizionale e
ciò in considerazione tanto del suo concretizzarsi in una
manifestazione di volontà della pubblica amministrazione, quanto del
carattere di provvedimento concreto che esso assume.
Quanto, ancora, alla definizione dell'istituto, è necessaria una sua
classificazione tra i controlli a carattere straordinario, non trattandosi
di un mezzo normale di controllo cui lo Stato è legittimato a ricorrere
in via ordinaria, ma di uno strumento il cui impiego è giustificato solo
in via eccezionale e come extrema ratio, presentando carattere
derogatorio rispetto al principio di autonomia.
Si tratta, inoltre, di una forma di controllo avente carattere repressivo
e non preventivo, non intervenendo l'organo deputato al controllo
nella formazione della volontà dell'organo controllato, ma
svolgendosi la sua valutazione sopra un'attività già compiuta o in
relazione ad una situazione già verificatasi.
In particolare, si è sostenuto che, tra i controlli repressivi, l'istituto in
questione sarebbe da inquadrare nella sottocategoria dei controlli
10
BUCCISANO, Considerazioni in tema di scioglimento del Consiglio regionale, in Rivista
trimestrale di diritto pubblico, 1977, p. 1715.
13
sostitutivi, i quali consistono o direttamente nell'esercizio, da parte
dell'organo controllante, di un'attività di competenza dell'organo
controllato, oppure nella temporanea sostituzione a quest'ultimo di un
organo diverso.
11
Sostituzione che peraltro, come si vedrà nel
prosieguo della trattazione, oggi non necessariamente si verifica, in
considerazione dell'intervenuta riformulazione dell'art. 126 Cost.
L'istituto in questione si sostanzia quindi in un controllo che non ha
necessariamente ad oggetto un atto, ma talvolta anche un
comportamento o un'attività dell'organo controllato oppure un
semplice stato di fatto al quale è però possibile attribuire rilevanza in
vista delle finalità al perseguimento delle quali la stessa attività di
controllo è preordinata.
Originariamente l'istituto dello scioglimento del Consiglio si inseriva
nell'articolato sistema di controlli previsti dall'ordinamento statale nei
confronti degli atti e dei comportamenti posti in essere dagli organi di
governo regionale. Esso andava infatti ad affiancarsi alle forme di
controllo previste dalla Costituzione per gli atti della Regione: si
trattava di controlli preventivi tanto di legittimità quanto di merito
aventi ad oggetto statuti ordinari, leggi ed atti amministrativi
regionali.
La situazione è però radicalmente mutata a seguito dell'entrata in
vigore delle leggi di riforma del Titolo V della Costituzione. Tra le
modifiche maggiormente rilevanti apportate dalla riforma vi è, infatti,
lo smantellamento del sistema dei controlli sugli atti regionali. In
particolare, la l. cost. n. 1 del 1999, intervenendo sul procedimento di
adozione degli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria, ha
eliminato l'approvazione statale degli stessi, prevedendo, in suo
11
SAILIS, Lo scioglimento dei Consigli regionali, cit., p. 18-19.
14
luogo, la possibilità di sottoporre gli statuti a referendum
confermativo. Con l'entrata in vigore della l. cost. n. 3 del 2001 è poi
venuto meno il controllo governativo di legittimità sulle leggi
regionali, essendosi prevista la possibilità per il governo centrale di
far valere eventuali vizi delle stesse solo in via successiva, mediante
impugnazione davanti alla Corte Costituzionale, così come sono stati
aboliti il controllo di merito sulle leggi regionali ed i controlli aventi
ad oggetto gli atti amministrativi delle Regioni.
L'archiviazione del sistema dei controlli sugli atti, insieme ad altre
radicali innovazioni, quali l'affermazione del principio di sussidiarietà
e la conseguente ridefinizione del riparto delle competenze legislative
tra lo Stato e le Regioni, con il riconoscimento in via esclusiva alle
seconde di una competenza legislativa residuale, consentono peraltro
di trarre un'ulteriore conseguenza.
Si tratta della constatazione del venir meno di uno dei principi su cui
poggiava il disegno originariamente tracciato dalla Costituzione in
tema di rapporti tra Stato e Regioni: l'idea, cioè, che allo Stato
competesse un ruolo tutorio nei confronti delle Regioni stesse tale da
giustificare, da un lato, il riconoscimento di così penetranti poteri di
ingerenza in sede di controllo sugli atti regionali, e dall'altro, la
previsione di una disciplina in materia di competenze legislative delle
Regioni informata al c.d. principio della concorrenza, tale per cui in
nessuna materia le Regioni erano legittimate a legiferare prescindendo
da determinazioni di principio riconducibili alla legislazione statale.
12
Benché maggioritario, non è comunque pacifico in dottrina
l'inquadramento dell'istituto dello scioglimento del Consiglio
12
D'ATENA, Diritto regionale, Torino 2010, p. 76 ss.
15
regionale nella categoria dei controlli e , nello specifico, dei controlli
sugli organi.
E' stato sostenuto, infatti, che tale conclusione non sarebbe
giustificabile innanzitutto per quanto attiene alle ipotesi di
scioglimento autonomo del Consiglio, determinate, come si vedrà, da
cause interne all'organizzazione regionale e destinate ad operare
automaticamente.
13
Tale inquadramento sarebbe comunque incompatibile, anche
relativamente alle ipotesi di scioglimento eteronomo o sanzionatorio
del Consiglio, con la posizione che viene assumendo l'ente regionale
nel disegno costituzionale alla luce delle modificazioni intervenute in
occasione della riforma del Titolo V.
Innanzitutto, infatti, si è osservato che, dato il dissolvimento dei poteri
di controllo statuali sugli atti legislativi e amministrativi della
Regione, sarebbe incoerente continuare a configurare una forma di
controllo avente ad oggetto esclusivamente l'azione politica degli
organi di governo della Regione stessa.
Inoltre, si è considerata inconciliabile con il principio di pari
ordinazione tra i livelli di governo statale e regionale, che si ritiene
introdotto a seguito della riformulazione dell'art. 114 Cost., la
previsione di un sistematico monitoraggio da parte dello Stato nei
confronti degli enti regionali, che, invece, rappresenterebbe uno dei
caratteri indefettibili dell'attività di controllo.
14
Indiscusso è, comunque, nel dibattito dottrinario che ha riguardato
fino ad oggi lo scioglimento del Consiglio regionale, il carattere di
eccezionalità che si riconosce all’istituto.
13
DE FIORES, Commento all'articolo 126, in BIFULCO, CELOTTO, OLIVETTI, Commentario
alla Costituzione, III, Torino 2006, p. 2493.
14
DE FIORES, Commento all'articolo 126, cit., p. 2493.
16
Esso si giustifica alla luce della ferita inferta all’ente regionale per
effetto dell’attivazione del meccanismo contemplato dall’art. 126
Cost. e, quindi, del carattere derogatorio che esso assume rispetto al
principio autonomistico sancito dall’art. 5 Cost.
Dalla posizione assunta dalla Regione nel sistema costituzionale deve,
infatti, dedursi che ogni potere statale idoneo ad incidere
negativamente sulla sua autonomia dovrebbe trovare il proprio
fondamento nella disciplina costituzionale, così come riconosciuto
dalla stessa Corte con sentenza n. 229 del 1989.
15
In effetti, tale principio di eccezionalità è stato, però, in dottrina inteso
secondo chiavi di lettura tra loro differenti.
Esso è stato talvolta inquadrato, infatti, nel sistema dei rapporti tra
azione politica statale ed azione politica regionale, configurandosi,
così, lo scioglimento come il rimedio estremo cui il Governo
nazionale avrebbe facoltà di ricorrere ogniqualvolta non sia possibile
risolvere, in maniera diversa, il contrasto tra azione politica degli
organi regionali ed indirizzo politico statale.
16
Sulla base di tale premessa si andrebbe così a configurare l’atto di
scioglimento come un atto politico, il cui contenuto, per natura, non
potrebbe che essere ricondotto all’esercizio di un potere propriamente
discrezionale da parte dell’organo legittimato alla sua adozione.
In questo modo, sfuggendo per definizione il potere discrezionale a
qualsiasi forma di oggettiva predeterminazione circa le modalità del
suo utilizzo, si finirebbe con l’affidare la valutazione
dell’eccezionalità o meno della situazione giustificativa dello
15
OLIVETTI, Nuovi statuti e forma di governo delle Regioni. Verso le costituzioni regionali?,
Bologna 2002, p. 324.
16
GIZZI, Lo scioglimento dei consigli regionali e l'amministrazione straordinaria delle Regioni,
Milano 1966, p.158 ss.
17
scioglimento allo stesso organo titolare del relativo potere. Il principio
di autonomia risulterebbe quindi essere, in questo quadro,
soccombente.
17
Secondo altra chiave di lettura, invece, l'eccezionalità sarebbe da
ricondurre all'esigenza di garantire il corretto funzionamento dell'ente
regionale. Risulterebbe, quindi, in questa prospettiva, irrilevante il
rapporto tra azione politica regionale ed indirizzo politico nazionale,
ed il meccanismo in questione risponderebbe piuttosto ad esigenze di
tutela di un interesse proprio dell'ordinamento giuridico complessivo,
di cui lo stesso ente autonomo è parte.
18
Può considerarsi come tale ricostruzione, oltre ad essere coerente con
la prassi affermatasi durante la vigenza dell'originaria formulazione
dell'art. 126 Cost., in cui la misura non è mai stata attuata, appare oggi
armonizzarsi meglio con la più recente valorizzazione del ruolo delle
autonomie regionali all'interno dell'ordinamento.
Secondo tale impostazione, quindi, può effettivamente considerarsi
l'autonomia "come il valore dominante, che può cedere solo in
presenza di situazioni di afunzionalità o di perdurante illiceità nella
vita dell'ente".
19
1.2 Lo scioglimento del Consiglio regionale nei lavori preparatori
dell' Assemblea costituente
Quanto all'origine dell'istituto dello scioglimento del Consiglio
regionale, occorre risalire alle discussioni svoltesi in seno alla
17
M. SCUDIERO, Lo scioglimento del Consiglio regionale, cit., p. 1-2.
18
BUCCISANO, Considerazioni in tema di scioglimento del Consiglio regionale, cit., p. 1714.
19
M. SCUDIERO, Lo scioglimento del Consiglio regionale, cit., p. 2.
18
Assemblea costituente in ordine all'opportunità della previsione di un
siffatto potere di ingerenza da parte dello Stato centrale nelle vicende
politiche regionali ed ai caratteri fondamentali che l'istituto stesso
avrebbe dovuto assumere.
Ciò che caratterizzò i lavori dell'Assemblea e della seconda
Sottocommissione, incaricata della redazione del progetto di
Costituzione relativamente alla materia della organizzazione
costituzionale dello Stato, fu l'impossibilità di far riferimento a
soluzioni risalenti alla tradizione costituzionalistica, come invece
avvenne per la definizione dell'istituto dello scioglimento delle
assemblee parlamentari.
Si pose, quindi, in primo luogo, la questione se l'istituto dello
scioglimento avrebbe dovuto riguardare anche la vita delle future
assemblee elettive regionali e, una volta ammessa tale eventualità,
vennero a porsi ulteriori interrogativi circa i caratteri che, in concreto,
l'istituto in questione avrebbe dovuto assumere, quanto, in particolare,
all'individuazione dei presupposti per l'esercizio del potere di
scioglimento e della titolarità del potere stesso.
Si trattava, infatti, di definire preliminarmente in modo chiaro il ruolo
che il nuovo ente regionale avrebbe ricoperto all'interno
dell'ordinamento, nonché la natura dei rapporti che esso avrebbe
intrattenuto con lo Stato centrale. Inoltre, di non secondaria rilevanza
appariva essere anche la definizione della fisionomia di altri organi
costituzionali dei quali si andava prospettando un coinvolgimento in
sede di adozione dell'atto di scioglimento.
Si comprende, quindi, la decisione che fu assunta dall'Assemblea
costituente, su proposta del Presidente della Commissione per la
Costituzione, di rinviare l'approvazione definitiva del futuro art. 126
19
al momento in cui fossero state definite le varie materie in esso
toccate, con riferimento, in particolare, alla fisionomia che avrebbero
assunto tanto la Camera dei senatori quanto l'organo di garanzia
costituzionale, ai quali si proponeva di attribuire un ruolo in vista
dell'adozione dell'atto di scioglimento.
20
In particolare, quanto all'avvio del dibattito relativo all'istituto in
questione, può riportarsi innanzitutto l'intervento dell'on. Ambrosini,
Presidente e relatore del Comitato di redazione per l'autonomia
regionale istituito in seno alla seconda Sottocommissione, che,
invitato ad illustrare il progetto predisposto dal Comitato stesso,
quanto all'istituto in questione, lo inquadrò tra i poteri di ingerenza
che allo Stato centrale competono non sull'attività legislativa della
Regione, ma sull'esistenza stessa dell'Assemblea regionale.
In particolare, l'on. Ambrosini illustrò la previsione contenuta nell'art.
13 del progetto, il quale ammetteva la possibilità, per il Presidente
della Repubblica, di sciogliere l'Assemblea regionale ove questa
avesse assunto "atteggiamenti contrari all'interesse nazionale" ed in
caso di "gravi e reiterate violazioni di legge". Sottolineò poi la
previsione di garanzie poste a tutela dell'autonomia regionale
individuate nella circostanza che il decreto di scioglimento, adottato
dal Presidente della Repubblica, sarebbe dovuto essere motivato ed
emesso su "parere conforme del Consiglio di Stato in adunanza
generale".
Con l'articolo 15 dello stesso progetto si sarebbe poi attribuito al
Presidente della Repubblica l'ulteriore potere, non di rimuovere
direttamente il Presidente della Deputazione regionale, ma di
20
COSTANZO P., Commento all'articolo 126, in BRANCA (a cura di), Commentario alla
Costituzione. Le Regioni, le Province, i Comuni, II, Bologna-Roma 1990, p. 366-367.
20
segnalare l'opportunità di una sua sostituzione alla stessa Assemblea.
Nel caso di mancata sostituzione da parte dell'Assemblea stessa, il
Presidente della Repubblica avrebbe potuto ricorrere al
provvedimento dissolutorio previsto dall'art.13.
21
Peraltro, lo stesso Ambrosini si trovò successivamente a riconoscere
l'idoneità della misura in questione ad interferire nell'autonomia
regionale, affermando però allo stesso tempo l'impossibilità di
prescindere da un siffatto meccanismo, dovendosi considerare
l'autonomia "non in senso illimitato e tale da contrapporsi o
comunque da nuocere all'interesse generale dello Stato, sibbene in
senso di armonia, di coordinazione con questo e conseguentemente in
modo da evitare qualsiasi frattura o contrapposizione".
22
Intervento da cui, quindi, emerge tutto il sentimento di
preoccupazione per i potenziali conflitti politici che il riconoscimento
dell'autonomia alle Regioni avrebbe potuto innescare tra governi
regionali ed interesse nazionale.
23
L'on. Ambrosini ci tenne, tuttavia, nella stessa sede, a precisare che,
d'altro canto, "lo scioglimento non priva la Regione delle libertà
fondamentali riconosciutele, perché lo Stato non si sostituisce ad i
suoi organi, in quanto è la stessa popolazione della Regione che deve
procedere all'elezione della propria Assemblea e, per mezzo di questa,
21
AMBROSINI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 13
novembre 1946), VII, p. 1302.
22
AMBROSINI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre
1946), VII, p. 1445.
23
DE FIORES, Commento all'articolo 126, cit., p. 2491-2492.
21
del proprio organo esecutivo amministrativo, cioè della Deputazione
regionale"
24
.
Accolta l'idea della necessaria previsione dell'istituto dello
scioglimento anche con riferimento al Consiglio regionale, una delle
questioni maggiormente dibattute in seno alla seconda
Sottocommissione prima, ed all'Assemblea poi, fu quella dei
presupposti sostanziali, la cui ricorrenza avrebbe giustificato
l'esercizio del potere di scioglimento.
In particolare, secondo il primo progetto illustrato dall'on Ambrosini
alla seconda Sottocommissione, venivano a configurasi quali ipotesi
di scioglimento l'assunzione, da parte del Consiglio, di "atteggiamenti
contrari all'interesse nazionale" ed il compimento, da parte dello
stesso, di "gravi e reiterate violazioni di legge". A tali ipotesi andava
ad aggiungersi poi la previsione dell'art. 15 dello stesso progetto, che
analogo effetto di scioglimento faceva conseguire alla mancata
ottemperanza da parte del Consiglio all'invito, proveniente dal Capo
dello Stato, a sostituire il Presidente della Deputazione.
25
Quanto a tali presupposti, un primo emendamento fu proposto da
Mortati, a parere del quale sarebbe stato preferibile sostituire
l'espressione "interesse nazionale" con il diverso concetto di "unità
nazionale"
26
; tale obiezione fu accolta da quanti ritennero
24
AMBROSINI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre
1946), VII, p. 1445.
25
AMBROSINI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatoti dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 13
novembre 1946), VII. p. 1302.
26
MORTATI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente
(Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre 1946), VII,
p. 1446.
22
effettivamente l'espressione "unità nazionale" meno vasta e perciò
maggiormente rispettosa dell'autonomia regionale.
27
Fu sottolineato, peraltro, come la formula "atteggiamenti contrari
all'interesse nazionale" fosse derivata da "un certo contrasto di
opinioni in sede del Comitato, poiché a taluno sembrò poco
opportuno fare nella Costituzione l'ipotesi di una Assemblea regionale
che si dimostrasse contraria all'unità della Nazione; ma il concetto era
appunto questo"
28
. E ciò con la conseguenza di riconoscere la
sostanziale identità di significato tra le due formule.
L'emendamento Mortati fu comunque approvato in seno alla seconda
Sottocommissione e figurò nel testo definitivo del progetto di
Costituzione elaborato dalla Commissione.
Ulteriori considerazioni critiche, sempre relativamente a tale prima
ipotesi di scioglimento, riguardarono la scelta del termine
"atteggiamenti"; si ritenne, infatti, ancora in vista della tutela del
principio autonomistico, tale espressione troppo generica e quindi non
idonea a garantire l'ente regionale rispetto al pericolo di abusi;
29
se ne
propose, quindi, la sostituzione con il termine "atti".
30
Quanto poi al presupposto delle "gravi e reiterate violazioni di legge",
anch'esso non fu esente da obiezioni. In particolare, si avanzò l'ipotesi
dell'alternatività dei due requisiti (con la formula "gravi o reiterate" in
27
MANNIRONI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre
1946)., VII, p. 1444.
28
LAMI STARNUTI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre
1946), VII, p. 1444.
29
CAPPI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente
(Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre 1946), VII,
p. 1443.
30
ZUCCARINI, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell'assemblea
Costituente (Commissione per la Costituzione, seconda Sottocommissione, seduta del 4 dicembre
1946), VII, p. 1444.