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INTRODUZIONE
Ho scelto di affrontare questa tesi sul paradosso del cristianesimo perché questo
tema è il perno sul quale si radica tutta la vita del cristiano. Entrare nel mistero di
Dio, capire l’inconsistenza e la vanità delle logiche umane sganciate da un’adeguata
antropologia della creazione è il cuore di un cammino serio di discernimento.
Questa ricerca esemplifica una progressione nella maturità della fede; in questo
esame si purifica l’immagine del Padre, che viene così liberata dalle nostre proiezioni
infantili e accomodanti di un Dio sempre pronto a pervenire alle nostre richieste.
Riflettere sullo scandalo della morte di Gesù Cristo permette di comprendere la
portata dell’amore di Dio per noi. Esso non è un precipuo evento storico isolato dagli
avvenimenti concreti della quotidianità, ma rappresenta l’avvenimento vitale nel
quale ricollocare tutti i fatti alla luce della Resurrezione, che manifesta l’ultima
parola sulla morte.
Ogni razionalità umana risulta parziale ed inesausta quando la si raffronta ad una
scala di giustizia più grande. Ciò è quello che accade quando l’uomo cerca di capire
l’agire di Dio vagliando la comprensione divina con parametri umani; è
immediatamente percepibile che effettuare delle indagini su categorie
antropomorfiche non darebbe alcun risultato, perché la Sacra Scrittura educa l’essere
umano alla conoscenza della dialettica d’amore, ove tutto è portatore di un
significato più grande.
La fede cristiana nasce da un evento storico di origine diversa, non dimostrabile
attraverso i comuni parametri delle scienze sperimentali, ma gli effetti manifestatisi
da quell’evento sono ancora tutt’oggi percepibili, a testimoniarlo ci sono milioni e
milioni di uomini e donne che nel corso delle varie epoche storiche nella figura di
Gesù Cristo hanno speso la loro vita. Non può darsi kerygma pasquale senza
crocifisso. Crocifisso e risurrezione sono due principi essenziali di una diade
inscindibile. Affermare che Dio ha risuscitato Gesù, significa sostenere che Colui che
è il Messia ha subito una morte di croce.
La Chiesa nascente si è subito interrogata su questo aspetto ed ha avviato una
riflessione storica - salvifica circa la morte di Gesù; colui che ha elaborato questa
2
riflessione dando vita ad un corpus epistolare è stato senz’altro l’apostolo Paolo
1
, che
al kerygma pasquale derivato dalla croce e risurrezione ha dedicato tutta la sua vita.
Questa tesi si articola in quattro capitoli.
In primo luogo ho cercato di definire il significato della croce e della
crocifissione, soffermandomi ad analizzare l’evento storico della crocifissione di
Gesù e l’autocoscienza di Gesù in riferimento alla sua morte.
In seconda battuta ho ricordato la polemica anticristiana, legata ad un nuovo modo
di comprensione per decifrare la figura del Messia.
Il terzo capitolo introduce il pensiero di San Paolo, che ha elaborato per primo il
tema della teologia della croce e l’annuncio del Cristo crocifisso. Nello specifico
viene analizzata la prima lettera ai Corinzi relativamente alla parola della croce.
Il quarto capitolo espone il tema della sapienza biblica e della stoltezza umana;
dando ampio spazio alle citazioni paoline della prima lettera ai Corinzi, evidenziando
le implicazioni derivanti dal mistero della fede. Ho esaminato la giustizia umana
contrapposta a quella divina dominata dalla logica della misericordia: anch’essa
appare paradossale. Il percorso si conclude affrontando il tema della proesistenza e
della legge dell’amore in via deduttiva: tema che è iniziale nell’ottica metastorica
della salvezza.
L’obiettivo di questa tesi è quello di dimostrare come le logiche umane risultino
parziali e inesauste quando si entra dentro il mistero della fede, ove tutto è portatore
di un significato più grande.
La concezione paolina ha accompagnato questo cammino di ricerca, partendo dal
capitolo princeps della teologia crucis che è la prima lettera ai Corinzi; nel kerygma
pasquale la croce è essenziale per la comprensione di questo arcano.
Ho scelto di sviluppare il tema del «paradosso della croce» perché credo che la
consapevolezza di questo mistero sviluppi tutto il senso della vita cristiana. Le
ricerche che ho sviluppato nella mia tesi di laurea triennale partivano sempre da
un’esperienza diretta della comprensione del tema; così è stato anche per questo
studio, che mi ha permesso di sviluppare un lavoro scientifico legato ad una
esperienza personale. La speculazione teoretica di questa tesi è solo una
1
Cf. G. ROSSÈ, Maledetto l’appeso al legno. Lo scandalo della croce in Paolo e Marco, Città Nuova,
Roma 2006, 17.
3
microscopica bozza di quello che l’uomo può intuire di un mistero ineffabile e
grandioso che è il progetto di salvezza ideato da Dio per amore dell’uomo.
5
1. L’ERMENEUTICA DELLA CROCE
1.1 Che cos'è la croce.
Con la parola «croce», si fa riferimento allo strumento di supplizio usato
nell’antichità per eseguire le condanne alla pena capitale
2
; sulla croce, in greco
«stauros», morì Gesù di Nazareth
3
.
Per indicare la stessa talvolta si usa il vocabolo greco xylon, «legno o patibolo»
4
.
La croce è il simbolo della sofferenza e passione di Gesù, e insieme della rottura con
il mondo delle concupiscenze
5
.
Per la crocifissione di Gesù Cristo pare sia stata
adoperata la crux immissa o capitale, nella sua forma a
bracci disuguali (croce latina). La croce usata dai
romani non era molto alta; ciò è deducibile anche dal
fatto che per dare da bere a Gesù bastò un giavellotto
da soldato
6
.
Nella vita cristiana la croce è la vera sintesi: essa è
segno della riconciliazione dell’umanità con Dio (cf.
Ef 2,14-16; Col 1,20; 2,14) ed è causa della mistica
unione con il Salvatore (cf. Rom 6,8; Gal 2,20; 5,24-
25)
7
.
“La Crocifissione”, Rubens Peter Poul Collection of the
State M. Ciurlions Art Museam, Kaunas
Gesù subì il supplizio della croce che i Romani riservavano a schiavi ribelli,
grandi banditi e criminali politici
8
.
2
G. NOLLI, Croce, in G. NOLLI, (a cura), Lessico Biblico, Editrice Studium, Roma 1970, 278.
3
J. AUDUSSEAU, Croce, in X. LEON-DUFOUR, (a cura), Dizionario del Nuovo Testamento, Editrice
Queriniana, Brescia 1978, 193.
4
Cf. Ivi.
5
Cf. Ivi.
6
G. NOLLI, Croce, in G. NOLLI, (a cura), Lessico Biblico, 278.
7
Cf. Ivi.
8
G. ROSSÈ, Maledetto l’appeso al legno, 7.
6
1.1.1 La pratica della crocifissione.
Nell’A.T. la crocifissione non era conosciuta in quanto la pena capitale ordinaria
era la lapidazione, ove il condannato ucciso a colpi di pietre veniva poi appeso ad un
legno per accrescerne l’onta. Secondo il N.T. questo supplizio era noto ai Giudei,
come è anche dimostrato dal fatto che fu il popolo stesso a richiederlo per Gesù
9
.
L’ideazione di questa tortura probabilmente è di origine orientale. I romani hanno
adottato questa sevizia per l’esecuzione dei criminali. Questo supplizio romano, a
detta di Cicerone era il più crudele e orrido (Contra Verrem 2,5.169); per Seneca è
un legno sterile (cf. Ep. 101,14); Tacito la definisce morte infamante (cf. Hist.
4.3,119). Non solo la croce in sé, ma la stessa parola croce evocava quanto di più
spaventoso e orribile esistesse al mondo. Con queste considerazioni si può intuire
come “la parola della croce” proclamata da Paolo come buona notizia fosse mōria
(stoltezza) per il mondo. Una religione fondata su un Dio crocifisso appare pure
follia, tant’é che i cristiani divennero oggetto di derisione di molti; per citare un
esempio dello spregio che gli increduli nutrivano per il cristianesimo a Roma è stato
pervenuto un graffito Palatino nel quale è raffigurato in uomo in croce dalla testa di
un asino con l’iscrizione: «Alessameno allora dio»
10
. Probabilmente fu Alessandro
Janneo nella prima metà del primo secolo a.C. ad introdurre la tortura della
crocifissione, quando dall’anno 88-83 a.C. fece crocifiggere ottocento ebrei, ma i
giudei la conobbero soprattutto a partire dall’occupazione romana, in modo
particolare in occasione delle rivolte in Galilea. I cristiani l’hanno identificata con un
supplizio praticato presso gli Ebrei: secondo la Legge, il corpo di un criminale già
giustiziato veniva sospeso ad un palo di legno piantato fuori le mura della città;
esposto pubblicamente il cadavere doveva essere tolto e sotterrato prima del cadere
della notte, perché esso costituiva una macchia per tutta la nazione. La somiglianza
più che il supplizio riguardava la vergogna e la maledizione.
L’usanza giudaica voleva che al condannato si desse una bevanda inebriante. La
morte lenta sopraggiungeva per sfinimento o per complicazioni respiratorie o
circolatorie. In questo modo si poteva portare via il corpo prima del calare della
notte, perché secondo la regola giudaica di Dt 21,23 il crocifisso era una
9
G. NOLLI, Crocifissione, in G. NOLLI (a cura), Lessico Biblico, 279.
10
G. BARBAGLIO, La prima lettera ai Corinzi, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1996, 134.
7
maledizione
11
. Paolo stesso attesta che la croce era intesa dai suoi corregionali quale
segno di maledizione divina. Scrivendo ai Galati l’Apostolo delle genti ribalta il
rifiuto sdegnoso dei giudei con la seguente frase: il maledetto da Dio è diventato
fonte di benedizione salvifica per i credenti
12
.
Dalle grotte di Qumram perviene la testimonianza più diretta e significativa, il
Rotolo del Tempio. Il manoscritto cita due casi precisi di crimini. Questo documento
attesta che attorno l’epoca cristiana il testo di Dt 21,23 era applicato alla
crocifissione dei criminali. Non si può allora escludere che il Sinedrio stesso avesse
potuto condannare Gesù alla crocifissione nel nome della Legge (Dt 21,22s.) con
l’accusa di bestemmia o falso profeta anche se il potere esecutivo era in mano a
Pilato
13
.
Altri studi esegetici sostengono che l’impiccagione di un uomo vivo non fossero
contemplate tra le pene capitali del diritto ebraico. I casi di Gs 8,29; Gn 40,22, Esd
6,11 e Est 7 non potrebbero essere presi in considerazione in quanto nel primo caso
si tratta di una vendetta bellica e non di una pena capitale, nel secondo passo la pena
è decretata da Egiziani, nel terzo da Giacobiti e nell’ultimo brano da Persiani
14
.
Subire la condanna di crocifissione aveva una forte dimensione pubblica - sociale;
tale morte avveniva lungo le strade o colline, sotto gli occhi visibili del popolo. La
crocifissione implicava fallimento personale, vergogna, atrocità ed anche esclusione
sociale
15
.
1.2 Riferimenti storici alla vicenda di Gesù di Nazaret.
Gesù nacque al tempo dell’imperatore Cesare Ottaviano Augusto con ogni
probabilità a Betlemme. Non si dispone di notizie certe sulla data precisa della sua
nascita, ma sia l’evangelista Matteo che Luca concordano nell’affermare che Gesù è
11
G. NOLLI ,Crocifissione, in G. NOLLI (a cura), Lessico Biblico, 278-279.
12
G. BARBAGLIO, La prima lettera ai Corinzi, 134.
13
R. GÈRARD, Maledetto l’appeso al legno, 10-11.
14
E. CORTESE, La sapienza della croce oggi, in T. P. ZECCA, La sapienza della croce nella rivelazione
e nell’ecumenismo, Atti del Congresso internazionale sulla sapienza della croce (Roma, 13-18 ottobre
1975), Edizioni Elle di Ci, Torino 1976, 149.
15
G. ROSSÈ, Maledetto l’appeso al legno, 15
8
nato quando era ancora in vita Erode il Grande, ovvero secondo i computi di Flavio
Giuseppe prima della primavera del 4 a.C.
16
.
Gesù Cristo fu crocifisso secondo l’uso romano
17
. I soldati di Pilato si adattarono
per alcuni particolari al costume e al senso di pudore giudaico; così Gesù portò la
croce vestito e gli fu offerto del vino mirrato. Sul Golgota il Salvatore venne
denudato ed inchiodato al patibulum, cioè alla trave trasversale che aveva portata
legata sulle spalle, quindi innalzato sul palo verticale già infisso nel terreno e
attaccato anche a questo con i chiodi. Gesù non fu sottoposto al «crucifragium», cioè
allo spezzamento delle gambe, onde accelerare la morte perché Gesù era già morto, e
con ciò si avverarono le Scritture (cf. Sal 34,21), come riportato dall’evangelista
Giovanni nella pericope 19,32-33. La crocifissione di Cristo appare più umiliante
perché Egli fu posto tra due ladroni, cioè fra due esempi di quella vita che Lui aveva
sempre riprovato
18
.
Il motivo della condanna di Gesù fu politico: egli passò per un sedizioso.
Si può affermare che Gesù nacque il 6/4 a.C. circa, iniziò il suo ministero
pubblico agli inizi del periodo in cui Ponzio Pilato fu procuratore (26-36 d.C.) e fu
giustiziato la festa di Pasqua dell’anno 30 d.C.
19
.
Tutti e quattro i vangeli concordano nel sostenere che Gesù è morto di venerdì. Il
vangelo di Giovanni sostiene che questo venerdì fosse il 14 di Nisan, vigilia della
festa pasquale (Parasceve) nella quale venivano immolati gli agnelli a ricordo del
passaggio degli ebrei dal mar Rosso dopo essere usciti dalla schiavitù in Egitto. I
sinottici sono unanimi nel sostenere che il venerdì in questione fosse il 15 di Nisan,
la vigilia della festa pasquale
20
. Il banchetto e la lavanda dei piedi la sera del giovedì
non ebbero luogo nel contesto di un banchetto pasquale (cf. Gv 13,1). A prova di
questo vi è l’amnistia di Pasqua, che ha senso solo se lo schiavo poteva consumare
anch’egli il banchetto di Pasqua con altri; inoltre si sa che i sommi sacerdoti e gli
scribi non avrebbero voluto uccidere Gesù durante la festa per evitare il rischio di
rivolte, questo dato compare nell’introduzione marciana del racconto della passione.
16
G. THEISSEN - A. MERZ, Il Gesù storico, un manuale, a cura di F. Dalla vecchia, Queriniana 2011,
196.
17
G. NOLLI, Crocifissione, in G. NOLLI, (a cura), Lessico Biblico, 279.
18
Ivi.
19
G. THEISSEN - A. MERZ, Il Gesù storico, un manuale, 204.
20
Cf. Ivi, 200.
9
Se Gesù muore nell’ora in cui vengono immolati gli agnelli è facile ricondurre a
Gesù la figura dell’Agnello pasquale. La Scrittura conferma questo dato, in Es 12,46
secondo il testo dei LXX si narra la prefigurazione dell’Agnello pasquale al quale
non sarà spezzato alcun osso, così avvenne nella crocifissione di Gesù (cf. Gv 19,36).
Gesù deve essere morto tra il 26 e il 36 d.C.
21
. Il tempo è calcolato a partire da
quando Pilato fu in carica. Negli anni 27 e 34 d.C. il 15 di Nisan era un venerdì per i
sinottici, per Giovanni era l’anno 30, ciò vale con meno probabilità per il 31.
Concordano con la cronologia giovannea le condizioni degli anni 30 e 33, nei quali il
14 di Nisan, la vigilia di Pasqua, era un venerdì. L’anno 30 d.C. come anno della
morte di Gesù vanta in suo favore il maggior numero di probabilità, ma altri anni non
sono in alcun modo esclusi: l’anno 30 la vigilia del 14 di Nisan era di fatto un
venerdì
22
.
Gesù è andato incontro alla morte consapevolmente e le ultime sue settimane di
vita (quelle del ministero gerosolimitano) sono state vissute al cospetto della morte;
Egli ha dato un profondo significato al termine della sua esistenza terrena: la sua fu
una auto-donazione vissuta nella fedeltà alla volontà di Dio e al suo popolo (cf. Mc
10,45; Mt 20,28). Un’attenzione speciale meritano le tre predicazioni, o meglio i tre
annunci sulla passione e morte che riscontriamo nei tre vangeli sinottici, ove Gesù
annuncia la prova, la condanna e la speranza. Ad ognuno di questi annunci
corrispondono tre seguenti fraintendimenti: il primo segue al qui pro quo di Pietro,
che non accetta la figura del Messia sofferente; al secondo segue l’equivoco dei
discepoli, che discutono su chi tra di loro è il più grande; al terzo segue il malinteso
dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni che ambiscono ai primi due posti nel
Regno dei cieli.
In filigrana, il tentativo è quello di ascoltare e illuminare la «auto-rivelazione»
misteriosa da parte di Gesù stesso, attraverso scelte, atteggiamenti e parole
23
.
L’esistenza orientata ad extra, ovvero fuori di sé con la quale ha vissuto Gesù vale
soprattutto per la sua morte, sulla base della sua esperienza ma anche in base alla
21
Cf. Flavio Giuseppe, Ant 18,35.89.
22
G. THEISSEN - A. MERZ, Il Gesù storico, un manuale, 203.
23
R. PENNA, Il DNA del cristianesimo, Edizioni San Paolo, Milano 2010, 80-84; R. FABRIS, Gesù di
Nazareth, Feltrinelli, Milano 1999, 243-261. Contributi di H. SCHURMANN, Regno di Dio e destino di
Gesù. La morte di Gesù alla luce del suo annuncio del Regno, Jaca Book, Milano 1996. M. HENGEL,
Crocifissione ed espiazione, Paideia, Brescia 1988.