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Cap. 1
1.1 PRESENZA CULTURALE BIZANTINA
NEL SUD ITALIA
In che rapporto è da porre la tradizione della cultura bizantina
con il primo Umanesimo italiano?
L‟Umanesimo, come movimento culturale che investe al
contempo tutto l‟arco delle scienze umane, dalla filologia alla
filosofia, dalla letteratura alla storia, non senza ripercussioni sulla
teologia, sulle arti e sulle scienze naturali, dopo essere stato
studiato a lungo dagli storici soprattutto in rapporto al Medioevo
latino, cercando di rilevare il processo di differenziazione della
cultura umanistica dalla cultura occidentale precedentemente in
auge, solo di recente è stato messo anche in rapporto con il
mondo greco medioevale ed è nata la questione del «fondamento
bizantino» dell‟Umanesimo e della rinascenza italiana.
Influssi e contatti fra mondo latino e mondo greco, dopo la lunga
parentesi altomedioevale, ripresero, e crescendo sempre di più,
4
nel periodo dall‟ XI al XIV secolo, sia nel campo politico-
economico che nel campo ecclesiastico e artistico, mentre in
Calabria, nel Salento e in Sicilia persisteva una tradizione
secolare di lingua e, in una certa misura, di cultura greca. Nel
campo della cultura, però, i contatti più significativi si ebbero in
seguito alla conquista latina di Costantinopoli (1204) e
all‟insediamento di considerevoli nuclei di coloni latini in terra
greca: a questo periodo appartiene un numero notevole di
traduzioni latine di testi greci antichi, in gran parte esemplate
direttamente dal greco
1
.
K. Setton afferma a conclusione del suo vasto quadro degli
influssi bizantini sull‟Umanesimo: «Riconoscere il debito degli
Italiani verso Bisanzio non è negare che gli Italiani contribuirono
più di ogni altro popolo alla formazione di nuovi modi di pensare
e ad una forma di vita più profana, benché siano state avanzate
pretese eccessive a loro riguardo…Senza dubbio i Bizantini
avevano i loro propri limiti e la qualità dei loro sforzi intellettuali
non fu in genere molto elevata nel XIV e XV secolo… Se i
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A. PERTUSI, Leonzio Pilato (? – 1 3 6 5 ) I r a p p o r ti d ell’ Uma n esimo co n la cu ltu r a b i z a n tin a n el ‘ 3 0 0 e n el p r imo ‘ 4 0 0 in «Scritti sulla Calabria greca medievale», Messina 1994, p. 251
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Bizantini furono eredi della grande tradizione classica
dell‟antichità, essi erano anche i successori degli Alessandrini e
dei Teodosiani. Un grande lavoro era stato fatto prima di loro: fu
loro compito conservarlo e alimentarlo. Essi sentirono
profondamente la loro reale continuità storica con il passato di
Augusto e di Costantino…ma lo stretto legame con il classicismo
impediva loro in qualche modo di coglierne gli elementi e di
costruirvi nuovi modelli…E così ebbero poco incentivo a uno
sforzo veramente creativo, eccetto naturalmente che in politica e
in teologia. Ma essi furono maestri degli Italiani, i quali
divennero maestri di noi tutti»
2
.
Certamente i Bizantini furono «dei» maestri -più che «i» maestri-
per gli Italiani, e ciò vale soprattutto quando si pensi
all‟importanza che ebbero Crisolora, Pletone, Lascaris, il cardinal
Bessarione e tanti altri personaggi del maturo Quattrocento
italiano; vale anche però nel caso in cui si pensi a studiosi come
Barlaam e Leonzio Pilato della metà del Trecento. C‟è tuttavia
una grossa differenza: i primi diffondono il gusto e la cultura
2
K.M. SETTON, The Byzantine Background to the Italian Renaissance, in «Atti della
Società Filosofica Americana », vol. 100, Philadelphia 1956, pp. 76 s.
6
costantinopolitani, i secondi il gusto e la cultura greca dell‟Italia
meridionale
3
. Né Barlaam né Leonzio risultano, però, aver
acquisito le loro conoscenze di letteratura greca e latina, sacra e
profana, in ambiente calabrese; piuttosto, per quanto concerne la
letteratura greca, entrambi risultano dipendere da ambienti
bizantini, mentre per quanto concerne quella latina, entrambi si
rifanno a contatti da loro avuti con esponenti del mondo
occidentale: Barlaam anche a Bisanzio, Leonzio in Italia.
Peraltro, la mediazione tra il mondo greco e il mondo latino che,
nell‟ambito del primo Umanesimo italiano, Barlaam e il suo
auditor Leonzio hanno svolto, è contrassegnata da caratteristiche
un po‟ singolari che fanno dei due italo-greci un punto di
transizione dal Medioevo all‟Umanesimo: allievi dei bizantini,
dai quali appresero sostanzialmente e la lingua classica e la
letteratura “del di fuori”, sia Barlaam sia Leonzio, nell‟assumere
successivamente atteggiamenti da maestro nei confronti degli
3
A. PERTUSI, Italo- g r ec i e b iz a n tin i n ello s vilu p p o d ella cu lt u r a ita lia n a d ell’ Uma n esimo in
«Scritti sulla Calabria greca medievale», op. cit., p. 227
7
Italiani, finirono col diventare di nuovo allievi di questi ultimi
per quanto concerne le letterature latine
4
.
Ora è importante determinare se la conoscenza del greco fosse
semplicemente un fattore relativo alla lingua popolare, il griko,
che perdurò sino a giungere ai giorni nostri, oppure se nel sud
della Penisola esistesse di fatto una “scuola”, in seno ai conventi,
che trasmetteva la conoscenza del greco classico e dei suoi testi,
a prescindere dai libri liturgici e dalle agiografie. La conoscenza,
per quanto approfondita, anche in loco, della lingua non può
essere sufficiente ad affrontare tutti i testi e, particolarmente,
certi testi di carattere scientifico e filosofico o di carattere poetico
arcaico come quelli di Omero.
L‟attività traduttrice medioevale e del primo Umanesimo italiano
è da collegare con la conoscenza scolastica della lingua greca
antica che, nell‟Italia meridionale e in Sicilia, si mantenne con
maggiore o minore fortuna, ma senza interruzioni di sosta
almeno a partire dal IX secolo, avendo la sua massima fioritura
4
A. FYRIGOS, Leonzio Pilato e il fondamento bizantino del preumanesimo italiano in
«Manuele Crisolora e il ritorno del greco in Occidente» a c. di R. Maisano e A. Rollo,
Napoli 1997, pp. 27 s.
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tra la fine del XII e la fine del XIV secolo. Purtroppo delle
scuole, quasi sicuramente monastiche presenti in Sicilia e in
Italia meridionale durante il Medioevo, si sa assai poco. È
probabile che l‟insegnamento scolastico degli italo-greci si
rifacesse a quello parallelo delle scuole di Costantinopoli e di
Tessalonica sul quale siamo più o meno informati, ma le
testimonianze più sicure a noi giunte non ci dicono nulla né dei
metodi, né sul “curriculum” degli studi, né sull‟ attività letteraria
che vi si esercitava. Nonostante ciò abbiamo testimonianze sicure
che non solo vi si insegnava a leggere, scrivere, a far di conto,
ma anche a comprendere e commentare gli autori antichi, sia
pure sotto forma di schede grammaticali e retoriche
5
.
Abbiamo, dunque, numerosi lessici come lo Pseudo-Cirillo, il
lessico di Polluce, di Esichio, lo Pseudo-Zonara, la Suida, il
Lexicon in Iliadem ed altri, piuttosto differenti rispetto a quelli
adottati a Costantinopoli e spesso ispirati a tradizioni secondarie
(come appunto gli scholia minora dell‟Iliade cui si richiama il
5
Cfr. PERTUSI, Leonzio Pilato, in «Scritti sulla Calabria greca medievale», op. cit., pp. 240
s.
9
Lexicon in Iliadem appena citato
6
). Numerosissime le
grammatiche, spesso sotto forma di Erotemata, cioè proposte
come dialoghi a domanda e risposta
7
.
Oltre tutto è bene rilevare come spesso sia i lessici che gli
Erotemata portino annotazioni in dialetto locale meridionale
traslitterate in caratteri greci, evidente prova di uno studio
costante condotto utilizzando questi strumenti didattici.
Ovviamente non si spiegherebbe una presenza tanto imponente di
opere grammaticali se non al fine di affrontare lo studio dei testi
classici profani, di notevole portata e difficoltà interpretativa
anche per chi conoscesse già il “greco bizantino”.
Un altro documento fondamentale è il Lexicon Arundelianum,
versione latina di un lessico bizantino italo-greco, ora perduto,
adattato all‟esigenza di una trasposizione in latino che,
evidentemente, cominciava a farsi sentire
8
.
Un ulteriore elemento culturale da sottolineare, che accredita la
tesi di una fitta presenza di “scuole” meridionali di studi classici
6
Cfr. PERTUSI, Italo-greci e bizantini nello sviluppo d ella … in «Scritti sulla Calabria greca
medievale», op. cit., pp. 228 s.
7
Ibid. p. 229
8
Ibid. p. 230
10
monastiche e laiche, è la nascita del famosissimo gruppo dei
poeti salentini del XIII secolo (Giovanni Grasso, Giovanni e
Nicola d‟Otranto, Giorgio di Gallipoli) tutti in lingua greca ed
ispirati alla più nobile tradizione ellenica
9
. Ritrovare echi
abbastanza profondi dei classici greci in questi poeti salentini è
molto significativo: è un indice chiaro che i classici erano non
soltanto letti, ma anche gustati ed assimilati. Non si trova mai in
essi però un cenno, una frase, un‟esclamazione che ci dica
chiaramente l‟ansia di una ricerca e la gioia di una scoperta,
l‟esultanza per aver ritrovato un amico da tempo perduto. Al
contrario, tutto si svolge come se l‟aver incontrato Euripide,
Aristofane o Licofrone fosse un fatto assolutamente normale,
quasi di normale amministrazione. E in questo senso la raccolta
di manoscritti classici provenienti dal monastero di Casole, di cui
era stato Egumeno Nicola d‟Otranto, ha un suo preciso
significato: le opere dei classici sono semplicemente «riaccolte»
nel patrimonio culturale, reinserite nella tradizione, ricollocate
nel posto che a loro spetta dal tempo degli Alessandrini. In realtà
9
Ibid. p. 229
11
né in Italia meridionale, né a Bisanzio, né a Tessalonica, ci fu un
«rinascimento», e nemmeno un «umanesimo», nel senso in cui
tali termini sono adoperati dalla critica contemporanea; non
perché sia mancato il desiderio di possedere autori classici e
nemmeno perché sia mancata la brama di imitarli – l‟uno e l‟altra
ci furono, e in modo notevole -, ma perché mancò il senso della
scoperta, e perché soprattutto questi elementi di carattere
umanistico, che si riscontrano a Bisanzio prima e in Italia
meridionale poi, rimasero allo stato di un aggregato cui mancò la
successiva fusione vitale
10
.
Anche a Bisanzio, come in Italia meridionale, la preoccupazione
principale fu quella di mantenere, custodire, estendere una
tradizione. La ripresa degli studi sotto i Paleologhi (1261-1453) è
un‟intensificazione o reviviscenza di una tradizione già salda.
Tutto si esaurisce nel commento grammaticale, parafrastico ed
esegetico; la cosa più notevole è costituita dalla critica del testo,
cioè dalla preparazione di nuove edizioni dei testi classici.
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10
Ibid., p. 232
11
Ibid., p. 233