Introduzione e metodo
2
Ciò rendeva possibile per tutte le aerolinee comunitarie l’inserimento nel proprio
network di alcune rotte internazionali. Inoltre vennero introdotte nuove e più
veloci procedure per l’approvazione delle tariffe. Un numero elevato di piccole
aerolinee incominciava così ad entrare in alcune delle più redditizie rotte
intracomunitarie, in diretta concorrenza con i vettori di bandiera.
Nel giugno 1990 veniva varato il “Secondo Pacchetto CEE” che elevava
parzialmente la libertà concessa in campo tariffario e per ciò che riguardava la
capacità offerta.
E’ solo con il “Terzo Pacchetto CEE”, in vigore dal 1° gennaio 1993, che si passa
ad una reale e definitiva deregolamentazione del trasporto aereo europeo. Si
assiste infatti alla scomparsa del sistema bilaterale e all’affermarsi di un vero
sistema multilaterale. Le istituzioni comunitarie sarebbero potute intervenire solo
nel caso di prezzi ingiustificatamente alti o eccessivamente bassi.
In Europa la deregulation è stata graduale e distribuita in un ampio periodo di
tempo, anche per evitare alcune delle conseguenze negative verificatesi negli Stati
Uniti in seguito alla liberalizzazione del settore, come l’indebolimento delle
compagnie aeree più piccole e il venire meno di collegamenti con le regioni più
lontane.
Il Terzo Pacchetto protegge infatti le compagnie nuove entrate sulle rotte regionali
con capacità inferiore a 30.000 posti l’anno. Se una compagnia aerea regionale
entra in una nuova rotta utilizzando un aereo con meno di 80 posti, uno Stato
membro può rifiutare l’entrata ad altre compagnie aeree per due anni. Quanto ai
collegamenti con regioni più lontane, uno Stato membro può limitare l’accesso a
una sola compagnia aerea.
Per alcuni aspetti sembra che gli effetti della deregulation in Europa siano stati
modesti o, comunque, non confrontabili a quelli verificatisi negli Stati Uniti. Nei
cinque anni immediatamente successivi alla deregulation (1978), negli Stati Uniti
il traffico ebbe un sensibile aumento, le tariffe ebbero una sensibile riduzione e il
numero dei nuovi entranti crebbe rapidamente. Tali effetti, in Europa, non sono
stati così significativi come negli Stati Uniti.
Le caratteristiche strutturali del mercato europeo sono, infatti, molto diverse. Un
esempio è rappresentato dai finanziamenti da parte degli Stati alle compagnie di
Introduzione e metodo
3
bandiera che costituiscono, anche attualmente, un vincolo allo sviluppo di una
competizione più intensa.
Ciò nonostante, anche in Europa si è assistito all’entrata di numerose nuove
compagnie aeree che, attraverso l’uso strategico della variabile prezzo, sono
riuscite a conquistare una presenza significativa nel mercato. L’ingresso di tali
operatori, caratterizzati da obiettivi e strategie sostanzialmente diverse da quelle
fino ad allora adottate dalle aerolinee di bandiera, ha naturalmente modificato le
dinamiche competitive dell’intero settore.
Tra gli effetti della deregulation va citato l’ingresso e lo sviluppo delle aerolinee
low cost e no frills (letteralmente: “senza fronzoli”) che, grazie all’offerta di
tariffe nettamente più basse rispetto a quelle dei vettori di bandiera, ottenute
approntando strutture di costi più snelle e flessibili, si sono rese protagoniste di
un grande successo di pubblico.
A metà degli anni ’90 si riteneva pressochè impossibile replicare nel contesto
europeo il successo della Southwest Airlines, la compagnia che ha scardinato il
sistema di trasporto aereo statunitense introducendo il criterio del volo senza
fronzoli, senza posti assegnati e con il personale di volo incaricato di svolgere
anche le operazioni a terra.
Venivano elencate una serie di ragioni che, in Europa, avrebbero dovuto
condannare le piccole compagnie a basso costo a un brevissimo corso: troppe si
ritenevano infatti essere le restrizioni all’accesso ai principali aeroporti; troppi i
vincoli all’uso degli spazi aerei; troppo alte le tariffe che le compagnie aeree
devono pagare alle società aeroportuali per i servizi a terra. Ulteriore vincolo era
rappresentato dall’elevato costo del lavoro proprio del contesto europeo. Infine, si
riteneva che fosse troppo difficile da cambiare la mentalità dei viaggiatori europei,
poco inclini all’utilizzo delle nuove tecnologie per le prenotazioni, considerando
soprattutto la scarsa diffusione di Internet e delle carte di credito rispetto agli Stati
Uniti.
Ciò che è accaduto, in realtà, è stato che i vettori low cost hanno ottenuto buoni
risultati di pubblico, allargando il mercato e consentendo a decine di migliaia di
persone, in precedenza impossibilitate dalla barriera del prezzo, di viaggiare in
Introduzione e metodo
4
aereo. Inoltre hanno costretto le grandi compagnie aeree a reagire, sia dal punto di
vista del marketing che delle strategie operative.
Tra le grandi compagnie aeree si sono sviluppate nuove forme di cooperazione,
capaci di migliorare le economie di scala e di densità, ridurre la congestione
aeroportuale e incrementare la soddisfazione della clientela. Alla progettazione
della rete e alla pianificazione della flotta sono state attribuite finalità di customer
satisfaction e la funzione marketing si è rinnovata con strutture tariffarie capaci di
discriminare tra i segmenti di clientela, servizi differenziati e nuovi canali
distributivi. La qualità, soprattutto quella funzionale è diventata un attributo
irrinunciabile ed il ruolo del personale è stato reinterpretato da costo da
minimizzare a risorsa da valorizzare per il raggiungimento di un vantaggio
competitivo sostenibile.
L’oggetto della mia tesi è, in primo luogo, il settore del trasporto aereo e le
dinamiche competitive che lo caratterizzano. Nella seconda parte l’attenzione
viene focalizzata sui vettori low cost, con riferimento alle strategie adottate e ai
risultati conseguiti. Oggetto della trattazione sono le cinque compagnie low cost
attualmente operanti nel mercato europeo: Buzz, EasyJet, Go, Ryanair e Virgin
Express.
Obiettivi conoscitivi
Gli obiettivi conoscitivi che hanno guidato il lavoro sono i seguenti:
♦ capire come si configura il settore del trasporto aereo in Europa, analizzando
la posizione di ciascun attore del sistema per rilevare i cambiamenti che si
sono verificati all’interno dello stesso in seguito alla deregulation e al
conseguente ingresso di numerose nuove aerolinee. In particolare l’obiettivo è
quello di evidenziare le novità apportate dalle strategie dei nuovi entranti e gli
effetti sulle scelte strategiche dei vettori di bandiera che detenevano, in
precedenza, una posizione pressochè monopolistica nei singoli mercati
nazionali;
Introduzione e metodo
5
♦ capire quali sono le strategie competitive adottate dalle compagnie low cost,
con riferimento al tipo di vantaggio competitivo perseguito e all’ambito nel
quale esse scelgono di operare;
♦ rilevare su quali elementi si fonda la sostenibilità del vantaggio competitivo;
♦ individuare gli aspetti innovativi che caratterizzano le strategie dei vettori low
cost e low fare e verificare se e come tali aspetti, intesi come nuove modalità
gestionali, consentano di offrire tariffe così marcatamente più basse rispetto a
quelle offerte dagli altri operatori;
♦ verificare se tali vettori low fare hanno successo, articolando il successo lungo
la triplice dimensione del successo competitivo, reddituale e sociale;
♦ cercare di rilevare su quali opzioni strategiche di fondo si basa la ricerca del
successo e, in ultima analisi, quali sono i fattori che hanno consentito (o non
hanno permesso) il raggiungimento di una posizione economico-finanziaria
solida e di altrettanto successo competitivo e sociale.
Riferimenti teorici
Le basi teoriche scelte per condurre l’analisi sono state principalmente basate sui
modelli applicativi utilizzati nel corso di Strategia e Politica Aziendale.
Si tratta in particolare delle strutture concettuali concernenti la strategia e il
vantaggio competitivo messe a punto da Porter
1
che mirano a costruire un legame
attento tra le scelte che un’impresa effettua rispetto al settore in cui opera, alla
posizione, alla configurazione delle attività ed ai risultati di mercato. Tale modello
consta di vari elementi interrelati che consentono di dare una risposta al perché del
successo di alcune aziende, contemplando anche la struttura del settore in cui esse
operano e consente, quindi, di sviluppare un discorso logico che parte dalla
configurazione del settore e dalle dinamiche competitive che lo caratterizzano e si
estende fino all’indagine sulle cause del successo aziendale.
1
PORTER, 1980- PORTER M.E., Competitive Strategy. Techniques for Analysing Industries and
Competitors. The Free Press, New York.
Introduzione e metodo
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Il punto di partenza è che il successo dell’impresa si manifesta nel raggiungimento
di una posizione competitiva che conduce a performances finanziarie superiori e
sostenibili.
Per spiegare il successo competitivo delle imprese si necessita di una teoria della
strategia che leghi le circostanze ambientali ed il comportamento dell’impresa ai
risultati di mercato.
A livello più ampio, il successo dell’impresa è funzione di due fattori: l’attrattività
del settore in cui essa opera, ossia la redditività che in media è possibile
conseguire in quel settore stante la sua configurazione strutturale, e la qualità della
strategia competitiva adottata, ossia la validità del posizionamento che l’impresa
ha saputo raggiungere grazie alle scelte compiute e alle azioni poste in essere.
La struttura concettuale messa a punto da Porter per diagnosticare la struttura del
settore è costruita intorno a cinque forze competitive che erodono la profittabilità
media a lungo termine dell’impresa. La configurazione strutturale di un dato
settore viene a dipendere, in ogni istante, dal contemporaneo disporsi di tali forze
costituite dalla rivalità fra le imprese concorrenti, dalle minacce portate dai
prodotti sostitutivi, dalle minacce derivanti dai potenziali entranti e dal potere
contrattuale esercitato dai fornitori e dai clienti.
Tale schema concettuale può essere applicato a livello di settore, di gruppo
strategico (ovvero di gruppo di imprese con strategie simili) o anche di impresa
individuale. La sua funzione ultima è di spiegare la sostenibilità dei profitti contro
la contrazione e contro la competizione diretta e indiretta. La struttura del settore è
parzialmente esogena e parzialmente soggetta all’influenza delle azioni
dell’impresa; la struttura e la posizione dell’impresa sono cioè interrelate, il che
rende la loro separazione, seppure utile, una semplificazione analitica.
Mantenendo costante la struttura del settore, un’impresa di successo è quella che
detiene una posizione relativa attraente. Occorre indagare le cause di tale
posizione competitiva favorevole che deve essere necessariamente considerata un
risultato di alcune scelte operate dall’azienda, scelte che possono essere ricondotte
al vantaggio competitivo sostenibile che l’impresa possiede nei confronti dei suoi
rivali. Per comprendere il vantaggio competitivo, occorre scomporlo nelle due
diverse modalità con cui si manifesta: un costo inferiore rispetto a quello praticato
Introduzione e metodo
7
dai rivali, o l’abilità di differenziare e realizzare un premium price che ecceda il
costo extra della differenziazione. Qualsiasi impresa che abbia profitti superiori ha
raggiunto uno dei due tipi di vantaggi o entrambi. Il vantaggio competitivo è
raggiunto con riferimento all’ambito competitivo in cui l’azienda opera e la sua
scelta è centrale nella strategia poiché può anche influenzare la struttura del
settore.
Se una posizione relativa attrattiva dipende dal possedere un vantaggio
competitivo con riferimento ad un certo ambito, diventa cruciale spiegare come
ciò avviene. Questo richiede una teoria che fornisca un’immagine essenziale di
ciò che fa l’impresa. L’approccio di Porter ad una tale teoria e alle fonti del
vantaggio competitivo è centrato sulle attività. L’azienda viene vista cioè come un
insieme di attività generatrici di valore realizzate per progettare, produrre e
vendere il proprio prodotto e per approntare il necessario servizio di supporto.
Una strategia d’impresa definisce la configurazione delle attività e il modo in cui
vengono interrelate. Il vantaggio competitivo risulta dall’abilità dell’impresa di
realizzare le attività richieste ad un costo complessivamente più basso rispetto a
quello dei rivali, o di svolgere alcune attività in modi unici che creino valore per il
cliente, consentendole di applicare un premium price.
L’unità basilare del vantaggio competitivo è quindi la singola attività, poiché in
grado di determinare il valore prodotto per il cliente e percepito dal cliente,
nonché i costi sostenuti per produrlo e per renderlo visibile. Le attività generatrici
di valore possono essere classificate in due categorie: attività primarie
(direttamente riconducibili alla predisposizione fisica del prodotto, alla vendita, al
trasferimento del prodotto al cliente e al servizio post-vendita) e attività di
supporto (finalizzate a supportare le attività primarie mediante la fornitura di
materiali e altre merci acquistate, di tecnologia, di risorse umane e di servizi
generali).
La strategia di un’impresa si manifesta nel modo in cui essa configura e lega le
molteplici attività nella catena del valore rispetto ai suoi concorrenti.
Se il vantaggio competitivo scaturisce dalle attività generatrici di valore occorre
chiedersi perché ci sono delle imprese capaci di realizzare tali attività ad un costo
inferiore o di creare un valore superiore rispetto ai rivali. Porter ha individuato a
Introduzione e metodo
8
tale proposito una serie di fattori che agiscono come determinanti strutturali delle
differenze tra concorrenti nel costo o nel valore che l’azienda riesce a produrre e a
far percepire ai propri acquirenti. I fattori più importanti in un’attività includono
la dimensione, l’apprendimento cumulato nell’attività, i legami tra attività,
l’abilità nel condividere le attività con altre aree di business, il modello di
utilizzazione della capacità produttiva, la localizzazione dell’attività, il momento
delle scelte di investimento nell’attività, il grado di integrazione verticale. Lo
stesso insieme di fattori determina sia il costo relativo sia la differenziazione. La
rilevazione di tali fattori consente di dare una risposta alla domanda iniziale circa
la sostenibilità del vantaggio competitivo. In ultima analisi, la sostenibilità del
vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti dipende infatti dal numero di
vantaggi competitivi presenti nella catena del valore e, in particolare, dalle
determinanti sottostanti a ognuno di loro.
Il problema circa l’acquisizione e la sostenibilità del vantaggio competitivo, così
posto, si colloca ai confini tra l’analisi trasversale (o di tipo statico) e l’analisi
longitudinale (o di tipo dinamico). Questa analisi non rappresenta cioè in senso
pieno un’analisi di tipo dinamico poiché risulta condizionata in misura notevole
dalla prospettiva iniziale dell’azienda che detiene la posizione competitiva
osservata. Un’analisi longitudinale, o di tipo dinamico, dovrebbe invece assumere
una visuale più ampia, estesa tanto all’analisi retrospettiva quanto all’analisi
prospettica, consentendo così di dare ragione del perché alcune imprese sono
capaci di ottenere posizioni vantaggiose e sostenerle o fallire nel sostenerle.
Logicamente ci sono due risposte. La prima concerne le condizioni iniziali che
possono risiedere o nella singola impresa o nell’ambiente in cui essa è collocata.
La seconda riguarda le scelte manageriali che definiscono le modalità di
competere dell’impresa, la sua configurazione di attività e gli investimenti di
supporto in risorse e capacità. La posizione di mercato che un’impresa si è
costruita è infatti il risultato delle scelte passate sul come configurare le attività e
su quali capacità creare e acquisire.
Per capire perché le imprese scelgono e implementano con successo le giuste
strategie e per dare ragione delle cause che hanno consentito a una specifica
azienda di configurare le attività in modo migliore e di sfruttare in modo più
Introduzione e metodo
9
efficace le determinanti di costo o di unicità occorre quindi sviluppare una teoria
che tenga conto simultaneamente dell’azienda, dell’ambiente in cui opera e dei
cambiamenti esogeni che si verificano in aree quali i bisogni degli acquirenti, la
tecnologia, i mercati degli input.
L’ambiente prossimo all’impresa definisce infatti molti dei mercati degli input dal
quale l’impresa deve rifornirsi, le informazioni che guidano le scelte strategiche e
gli incentivi e le pressioni sulle imprese sia per innovare, sia per accumulare
capacità o risorse nel tempo.
Il vantaggio competitivo, quindi, può risiedere tanto nell’ambiente quanto nella
singola impresa. Questa visione del ruolo dell’ambiente è emersa da uno studio
effettuato da Porter sulle cause del successo competitivo internazionale su un
grande campione di industrie in dieci nazioni leader nella commercializzazione. Il
punto di partenza della ricerca era stata l’osservazione che il vantaggio
competitivo in settori particolari era spesso fortemente concentrato in uno o due
paesi, spesso con parecchi concorrenti domestici di successo. La struttura teorica
di base, poi confermata dall’indagine empirica, è che il cambiamento ambientale è
inesorabile e che le imprese, attraverso l’innovazione, hanno una libertà
considerevole sia nell’influenzare l’ambiente sia nel risponderle. Le imprese cioè
creano e sostengono il vantaggio competitivo per la capacità di migliorare
continuamente, di innovare e di fare avanzare i loro vantaggi competitivi.
Secondo Porter, la maggiore influenza sull’abilità dell’impresa di innovare e
avanzare è svolta da quattro attributi del suo ambiente circostante rappresentati da:
strategia, struttura e rivalità tra le imprese; condizioni dei fattori di produzione;
condizioni della domanda; ruolo delle industrie correlate e di supporto.
Sebbene tali aspetti non saranno oggetto di una trattazione sistematica nello studio
delle strategie delle aerolinee in esame, la loro introduzione può comunque
risultare utile per spiegare, in ultima analisi, le ragioni del successo di alcune
aerolinee e dell’insuccesso di altre o, comunque di rendere ragione dell’influenza
dell’ambiente nell’accezione intesa da Porter.
Lo studio delle determinanti delle attività generatrici di valore non consente,
infatti, in alcuni casi, di cogliere alcune cause di successo che possono essere
Introduzione e metodo
10
rinvenute, per esempio, attraverso una considerazione attenta della storia
aziendale o di alcuni elementi caratteristici dell’ambiente in cui l’impresa opera.
Posto che l’obiettivo del lavoro è cercare di spiegare le cause del successo,
occorre introdurre le basi teoriche usate per la valutazione del successo; occorre
spostare l’attenzione dai fattori causanti agli indicatori del successo stesso, cioè ai
risultati dell’azienda.
Anche in questo caso si sono utilizzati i modelli utilizzati nelle lezioni di Strategia
e Politica Aziendale, relativi alla valutazione della formula imprenditoriale.
2
L’analisi della formula imprenditoriale viene condotta a due livelli: a livello di
area strategica d’affari (ASA) e a livello aziendale, il che consente la valutazione
delle tre dimensioni in cui si articola il successo: competitivo, reddituale e sociale.
La formula imprenditoriale potrebbe infatti essere visualizzata come composta di
due sottoinsiemi ruotanti intorno alla struttura aziendale, esprimenti l’uno il modo
di essere dell’impresa in una certa arena competitiva, l’altro il modo di essere
dell’impresa nel sistema di forze economiche, politiche e sociali in cui cerca i
consensi e le collaborazioni che le occorrono. Il primo sottoinsieme esprime
quindi la strategia competitiva adottata dall’impresa, il secondo la sua strategia
sociale.
A livello di area d’affari, per diagnosticare le caratteristiche gestionali di
un’impresa, è necessario considerare due dimensioni critiche: il successo
competitivo e il successo reddituale.
Per quanto riguarda la dimensione competitiva del successo, occorre maturare
giudizi in merito ad alcune informazioni, anche di carattere indiziario, concernenti
le quote di mercato assolute e relative, il grado di copertura del mercato, il livello
qualitativo della clientela presso cui si è introdotti, il grado di penetrazione presso
le varie fasce di clientela. Si tratta, come si vede, di informazioni esprimenti i
risultati del gioco competitivo e non i loro fattori causanti.
Quanto alla dimensione reddituale del successo, il giudizio si incentra sulla
redditività dei mezzi investiti, cioè sull’indice ROI (reddito operativo/attivo totale
al netto dei fondi rettificativi). Altri indicatori utili variamente connessi alla
2
CODA V., La valutazione della formula imprenditoriale in DE CARLO, DI MARTINO,
MAZZOLA, 1999-DE CARLO M., DI MARTINO S., MAZZOLA P., (a cura di) Strategia e
politica aziendale. Arcipelago Edizioni, Milano.
Introduzione e metodo
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gestione operativa sono: i margini di contribuzione sul fatturato, i coefficienti di
rigiro del circolante, il fatturato (o il valore aggiunto) per addetto e così via.
La considerazione congiunta di entrambe le dimensioni del successo consente di
posizionare l’ASA considerata all’interno di una matrice che consente di
diagnosticare la validità della formula imprenditoriale a livello ASA.
In generale, solo quando entrambi tali fattori hanno valori elevati la formula
imprenditoriale è, a livello ASA, internamente coerente, ossia stabile. Dove ciò
non si verifichi, ci si trova di fronte a situazioni di instabilità tali da creare,
almeno potenzialmente, delle crisi economiche aziendali.
Per completare la diagnosi della formula imprenditoriale a livello aziendale,
occorre incrociare la dimensione del successo reddituale con quello conseguito
dall’azienda a livello sociale.
La dimensione reddituale è significativamente espressa dalla redditività netta dei
mezzi propri. Il successo sociale ha manifestazione evidente nei livelli di
soddisfazione degli interlocutori sociali con cui l’azienda si confronta
nell’esercizio delle proprie attività e nella capacità che questa ha di attrarre a sé le
risorse e i consensi che le sono necessari.
Se entrambi i fattori considerati hanno valori elevati, la formula imprenditoriale a
livello aziendale è stabile, in caso contrario potrebbe essere esposta a fattori di
rischio in grado di compromettere l’equilibrio economico-finanziario e sociale
raggiunto.
Tali modelli di analisi verranno applicati a tutte le compagnie aeree in esame,
compatibilmente con i dati disponibili e, dove possibile, valutando l’andamento
degli indicatori su più anni di esercizio al fine di evidenziare le tendenze
predominanti.
Nella valutazione dei risultati sono stati introdotti altri quozienti di bilancio, in
genere correlati alla gestione operativa, posto che l’obiettivo della tesi è l’analisi
delle strategie competitive adottate.
Una parte dell’analisi è infine dedicata alla valutazione dei risultati sulla base di
alcuni indicatori di efficienza, messi a punto da un gruppo di ricercatori della
Cranfield University
3
.
3
PELLICELLI, 1996-PELLICELLI A.C., Le compagnie aeree. Giuffré, Milano.
Introduzione e metodo
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Tali indicatori sono stati utilizzati dai ricercatori della Cranfield University nel
corso di un’indagine sviluppata nell’arco di dieci anni (1983-1993) su 26 grandi
compagnie aeree di Nord America, Europa, Asia e Pacifico e hanno consentito un
agevole e preciso confronto dei risultati da esse ottenuti.
Come tutte le analisi basate su indicatori nasconde parte della realtà, ma
rappresenta un importante punto fermo per capire le caratteristiche del settore e
valutare le strategie adottate. Gli indici considerati sono infatti uno strumento
efficace per mettere in evidenza cinque aspetti delle performances delle
compagnie aeree: caratteristiche della compagnia, produttività del lavoro,
efficienza del marketing, controllo dei costi, redditività.
Gli indicatori più interessanti ai fini dell’analisi delle compagnie low cost sono
quelli relativi alla produttività del lavoro, al controllo dei costi e all’efficienza del
marketing. Tale modello contempla infatti la considerazione dei costi unitari
(costi per ASK
4
) e dei ricavi medi (Yield per RPK
5
) e consentirebbe, pertanto,
l’individuazione del concorrente con costi unitari più bassi e, per esempio, con
migliori risultati in termini di produttività del lavoro, con riferimento a tutte le
categorie di personale impiegate da una compagnia aerea. Tuttavia, l’impossibilità
di ottenere da tutte le compagnie aeree i dati riferiti agli ASK e RPK e altre
informazioni operative ha permesso solo una parziale applicazione di tali indici.
Il campione
Il lavoro è principalmente focalizzato sul mercato europeo, sia per quanto riguarda
l’analisi del settore, sia per la scelta delle aerolinee in esame. Infatti la
competizione tra le stesse avviene esclusivamente in ambito europeo, poiché tutte
effettuano collegamenti intraeuropei su brevi-medie distanze. Un confronto con la
realtà USA sarebbe possibile, ma reso oltremodo difficoltoso date le differenze
4
Available Seat Kilometres. E’ una misura della capacità operativa di un aereo o di una compagnia
aerea. Si ottiene moltiplicando il numero di posti disponibili per le distanze volate espresse in
chilometri.
5
Revenue Passenger Kilometres. Misura dei servizi prodotti da un’impresa di trasporto passeggeri:
un passeggero trasportato per un chilometro equivale a un ricavo per passeggero chilometro. Si
calcola moltiplicando il numero dei passeggeri paganti per i chilometri di volo.
Introduzione e metodo
13
strutturali tra i due mercati, evidenti, soprattutto, nelle strutture dei costi delle
compagnie aeree, fattore questo che incide pesantemente sulla redditività delle
stesse.
Tuttavia, non mancano esempi tratti dall’esperienza statunitense. Infatti data la
crescente globalizzazione del mercato, sarebbe irreale, in alcuni casi, restringere
l’analisi al solo ambito europeo.
I vettori analizzati sono tutti europei, precisamente sono tutti i vettori
dichiaratamente low cost, low fare e no frills attualmente operanti. Sono state
volontariamente trascurate pertanto tutte le aerolinee regionali e tutti i vettori
charter che, pur offrendo tariffe inferiori rispetto a quelle dei vettori di bandiera,
presentano sistemi di prodotto sostanzialmente simili a quelli di questi ultimi.
La metodologia di analisi
Il lavoro ha preso avvio con una rassegna della letteratura sia nazionale che
internazionale riguardante il settore del trasporto aereo e le compagnie aeree in
generale. Molte delle informazioni hanno richiesto una successiva rielaborazione
a causa dei continui e rapidi cambiamenti del mercato. Una fonte molto utile per
la ricerca si è rivelata essere Internet sia perché ricco di dati aggiornati, sia perché
tramite i siti di alcune associazioni di settore (l’Association of European Airlines,
per esempio) è stato possibile raccogliere informazioni recenti e dettagliate anche
di tipo economico-finanziario sui vettori e sulla situazione generale del trasporto
aereo europeo. Esistono inoltre pubblicazioni mensili, disponibili solo in rete, di
aviazione commerciale molto utili perché attente soprattutto ai nuovi vettori e ai
continui cambiamenti che si verificano nel mercato. La collaborazione della
redazione di Airlinews ha permesso, per esempio, di accedere a statistiche su una
molteplicità di temi.
E’ stato possibile trovare materiale sui vettori low cost essenzialmente in rete.
Poiché tali aerolinee costituiscono un fenomeno relativamente recente, non esiste
molta bibliografia in merito. La ricerca si è quindi orientata prevalentemente sulla
Introduzione e metodo
14
consultazione di quotidiani di tipo economico, riviste di settore e pubblicazioni
varie su Internet.
I siti delle compagnie aeree si sono rivelati utili e ricchi di informazioni. Quasi
tutti hanno infatti sezioni dedicate alla rassegna stampa e alle relazioni con gli
investitori, da cui è possibile ottenere informazioni di carattere economico-
finanziario.
La difficoltà principale è stata quella di accedere ai bilanci e ad alcuni dati
operativi delle compagnie; uno dei limiti dell’analisi è pertanto rappresentato dalla
mancanza di informazioni. Non è stato possibile rilevare i dati economico-
finanziari di Buzz e informazioni inerenti la capacità operativa di EasyJet.
L’analisi è infine, stata approfondita intervistando i Direttori Marketing di alcune
delle compagnie aeree low cost.
Per quanto concerne la bibliografia di riferimento delle basi teoriche scelte per
condurre l’analisi, si sono utilizzati prevalentemente i testi di Porter, Coda e
Grant
6
, oltre alle dispense del corso di Strategia e Politica Aziendale.
La struttura della tesi
La tesi è articolata in cinque capitoli.
Nel primo capitolo vengono presentati i modelli teorici di analisi strategica che
verranno applicati in seguito.
Il secondo capitolo è interamente dedicato all’analisi del settore del trasporto
aereo. Poiché il modello adottato è quello delle cinque forze competitive di Porter,
cinque sono i paragrafi in cui è suddiviso. Nel primo paragrafo sono trattate le
barriere all’entrata; nel secondo il potere contrattuale dei fornitori; nel terzo il
potere contrattuale degli acquirenti; nel quarto la minaccia dei prodotti sostitutivi
e, da ultimo, l’intensità della concorrenza.
6
PORTER,1983-PORTER M.E., La strategia competitiva. Editrice Compositori, Bologna;
PORTER,1987-PORTER M.E., Il vantaggio competitivo. Edizioni di Comunità, Milano;
CODA,1988- CODA V. L’orientamento strategico dell’impresa. UTET, Torino; GRANT,1999-
GRANT M. R., L’analisi strategica per le decisioni aziendali. Il Mulino, Bologna.
Introduzione e metodo
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Il capitolo successivo consiste in una presentazione delle modalità tipiche di
attuazione delle strategie competitive di base individuate da Porter nel settore del
trasporto aereo. Il fine è quello di capire quali sono le caratteristiche uniche delle
strategie del trasporto aereo e di verificare l’esistenza di uniformità nelle scelte
strategiche operate dalle compagnie aeree.
Il quarto capitolo consiste nell’analisi delle strategie e la valutazione delle
formule imprenditoriali e dei risultati dei cinque vettori low cost. Sono stati
utilizzati i medesimi modelli applicativi in tutti i casi e considerati gli stessi indici
di bilancio laddove possibile.
Nell’ultimo capitolo si procede ad una comparazione delle strategie delle
compagnie aeree analizzate.