6
di apprezzare non chi sta in televisione ma chi la televisione la costruisce. La
mia tesi nasce proprio dalla consapevolezza di quanto sia articolato e allo stesso
tempo affascinante questo mondo. La storia di questo piccolo programma
insomma, mi ha reso partecipe di una realtà a me completamente sconosciuta,
mi ha messo a contatto con un mondo fatto di autori, registi e produttori,
personaggi prima di allora conosciuti solo grazie ai titoli di coda dei film. Una
delle prime cose che ho capito è che a produrre programmi non sono solo le reti
televisive; il mercato televisivo è infatti costituito anche da una miriade di
società, grandi e piccole, che scrivono e realizzano programmi televisivi per poi
venderli alle reti. “Il Protagonista” è stato uno di questi. Prodotto dalla società
di produzione televisiva Magnolia, di Giorgio Gori, è stato poi venduto a
Italia1. Magnolia ha comunque tenuto i diritti sul format ed altre reti e case di
produzioni straniere lo hanno opzionato per produrlo e trasmetterlo anche
all’estero. “Il Protagonista” è stato quindi uno dei tanti programmi che
costituiscono quello che viene chiamato il mercato dei format televisivi; ed è
proprio dall’analisi di questo mercato che partirà la mia tesi.
Il primo capitolo è basato sullo studio della struttura del mercato europeo
e americano dei format televisivi, sui loro punti di forza e sugli elementi che li
contraddistinguono. Chiarirò cosa si intende per format televisivo, ma
soprattutto quali sono i meccanismi grazie ai quali un format possa essere
venduto o acquistato sui mercati internazionali. Evidenziando il basso potere
negoziale dei produttori rispetto alle reti sul mantenimento dei diritti,
dimostrerò come questa situazione si ripercuote negativamente su tutto il
mercato europeo con una assenza totale di un “secondo mercato” che garantisca
una buona circolazione dei prodotti audiovisivi. L’analisi generale delle
caratteristiche dei produttori indipendenti e le loro strategie sul mercato
internazionale chiuderanno il capitolo. Il secondo capitolo si focalizzerà sul
mercato italiano degli “indipendenti”, l’analisi delle modalità con cui questi
operano sarà seguita dalle problematiche che oggi, data la loro condizione di
subalternità, i produttori indipendenti devono affrontare quando portano i loro
progetti alle reti. La struttura del sistema italiano, il duopolio, affievolisce infatti
il loro potere negoziale. L’analisi del genere fiction e intrattenimento leggero
visto dalla prospettiva degli “indipendenti” ci aiuteranno poi a capire quali sono
le dinamiche produttive adottate da queste società. Le tre più grandi società
produttrici indipendenti presenti oggi in Italia Endemol, Grundy ed Einstein,
saranno l’oggetto del terzo capitolo. La descrizione della struttura societaria, lo
studio delle strategie e l’analisi dei loro format principali, ci chiarirà quali sono i
fattori che fanno di queste società dei leader nel settore.
Questa passione, nata dopo la mia breve esperienza televisiva, si è poi
alimentata anche grazie alla presenza della nuova cattedra di “Storia della radio
e della televisione” attivata nella mia facoltà. Gli strumenti teorici e le
conoscenze acquisite durante questo corso hanno avuto la possibilità di
concretizzarsi nella redazione di Magnolia, nella quale ho lavorato per quattro
7
mesi. L’ultimo capitolo della mia tesi quindi, non potevo non incentrarlo
sull’analisi di questa casa di produzione televisiva. L’amicizia che mi lega ai
responsabili di Magnolia mi ha consentito di esaminare in modo dettagliato la
società, approfondendo quelli che sono i suoi rapporti con le reti e con le altre
case di produzione del circuito internazionale. Le numerose interviste effettuate
ad autori e registi mi hanno poi aiutato a completare il quadro della situazione
attraverso l’analisi testuale dei più importanti format Magnolia, tra i quali
naturalmente non poteva mancare “Il Protagonista”.
8
I Il mercato dei format
1.1 Il potere americano e l’Europa
«L'industria dell'audiovisivo è caratterizzata da una spinta costante
all'aumento dei costi aggravata anche dall'aumento generale dei salari e dei
prezzi. La caratteristica dell'industria dell'audiovisivo infatti, come d'altra parte
tutta l'industria culturale, è caratterizzata dall'avere pochi investimenti fissi e
una grande intensità di lavoro (labor intensive)»
1
. Al contrario dell'attività
industriale, nelle produzioni televisive aumentando gli investimenti la
produttività cresce molto lentamente perché il lavoro non è "meccanizzabile".
Fino agli anni '80 il carattere inflativo dei costi non ha provocato gravi squilibri
economici nelle imprese televisive europee sorrette da finanziamenti
pubblicitari in costante crescita. La situazione si aggrava con lo sviluppo di due
fenomeni: l'aumento delle ore quotidiane di programmazione e la
moltiplicazione dei canali che provocano la frammentazione del pubblico
televisivo con la conseguente riduzione dell'audience media di ciascun canale e
quindi della sua redditività oraria. Il duplice effetto della crescita delle ore
trasmesse e della stagnazione delle risorse disponibili si traduce inevitabilmente
in un forte aumento delle repliche dei programmi trasmessi, e in una crescita
degli acquisti di prodotti esteri che hanno condizioni più favorevoli.
I prodotti europei subiscono la concorrenza di quelli mondiali e i loro
prezzi sono confrontati con quelli del mercato internazionale che vede, negli
anni novanta, in posizione predominante i prodotti americani. I costi di un
programma statunitense sono infatti mediamente molto più competitivi di un
qualsiasi altro programma Europeo, perché gli USA hanno una potente rete
commerciale alle spalle e ripartiscono il costo del loro prodotto su diverse
transazioni. Ogni programma americano è infatti venduto più volte sul mercato
di origine e su quello internazionale così da coprire in modo più efficiente il suo
costo ed essere venduto ad un prezzo più basso del suo vero valore. Mentre i
paesi europei si chiudono a riccio, concentrandosi sulle proprie produzioni
locali, gli americani continuano, comunque, a dominare anche il mercato
1
Giuseppe Richeri, La tv che conta, 1993.
9
televisivo europeo dalle colline di Hollywood. Perché, se è vero che molte serie
americane e film per la televisione sono rimasti invenduti al mercato, è sempre
più aperta la caccia ai grandi film cinematografici americani da parte di tutti i
responsabili delle reti televisive europee. Le lancette dell’Auditel di tutti i paesi
si impennano sempre di fronte alla messa in onda in prima serata di un bel film
americano di alto budget, possibilmente prodotto da una grande major. Così gli
americani restano le star incontrastate del mercato, mentre la limitazione di
nuove coproduzioni televisive europee, a favore dei mercati locali, frena ancora
una volta la ricerca di una forte strada comune europea in grado di imporsi sul
mercato internazionale e che possa competere con i prodotti americani. La
presenza di un secondo e anche di un terzo mercato è molto meno significativa
in Europa per alcuni motivi:
«Il rapporto costo-audience, essendo le dimensioni dei paesi europei più
piccole, è penalizzato rispetto agli Stati Uniti.
La maggior parte dei programmi europei sono realizzati in proprio
dall'impresa televisiva o su appalto e i diritti restano a questa.
I programmi sono realizzati per essere trasmessi ad un pubblico nazionale,
quindi poco appetibili per il mercato internazionale»
2
.
Automaticamente si verranno a limitare ancora una volta gli sforzi di
coproduzione tra i maggiori paesi europei, che sono di importanza vitale per una
concorrenza realistica alle produzioni statunitensi. Come abbiamo già detto la
moltiplicazione delle ore quotidiane di trasmissione e la moltiplicazione dei
canali fanno aumentare in modo considerevole la domanda di programmi
televisivi e vista la scarsa capacità produttiva autonoma europea e la sua
debolezza di mercato e degli scambi interni l'Europa fino agli anni '90 è
costretta a rifornirsi in modo consistente dagli USA diventando il maggior
importatore mondiale di programmi tv e l'area geografica meno in grado di
alimentare il proprio mercato interno.
2
Giuseppe Richeri, La tv che conta, 1993.
10
1.1.1 Talk, quiz e reality
Questo tipo di situazione è ancora oggi prevalente nel panorama televisivo
europeo anche se iniziano a farsi largo alcune novità sia sul fronte americano,
sia su quello europeo. Per i programmi americani è iniziata a diminuire la quota
coperta dal mercato interno, facendo così aumentare la dipendenza dei loro
prodotti dai mercati europei con un conseguente aumento della pressione
commerciale dei produttori nei confronti del loro maggior cliente. In secondo
luogo i nuovi prodotti americani immessi sul mercato hanno ottenuto minor
successo di quelli passati. Molte imprese televisive europee hanno cominciato a
ridurre gli acquisti di programmi di fiction statunitense perché troppo costose
rispetto alle ormai diminuite potenzialità di generare audience. Per compensare
la riduzione di questo prodotto che ormai occupava gran parte dei palinsesti
europei, la strategia dei network di quasi tutta Europa è stata la progressiva
immissione nei palinsesti di programmi meno costosi e molto spesso auto-
prodotti come reportage ma soprattutto talk show, quiz e reality.
Questo cambiamento nella programmazione europea ha un effetto molto
importante sulle imprese televisive: l'integrazione verticale di molte imprese
con la conseguente restrizione dello spazio di autonomia dei produttori
indipendenti. In termini economici i network europei hanno preferito iniziare a
produrre in casa i loro programmi. Visto che gli acquisti di fiction americane
non era così conveniente come prima e visto che il nuovo tipo di
programmazione era basata per la maggior parte da programmi di
intrattenimento di taglio leggero, l'alternativa "make"
3
è risultata la più
conveniente. Le imprese infatti hanno trasferito al proprio interno costi e ricavi
che altrimenti sarebbero stati riconducibili a soggetti collocati a monte rispetto
ai suoi processi produttivi e/o commerciali
4
. La spinta all'integrazione avviene
quando i costi di acquisto di un particolare bene rappresentano una quota
talmente elevata nella formazione dei costi totali che conviene occuparsi
direttamente della sua produzione piuttosto che acquisirla all'esterno. Inoltre ciò
«[…] permette l’accesso diretto alla produzione dei programmi o alla
commercializzazione dei diritti […]»
5
.
3
La rete realizza cioè il programma con le proprie risorse, mezzi e persone, all'interno di proprie strutture. Il
prodotto realizzato appartiene quindi alla rete o al gruppo di cui fa parte.
4
Il settore televisivo individua un insieme di relazioni orizzontali e verticali di scambio e di mercato che si
fondano sulla tradizionale successione di operazioni di acquisto-produzione-distribuzione-vendita che l’impresa
televisiva instaura con i mercati di fornitura e/o di sbocco. Nella realtà, tali flussi e relazioni possono anche
svolgersi contemporaneamente all’interno di una stessa impresa. Per alcuni programmi, le funzioni di
produzione, organizzazione, diffusione e trasmissione sono svolte nell’ambito di una stessa impresa, per altri tipi
di programmi invece può risultare più conveniente rivolgersi all’esterno.
5
Claudio Demattè, Fabrizio Perretti: L’impresa televisiva, 2002.
11
Talk show, quiz e reality negli ultimi anni hanno avuto un successo
talmente grande da convincere molti broadcaster ad occuparsi direttamente di
una cospicua parte della loro produzione. Inoltre essendo i programmi di
intrattenimento diventati una risorsa strategica per le reti, la loro produzione
interna consente di avere un controllo diretto su questi, evitando così l'instabilità
del mercato di approvvigionamento con rischiose ripercussioni sul prezzo e
sull'accessibilità del prodotto. La tendenza delle imprese ad integrarsi
verticalmente a monte del processo produttivo ha come naturale conseguenza un
ulteriore restringimento dello spazio di autonomia dei produttori indipendenti.
1.1.2 Fermento dei format europei
In controtendenza rispetto allo scarso interesse suscitato dai prodotti
televisivi europei in generale, c’è un grande fermento nel mondo delle
produzioni di Format, di quei programmi televisivi come Il Grande fratello,
Survivor o La Ruota della fortuna che vengono ideati perché possano essere
copiati e riadattati in tutti i paesi del mondo con le varianti che meglio si
adattano ai gusti degli acquirenti. L’idea di un programma di successo diventa
una miniera d’oro per le società che la inventano, perché la stessa idea viene
rivenduta in tanti paesi diversi. In questo settore gli europei sono stati molto
capaci. La società olandese Endemol, l’inventrice, tra gli altri, del Grande
fratello, ha venduto i diritti dei suoi programmi a tanti paesi nel mondo, tra cui
gli Stati Uniti, prima di essere essa stessa venduta alla società telefonica
spagnola con utili eccezionali. Molte altre società stanno tentando adesso in
Italia e in Europa la strada del Format. Una di quelle di maggior successo è la
svedese Strix, che è forse l’unica società europea a essere entrata con i suoi
programmi nel complicato, ma ambitissimo mercato televisivo russo. Un
esempio di come questi programmi vengano distribuiti in tutto il mondo,
riadattandoli alle realtà locali, è quello di “The bar”, uno dei suoi format di
maggior successo, in onda in 12 paesi (non ancora in Italia) e venduto già ad
altri 27, del quale è stata girata in Columbia una versione speciale per i paesi
dell’America Latina, venduta poi in tutta l’ America del sud.
12
1.2 I format
«Uno dei termini forse più abusato della televisione degli ultimi tre quattro
anni è la parola “format”»
6
. In realtà al di là delle apparenze e della diffusione
del termine, non è ben chiaro cosa si intenda con questo termine neanche tra gli
addetti ai lavori. Aldo Grasso lo definisce come: «idea originale di programmi i
cui diritti d’uso sono soggetti a compravendita nel mercato televisivo»
7
. Il
problema è anche definire legalmente l’originalità dell’idea base o “concept” e
soprattutto capire i meccanismi grazie ai quali quest’ultimo possa essere
venduto o acquistato nei mercati internazionali. Perché ad esempio è un format
“Taratata”, il cui concept può essere riassunto in “musica dal vivo e interviste a
vip in un palazzetto dello sport”, e non lo sono le centinaia di proposte di autori
italiani che giacciono dimenticate nei cassetti dei programmatori? Sembrerebbe
quasi che a decidere cosa sia un format e cosa no, sia il mercato e, in definitiva,
il potere contrattuale del proponente. In generale comunque questa espressione
indica l’oggetto di una compravendita di un bene immateriale, di una idea, di
una formula, quindi gli elementi invariabili di un programma, che, usata per
trasmissioni di successo in un Paese, può essere messa a fattore comune per
garantirne la replicabilità presso il pubblico di altri Paesi, e può essere oggetto
di tutela giuridica.
Tralasciando i problemi di definizione, il vantaggio che i format offrono,
oltre ad accorciare i tempi produttivi, è la possibilità di riduzione di tutta una
serie di rischi per i broadcaster; acquistare un’idea insieme agli strumenti ed ai
riscontri che ne hanno reso possibile il successo, anche se in un altro Paese, è
una opportunità a cui nessun broadcaster vuole rinunciare. Questo nuovo
prodotto del mercato dei contenuti sta registrando un crescente successo, tanto
in Italia quanto in altri paesi europei. Ma cosa compra, precisamente, chi
acquisisce i diritti d’uso di un "testo di un programma"? Sono molteplici le
informazioni che vengono fornite al network: la definizione della formula del
programma, gli elementi di richiamo, le notizie produttive e i piani di
produzione. Oltre a questi elementi portanti, vengono indicati altri preziosi
consigli: il tipo di conduttore più adatto, la fascia oraria consigliata, i materiali
filmati già sperimentati ma soprattutto i dati dell’audience e del gradimento del
pubblico negli stati in cui è già andato in onda. Acquistato il format, il
programma può essere adattato in base ad una serie di fattori di variabilità, quali
la cultura nazionale, il profilo del broadcaster, la fascia oraria scelta per la
messa in onda.
6
Millecanali: il ”Format tv”, Febbraio 2003.
7
Enciclopedia della televisione, 2002.
13
Per i produttori indipendenti è molto importante la linea editoriale della
rete. È fondamentale capire che tipo di linea editoriale una rete ha o che linea il
suo direttore vuole dare. Per quanto riguarda il posizionamento di un format
all’interno del palinsesto della rete, se il format è già andato in onda in altri
paesi può essere “accompagnato” con dati che possono dimostrare quanto un
certo tipo di programmazione può essere migliore di un’altra. Questi dati
costituiscono una garanzia. Per il direttore di una rete che sta vagliando il
format i dati di ascolto che un certo format ha avuto internazionalmente sono un
grande “incoraggiamento”. È logico che anche le reti sanno che la
localizzazione di un format non garantisce da sola lo stesso successo che ha
avuto in altri paesi ma una cosa è certa: se gli ascolti stranieri hanno fatto 60%
di share sicuramente un programma non sarà un flop in Italia.
Più in generale il collocamento di un prodotto all’interno di un palinsesto
dipende da vari fattori:
- adattabilità del format (quanto si presta a diventare striscia quotidiana,
programma prime time o day time);
- contenuti del format;
- blindatura della bibbia (quanto il programma è rigido nella sua struttura
di base e quindi quanto non permetta variazioni);
- esigenze della rete.
Da questi fattori nasce il posizionamento. Tuttavia ci sono dei casi in cui è
la rete stessa a dirci che le serve un programma in una fascia oraria rimasta
scoperta e a questo punto siamo noi a pensare al format adatto per quella fascia
oraria e per quel periodo dell’anno.
I soggetti presenti nell'offerta dei format sono: a) imprese specializzate
sull'ideazione e sviluppo del format (ideatori); b) imprese specializzate sulle
attività di vendita e distribuzione di format sviluppate da terzi (broker); c)
imprese che acquisiscono i diritti per la realizzazione di un format, producono il
programma e ne vendono i diritti di trasmissione alle imprese televisive
(produttori). I broker possono limitarsi a cedere i diritti ed al limite prestare
consulenza per la realizzazione del programma, fermo restando che la
produzione è affidata alla rete televisiva; nel caso dei produttori, invece, la rete
televisiva si limita solo a trasmettere il programma.
1.2.1 La febbre dei format: mancanza di creatività?
«Non c'è dubbio che nel corso del 2000 il fenomeno che ha attraversato nel
modo più vistoso l'industria televisiva internazionale, al di là delle accelerate
dinamiche verso la convergenza tra la televisione ed internet, sia stato quello
che ormai passa sotto il nome di "febbre dei format"»
8
. Vi ha potentemente
8
Fit newsletter, Dicembre 2000.
14
contribuito l'autentica marcia trionfale del "Big Brother" attraverso l'Europa e le
impennate degli ascolti che, per la prima volta dopo molti anni, hanno registrato
i network americani grazie a "Who Wants To Be a Millionaire?" (ABC) e
"Survìvor" (CBS). Per avere un'idea delle dimensioni basti pensare che alla
puntata finale di "Survivor" hanno assistito quasi 52 milioni di spettatori. Ci
sono due aspetti particolarmente interessanti in questo fenomeno: il primo è
costituito dalla sua stessa visibilità e risonanza, collegata in larga misura alle
ondate dei successi ma ancor più all'impressione della improvvisa scoperta di un
"filone aureo" nel business televisivo, è facile dimostrare il contrario: la
circolazione dei format, soprattutto nei generi dell'intrattenimento leggero e dei
real-show, è un dato acquisito da diversi anni. Ma se oggi è venuto a rivestire un
insolito clamore non è per caso, ne per gli effetti esageratamente amplificatori
dell'attenzione dei media; piuttosto, perché è la spia di un problema serio, «[…]
per molti aspetti il problema principale che un'industria creativa si trovi a dover
affrontare, e cioè esattamente la scarsità delle risorse creative. Che si tratti di
una scarsità relativa, e non assoluta, non cambia molto: sta di fatto che, a livello
internazionale e più accentuatamente nei sistemi televisivi a maggior grado di
"abbondanza" dello spettro non ci sono abbastanza idee quante ne servirebbero
per alimentare una crescente moltiplicazione dei canali e quindi una crescente
necessità di contenuti»
9
. E' per questa ragione che un'industria televisiva matura
come quella statunitense, pur alimentata nel tempo da una ricchezza senza
eguali di talenti e di idee, ha ripreso a guardare con attenzione all'Europa alla
ricerca di nuovi e freschi stimoli creativi. Il secondo aspetto interessante
connesso alla "febbre dei format" riguarda proprio quest'ultimo punto: il flusso
televisivo internazionale, che per quanto concerne i rapporti fra Stati Uniti ed
Europa è stato fino ad oggi, assolutamente unidirezionale (dagli USA ai paesi
europei), ha preso a invertire la marcia (dai paesi europei agli USA), e si è forse
aperto il primo tratto di un doppio senso di circolazione di format e contenuti
televisivi. Anche se la portata dei casi di "Who Wants To Be a Millionaire?" e
di "Survivor" non deve essere sopravvalutata: un'esperienza per ora circoscritta
a formai di intrattenimento non si presta infatti ad essere automaticamente
trasferita, ad esempio, nel campo della fiction. Tuttavia anche qui si possono
osservare i segnali di una maggiore disponibilità rispetto al passato, l'apertura se
non altro di alcuni varchi di sperimentazione nei quali per comprensibili ragioni
di vantaggio linguistico nonché di reputazione internazionale si stanno
inserendo per primi i produttori inglesi.
9
Ibidem.