5
Le relazioni pubbliche, funzione manageriale sempre più radicata nel
governo delle organizzazioni, sono in grado di supportare concretamente la
reputazione (e non solo e semplicemente l’immagine) grazie soprattutto
alla loro evoluzione da attività tecnica che si occupa del “come”
comunicare in modo efficace ad attività professionale che entra nel merito
del “cosa” comunicare, ossia l’identità dell’organizzazione.
La reputazione – la rappresentazione mentale che gli altri hanno
dell’identità presentata – infatti non è che il risultato finale e dinamico di
un’attività di comunicazione che ha per oggetto l’identità
dell’organizzazione.
Il ruolo delle relazioni pubbliche è dunque quello di attivare un flusso
di comunicazione continuo, consapevole e dialogico con i pubblici
influenti volto a colmare il vuoto informativo, a far comprendere
l’identità dell’organizzazione e a verificarne la coerenza con le attese
esterne e con i comportamenti agiti.
Partendo con il primo capitolo dall’analisi dell’ambiente in cui
l’organizzazione opera e del ruolo ricoperto dalle relazioni pubbliche nella
governo del sistema delle relazioni con tutti i pubblici
influenti/stakeholder (relationship management), nel secondo capitolo il
discorso si addentra propriamente nel merito del concetto di reputazione,
del suo processo di formazione e del ruolo delle relazioni pubbliche nel
supporto e nel governo dello stesso (reputation management).
Nel terzo capitolo, invece, vengono esposti ed analizzati i risultati della
ricerca RQ Italy, uno studio condotto su venti grandi imprese italiane nel
2002 che si propone di indagare le componenti della reputazione, anche in
un contesto internazionale, e di valutare il loro peso non solo nella
6
formazione dei giudizi complessivi presso i diversi interlocutori ma anche
nell’ambito dei diversi contesti nazionali.
Dalla ricerca risulta che, sebbene, sia nella pratica sia nella letteratura, il
termine reputazione venga spesso utilizzato al singolare, la reputazione è
in realtà un costrutto multidimensionale che riflette una pluralità di metri
di giudizio dei diversi interlocutori dell’organizzazione. Applicando criteri
in parte divergenti nel valutare le performance aziendali e rifacendosi a
fonti informative eterogenee, infatti, diversi tipi di portatori di interessi e
contributi possono emettere giudizi diversi sull’organizzazione, la quale
può arrivare così a godere di una reputazione in parte differente presso
pubblici diversi.
Inoltre, i risultati delle prime analisi indicano che, se da un lato sembra
possibile leggere attraverso un unico modello le dimensioni che
influenzano i giudizi collettivi sulle imprese, le componenti della
reputazione sembrano assumere pesi relativamente diversi da Paese a
Paese.
7
CAPITOLO I
LE RELAZIONI PUBBLICHE
1. L’ORGANIZZAZIONE E IL SUO AMBIENTE
Gli studi sulla strategia dell’impresa e delle organizzazioni hanno
collocato in primo piano l’analisi del rapporto dinamico tra
l’organizzazione e l’ambiente nel quale essa opera e che si presenta in
condizioni di intensa, irreversibile e ineliminabile variabilità.
All’interno di tale ambiente, l’organizzazione si trova a confrontarsi e a
interagire con una molteplicità di interlocutori, detentori di interessi
convergenti e spesso antagonisti, che possono suddividersi in due grandi
gruppi:
gli attori del sistema competitivo
2
, tra i quali si stabiliscono
fondamentalmente relazioni di tipo concorrenziale e/o di tipo
cooperativo , che coinvolgono le relative catene del valore e che
configurano le forze competitive di ciascuna organizzazione;
gli attori sociali, che risultano portatori di interessi e di attese che
nascono dall’apporto di risorse (lavoro e capitali), di consensi e di
contributi che favoriscono la sua “licenza ad operare” intesa come
legittimazione sociale dell’offerta.
In maniera molto sintetica, possono essere così riassunti:
a. le Istituzioni (amministrazione pubblica, università, partiti politici,
organizzazioni sindacali, associazioni di categoria, ecc.);
2
Secondo la teoria di Michael Porter il successo o il fallimento di un'impresa dipende dal vantaggio
competitivo, dalla sua capacità, cioè, di offrire all'acquirente prodotti a costi più bassi degli altri, o
benefici unici, che giustificano un "premium price".
8
b. l’opinione pubblica (mass media, opinion leader, movimenti e
gruppi di pressione, organizzazioni ong non-profit, associazioni dei
consumatori, ecc.);
c. il mercato (clienti attuali e potenziali, reti vendita, intermediari,
influenzatori di mercato, ecc.);
d. il mondo finanziario (azionisti, istituti di credito, società
finanziarie, creditori, investitori istituzionali, ecc.);
e. il mondo interno all’organizzazione (management, quadri,
dipendenti, forza vendita, sindacato interno, dipendenti potenziali,
ecc.).
Sebbene negli studi di strategia l’interesse maggiore venga
tradizionalmente riposto sull’ambiente competitivo dell’organizzazione,
sia la dottrina economico-aziendale italiana, sia la letteratura manageriale
internazionale hanno da lungo tempo posto una particolare enfasi anche
sulle relazioni dell’organizzazione con il vasto e articolato insieme dei
suoi interlocutori sociali. Tali relazioni sono finalizzate a creare intorno
alla stessa un clima favorevole alla sua esistenza economica duratura e a
contribuire a determinare quella che in ambito manageriale, a partire dagli
anni Novanta, è stata spesso definita come “good corporate citizenship”,
intendendo con tale espressione il fatto che un’impresa si impegni <<to
conduct all business dealings in an ethical manner, making a concerted
effort to bilance the needs of all stekeholders while working to protect the
environment>>
3
.
3
K. Davenport, Corporate Citizenship: A stakeholder Approach for Defining Corporate Social
Performance and Identifying Measures for Assesing it, <<Business & Society>>, 2000, 2, p.214 (<<ad
effettuare tutte le operazioni commerciali in maniera etica, facendo uno sforzo concertato per il
soddisfacimento dei bisogni di tutti gli stakeholder, lavorando per proteggere l’ambiente>>).
9
I portatori di interesse vengono poi suddivisi in due classi
4
: gli stakeholder
primari, costituiti dagli azionisti, dagli investitori, dai dipendenti, dai
fornitori, dai clienti e dai pubblici poteri, senza la cui collaborazione e
partecipazione l’organizzazione non può sopravvivere, e gli stakeholder
secondari, costituiti da tutti i soggetti con i quali l’organizzazione può
interagire e che possono influenzarne le attività e i risultati senza però che
con essi avvengano transazioni di tipo economico. In particolare, vi è da
rilevare che tra questi stakeholder si collocano i mass media poiché <<they
have the capacity to mobilize public opinion in favor of, or in opposition
to, a corporation’s performance>>
5
.
4
R.E. Freeman, strategic management: A Stakeholder Approach, Pitman, Boston 1984.
5
Clarkson, A Stakeholder Framework, p.106 (<<essi hanno la capacità di mobilitare l’opinione pubblica
a favore, o in opposizione, alla performance dell’organizzazione>>).
10
2. STAKEHOLDER THEORY
La stakeholder theory di R.E. Freeman, affermatasi nella prima metà degli
anni Ottanta, considera l’organizzazione come un sistema articolato e
complesso di relazioni che avvengono tra l’organizzazione stessa e una
molteplicità di soggetti aventi differenti diritti, obiettivi, aspettative e
responsabilità nei confronti dell’organizzazione. Secondo tale prospettiva,
la sopravvivenza e il successo dell’organizzazione dipendono dalla
capacità del management di soddisfare le attese e di creare valore per
ciascun gruppo di portatori di interesse
6
in modo tale che essi continuino a
partecipare al sistema organizzativo.
L’organizzazione, quindi, non è più solo centro di produzione e
accumulazione di profitto, ma un luogo in cui il management persegue e
concilia obiettivi destinati alla creazione di valore per tutti i soggetti che
con la loro partecipazione attiva e interessata determinano la sua
legittimazione sociale. L’organizzazione, per sopravvivere, deve quindi far
interagire la redditività con la stabilità, lo sviluppo con la tutela dei diversi
interessi. In questo contesto assume un ruolo fondamentale il modo in cui
l’organizzazione gestisce i propri sistemi di relazione con i diversi
pubblici ed è percepita da loro e quindi l’attività di comunicazione
intrapresa dalla stessa, le relazioni pubbliche, appunto.
Sono le relazioni pubbliche, infatti, che hanno il compito di favorire lo
sviluppo, il mantenimento e il consolidamento di relazioni di qualità e
durevoli nel tempo tra l’organizzazione e i pubblici influenti che
6
Il termine stakeholder sta proprio ad indicare i portatori di interessi (to hold a stake = detenere un titolo
in/di una organizzazione). Il concetto di stakeholder, ormai abusato, implica il fatto che non sia
l’organizzazione a riconoscere quel ruolo a un soggetto, ma che sia quest’ultimo ad averlo e ad
esercitarlo. Questo implica che lo stakeholder sia consapevole di esserlo e che abbia l’interesse a
sviluppare una relazione con l’organizzazione.
11
rappresentano oggi la voce più rilevante del patrimonio intangibile di
un’organizzazione.
A mano a mano che le esigenze dell’organizzazione e le complessità
dell’ambiente vanno accrescendosi, le relazioni pubbliche stanno
consolidando il ruolo di funzione manageriale ampliando
considerevolmente il loro campo di intervento.
Da attività focalizzata principalmente alla diffusione di informazioni verso
un solo segmento di pubblici, i giornalisti, le relazioni pubbliche
contribuiscono ora al governo delle relazioni con diversi segmenti di
pubblici influenti: decisori, ambiente, clienti, fornitori, .eccetera.
In tal senso, si parla oggi sempre più di corporate public relations, che
comprendono le iniziative di public affairs e di corporate community
relations
7
e di marketing public relations
8
.
Le relazioni pubbliche svolgono un ruolo tecnico, manageriale o strategico
all’interno dell’organizzazione, per la quale pianificano, organizzano,
amministrano, sviluppano e valutano i programmi di comunicazione.
Esse contribuiscono:
a consolidare i suoi sistemi di relazione con i pubblici influenti
a soddisfare le aspettative dei suoi pubblici influenti
a mantenere attiva la sua ‘licenza di operare’
a migliorare la qualità delle sue decisioni e ad accelerarne i tempi
d’attuazione
a migliorare la sua reputazione.
Il valore delle relazioni pubbliche nelle organizzazioni è soprattutto nella
qualità dinamica di quelle relazioni.
7
Le corporate pubblic relations si occupano della comunicazione/relazione dell’organizzazione come
corpo unitario.
8
Le marketing pubblic relations sono tecniche di relazioni pubbliche applicate a obiettivi di marketing.
12
Le relazioni pubbliche si sviluppano, infatti, nella piena contemporaneità e
non possono prescindere dall’analisi, interpretazione e comprensione delle
dinamiche del sistema sociale, economico, mediatico e istituzionale che si
sviluppa in quel determinato contesto, attraverso l’apprendimento e
l’applicazione delle competenze di knowledge management.
13
3. I MODELLI DI RELAZIONI PUBBLICHE
Entrando ora più in dettaglio sulla tipologia di approccio comunicazionale
con la quale l’organizzazione si pone concretamente in relazione con i suoi
interlocutori, anche in un’ottica di evoluzione storica, James Grunig
9
ha
identificato quattro modelli di relazioni pubbliche, (sinteticamente descritti
in Figura 1).
In particolare, Grunig ha identificato due variabili che descrivono i quattro
modelli: direzione (direction) e fine (purpose). La direzione descrive il
grado secondo il quale il modello è ad una-via (one-way) o a due-vie (two-
way). La comunicazione one-way dissemina informazioni: è un monologo.
La comunicazione two-way scambia informazioni: è un dialogo. Il fine,
invece, descrive se il modello è asimmetrico oppure simmetrico. La
comunicazione asimmetrica è sbilanciata in favore dell’organizzazione:
lascia l’organizzazione nello status quo e ha come obiettivo il cambiamento
dei comportamenti e degli atteggiamenti del pubblico. La comunicazione
simmetrica, al contrario, è bilanciata: aggiusta la relazione tra
l’organizzazione ed il suo pubblico.
In estrema sintesi:
- le relazioni pubbliche “one-way asymmetric” (modello definito come
“press-agentry” o “propaganda” e personificato da P.T. Barnum), che
perseguono principalmente l’obiettivo di influire in ogni modo possibile
sul contenuto della copertura media, senza tuttavia effettuare alcun tipo di
ricerca preliminare o a posteriori e senza una vera e propria pianificazione
strategica delle attività. In questo modello di comunicazione rientrano le
tradizionali iniziative di ufficio stampa (prevalentemente conferenze
9
James E. Grunig, noto accademico americano, è uno dei principali teorici delle relazioni pubbliche e nel
1984 ha pubblicato “Managing Public Relations” in cui teorizzò i quattro modelli di relazioni pubbliche.
14
stampa e comunicati stampa), che cercano di ottenere l’attenzione dei mass
media fornendo informazioni accurate, ma solo positive, nei confronti
dell’impresa e finalizzate esclusivamente al perseguimento degli interessi
aziendali. Le organizzazioni che adottano questo modello di relazioni
pubbliche risultano essere organizzazioni chiuse che rispondono alle
richieste o alle minacce dell’ambiente solo su basi sporadiche o in
situazioni di crisi e che, quindi, non creano nessun legame fra le attività di
relazioni pubbliche e la strategia organizzativa;
- le relazioni pubbliche “one-way symmetric” (noto come modello della
“pubblic information” e personificato da Ivy Lee), in cui l’obiettivo è la
diffusione di informazioni che riguardano fatti realmente accaduti e
verificabili dal giornalista al quale viene riconosciuto il diritto di “sapere”,
in quanto rappresentante dell’opinione pubblica
10
.
Lee sostiene che le informazioni trasferite al giornalista devono essere
veritiere ed esplicitamente e consapevolmente orientate a influenzare
l’opinione pubblica a favore degli interessi dell’organizzazione
committente. Ciò che fa la differenza rispetto al modello di Barnum è il
ruolo del giornalista, che in questo caso non è soltanto uno strumento nelle
mani della fonte che controlla la situazione, poiché la relazione è
maggiormente simmetrica e il giornalista ha la possibilità di influenzare
quella stessa relazione.
- le relazioni pubbliche “two-way asymmetric” (conosciuto come modello
della persuasione scientifica personificato da Bernays), che utilizzano la
ricerca per sviluppare messaggi che, basandosi su una conoscenza più
10
Il modello della Public Information., infatti, si sviluppa a partire dai primi del ‘900 negli USA come
reazione al fenomeno dei giornalisti “muckrakers” (grattatori di sterco), i primi giornalisti investigativi: a
causa del loro “grattare” tra gli affari dei grandi magnati dell’industria americana, infatti, alle
organizzazioni serviva qualcuno che diffondesse solo delle informazioni, evitando pericolose infiltrazioni
giornalistiche.
15
approfondita dei pubblici, esercitano una maggiore capacità persuasiva nei
confronti dell’opinione pubblica. Questo modello è il primo ad attuare una
fase di ascolto, anche se comunque l’ascolto è successivo rispetto alla
definizione degli obiettivi e serve, quindi, solamente per verificare la bontà
di un messaggio rispetto ad un obiettivo prestabilito.
- le relazioni pubbliche “two-way symmetric” (conosciuto come modello
della “negoziazione” o più propriamente come quarto modello di Grunig),
in cui l’obiettivo è la ricerca di comprensione reciproca tra
l’organizzazione ed i suoi pubblici. Da un processo di relazioni pubbliche
inteso come monologo della sola organizzazione si passa ad un dialogo.
L’ascolto dei pubblici – a differenza del modello precedente - avviene
preventivamente rispetto alla definizione degli obiettivi ed in particolare
questi non vengono mai decisi unilateralmente ma sono il frutto di ascolto
reciproco e di reciproco influenzamento. L’ascolto quindi non è orientato
solo alla costruzione dei messaggi efficaci da trasferire in funzione di
obiettivi dell’organizzazione, ma anche, e soprattutto, volto ad aiutare
l’organizzazione stessa a ottenere un posizionamento dinamico dei suoi
sistemi di relazione con i pubblici influenti, perseguendo fini che tengano
anche conto dei loro interessi e valori, incorporandoli nei propri. Alla luce
di questo modello si può affermare che l’organizzazione efficace deve
incorporare nei propri valori anche quelli dei vari pubblici di riferimento.
In questo modello le relazioni pubbliche passano definitivamente da un
approccio orientato ai mass media – ipotizzando implicitamente che
questi influiscano con lo stesso impatto e indistintamente su tutti i pubblici
– a uno fondato sul dialogo con una molteplicità di interlocutori distinti in
base al loro grado di risposta a specifici issue. (Le relazioni pubbliche
intrattengono in questo caso un rapporto con i mass media di tipo
interattivo e cooperativo, che evita il conflitto in cui potevano ricadere i
16
modelli precedenti. Le imprese che adottano questo modello di
comunicazone risultano essere organizzazioni aperte all’ambiente esterno,
che valorizzano le relazioni pubbliche nella loro attività di conoscenza,
comprensione e interazione con l’ambiente stesso, secondo un’ottica
strategica di lungo periodo.)
È evidente che la fase dell’ascolto non può essere omnicomprensiva ma si
rende doverosa una distinzione molto importante fra stakeholder e
influenti.