INTRODUZIONE
Quindi si cerca di considerare i mutamenti delle variabili esogene alla
gestione bancaria, quali una maggiore propensione al rischio del
pubblico dei risparmiatori, una flessione continua dei tassi di
interesse, una presenza meno pressante del Tesoro sul mercato dei
valori mobiliari, la riforma fiscale del 1996 che incrementa l’aliquota
sui certificati di deposito. Questi fattori sanciscono il successo delle
obbligazioni strutturate a partire dalla fine degli anni Novanta. In
questa parte del lavoro l’analisi è rivolta alla struttura finanziaria e ai
modelli di unbudling delle principali tipologie di obbligazioni
strutturate una circolazione (reverse floater, reverse convertible,
index-equity linked) per determinare il pricing, secondo il modello
Black & Scholes. Inoltre si propongono analisi empiriche di
mispricing di alcuni degli strumenti bancari analizzati ed emessi
nell’ultimo triennio.
Nel terzo capitolo si valuta l’evoluzione delle forme tecniche di
negoziazione, fermando l’attenzione sulla costituzione e sulle
modalità di funzionamento del mercato telematico delle obbligazioni e
dei titoli di Stato (MOT) e sulla consistenza delle obbligazioni quotate
emesse dalle banche.
Nell’ultima parte si considerare l’incidenza delle obbligazioni
sulla raccolta bancaria, distinguendo il mercato retail e il mercato
degli investitori istituzionali, e confrontando le consistenze con i paesi
dell’Area Euro. In riferimento ai mercati di collocamento si verifica
una maggiore propensione delle banche verso i mercati non
regolamentati over the counter e i sistemi di scambio organizzati.
Infine si considera l’incidenza delle obbligazioni bancarie strutturate,
distinte per accesso ai mercati quotati e per tipologia, sulla raccolta
bancaria.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
CAP. I: IL QUADRO NORMATIVO DELLE
OBBLIGAZIONI BANCARIE.
1. Premessa.
Prima di analizzare l’attuale quadro normativo e regolamentare,
relativo all’emissione di obbligazioni da parte delle banche, si ritiene
opportuno rievocare il cursus normativo, partendo dalla Legge
bancaria del 1936 fino ad oggi.
Contemporaneamente si cercherà di valutare l’impatto che i
cambiamenti normativi e quelli strutturali del mercato finanziario
hanno avuto sulla gestione bancaria. Infine verrà condotta una analisi,
di carattere normativo, sull’emissione di obbligazioni bancarie
valutando la normativa sulla trasparenza delle operazioni di
sollecitazione all’investimento, in seguito al d. lgs. n. 58/1998, e
verranno valutate le successive disposizione della Banca d’Italia e
della Consob.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
2. La disciplina civile delle obbligazioni e la
regolamentazione della legge 1936-38 e i primi interventi normativi
di despecializzazione.
Le obbligazioni sono titoli di credito autonomi, letterali e causali,
rappresentative di prestiti contratti da una persona giuridica presso il
pubblico, e sono regolate dal codice civile agli art. 2410-2420. I titoli
obbligazionari incorporano un diritto di credito, del sottoscrittore
verso l’emittente, e prevedono il pagamento, ad una data scadenza, di
una somma nominale risultante dai titoli, nonché il pagamento degli
interessi sull’importo dato a credito.
Il legislatore, per la giusta tutela degli investitori, ha stabilito
precisi limiti all’emissione dei prestiti obbligazionari. L’art. 2410
cod.civ., primo comma, dispone che per le società per azioni e in
accomandita per azioni è consentita l’emissione di obbligazioni «per
somma non eccedente il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo
bilancio approvato»; è stato osservato
1
che tale dettato lascia
“chiaramente intendere che la somma cui occorre far riferimento,
oltre a rientrare nei limiti del capitale effettivamente versato, non
deve eccedere l’importo del capitale risultante dall’ultimo bilancio.
Pertanto anche se durante l’esercizio in corso v’è stato un aumento di
capitale sottoscritto e versato, l’emissione di obbligazioni non può
essere superiore al capitale risultante dal bilancio approvato
dell’esercizio precedente, anche se questo è diverso da quello
attuale”.
1
Corte d’appello di Napoli, 2 febbraio 1996, in Le Società, n. 5/1996, p. 578-579.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
Lo stesso articolo, ai commi 2 e 3, prevede che tale importo può
essere superato quando:
- le obbligazioni eccedenti, rispetto all’ammontare del capitale
sociale versato, siano assistite da ipoteca su immobili di
proprietà sociale, non oltre i 2/3 del valore di questi ultimi;
- le obbligazioni eccedenti siano garantite da titoli nominativi
emessi o garantiti dallo Stato, aventi scadenza non anteriore
a quella delle obbligazioni, oppure da un equivalente credito
di annualità o sovvenzione a carico dello Stato o di enti
pubblici;
- sia concessa apposita autorizzazione in considerazione di
particolari ragioni di pubblico interesse.
Come specificato dalla delibera del Comitato interministeriale
del credito e del risparmio (di seguito C.I.C.R.) del 3 marzo 1994, il
limite previsto dall’art. 2410 del cod. civ. è elevato sino
all’ammontare del capitale versato e delle riserve risultanti dall’ultimo
bilancio approvato per le società con titoli negoziati in un mercato
regolamentato. Tale deroga al Codice Civile non si applica alle società
quotate che esercitino attività finanziarie; la deroga, invece, si applica
alle società finanziarie vigilate, iscritte cioè nell’elenco speciale di cui
all’art. 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
La regola della corrispondenza tra capitale sociale e prestito
obbligazionario si riflette nella disciplina legislativa della riduzione
del capitale, che può avvenire solo in proporzione delle obbligazioni
rimborsate. Tale regola non si applica nel caso di riduzione del
capitale per perdite; in tal caso, per tutelare comunque gli
obbligazionisti, il legislatore dispone che la misura della riserva legale
debba continuare a calcolarsi sulla base del capitale sociale esistente al
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
tempo dell’emissione, fino a che l’ammontare del capitale sociale e
della riserva legale non eguagli l’ammontare delle obbligazioni in
circolazione.
L’emissione di obbligazioni costituisce per le società bancarie
una tipica operazione di raccolta di mezzi finanziari con vincolo di
credito presso il pubblico e utilizza quella peculiare forma di raccolta
del risparmio costituita da titoli di credito di massa.
Le fonti normative sull’emissione dei titoli obbligazionari
bancari risalgono alla l.b. 1936-38, che però comportava problemi
interpretativi e applicativi in particolar modo in riferimento all’ultimo
comma dell’art. 2 e all’art. 45.
L’espressione utilizzata dal legislatore “è soggetta ad
autorizzazione ogni emissione…di obbligazioni…” evidenzia come la
legge bancaria doveva regolare ogni forma di raccolta del risparmio
tra il pubblico, ivi compresa quella sviluppata con il tradizionale
strumento obbligazionario. Al tempo stesso, però, l’art. 44 l.b. non
definiva un modello di titolo tecnicamente differenziato, rispetto alle
ordinarie obbligazioni emesse da società non bancarie e definite nella
pregressa legislazione, la quale, a tal proposito, non distingue la
normativa della società bancaria da quella delle società svolgenti altra
attività commerciale.
La preliminare autorizzazione, da parte dell’Autorità di
Vigilanza, all’emissione di obbligazioni, ritenute funzionali alla sola
raccolta nel medio e lungo periodo, tende al principio di
specializzazione tra aziende ed istituti di credito. Infatti, in relazione
alla raccolta, prima dell’emanazione del d. lgs. 481/1992 il mercato
poteva essere suddiviso in tre grandi segmenti: a) la raccolta a vista e
quella vincolata fino a 18 mesi, riservata alle aziende di credito; b) la
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
raccolta con certificati di deposito con scadenza compresa tra 18 e 60
mesi; c) le obbligazioni
2
.
Alla luce del suddetto art. 2, il regime civilistico risultava
arricchito dall’obbligo della preventiva autorizzazione della Banca
d’Italia; autorizzazione non che non risulta definita da precise
disposizioni. Si scrive pertanto, che il “il controllo preventivo” sugli
aumenti di capitale e sulle emissioni di obbligazioni “degli enti
raccoglitori di risparmio a medio e lungo termine si spiega col fatto
che, nelle operazioni di credito a medio e lungo termine, l’erogazione
dei mutui e le corrispondenti emissioni di titoli avvengano prima che
questi abbiano trovato collocamento sul mercato, mentre, nelle
operazioni di credito a breve, le erogazioni di fidi avvengano dopo
che le aziende hanno acquistato i mezzi necessari attraverso i
depositi”.
3
Con l’autorizzazione la Banca d’Italia perseguiva una molteplice
finalità
4
:
a) valutare, nel patrimonio della banca emittente, il rapporto tra
i mezzi propri e capitale di credito;
b) controllare l’operatività degli istituti;
c) quantificare il volume dei fondi intermediati dagli istituti;
d) orientare i flussi finanziari verso determinati comparti del
mercato del credito a media e lunga durata;
e) determinare le caratteristiche tecniche delle obbligazioni.
Gli interventi sul mercato dell’Istituto di Vigilanza, infatti, si
sono costantemente verificati sul livello di rendimento dei titoli per
determinare il livello massimo di rendimento effettivo lordo nel caso
2
D. Cardelli, Obbligazioni e titoli di deposito emessi dalle banche,in La nuova legge bancaria,
a cura di P. Ferro Luzzi e G. Castaldi, tomo 1, Milano, 1996, p. 303.
3
C. M. Pratis, La disciplina giuridica delle aziende di credito, Milano, 1972.
4
G. Fauceglia, Le obbligazioni emesse dalle banche, Giuffrè, Milano, 2000.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
di obbligazioni a tasso fisso, e per determinare il tasso nominale di
interesse minimo garantito, il livello massimo della prima cedola, i
parametri di riferimento utilizzabili nel caso di obbligazioni a tasso
variabile.
I problemi interpretativi, in precedenza richiamati, risultano
evidenti nel dibattito sull’estensione applicativa della norma, dibattito
risolto evocando il principio della specializzazione funzionale,
sebbene non formalizzato dal legislatore. Inoltre, la preclusione per le
aziende di credito ordinario a compiere operazioni di raccolta sul
mercato dei titoli, mediante l’emissione di obbligazioni, viene in parte
modificata dal C.I.C.R., consentendo una sia pur limitata raccolta oltre
il breve termine, mediante l’emissione di certificati di deposito e di
buoni fruttiferi con scadenza contenuta tra i 18 mesi e i 5 anni.
5
L’evoluzione del mercato mobiliare spinge l’ordinamento verso
una nuova e più intensa disciplina, in particolare si fa riferimento alla
l. n. 216/1974 e all’istituzione della Consob. Sembra, infatti, abrogato
l’art. 45 l.b. dato che i poteri della Consob non sono limitati al settore
creditizio e mirano anche alla tutela del risparmiatore, verificando i
requisiti soggettivi e la capacità patrimoniale dell’emittente.
Alla fine degli anni settanta, pertanto, lo scenario normativo nel
settore bancario risultava alquanto complesso e disarticolato, di qui
l’esigenza di un intervento del legislatore che con l’art. 11 della l. n.
77/1983, riafferma la vigenza degli art. 2 e 45 l.b., attraverso
un’operazione che è stata definita di “interpretazione autentica
implicita”
6
.
5
Delibera C.I.C.R., 28 gennaio 1963, in Boll. B.I. vigilanza sulle Aziende di credito, 1963, n.
3, p. 9.
6
G. Visentini, Emissione e collocamento di valori mobiliari: prime note di commento agli art.
11 e 14 della l. 25 marzo 1983, n. 77, in Riv. soc., 1983, pag. 880.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
L’emissione di obbligazioni restava riservata agli istituti di
credito speciale e alle sezioni specializzate, previa autorizzazione della
Banca d’Italia (art. 44 l.b.) e con l’osservanza di vincoli articolati in
modo diverso per le singole categorie di istituti (Decreto del Ministro
del tesoro del 23 maggio 1981).
In realtà, si avvia un lento, processo di despecializzazione dovuto
sia all’attenuarsi della distinzione tra istituti di credito ed aziende per
quanto riguarda la raccolta del risparmio, utilizzando modelli di
raccolta comuni, sia alla diminuzione dei poteri discrezionali attribuiti
all’Autorità di Vigilanza.
Fin dall’inizio degli anni ottanta, la trasformazione degli enti
creditizi pubblici in società per azioni viene riconosciuta dalle autorità
di settore come rimedio indispensabile per un adeguamento
dimensionale della capacità operativa degli stessi e, dunque, per
l’adeguamento ai programmi comunitari. Nell’individuare le
modifiche da apportare all’ordinamento creditizio, il legislatore è
mosso dall’intento di razionalizzare il sistema attraverso
l’impostazione di regole per l’esercizio dell’impresa bancaria, al fine
di ottenere un aumento dell’efficienza nell’attività di raccolta.
Le condizioni di emissione del prestito obbligazionario, risultano
modificate dall’art. 18 del d. lgs. 29 novembre 1990, n. 356, che
introduce criteri di omogeneità del prestito, razionalizzando e
semplificando la raccolta obbligazionaria delle banche, con
l’introduzione di una disciplina uniforme per tutte le società operanti
nel medio e lungo periodo. Il nuovo scenario, cioè, prevede che le
società per azioni bancarie, risultanti dal processo di ristrutturazione di
cui all’art. 1, l. n. 218/1990, operanti per la raccolta del risparmio a
medio e lungo termine, possano emettere obbligazioni “cui non si
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
applicano gli art. 2365, 2410, 2415, 2417, 2418 e 2419 cod. civ.”, e
tale disposizione e poi estesa, per effetto del successivo comma, “alle
società bancarie operanti a breve termine, quando congiuntamente
esercitino, a norma dell’art. 2 comma 2, il credito a medio e lungo
termine”
La nuova normativa, pertanto, pur non incidendo
significativamente sulla distinzione tra operatività a medio e lungo
termine, in relazione alla possibilità di utilizzare lo strumento
obbligazionario, introduce una disciplina peculiare del prestito
obbligazionario bancario che esclude una parte significativa della
disciplina societaria, ed in particolare quella riguardante la
competenza dell’assemblea straordinaria in ordine alle delibere
sull’emissione di obbligazioni, nonché le norme caratterizzanti
l’organizzazione degli obbligazionisti.
La norma, quindi, più che sui profili relativi alla disciplina dei
titoli di credito, incide sul rapporto tra organizzazione societaria ed
emissione obbligazionaria, rimarcando la diversa importanza che il
prestito ha nella società bancaria. A tal proposito si richiama la
disciplina comunitaria del credito e in particolare:
- la direttiva comunitaria del 12 dicembre 1977, n. 780, per
ciò che riguarda la provvista dove si sottolinea che l’attività
bancaria consiste “nel raccogliere fondi rimborsabili presso
il pubblico sia sotto forma di depositi che sotto altre forme,
quali l’emissione continua di obbligazioni e di altri titoli
compatibili”;
- la successiva direttiva 89/646, che conferma l’emissione
obbligazionaria nella tipica forma di raccolta bancaria.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
3. La raccolta obbligazionaria secondo il modello recepito nel
Testo Unico.
Il processo di sostanziale despecializzazione del titolo
obbligazionario nella disciplina bancaria, risulta completato con
l’emanazione del d. lgs. 481/1992. Tale norma all’art. 4 abroga il
quarto comma dell’art. 18 della d. lgs. n. 356/1990 che precludeva
l’emissione di obbligazioni alle società operanti a breve termine.
Il suddetto articolo riconosce a tutte le banche la “facoltà” di
emettere obbligazioni, purché sia previsto nelle norme dello statuto.
A partire dagli anni novanta tende a delinearsi un’accurata
regolamentazione del settore bancario, in riferimento alla raccolta in
titoli delle banche; le attuali fonti normative sono:
1) la normativa primaria costituita del Testo unico approvato il
1° settembre 1993 con d. lgs. n. 385 ( di seguito T.U.);
2) una organica normativa secondaria:
a) decreto del Ministro del Tesoro n. 436659, emanato in
data 28 dicembre 1992 e riguardante i controlli
esercitabili dalla Banca d'Italia sulle succursali di enti
creditizi comunitari insediate in Italia;
b) il decreto del Ministro del Tesoro n. 242631, emanato il
22 giugno 1993 che detta direttive riguardanti l'emissione
di obbligazioni, di certificati di deposito e le altre forme
di raccolta delle banche;
c) delibera Consob n. 11768 che approva il regolamento
recante norme di attuazione del decreto legislativo 24
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
febbraio 1998, n. 58, e del decreto legislativo 24 giugno
1998, n. 213, in materia di mercati;
d) delibera Consob n. 11971 che approva il regolamento di
attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,
concernente la disciplina degli emittenti;
e) Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia contenute
nella Circolare n. 229, aggiornata al 5 settembre 2002 (7°
aggiornamento).
L’art. 12 del T.U. individua gli strumenti attraverso cui le banche
possono effettuare la raccolta di risparmio presso il pubblico,
riconoscendone sostanzialmente tre tipologie: le obbligazioni
convertibili e non convertibili, i titoli di deposito nominativi e al
portatore, i prestiti subordinati, irredimibili e non, o rimborsabili
previa autorizzazione della Banca d’Italia.
Si è evidenziato come, mentre nella precedente normativa la
distinzione tra obbligazioni e buoni di cassa assumeva un valore
meramente esemplificativo, nell’art. 12 del T.U. si ha una più precisa
indicazione degli strumenti finanziari, limitando, al tempo stesso, il
campo applicativo del potere normativo e di intervento degli organi di
vigilanza. Nel citato articolo vengono riprese le espressioni e i
contenuti già anticipati nell’art. 4, d. lgs. 481/1992, e si riconosce
l’intento, assente nella legge bancaria del 1936-38, del legislatore di
sottoporre ad un’unica disciplina tutte le forme di raccolta del
risparmio, sia quando queste si realizzano tra il pubblico, con
l’utilizzo di strumenti di massa, sia quando si concretano in una
negoziazione individualizzata.
Il processo di despecializzazione è confermato dal fatto che
attualmente, l’emissione di obbligazioni è consentita a tutte le società
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
bancarie, ivi comprese le banche cooperative purché queste abbiano
previsto nel proprio programma di attività e nelle norme statutarie
l’esercizio del credito a medio e lungo termine. È da notare quindi
che, contrariamente a quanto prevede al riguardo l’art. 4 del d. lgs. 14
dicembre 1992, n. 481, l’art. 12 del T.U. delle leggi in materia
bancaria e creditizia non richiede una specifica previsione statutaria,
per l’emissione di prestiti obbligazionari da parte delle banche. Fanno
eccezione le banche di credito cooperativo, nei confronti delle quali,
l’art. 35 del detto T.U., stabilisce il principio secondo cui i relativi
statuti devono contenere, fra l’altro, le norme relative alle operazioni
di raccolta determinate sulla base dei criteri fissati dalla Banca
d’Italia.
Si è infatti in presenza, con il dettato del secondo comma dell’art
35 del T.U., di una disposizione specifica per una determinata
categoria di banche, disposizione che non trova analogia con le altre
categorie, nei confronti delle quali non è richiesta una particolare
previsione statutaria che legittimi la possibilità di emettere
obbligazioni.
Il T.U. concede la possibilità a tutte le banche di raccogliere
risparmio attraverso lo strumento obbligazionario, e le disposizioni di
vigilanza precisano che “sono agevolate, sul piano delle modalità, le
emissioni di importo rilevante ovvero quelle effettuate da banche in
possesso di determinati requisiti patrimoniali e reddituali”
7
.
In dottrina si è valutata l’espressione utilizzata dal legislatore
nell’art. 12 T.U. “possono”, e quella utilizzata dall’organo di
vigilanza “opportunità”, che, secondo alcune interpretazioni,
assumerebbe un significato più riduttivo. Lascia perplessi il richiamo
7
Circolare della Banca d’Italia n. 229 Istruz. di Vig. (aggiornato al 5 settembre 2002 - 7°
Aggiornamento), Tit.V, Cap. 3, Sez. I, par. 1.
CAP. I – IL QUADRO NORMATIVO DELLE OBBLIGAZIONI BANCARIE
ad una agevolazione non determinata, sia pure limitata al “piano delle
modalità”, che potrebbe rievocare un esercizio discrezionale del
controllo sulle quantità delle emissioni e sulle caratteristiche del
soggetto emittente. Bisogna ricordare, infatti, che all’interno di tale
contesto la Banca d’Italia si è riservata la facoltà di “prevedere limiti
specifici alla raccolta in titoli delle banche nel caso in cui le relative
caratteristiche contrastino con la sana e prudente gestione delle
banche stesse”
8
.
Circa gli aspetti procedurali relativi ai prestiti obbligazionari, è
importante sottolineare che, ai sensi dell’art. 12, comma 3, del T.U.,
“l’emissione delle obbligazioni non convertibili o convertibili in titoli
di altre società è deliberata dall’organo amministrativo” della banca
e non dall’assemblea straordinaria degli azionisti, come è invece
previsto per le società per azioni e in accomandita per azioni. Si
riconosce, pertanto, la chiara tendenza del legislatore a considerare,
l’emissione di prestiti obbligazionari bancari, da operazione
straordinaria a ordinario strumento di raccolta del risparmio fra il
pubblico. In risposta a uno specifico quesito sulla possibilità del
consiglio di amministrazione di delegare al comitato esecutivo ovvero
ad uno o più amministratori il potere di deliberare l’emissione di
prestiti obbligazionari non convertibili in azioni proprie,
l’associazione bancaria italiana (di seguito Abi), dopo un’articolata
disamina del problema, ha osservato che “è corretto concludere
positivamente circa la delegabilità della facoltà in questione
nell’ambito di soggetti che comunque fanno parte del Consiglio di
amministrazione…”
9
.
8
Circolare della Banca d’Italia n. 229 Istruz. di Vig. (aggiornato al 5 settembre 2002 - 7°
Aggiornamento), Tit.V, Cap. 3, Sez. I, par. 1.
9
A tal proposito Abi, Pareri, 1997, n. 5, p. 40.