10
una moderna societ , la quale certamente non potr mai essere perfetta dal momento che la
devianza criminale Ł una costante della societ che non sar mai possibile eliminare del tutto 7.
Allo stato attuale non pu non sottolinearsi, relativamente al sistema delle misure di
prevenzione, come esista una scissione netta tra la prevalente impostazione dottrinale e le traiettorie
della giurisprudenza, costituzionale e non, che Ł emblematica della estrema complessit e
delicatezza della tematica; si sia assistito ad uno snaturamento della funzione stessa di prevenzione
speciale, tesa per presupposto all eliminazione delle cause che inducono l individuo al crimine; si
sia configurato un sistema delle misure di prevenzione quale surrogato di repressione penale
(attuabile laddove non sia possibile ricorrere a quest ultimo per mancanza dei presupposti
probatori), concretamente realizzando un sistema penale alternativo basato su responsabilit
indiziarie se non addirittura sul mero sospetto; si sia constatata la sostanziale inutilit delle misure
di prevenzione quali strumenti di difesa della societ intesa, nello spirito della Costituzione, come
difesa della comunit nella sua essenza pluralistica e non piø come tutela delle classi detentrici del
potere.
Il microsistema delle misure di prevenzione appare nel firmamento del diritto come una densa
ed oscura nebulosa dalla quale affiora il volto tumefatto ed irriconoscibile di un diritto che per la
sanzionabilit del soggetto non apprezza il fatto, ma l essere di costui od anche il suo mero
atteggiamento nei confronti della volont espressa dal legislatore. Al suo interno muove da
padrone il sospetto, che schiaccia inesorabilmente l individuo nelle sue articolazioni delle varie
fattispecie di pericolosit , privilegiando cos un modello fine a sØ stesso, anzichØ un modello di
societ libera, aperta al perfezionamento dell uomo. La legge Ł in tal modo divenuta fonte di
disordine, di incertezza, di timori con conseguente sollecitazione del giudice a svolgere il ruolo di
protagonista monologante nell universo istituzionale 8. L individuo non si sente piø protetto dallo
ius dicere, ma controllato: le sue intenzioni sono valutate per i fini piø disparati. Dalla sua
appartenenza ad un popolo di indagati viene ad essere annoverato in un popolo di sospettati. Le
modifiche al sistema delle misure di prevenzione introdotte nel nuovo millennio hanno acuito i
contrasti con i canoni garantistici (di legalit e di giurisdizionalit ), sanciti dalla Costituzione in
tema di libert personale. Il legislatore perde di vista il fatto di reato per privilegiare astratte ipotesi
di pericolosit . Nessuna pallida luce illumina la notte, che resta squallidamente buia: trionfa
l incertezza del diritto 9.
Per quanto attiene piø specificamente le misure di prevenzione patrimoniali, Ł stato annotato
che un confronto tra principi garantistici fondati sulla carta fondamentale e disciplina delle misure
di prevenzione - nonostante le ostentatamente tranquillizzanti prese di posizione della
giurisprudenza costituzionale - mostra una siderale distanza di queste ultime dai valori scolpiti
dall assemblea costituente: basti pensare alla violazione del principio di proporzione, del principio
di personalit , della presunzione di non colpevolezza, del principio di rieducazione e del principio
di legalit 10; e che esse costituiscono espressione in norma di tecniche di controllo e
neutralizzazione della criminalit organizzata che, a loro volta, traducono una linea di politica
criminale che innerva su di sØ i sintomi di una paradossale ambiguit . Innanzi ad una questione
criminale di elevato livello di complessit , l opzione normativa ha preteso di semplificare
l approccio: da un lato, mancato rispetto di elementari canoni descrittivi della fattispecie preventiva
con formule necessariamente aperte irriconducibili al fatto; dall altro, diluizione nell ordito
normativo delle fondamentali garanzie individuali di natura sostanziale e processuale. (Ma) una
simile riduzione della complessit - perseguita con particolare vigore sul campo della forma -, (che)
si propone di elevare gli standards di reattivit del sistema della giustizia criminale, (ha finito) con
lo scontare un prezzo non indifferente sul terreno della razionalit di senso e relazioni
7
S. MOCCIA, Il diritto penale tra essere e valore. Funzione della pena e sistematica teleologica. Napoli , 1992, p. 108.
8
R. GUERRINI - L. MAZZA - S. RIONDATO, Le misure di prevenzione. Profili sostanziali e processuali. Padova,
2004, Introduzione, p. 1.
9
In tal senso, ancora, R. GUERRINI - L. MAZZA - S. RIONDATO, Le misure di prevenzione, cit, Introduzione, p. 2.
10
A. MANGIONE in Politica del diritto e retorica dell antimafia: riflessioni su recenti progetti di riforma delle misure
di prevenzione patrimoniali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, p. 1201
11
dell ordinamento penale. L opera di semplificazione - progettata attraverso uno snellimento di
criteri ascrittivi e paradigmi di qualificazione - genera un caotico sottosistema normativo che
problematizza sul piano dogmatico e sistematico dei principi costituzionali l universo di senso del
discorso penale 11.
Si pu dire che sono, dunque, caduti nel vuoto e rimasti inascoltati gli inviti che i grandi maestri
hanno rivolto al legislatore per non tramutare il diritto della prevenzione in un diritto punitivo del
sospetto e per far trionfare anche qui la cultura della legalit . Questo stato di cose induce a
riconsiderare con attenzione la sconsolata conclusione di Francesco Carrara: Ingenuo un tempo io
credetti che la politica dei liberi reggimenti non fosse la politica dei despoti, ma le novelle
esperienze mi hanno purtroppo mostrato che sempre e dovunque quando la politica entra dalla porta
del tempio, la giustizia fugge impaurita dalla finestra per tornarsene al cielo. Io mi sono
sventuratamente convinto che politica e giustizia non nacquero sorelle ( .) e che ( ) come nella
pratica applicazione la politica impone sempre silenzio al criminalista, cos nel campo della teoria
gli mostra la inutilit delle sue speculazioni e lo consiglia a tacere . E un monito severo ed insieme
una seria difesa dei principi eterni della giustizia contro la prevaricazione delle esigenze
utilitaristiche e contingenti, un pressante appello alla salvaguardia del diritto come valore in quanto
volto a tutelare le libert individuali di fronte alla volont arbitraria del potere politico: Guai
rimprovera ancora Carrara - se la legge penale si foggia sul dagherrotipo delle leggi di occasione;
ogni principio di giustizia sar conculcato. Ma al tempo stesso, Ł vanit sperare che la scienza
subordini a precetti giuridici assoluti le misure e i provvedimenti che in circostanze di turbamenti
eccezionali saranno sempre praticamente guidati dalla sola paura, la quale fra tutti i sentimenti Ł
quello che meno ragiona 12.
11
A. MANGIONE, in La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e politica criminale , Padova, 2001, pp.
530-531.
12
L. MAZZA, Le misure di prevenzione: un passato nebuloso, un futuro senza prospettive, in Riv. polizia, 1992, p. 397.
12
Capitolo 1
Excursus storico.
1.1 Nascita del sistema preventivo di polizia. 1.2 Scuola classica. 1.3 Scuola positiva. 1.4 Fascismo.
1.5 Epoca repubblicana.
1.1.Nascita del sistema preventivo di polizia.
Le misure ante delictum vantano, all interno dell ordinamento, un antica quanto tormentata
tradizione, risalente alle codificazioni preunitarie. Lo Stato Sabaudo forn l architrave su cui si
modeller il sistema preventivo degli stati liberali 13. In tempi successivi, nel Regno di Sardegna,
con la legge 26 febbraio 1852, n. 1339, furono previsti provvedimenti provvisori in materia di
pubblica sicurezza, con cui vennero definite e disciplinate le prime misure di prevenzione personali
a carattere strettamente amministrativo, e cioŁ la sottomissione, la diffida, il foglio di via
obbligatorio, il ricovero di minori di anni 16 in stabilimento di pubblico lavoro. I destinatari dei
provvedimenti furono i forestieri che esercitavano il commercio ambulante senza licenza, coloro
che erano sospettati di commettere furti di campagna, o pascolo abusivo, gli oziosi e i vagabondi.
Il sistema di prevenzione ante delictum, di cui si conferm la necessit sin dagli albori dello
Stato unitario, nacque all interno dell ordinamento penale italiano nella seconda met dell 800,
all indomani della costituzione del Regno d Italia, nato, nel 1861, sotto il segno di una mortale
emergenza. L insurrezione di uomini armati in alcune delle regioni meridionali, passata alla storia
col nome sbrigativo di brigantaggio, sembr mettere in pericolo l unit dello Stato e gett
drammaticamente il Regno appena proclamato in una difficilissima condizione politica ed
istituzionale. Il modo in cui quella classe dirigente reag sul piano normativo e su quello delle
pratiche di giustizia, impresse indelebilmente nel sistema penale italiano un segno che si sarebbe
rivelato praticamente incancellabile: un imprint originario destinato a durare e a colorare di sØ la
politica penale dello Stato lungo l intero arco della sua esistenza; una costituzione materiale
penale si affianc stabilmente a quella formale, finendo per metterla sovente in ombra, o
perfino per soppiantarla, quando le condizioni politiche furono tali da consentirlo o
addirittura pretenderlo 14. In ragione di quella emergenza, si dette vita ad una legislazione
eccezionale 15 dalla quale pullularono, su di un terreno peraltro gi preparato ad accoglierli, prassi
13
D. PETRINI, La prevenzione inutile. Illegittimit delle misure praeter delictum , Napoli, 1996, p. 10 e 11: Dal 1567
sino alla Reali Costituzioni di Carlo Emanuele del 1770, si assiste al progressivo strutturarsi come fattispecie delittuose
di ipotesi inizialmente colpite con meccanismi preventivi. Paradossalmente, cioŁ, i delitti di oziosit , vagabondaggio e
mendicit che la codificazione liberale sar costretta ad espellere dal proprio tessuto per mantenere salda la purezza del
sistema, relegandoli nelle leggi di p.s., sono originariamente costruiti come status soggettivi, condizioni di vita,
appartenenza razziale, sanzionati solo con misure preventive personali (espulsione o bando), la cui osservanza veniva
presidiata con pene detentive e patrimoniali (la confisca dei beni), quest ultime antesignane delle attuali conseguenze
patrimoniali delle misure personali. Cos avviene in tutti gli atti legislativi sabaudi dal 1567 sino al 1720, che
intervengono indifferentemente contro oziosi, vagabondi, zingari, questuanti forestieri, sospetti di furto, residenti o
forestieri senza reddito o professione certi. Solo con le Disposizioni delle Reali Costituzioni di Vittorio Amedeo del
1723 la condizione di zingaro o vagabondo diventa circostanza aggravante, in caso di commissione di delitti. Un editto
di Carlo Emanuele del 1750, oltre a disporre l espulsione per i poveri stranieri, prevede, per oziosi, vagabondi e
mendicanti validi al lavoro, l arresto, che, nel 1756 sar esteso anche ai frequentatori abituali di giochi, osterie e
bettole. Le ipotesi di pericolosit soggettiva divengono fattispecie incriminatici; compaiono le prime pene detentive per
i <<nuovi>> delitti che trovano in uno status personale o addirittura razziale la propria ragion d essere; addirittura, le
Disposizioni delle Reali Costituzioni del 1770 ( ) impongono la punizione degli zingari ( ed anche degli oziosi e
vagabondi) in quanto tali, con un complesso e differenziato armamentario sanzionatorio repressivo (galera per i
maschi, la fustigazione per le donne maggiorenni, carcere per le donne tra i 18 ed i 20 anni di et , catena per un anno ai
maschi e per sei mesi alle femmine) e preventivo (la solita espulsione per gli stranieri) .
14
M. SBRICCOLI, Giustizia criminale, in Lo Stato moderno in Europa. Istituzioni e diritto, a cura di M. Fioravanti,
Bari, 2007, p. 195. M. SBRICCOLI, Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penale italiano (1860-1990), in:
Storia d Italia. Annali, 14: Legge Diritto Giustizia, a cura di L.VIOLANTE, Torino, Einaudi, 1998, pp. 486 487,
reperibile su http://www.lex.unict.it/didattica/materiali06/storiamed_mz/c/06/Orientamenti_Mario_Sbriccoli.pdf.
15
La legge Pica del 15 agosto 1863 per la repressione del brigantaggio introdusse per la prima volta nel sistema
punitivo italiano alcuni istituti e diversi principi che, mutati di nome ed adeguati nei contenuti in successive leggi di
13
e principi che si installarono permanentemente nell ordinamento penale, con il fine di
prevenire l ordinario e di fronteggiare l emergente. Da quel variegato ceppo normativo
sbocceranno le attuali misure di prevenzione, al termine di una trasformazione che ne muter i
lineamenti, soprattutto per quanto concerne i destinatari, i presupposti e le competenze per
applicarle.
Sin dall epoca liberale, le misure di prevenzione furono elaborate per fronteggiare determinate
categorie di soggetti che non avevano ancora commesso reati. La connessa pericolosit sociale fu
formalmente ritagliata su fenomeni di mera antisocialit e cioŁ su condotte di vita contrarie ai valori
sociali e morali, talvolta sintomatiche di classi a rischio, che potevano tradursi in situazioni di
devianza sociale, anche se penalmente irrilevanti 16. In tale direzione di politica applicativa, con
pubblica sicurezza e nei numerosi testi unici che si susseguirono nel tempo, restarono nell ordinamento arrivando, in
alcuni casi, fino ai giorni nostri. Le disposizioni eccezionali e transitorie di tale legge, pur affrontando il problema del
brigantaggio nelle province centrali e meridionali del neo stato unitario, ristabilirono la competenza dei Tribunali
Militari per i reati di brigantaggio, comminando la fucilazione, o i lavori forzati a vita nel caso di attenuanti,
indiscriminatamente per tutti i briganti che avessero opposto resistenza a mano armata; introdussero, per la prima volta
nel nostro sistema di polizia, la misura preventiva del domicilio coatto (art.5), dando al governo la facolt di assegnare,
per non piø di un anno, tale misura non solo a camorristi e manutengoli dei briganti, ma anche agli oziosi, vagabondi, e
soggetti sospettati di avere commesso determinati reati, introducendo cos nell ordinamento un istituto che vi sarebbe
restato a lungo, sia pure con i diversi nomi di confino di polizia o di soggiorno obbligato.
Gi all epoca, nel coro del vivace dibattito parlamentare che precedette l approvazione della legge, e che tocc le
questioni non solo del brigantaggio ma anche quelle della situazione meridionale nel suo complesso, alcuni
parlamentari manifestarono la preoccupazione che con il domicilio coatto si volessero colpire gli oppositori politici del
governo e che la legge mirasse ad introdurre, nelle mani della polizia, un potente strumento di oppressione politica, da
usarsi contro i liberali, nemici dei potenti notabili locali . (D. PETRINI, La prevenzione inutile. Cit. p. 14, nota 21).
16
Di un duplice livello di legalit parla M. SBRICCOLI, op .cit. supra, pp. 489-492: Entra cos nell ordinamento,
frutto quasi di una ineluttabile fisiologia, un duplice livello di legalit . L emergenza legittima la prevenzione e la
prevenzione si vale soprattutto del sospetto; la libert dei sospettati , dei pericolosi, dei disturbers, pu essere costretta o
diminuita con l uso di istituti di polizia preventiva, con pratiche arbitrarie e con abusi tollerati. Alla polizia vengono
affidate estese funzioni di prevenzione e di governo delle classi pericolose , che essa svolge rispondendo a logiche sue
proprie, con amplissimi margini di discrezionalit , nell ambito dell agire amministrativo, senza considerazione dei
principi di stretta legalit e di giurisdizionalit . Tra gli anni Sessanta e Settanta (dell Ottocento, n.d.r) prende forma un
sistema di controllo dalla triplice valenza (severa protezione delle propriet private, disciplinamento dei ceti piø poveri
e repressione del dissenso politico radicale) che - dopo essere stata valorizzata in senso apertamente liberticida nel
periodo fascista - rester sostanzialmente come modello di riferimento lungo tutta la fase agricola della storia
italiana, fino ai primi anni del secondo dopoguerra. Il dualismo nelle regole e nelle pratiche repressive che si viene
affermando non riguarda, peraltro, la sola tutela dell ordine pubblico: non si tratta soltanto di giurisdizione contro
amministrazione, di codice penale contro legge di pubblica sicurezza, di giudici da un lato (che amministrano il diritto)
e polizia dall altro (che tutela l ordine e la sicurezza). Il duplice livello di legalit discerne i <galantuomini> dai
<birbanti> destinandoli a differenti filieres punitive, fa prevalere l opportunit politica sulla regola giuridica, lo scopo
sul diritto. Permette il conseguimento di obiettivi politicamente desiderabili attraverso la compressione di diritti,
prerogative e garanzie, tenendo in ombra coloro che di tale compressione portavano le responsabilit giuridiche
politiche. Contribuisce, poi, nella stessa misura in cui ne Ł conseguenza, alla tendenziale identificazione dello Stato con
il governo, che pur costituisce un altra delle dimensioni strutturali storicamente capaci di indurre caratteristiche
deformanti nel sistema penale italiano. Tutto ci , malgrado le attenzioni della dottrina costituzionalistica liberale della
seconda met (dell Ottocento, n.d.r.) e nonostante l impegno vigile che la cultura giuridica penale era capace di
profondere sulle questioni che le sembravano alte, di grande significato e cariche di conseguenze. Quando si tratta della
legalit <<in basso >> e del penale di secondo livello, la dottrina perde sovente acutezza e lungimiranza, si distrae,
sottovaluta e delega, salvo poi tornare a battersi ogni volta che il livello non garantito, per l effetto di qualche
politica, finisca per inquinare in qualche modo l area presidiata dai codici e dall ordinaria giurisdizione .
Lo stesso autore annota, p. 488, che la cultura giuridica italiana venne colta impreparata dalla vicenda legislativa
innescata dall emergenza meridionale. Non solo perchØ in quella fase i penalisti, provenienti da esperienze disparate,
in gran parte giovani in via di costruirsi un autorevolezza che ancora non possedevano, dispersi in sedi universitarie
alle quali accedevano per la prima volta, non erano oggettivamente in grado di far sentire la loro voce; ma anche
perchØ i piø autorevoli tra i giuristi che avevano fatto del penale terreno di battaglia civile nelle loro esperienze
preunitarie ( Pasquale Stanislao Mancini, Enrico Pessina, Raffaele Conforti, Giuseppe Pisanelli) si trovarono coinvolti
in responsabilit parlamentari e di governo che li condizionarono fortemente: essi temevano seriamente per la
sopravvivenza stessa del Regno appena nato, che era effettivamente e gravemente minacciata. Pensavano, di
conseguenza, che una tale emergenza potesse giustificare ci che si stava facendo e che non ci fossero altre vie da
seguire. Altri, come Francesco Carrara, erano portatori di un dissenso che non intendevano apertamente manifestare,
14
legge del 24 giugno 1871, per la repressione del malandrinaggio, si pervenne ad una ampia riforma
della legge organica di Pubblica sicurezza, risalente al 20 marzo 1865, n. 2248, allegato b.
Una organica sistemazione delle misure di prevenzione si ebbe con la legge di pubblica
sicurezza 30 giugno 1889, n. 6144, che segn la scomparsa dal Codice Zanardelli dei reati
meramente indiziari che colpivano le persone sospette, in quanto indicate, dalla pubblica voce,
come autori di crimini o delitti, in particolare estorsioni, grassazioni, furti e truffe, nonchØ quei fatti
puramente sintomatici gi perseguiti dalla previgente legislazione sardo-piemontese. Si tratt di una
legislazione sostanzialmente intesa a garantire forme di protezione ad un assetto sociale ancora non
pienamente identificato nello Stato unitario; in questa direzione si inser , in chiave preventiva,
anche il Regio Decreto 19 novembre 1889, n. 6535, Regolamento sulla mendicit , inteso a
regolare e controllare l ampia fascia di disagio sociale presente in quegli anni nelle province del
Regno.
1.2 Scuola classica.
Uno dei capisaldi del costituzionalismo liberale fu che alla divisione dei poteri fece
corrispondere articolazione di funzioni, distinguendo un agire di diritto da un agire di fatto.
Illustri esponenti della dottrina liberale sostennero non solo l opportunit e la necessit di un
sistema preventivo di polizia ma anche la legittimit di un apparato preventivo avente finalit di
prevenzione dei crimini 17. E necessario, per , sgombrare il campo da un ricorrente luogo comune,
secondo il quale i contorni assunti dal sistema preventivo italiano nell Ottocento, a partire dalla
legge di pubblica sicurezza del 26 febbraio 1852 ( c.d. legge Galvagno, dal nome del proponente
Ministro dell Interno), avrebbero trovato autorevole copertura ideologica nella celebre distinzione
che Francesco Carrara introdusse nei Prolegomeni del Programma del corso di diritto criminale tra
magistero penale e magistero del buon governo 18.
L opera di Carrara offre, invece, spunti indispensabili per cogliere i primi sintomi del disagio
verso le misure di prevenzione personali. L aspetto piø interessante della questione Ł che le
trasgressioni di polizia di cui parlava Carrara, contrapponendole ai delitti veri e propri, non erano
provvedimenti praeter delictum finalizzati all applicazione di misure restrittive della libert
personale in assenza della commissione di un reato, ma violazioni di carattere contravvenzionale.
Da questa prima distinzione derivava il secondo punto fermo del pensiero del Carrara: il rifiuto
delle pene del sospetto, applicate sulla mera base di indizi di colpevolezza. Quindi, i due capisaldi
del pensiero del Carrara in materia preventiva erano: la natura, tipica e tassativa, delle trasgressioni
di polizia; il rifiuto delle pene del sospetto.
Punto di partenza era il definitivo affermarsi del principio di legalit , che, legato
indissolubilmente al destino della codificazione, imponeva di descrivere in un testo di legge i fatti
vietati e le sanzioni che li punivano; si strutturava, dalla prima valenza relativa al divieto di
analogia, nei diversi corollari della irretroattivit della legge penale e della necessaria tassativit
nella convinzione di non dover intralciare una risposta che andava pur data e nella speranza che i cruciali confini della
legalit costituzionale non sarebbero stati varcati .
17
O. RANELLETTI, La polizia di sicurezza, in V. E. ORLANDO ( a cura di), Primo Trattato completo di diritto
amministrativo italiano , Milano 1908, vol. IV, p. 286: Funzione propria della giustizia Ł l amministrazione del
diritto, cioŁ il riconoscere il diritto, difenderlo dalle violazioni, applicarlo ( ) La sua attivit si esplica quindi sul
fatto gi accaduto ( ) secondo un procedimento formale, e quindi la sua azione di difesa del diritto e dell ordine
giuridico viene fatta in diritto, cioŁ col giudizio, colla decisione ( ). Invece la polizia non amministra il diritto ( )
essa tutela l ordine, la sicurezza dello Stato in fatto: essa di fatto si oppone all infrangimento dell ordine giuridico; e
perci la sua azione deve necessariamente esplicarsi nel presente e nel futuro, non nel passato. Di qui deriva che la
polizia non difende, in molta parte della sua attivit , l interesse di singoli individui ( ) ma difende immediatamente
l interesse pubblico; non tutela immediatamente il diritto che regola i rapporti dei singoli subbietti giuridici, ma il
bene comune, il bene di tutti; essa, quindi si ispira non soltanto al criterio della legalit ma anche a quello
dell utilit e, agendo, attua l idea morale dello Stato e provvede non solo dal punto di vista della legalit , ma anche
dal punto di vista della opportunit , della convenienza . Nella sua opera, la dottrina tende a leggere l affermazione
della posizione di preminenza e supremazia dello Stato rispetto al cittadino.
18
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p.2.
15
delle fattispecie incriminatici, della tipicit del fatto. L impianto critico di Carrara si concretizzava
sul peccato originale delle misure di prevenzione: la limitazione della libert personale di un
cittadino che non ha commesso alcun delitto 19. L illustre Autore, nel limitare l ambito del diritto
criminale al magistero repressivo, si preoccupava di evidenziare l abisso che intercorreva tra questo
e l ufficio di polizia 20. Entrambi i sistemi repressivo e preventivo - erano perfettamente legittimi:
ci che andava assolutamente evitata era la loro confusione, in quanto la compenetrazione tra
magistero di polizia e giure penale era tipica dei governi dispotici perchØ apriva la strada ad ogni
arbitrio, rendeva inetto lo strumento preventivo con i lacci propri del sistema penale ed inquinava
inesorabilmente la finalit di giustizia.
In ogni caso, la lettura piø ovvia del brano dei Prolegomeni sta proprio nella proclamazione
della legittimit di un sistema di polizia, distinto da quello penale, parallelo ad esso, ispirato al
principio di utilit , con finalit chiaramente preventive 21. Questa interpretazione del pensiero di
Carrara ha avuto una notevole diffusione tanto che, molti anni dopo la sua morte, un autorevole
autore 22 ripeteva che le sanzioni giuridiche avevano finalit di giustizia, le misure amministrative
di tutela avevano finalit di mera utilit . Eppure Carrara era stato attentissimo ai diritti di libert del
cittadino, era stato un fiero avversario dell arbitrio poliziesco, un attento garante dei principi di
matrice illuministica e liberale in materia penale.
In verit , il significato, reale e voluto, della distinzione dell illustre Autore tra magistero penale
e magistero di polizia, lo si coglie all interno dell unica ragione che lo spiega pienamente: il suo
coerente giusnaturalismo. L impianto sistematico della sua opera tende a dimostrare il carattere
trascendente del diritto penale. Fondamento della sua dottrina Ł il postulato giusnaturalistico della
esistenza di una legge eterna ed immutabile, prestabilita da Dio, che accorda all uomo dei diritti
necessari per raggiungere la sua destinazione terrena e adempiere i doveri imposti dalla legge
morale. Carrara aveva l assoluta necessit di espungere dal sistema penale i fatti che non
costituivano un aggressione al diritto altrui, al fine di garantire quella intima coerenza del sistema
alla quale non intendeva in alcun modo rinunciare. Se, infatti, il diritto penale discendeva dalla
divinit e i reati, di conseguenza, erano crimini morali, se i fatti non lesivi di un diritto altrui non
potevano che esulare dal diritto naturale, allora come si poteva pensare che il diritto criminale
potesse occuparsi di atti di modestissima entit , sostanzialmente <innocenti> 23 dal punto di vista
etico , e che non potevano che richiedere <severit leggiere> 24? Che non vi fosse spazio, in un
sistema delimitato da questi confini, per le trasgressioni meno gravi, per i fatti innocenti puniti in
virtø del criterio dell utile sociale, era fin troppo evidente.
19
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p.19.
20
Il magistero di polizia non procede che da un principio di utilit : la sua legittimit Ł tutta in questo; non attende un
fatto malvagio per agire; non sempre coordina i suoi atti alla rigorosa giustizia; e cos avviene che ad esso,
consentendosi di agire per via di una modica coercizione, egli realmente possa divenire modificato dalla umana libert :
lo si tollera per la veduta di maggior bene. Ma il magistero di polizia non ha nulla di comune col magistero penale,
quantunque entrambi si esercitino dall autorit preposta al reggimento dei popoli. Questo comincia il suo officio quando
quello ha inutilmente esaurito il suo: ne Ł diverso l oggetto; diverse le forme e i confini ( F. CARRARA, Programma
al corso del diritto criminale, Bologna, 1993, pp. 44-45).
21
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p.22, ove si precisa: Di qui la conclusione: la nascita di un sistema
preventivo di polizia, autonomo rispetto al codice penale, e quindi sganciato dalle garanzie giurisdizionali e dal
principio di legalit , trovava la propria giustificazione e legittimazione teorica in questo ( e negli altri simili) passi dei
Prolegomeni. Lo stesso riferimento al principio di <<utilit >> che deve ispirare l attivit di polizia - rispetto al principio
di giustizia che informa, invece, il magistero penale ha probabilmente contribuito ad una interpretazione che vede
legittimato l intervento preventivo, pur attraverso mezzi discutibili ed inquietanti, in ossequio alla gravit del fine .
22
Art. ROCCO, Le misure di sicurezza e gli altri mezzi di tutela giuridica, in Riv pen., 1931, pp. 30,31.
23
F. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale, Bologna, 1993, p.48.
24
Ivi, 47 ed, in particolare, 49: Al magistero penale non pu attribuirsi come genesi un atto di volont umana: ma il
precetto di Dio, promulgato all uomo mercØ la legge di natura.( ) Il magistero penale Ł assoluto in tutti i suoi principii
fondamentali. E di vero se il gius di punire nella mano dell uomo procede dalla legge eterna dell ordine , la scienza del
giure penale deve essere indipendente da qualunque provvisione di legge umana e diretta da regole di assoluta ragione.
( ) Il giure penale ha la sua genesi e la sua norma in una legge che Ł assoluta, perchØ costitutiva dell unico ordine
possibile alla umanit secondo le previsioni ed i voleri del creatore .
16
La contrapposizione tra magistero penale e magistero di polizia non mirava a giustificare
l aggiramento delle garanzie formali ai fini della repressione (camuffata da prevenzione) dei
soggetti marginali o degli avversari politici, ma rispondeva a ben piø nobili ragioni di coerenza
interna, proprie di un sistema criminale caratterizzato da una forte valenza giusnaturalistica. Nel
proporre la contrapposizione tra i due magisteri, Carrara era mosso esclusivamente dall intento di
rimanere coerente al giusnaturalismo che ispirava tutta la sua opera, e non dal desiderio di offrire un
comodo alibi all aggiramento dei diritti e dei principi di garanzia giurisdizionale dei cittadini
attraverso la creazione del sistema preventivo personale.
Puntando al cuore del problema ed affrontando il primo dei due aspetti critici che
caratterizzavano la posizione del Carrara in materia di prevenzione personale, ossia se fosse
legittimo, ed auspicabile, un sistema all interno del quale si giungesse a limitare la libert personale
di un cittadino, prescindendo dalla commissione di un reato, l Autore specificava il tipo di
violazioni che atteneva ai due sistemi: Il criterio che separa il magistero penale dal buon governo
consente di distinguere anche i delitti dalle trasgressioni 25. E nel capitolo del primo libro del
Programma, intitolato al Criterio della qualit nei delitti , in una lunga nota dedicata alle
trasgressioni, si legge che Ł propriamente necessario ed inevitabile nei regolamenti di polizia
desumere la classazione delle contravvenzioni dal diverso bene protetto con le proibizioni di certi
atti, anche moralmente innocenti e che non recano attuale violazione o pericolo al diritto 26.
Il Carrara, nel proporre il ricorso ad un autonomo codice preventivo, nella sostanza individuava
tre ambiti diversi. In primo luogo, le violazioni alle leggi finanziarie e le disposizioni che
regolamentavano la regalia ed il commercio. Vi erano poi le tradizionali ipotesi di oziosit e
vagabondaggio. Infine alcuni <vizi> quali l infingardaggine, la prodigalit , la crapula, e,
soprattutto, il gioco d azzardo 27. L esclusione di queste violazioni di polizia dal codice penale, in
quanto non venivano considerate delitti perchØ non ledevano un diritto altrui, poteva portare, in
astratto, a due soluzioni antitetiche tra loro: a) venivano ad integrare delle violazioni caratterizzate
da una generalizzata (anche se non totale) minore gravit , dotate di minore rigore nei criteri di
imputazione soggettiva, ma pur sempre ricostruite intorno ad un fatto tipico e tassativo: in sostanza
si tratta delle attuali contravvenzioni; b) oppure, al contrario, esse subivano un percorso inverso, si
snaturavano, finivano per identificare non piø un fatto concreto, ma esclusivamente uno status del
soggetto, un atteggiamento personale, un modo di vivere. In altre parole divenivano,
alternativamente, occasione per l applicazione di vere e proprie pene del sospetto, fondate su dati
inevitabilmente discrezionali, non tipicizzabili, evanescenti; oppure provvedimenti tesi a prevenire
il pericolo di commissione di reati ( pericolo connesso, spesso in via presuntiva, a quelle situazioni
soggettive). Entrambi questi modelli hanno avuto realizzazione: le norme che regolano il
commercio troveranno costantemente cittadinanza nelle leggi e nei regolamenti di P.S., attraverso la
previsione di violazioni indicate tassativamente, e ricostruite nei loro elementi tipici fondamentali;
in materia di oziosi e vagabondi si imporr , invece, la soluzione opposta, con la progressiva
elusione delle garanzie giurisdizionali, in un sistema che esaltava il valore del sospetto, ed apriva la
strada ad ulteriori, inquietanti meccanismi preventivi verso le diverse forme di marginalit e contro
gli oppositori politici del sistema. Anche questo secondo modello si Ł storicamente imposto ma ci
non significa che Carrara avesse in mente una soluzione di tal genere. Al contrario, sembra
sostenibile che per il Carrara tutte le violazioni di polizia, chiamate trasgressioni o, talora,
contravvenzioni ( e quindi anche quelle relative agli oziosi ed ai vagabondi) dovessero essere
ricostruite intorno ad un fatto tassativamente indicato. Non si pu prevedere alcuna limitazione
della libert solo perchØ un certo status personale fa ritenere possibile o probabile la commissione
di un reato nØ Ø legittimo il ricorso a pene di sospetto.
Tutto ci per dire e dimostrare che il disagio nei confronti delle misure di prevenzione ha avuto
origine sin dalla loro prima comparsa sulla scena penalistica. Il progressivo consolidarsi di misure
25
F. CARRARA, Programma, cit., p. 48
26
D. PETRINI, La prevenzione inutile, p. 27, nota 44 che richiama F. CARRARA, Programma, cit., 132, nota 1 (il
corsivo Ł aggiunto).
27
D. PETRINI, La prevenzione inutile, p.28.
17
volte a colpire comportamenti che, per la carenza di tipicit e tassativit , violavano il principio di
legalit e non potevano avere cittadinanza all interno del codice penale rispondeva a logiche di
difesa sociale che non indussero mai il Carrara a prevedere e giustificare la limitazione della libert
personale di un cittadino sulla sola base di un sospetto di reit .
Anche sul piano della pericolosit sociale, quando ipotizzava un intervento preventivo nei
confronti di quelle situazioni che facessero temere per la sicurezza sociale, Carrara faceva sempre
riferimento ad ipotesi contravvenzionali, caratterizzate dalla maggiore speditezza di accertamento;
punibili sulla base del solo compimento del fatto; accertabili indipendentemente dal danno e dalla
colpevolezza; ma pur sempre contrassegnate da un apprezzabile grado di tipicit e tassativit .
Un qualche rapporto tra questa impostazione ed il sistema preventivo personale, lo si poteva
rinvenire solamente nella carenza di giurisdizionalit che contraddistingueva, anche per Carrara, il
magistero di polizia, ma non certamente nel suo tratto piø inquietante e caratteristico: l aggiramento
del principio di legalit tramite il ricorso a provvedimenti formalmente preventivi, che nella
sostanza infliggevano pesanti limitazioni alla libert personale indipendentemente dalla
commissione di un reato.
L approccio critico nei confronti di tali misure veniva fatto proprio dalla maggior parte degli
esponenti della cosiddetta Scuola classica , i quali giunsero finanche a contestarne, oltre che la
legittimit , anche la stessa effettivit con riguardo alle finalit cui le misure stesse erano in
definitiva funzionali.
1.3 Scuola positiva.
Egualmente critico risulta , nel suo complesso, l approccio al problema espresso dagli esponenti
della c.d. Scuola positiva, anche se le impostazioni teoriche propugnate dai positivisti offrivano in
qualche misura argomenti per legittimare il diritto di prevenzione. Nella misura in cui, infatti, la
pena veniva a perdere i propri tradizionali (ed esclusivi) contenuti retributivi, per acquisire nuove
valenze di natura emendativa, e nella misura in cui il concetto di pericolosit sociale veniva a
costituire il baricentro dell intero sistema penale la cui finalit ultima sarebbe stata di conseguenza
non solamente repressiva ma anche preventiva, era evidente che le misure di prevenzione potevano
essere in effetti non del tutto estranee al quadro che si era andato componendo.
Alla base della posizione positivista in materia di misure di polizia si collocava il superamento
della tradizionale funzione repressiva della pena, che costituiva la giustificazione principale di un
autonomo codice preventivo, al fianco del diritto penale sostanziale.
L intera opera di E. Ferri era finalizzata a dimostrare l inutilit della funzione preventiva della
pena tradizionale, retributiva e proporzionata alla gravit del fatto commesso, e la conseguente
necessit di sostituirla con le misure di sicurezza. Il punto di partenza era costituito dalla verifica
della inutilit della pena retributiva rispetto al fine di ridurre la criminalit 28. La sua unica funzione
reale consisteva, infatti, nell incapacitare temporaneamente il delinquente, senza riuscire ad incidere
sulle cause dei comportamenti criminosi.
I positivisti proponevano di ovviare a questa inevitabile carenza di effettivit della pena
attraverso il ricorso a strumenti di carattere preventivo che, al di fuori di qualsiasi opzione
retributiva, fossero idonei a guarire il delinquente matto, a risocializzare il deviante, a scoraggiare
l occasionale, ad incapacitare definitivamente l incorreggibile 29. Gli interventi di natura sociale ed
28
FERRI dimostra la inutilit della pena retributiva partendo dalla legge di saturazione criminale, dalla quale
deriverebbe che i reati aumentano e diminuiscono per una somma di ben altre ragioni, che non siano le pene facilmente
comminate dai legislatori ed applicate dai giudici ( E. FERRI, Sociologia criminale, I , ed.5^, Torino 1929, p. 421).
29
Per quanto strano possa sembrare a primo aspetto, non Ł meno vero nØ meno concorde colla storia, la statistica e
l osservazione diretta dei fenomeni criminosi, che ad impedire i reati le leggi che hanno efficacia minore sono le leggi
penali, poichØ la parte maggiore spetta alle leggi dell ordine economico, politico, amministrativo (E. FERRI,
Sociologia criminale, I, cit, pp. 538,539).
18
il ricorso ai sostitutivi penali costituivano la pars costruens della critica positivista al sistema penale
tradizionale 30, impostato sulla funzione di prevenzione generale della pena retribuita.
L impostazione complessiva del Ferri tentava di affrontare, almeno sotto taluni profili, le radici
profonde di quelle che egli riteneva essere le cause principali della criminalit o della devianza. La
principale critica della scuola positiva alla prevenzione poliziesca consisteva nella sua inutilit ,
nella incapacit di raggiungere i fini che si proponeva, quando non, addirittura nell essere
controproducente e dannosa.
Il pragmatismo positivista consentiva di mettere in luce la mistificazione delle finalit reali
(l incapacitazione dei soggetti sospetti o pericolosi, per i quali manca la prova della commissione
dei reati) con il presunto scopo di prevenire determinate forme di criminalit . Al modello poliziesco
tradizionale, i positivisti contrapponevano un intervento (meritevole, questo solo, di dirsi
preventivo) basato sui sostitutivi penali, in grado di affrontare alla radice le implicazioni profonde
del vagabondaggio e dell oziosit . Venivano distinti i pochissimi oziosi e vagabondi <patologici>,
per i quali andava prevista una punizione anche severa, dall altra foltissima schiera di coloro che
potevano essere recuperati alla collettivit per i quali occorrevano interventi di natura sociale:
oziosit e vagabondaggio si combattono solo rimovendone le cause e prevedendo, parallelamente
appositi reati per colpire chi ne sia afflitto in maniera patologica e senza possibilit di recupero.
Il pensiero dei positivisti, poi, si dimostrava attento a quel meccanismo perverso che finiva per
portare in carcere i contravventori alle prescrizioni che accompagnavano l ammonizione: la reale
finalit delle misure non era prevenire le forme piø inquietanti di criminalit , quanto piuttosto
punire, attraverso fattispecie contravvenzionali, che oggi chiameremmo di mera creazione
legislativa, soggetti nei confronti dei quali il sospetto non riusciva a raggiungere la soglia della
certezza, e gli indizi non erano sufficienti a fornire la prova della colpevolezza 31.
Contraddizioni interne al pensiero positivista si colgono proprio esaminando i sostitutivi penali
che rischiavano di risolversi in provvedimenti limitativi della libert personale praeter delictum,
reintroducendo sotto mentite spoglie ci che si affermava di voler espungere dal sistema penale. In
particolare, quando si passa ad esaminare il pensiero degli altri Autori della Scuola positiva si ha
l impressione di imbattersi in costruzioni teoriche gravide di conseguenze: basti pensare alla
proposta della deportazione, quale mezzo di eliminazione adatto ai ladri di mestiere, ai vagabondi,
ed in generale, a tutti i delinquenti abituali32; oppure alla proposta di ricovero coatto,
indipendentemente dalla commissione di un reato, per chi era colto piø volte in stato di ubriachezza
o dilapidava per amore del vino i beni suoi e della sua famiglia33; o, ancora, alla proposta di
30
Per FERRI i sostitutivi penali potevano intervenire, ad esempio, nell ordine economico (eliminazione dei monopoli
per prevenire i reati contro la propriet ed il patrimonio; creazione di occasioni di lavoro per diminuire ozio e
vagabondaggio); civile ed amministrativo ( una buona legislazione testamentaria poteva far diminuire gli omicidi per
cupidigia; un buon sistema di risarcimento dei danni subito dalle vittime dei reati ed il patrocinio dei non abbienti
dell epoca, cioŁ l avvocato dei poveri, potevano prevenire le vendette ; gli orfanotrofi ed il soccorso a domicilio per le
fanciulle madri potevano limitano gli infanticidi); religioso (il minor lusso nelle chiese toglie occasione ai furti; il
matrimonio degli ecclesiastici evita infanticidi, aborti, adulteri); famigliare ( il divorzio poteva evitare omicidi e reati
contro la morale); educativo ( scuole, proibizione degli spettacoli atroci e delle case da giuoco, cura fisica dell infanzia,
soprattutto di quella abbandonata, erano ritenuti strumenti indispensabili per incidere su quasi tutte le forme di
criminalit ).
31
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p. 118, ove, in nota, si sottolinea: E questo, come si Ł piø volte
accennato, un tema ricorrente, dalla nascita delle misure preventive, sino ai nostri giorni .
32
R. GAROFALO, Criminologia, Torino, 1891, p. 254: Vi hanno individui incompatibili con la civilt :i loro istinti
selvaggi fanno s ch essi non possano sottomettersi alle norme di attivit pacifica; ci che ad essi conviene Ł la vita
delle orde erranti o delle tribø primitive. Per tutelare la societ non vi ha dunque che due mezzi: imprigionarli per
sempre, ovvero espellerli per sempre. Il primo mezzo sarebbe non solo troppo crudele, ma anche pecuniariamente
dannoso allo Stato. ( ) La deportazione Ł dunque il mezzo di eliminazione adatto ai ladri di mestiere, ai vagabondi, ed
in generale, a tutti i delinquenti abituali. Solo in condizioni affatto nuove di esistenza, essi potranno divenire adattabili .
33
C. LOMBROSO, L uomo delinquente , III, ed. 5^, Torino, 1897, p.356 : Gli ospedali per alcoolisti, come esistono in
America, Inghilterra, Germania, hanno un duplice effetto buono, quello di ritirare a garanzia sociale i beoni, e di porli
nella migliore condizione onde guariscano, e si correggano .
L aspetto discutibile del rimedio di carattere preventivo proposto dall Autore Ł dato dal fatto che il ricovero coatto in
tali strutture coinvolge sia casi nei quali Ł stato commesso un reato ( L ospizio accoglier poi colui che ha commesso
19
destinare gli oziosi ed i vagabondi alla bonifica delle terre malariche, indipendentemente dal
compimento di un reato 34. La posizione complessiva della scuola positiva sul trattamento degli
oziosi e vagabondi risultava realmente contrassegnata da notevoli margini di incertezza ed
ambiguit , che si ponevano in parziale contrasto con l esplicito rifiuto del sistema preventivo di
polizia.
La dottrina recente ha riservato un estremo interesse al pensiero positivista non tanto sulle
posizioni ufficiali ed esplicite tentando di comprendere se ed in quali limiti i positivisti abbiano
offerto ulteriori elementi di legittimazione alle misure di polizia vigenti a cavallo dell Ottocento.
Il punto di partenza Ł costituito dalla sostituzione della funzione retributiva della pena con le
finalit riabilitative-curative proprie delle misure di sicurezza. Alla ovvia accusa di limitarsi a
incapacitare i soggetti marginali, eliminandoli dal contesto sociale, il sistema preventivo personale
avrebbe reagito millantando le finalit di emenda e di recupero sociale 35 che caratterizzavano,
secondo l insegnamento positivista, ogni ambito dell intervento penale.
L altro aspetto Ł costituito dalla creazione delle fattispecie soggettive di pericolosit , che i
positivisti avevano costruito ora in chiave meramente antropologica, ora con maggiore attenzione
alle dinamiche sociali ed economiche. Questi modelli facevano riferimento non solo al delinquente-
tipo (ladri, assassini) ma anche a figure devianti e marginali (vagabondi, prostitute). Anche sotto
questo profilo, il sistema preventivo personale sarebbe uscito rafforzato dalla previsione di modelli
soggettivi di riferimento, che sembravano giustificare l intervento preventivo di polizia
indipendentemente dalla commissione di un reato, soprattutto quando tale intervento veniva
mascherato con le finalit di emenda.
Infine, l idea cara a tutti i positivisti che esistessero delinquenti incorreggibili avrebbe
certamente contribuito a legittimare quella spirale perversa per cui un soggetto pericoloso poteva
essere progressivamente eliminato dal tessuto sociale, tramite il ricorso a misure sempre piø incisive
sulla libert personale, anche indipendentemente dalla commissione di un reato.
Quindi, nell analisi della pericolosit sociale, la perdita di valore del dato prognostico del reato
a favore di valutazioni di carattere antropologico o criminologico avrebbe offerto una indispensabile
giustificazione teorica ai provvedimenti limitativi della libert personale, sganciati
dall accertamento di una violazione penale. E possibile, per , mettere in rilievo un altro elemento e
cioŁ il fatto che in quell ambito culturale si approfondiva l idea, gi presente nel pensiero classico,
che la legittimit del modello preventivo dipendesse dalla sua reale effettivit , dalla sua capacit di
ridurre i reati all interno della societ .
1.4 Fascismo.
Con l entrata in vigore del t.u. di p.s. del 1926 e con il successivo t.u.l.p.s del 1931 veniva
chiarita la strategia di fondo del regime: estendere in via ordinaria le misure di prevenzione
personale anche alla pericolosit politica ed amministrativizzare la loro applicazione.
L ammonizione diveniva applicabile agli oziosi, ai vagabondi abituali validi al lavoro non
provveduti di mezzi di sussistenza o sospetti di vivere col ricavato di azioni delittuose; alle persone
designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente o per gli ordinamenti politici dello
Stato; ai diffamati, cioŁ a quelle persone designate dalla pubblica voce come abitualmente
un delitto in eccesso alcolico ) sia situazioni nelle quali si prescinde datale elemento, con la sola avvertenza che nella
prima ipotesi si tratterr di un sostituivo del carcere o del manicomio, nel secondo di un momentaneo rifugio, una
specie di istituto di correzione ( ivi, 357).
34
M. REBORA, Oziosi evagabondi, in Enc. giuridica italiana, XII, Milano, 1915, p.1302.
35M. PAVARINI, Le fattispecie soggettive di pericolosit nelle leggi 27.12.1956 n. 1423 e 31.05.1965 n. 575 , in: Le
misure di prevenzione. Atti del convegno di Alghero, Milano, 1975. L autore sostiene esplicitamente: Anche le misure
di prevenzione pur restando in effetti ancora strumenti di una politica criminale oggettivamente tesa alla sola difesa
sociale ricevettero nella nuova finalit emendativa-rieducativa la necessaria sublimazione, capace di riproporle
ideologicamente in una veste di maggior credibilit politica. E chiaro poi ( ) che la storia che seguir sar la storia
dell insanabile antinomia fra finalit dichiarate e finalit oggettivamente perseguite .
20
colpevoli di alcuni delitti quando per tali reati fossero stati sottoposti a procedimento penale
terminato con sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove 36.
Il regime si dotava, poi, di un nuovo strumento il confino di polizia che, se pur ritagliato
nell alveo del domicilio coatto, se ne differenziava in quanto poteva essere applicato anche in prima
battuta senza dover prima passare attraverso l ammonizione (Crispi lo aveva gi fatto per gli
anarchici nella legislazione del 1889). Il tratto saliente della nuova misura consisteva nel fatto che
ad essa potevano essere assegnati, qualora pericolosi per la sicurezza pubblica, oltre che gli
ammoniti e le persone diffamate ai termini dell art. 165 del medesimo r.d. 773/31, anche coloro che
svolgevano o avessero manifestato il proposito di svolgere un attivit rivolta a sovvertire
violentemente gli ordinamenti politici, economici o sociali costituiti nello Stato o a contrastare o a
ostacolare l’azione dei poteri dello Stato, o un’attivit comunque tale da recare nocumento agli
interessi nazionali 37. Oltre alla estrema genericit della previsione, dilatabile sino a colpire ogni
specie di attivit o di opinione politica avversa al regime, il confino si presentava estremamente
duttile in quanto applicabile anche in base ad una mera manifestazione del pensiero finalizzata ad
attivit sfornite di qualsiasi tipicit e tassativit 38.
Il secondo tratto peculiare era l amministrativizzazione per l applicazione delle misure. Veniva
meno la competenza del presidente del tribunale per l irrogazione dell ammonizione ed al suo posto
veniva prevista una commissione provinciale (prefetto, procuratore del re, questore, comandante
carabinieri, ufficiale superiore della milizia)39. Per il confino, poi, venivano meno tutte le garanzie
36
Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (in Supplemento alla Gazz. Uff., 26 giugno, n. 146):
Articolo 164
(art. 166 T.U. 1926). -- Il questore, con rapporto scritto, motivato e documentato, denuncia al prefetto, per
l’ammonizione, gli oziosi, i vagabondi abituali validi al lavoro non provveduti di mezzi di sussistenza o sospetti di
vivere col ricavato di azioni delittuose e le persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente o per gli
ordinamenti politici dello Stato.
Sono altres denunciati per l’ammonizione i diffamati per delitti di cui all’articolo seguente.
La denuncia pu essere preceduta da una diffida alle persone suindicate, da parte del questore.
Articolo 165
(art. 167 T.U. 1926). -- E’ diffamata la persona la quale Ł designata dalla voce pubblica come abitualmente colpevole:
1” dei delitti contro la personalit dello Stato o contro l’ordine pubblico e di minaccia, violenza o resistenza alla
pubblica autorit ;
2” del delitto di strage;
3” dei delitti di commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti e di agevolazione dolosa dell’uso di
stupefacenti;
4” dei delitti di falsit in monete e in carte di pubblico credito;
5” dei delitti di sfruttamento di prostitute o di tratta di donne o di minori, di istigazione alla prostituzione o
favoreggiamento, di corruzione di minorenni;
6” dei delitti contro la integrit e la sanit della stirpe commessi da persone esercenti l’arte sanitaria;
7” dei delitti non colposi di omicidio, incendio, lesione personale;
8” dei delitti di furto, rapina, estorsione, sequestro di persone a scopo di estorsione o rapina, truffa, circonvenzione di
persone incapaci, usura;
9” della contravvenzione di abuso di sostanze stupefacenti;
quando per tali reati sia stata sottoposta a procedimento penale terminato con sentenza di proscioglimento per
insufficienza di prove.
37
Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (in Supplemento alla Gazz. Uff., 26 giugno, n. 146):
Articolo 181
(art. 184 T.U. 1926). -- Possono essere assegnati al confino di polizia, qualora siano pericolosi alla sicurezza pubblica:
1” gli ammoniti;
2” le persone diffamate ai termini dell’art. 165;
3” coloro che svolgono o abbiano manifestato il proposito di svolgere un’attivit rivolta a sovvertire violentemente gli
ordinamenti politici, economici o sociali costituiti nello Stato o a contrastare o a ostacolare l’azione dei poteri dello
Stato, o un’attivit comunque tale da recare nocumento agli interessi nazionali.
L’assegnazione al confino fa cessare l’ammonizione.
L’assegnazione al confino di polizia non pu essere ordinata quando, per lo stesso fatto, sia stato iniziato procedimento
penale e, se sia stata disposta l’assegnazione al confino, questa Ł sospesa.
38
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p. 134
39
Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (in Supplemento alla Gazz. Uff., 26 giugno, n. 146):
Articolo 166
21
di ordine procedurale ( in primo luogo, il diritto di difendersi di fronte alla commissione) che il
sistema liberale aveva garantito, almeno in parte, in ordine all applicazione del domicilio coatto 40.
Gli atteggiamenti della dottrina del ventennio nei confronti delle misure disciplinate dai due
testi unici del 1926 e 1931 erano stati sostanzialmente due: lo scadimento di interesse per i temi che
avevano appassionato il dibattito nei decenni precedenti, dall Unit d Italia in poi, sia nella cultura
classica che in quella positivista; la grande rilevanza assunta dalla disputa tecnico-giuridica sulla
natura, giurisdizionale o amministrativa, dei nuovi interventi preventivi del codice penale Rocco: le
misure di sicurezza. Il silenzio sembrava coinvolgere quasi tutta la cultura giuridica: le linee
portanti della cronica crisi delle misure di prevenzione scomparivano sia dalla cronaca giuridica che
dal dibattito dottrinale. La piena subordinazione dell individuo e dei suoi diritti alle esigenze di
conservazione dello Stato, che il fascismo ereditava da una certa cultura liberale (l autoritarismo
liberale aveva caratterizzato buona parte della cultura giuridica precedente al ventennio: ne erano un
esempio le elaborazioni di Gerber e Ranelletti, esponenti di una cultura secondo la quale non vi Ł
libert o diritto individuale prima dello Stato 41, e che tendeva ad identificare quest ultimo con
l amministrazione) e portava alle estreme conseguenze , rendeva impossibile una critica al sistema
complessivo della prevenzione di polizia. L atteggiamento di fondo era di conferma alla piena
legittimit e necessit dell intervento preventivo dello Stato, basato addirittura sul diritto dello Stato
alla legittima difesa42, con il solo limite che esso fosse fondato su di un pericolo reale e non
presunto43, senza peraltro spiegare gli indici attraverso i quali tale effettivit del pericolo potesse
essere accertata. Grande rilevanza era assunta dalla disputa tecnico-giuridica sulla natura,
giurisdizionale o amministrativa, dei nuovi interventi del codice penale Rocco: le misure di
sicurezza. Obiettivo del regime fascista era quello di svalutare gli aspetti di contiguit tra le nuove
misure e la pena tradizionale, per costituire un ambito di intervento preventivo, sia post che praeter
delictum, riconducibile sempre e comunque agli interessi ed alla valutazione discrezionale dello
Stato-amministrazione, quand anche nelle modalit applicative intervenisse accidentalmente
l autorit giudiziaria 44. La natura amministrativa delle misure di sicurezza, dichiarata dalla rubrica
del titolo VIII del libro I del c.p..del 1930 non costituiva una mera questione sistematico formale,
ma coinvolgeva una visione (dei rapporti tra cittadino e autorit da un lato, e tra i poteri dello Stato
dall altro, ) secondo la quale l amministrazione poteva legittimamente e discrezionalmente valutare
quali interventi compiere ai fini della prevenzione della criminalit , intervenendo in maniera anche
molto incisiva nella sfera di libert dei soggetti, al di fuori di qualsiasi controllo.
Si opponevano alla qualificazione amministrativa di tali misure i giurisdizionalisti i quali, a
dimostrazione che quel dibattito non avesse natura meramente accademica ma sottintendesse una
specifica visione dello Stato e dei suoi poteri (visione ereditata dall autoritarismo liberale),
sostenevano l importanza del reato quale presupposto per l applicazione delle misure di sicurezza 45
e l inesistenza di un diritto soggettivo dello Stato alla loro applicazione ed esecuzione46. Per i
(art. 168 e 176 T.U. 1926). -- L’ammonizione ha la durata di due anni ed Ł pronunciata da una commissione provinciale
composta dal prefetto, dal procuratore del Re, dal questore, dal comandante l’arma dei carabinieri reali nella provincia e
da un ufficiale superiore della milizia volontaria per la sicurezza nazionale, designato dal comando di zona competente.
La commissione Ł convocata e presieduta dal prefetto.
40
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p.136.
41
G. AMATO, Individuo ed autorit nella disciplina della libert personale, Milano, 1976, p. 261.
42
A. SACCONE, La legge di pubblica sicurezza, Milano, 1930, p.185.
43
A. SACCONE, La legge di pubblica sicurezza, cit., p. 241.
44
D. PETRINI, La prevenzione inutile, cit., p.148
45
G. VASSALLI, La potest punitiva , Torino, 1940. Piø volte l autore insiste su questo aspetto: Pur riconoscendo
come nella misura di sicurezza domini l intento difensivo contro la criminalit futura, non possiamo d altro canto
esimerci da considerare che le misure di sicurezza presentano altres , rispetto alle restanti misure adottate dallo Stato nei
confronti di soggetti o cose o stati di cose pericolosi, la spiccata peculiare esclusiva caratteristica di costituire mezzi di
lotta contro il reato. E questo comune denominatore delle pene e delle misure di sicurezza, rappresentato dal costante
necessario rapporto che entrambe avvince al reato, che a nostro avviso neutralizza (beninteso, solo in questo ben
determinato ordine di idee) il carattere differenziale rappresentato dalla tendenza dell un genere di misure alla
prevenzione e dell altro alla repressione ( Ivi, p. 351. Il corsivo Ł nel testo).
46E probabilmente questo l elemento decisivo per individuare le ragioni reali sottese alla discussione tra
giurisdizionalisti e fautori della natura amministrativa delle misure. Nella parte conclusiva e riassuntiva del capitolo