I primi tre capitoli trattano del marketing relazionale e del CRM. Il primo
capitolo propone un excursus storico che ripercorre le varie tappe dell’orientamento
aziendale: orientamento alla produzione, alla transazione, al mercato e alla
relazione. Quest’ultimo orientamento consente all’azienda di individuare quelli che
sono i clienti più profittevoli e concentrare su di essi i maggiori sforzi. Le aziende che
operano in chiave di marketing hanno ben chiara l’importanza del cliente e attraverso
la relazione cercano di capire le sue esigenze e i suoi bisogni che costituiscono la
base da cui partire per realizzare un’offerta che sia il più possibile personalizzata.
Nel secondo e nel terzo capitolo si entra nel vivo dell’argomento e si
espongono i principi su cui si basa il CRM. Passando all’aspetto pratico, si mettono
in luce le tecniche di gestione della clientela all’interno di aziende customer oriented.
In questi due capitoli si espone con chiarezza la differenza esistente tra il CRM
inteso come filosofia aziendale e il CRM inteso come tecnologia.
Il CRM, infatti, consiste nell’insieme delle funzioni e delle attività aziendali
finalizzate ad acquisire nuovi clienti e a consolidare la fedeltà dei clienti che già
rientrano nella customer base. Esso comprende tutto ciò che riguarda metodologie,
strategie, risorse e applicazioni software che favoriscono la gestione del rapporto di
un’azienda con i propri clienti. Il CRM dovrebbe basarsi innanzitutto su un approccio
culturale e metodologico e solo successivamente su un sistema tecnologico di
supporto, che deve diventare fattore abilitante e non fattore inibente, ne elemento
critico.
Non si deve però pensare che la tecnologia sviluppata nei programmi di CRM,
sia sufficiente per costruire una relazione proficua e duratura; un equivoco che si è
dimostrato spesso penalizzante per le imprese è stato infatti quello di pensare che
una serie di applicativi potessero sostituire l’apporto umano alla relazione con il
cliente. Il punto è che il CRM non è semplicemente una soluzione tecnologica: il
5
CRM è un approccio manageriale che mette il cliente al centro dell’interesse e
dell’attività aziendale. Tuttavia, nell’ambito del CRM, la tecnologia è di sostanziale
importanza poiché consente di raccogliere e analizzare dati e informazioni relativi ai
clienti, a partire dai quali l’azienda può studiare soluzioni ad hoc.
Le soluzioni tecnologiche adottate nell’ambito del CRM possono essere
suddivise in due grandi gruppi: le applicazioni di front office e le applicazioni di back
office. Le prime riguardano i sistemi che coprono le aree in cui vi è un contatto con il
cliente. Invece, le seconde si riferiscono ai sistemi che consentono di raccogliere i
dati sui clienti, di analizzarli e interpretarli per acquisire la conoscenza dei loro
bisogni, delle loro preferenze e del valore che essi rappresentano per l’azienda.
NeI quarto capitolo si tracciano le linee evolutive del settore delle
telecomunicazioni mobili mettendo in evidenza i vari elementi che hanno sancito il
passaggio dal monopolio alla concorrenza. Attualmente nel mercato italiano si
fronteggiano quattro competitors che devono fare i conti con la crescente saturazione
del mercato. Per far fronte a questo fenomeno si punta su una vasta gamma di
servizi innovativi che vanno oltre il traffico voce. Grazie anche all’avvento del nuovo
standard UMTS, si delinea, dunque, una evoluzione nella utilizzazione classica del
telefonino, che pone l’accento su occasioni d’uso innovative che emergono a fronte
degli incrementi di reddito spendibile da parte dei vari segmenti di domanda.
Il quinto capitolo introduce al caso aziendale sulla retention. In questo capitolo,
tutta la trattazione generale relativa al CRM, viene contestualizzata attraverso il
riferimento all’azienda TIM. Dopo aver percorso la storia dell’azienda, si procede
affermando l’importanza del CRM e delineando le strategie finalizzate a gestire al
meglio ogni singolo cliente e fare in modo che sia soddisfatto dell’offerta aziendale.
TIM ha adottato un approccio multicanale al CRM, mettendo a disposizione della
propria clientela numerosi punti di contatto, attraverso i quali entrare in relazione con
6
l’azienda: il Customer Care (interno ed esterno), i punti vendita distribuiti su tutto il
territorio nazionale, l’sms e l’mms, il WEB e la posta. TIM utilizza in modo combinato
questi diversi canali, in base alle disponibilità definite in fase di budget. Un utilizzo
intelligente e combinato, permette una massimizzazione delle occasioni di contatto e
al contempo consente il contenimento dei costi.
Le azioni di CRM in TIM sono molto varie e vengono portate avanti durante
tutte le fasi del ciclo di vita della relazione col cliente. Si distinguono in attività di
sviluppo, di loyalty e di retention. Le attività di sviluppo hanno come obiettivo quello
di aumentare il valore dei clienti, spesso prevedono attività promozionali finalizzate
ad incuriosire il cliente, attirarlo verso nuovi servizi che gli vengono proposti
attraverso forme di sconto o di prova gratuita. Le attività di loyalty hanno l’obiettivo di
aumentare la soddisfazione del cliente e allo stesso tempo di incrementarne la
fedeltà. Infatti, per l’azienda è importante avere clienti soddisfatti, ma soprattutto
clienti fedeli che reiterino l’acquisto. Le attività di retention mirano ad allungare il ciclo
vita del Cliente. Si interviene con tali azioni, nel momento in cui il cliente decide di
cessare la relazione con l’azienda. A questo punto l’azienda interviene con proposte
finalizzate a mantenere in azienda il cliente recedente.
La retention è appunto l’argomento sviluppato nel caso aziendale grazie al
materiale raccolto a alle testimonianze ricevute nell’ambito della mia permanenza in
TIM. Durante questo periodo, ho preso visione delle azioni di CRM portate avanti in
azienda, in riferimento alla fase finale del ciclo di vita della relazione. Sotto la
supervisione del mio tutor, ho inoltre apportato un contributo personale al processo di
gestione delle cessazioni ordinarie, attraverso la creazione di una nuova matrice
d’offerta che sarà analizzata nel dettaglio nel quinto paragrafo del sesto capitolo.
TIM opera in un contesto molto aggressivo e come le altre aziende operanti nel
mercato delle telecomunicazioni, deve confrontarsi continuamente con un mercato
7
dinamico e in continua evoluzione. Deve, infatti, fronteggiare continui cambiamenti
negli stili di vita e nelle abitudini dei consumatori e confrontarsi con un cliente sempre
più esigente e sempre più disposto a rivolgersi al miglior offerente.
Il mercato si trova in una fase di saturazione, perciò la sfida per l’azienda non è
più soltanto quella di trovare nuovi clienti, ma soprattutto di evitare che i clienti che
fanno parte della customer base abbandonino l’azienda per rivolgersi a competitors
sempre più agguerriti. Da qui deriva quindi l’importanza strategica attribuita all’attività
di retention nell’ambito delle cessazioni. Quando un cliente manifesta la sua volontà
di cessare il rapporto con TIM, subito si innesca un processo finalizzato a riportare il
cliente in azienda. Attraverso l’ascolto si cerca di capire qual è il motivo alla base
dell’abbandono e in base a questo si propone un’offerta personalizzata, tale da far
desistere il cliente uscente dalla volontà di abbandonare l’azienda.
L’attività di retention è fondamentale in TIM e viene gestita attraverso il lavoro
coordinato di diverse funzioni aziendali: il call center, la customer operation e il
marketing. A testimoniare la crescente importanza attribuita a questa attività, è stata
creata una task force con sede a Torino che si occupa esclusivamente di gestione
delle cessazioni.
8
RINGRAZIAMENTI
Prima di entrare nel vivo della trattazione vorrei ringraziare chi mi ha sostenuto e
aiutato nello sviluppare e redigere questa tesi. Un particolare ringraziamento va
all’ing. Nicola Schinaia e alla dott.sa Marina Chiaro per la costante disponibilità
dimostrata.
Ringrazio, inoltre, Leonardo Mangiavacchi, responsabile Customer Operation -
Sviluppo Clienti e Ugo Lori, Responsabile Customer Retention e Mobile Number
Portability, per avermi accolto come stagiaire all’interno della funzione Customer
Operation. Un pensiero va a Ester Campese, Bruna Igliozzi e Paola Panella, che
operano nell’ambito della funzione Customer Operation e a Valeria Ricottina,
responsabile della Loyalty e Retention nel CRM - Marketing Consumer, per il tempo
dedicato, le pazienti spiegazioni e per avermi aiutata a capire il mondo aziendale.
Al di là della tesi, a conclusione di questo percorso universitario, mi sento di
ringraziare innanzitutto i miei genitori, perché consapevoli del valore dell’istruzione e
della formazione hanno sostenuto e finanziato con gioia i miei studi. Un pensiero
speciale va a Teo per avere sempre assecondato le mie scelte e per non avermi fatto
pesare troppo la lontananza e ai miei fratelli Marco e Carlo che durante questi anni
mi hanno fatto sempre sentire il loro affetto.
Grazie anche a zia Angela Maria per avermi “accompagnato” in questi anni e
a tutti gli amici di ieri, di oggi e di ogni dove.
9
1. IL MARKETING RELAZIONALE: ORIGINE E CONTENUTI
1.1. La crisi del marketing concept e lo sviluppo di nuovi
programmi di ricerca
Il marketing nasce come disciplina accademica nei primi anni del XX° secolo, con i
primi corsi universitari esplicitamente dedicati a questa materia che furono attivati
dalla University of Michigan e dalla Ohio State University, rispettivamente nel 1902 e
nel 1906. Tuttavia è nel corso degli anni sessanta e settanta che si sviluppa una
strumentazione concettuale cospicua ed originale per questa disciplina
2
; l’oggetto del
marketing viene definito in modo più preciso ed ampio rispetto alle formulazioni
originarie e la sua applicazione da parte delle imprese trova ampia diffusione
3
.
Nel 1954 Peter Drucker, un celebre economista americano di origini
austriache pubblicò “The Practice of Management”, un “manuale” in cui affermava
che un’impresa ha due obiettivi fondamentali: innovare e soddisfare il cliente, a patto
di ottenere un profitto
4
. Questa definizione si avvicina molto a quella, oggi dominante,
di Philip Kotler, secondo il quale “marketing is meeting needs at a profit”. Non a caso
Drucker viene considerato il padre accademico del marketing. La soddisfazione del
cliente e il suo inevitabile presupposto, l’analisi dei suoi bisogni e delle sue
aspettative, costituiscono ancora oggi il principio cardine del marketing.
2
Valdani E., Anni novanta: come cambia il concetto di marketing in “ Marketing espansione” n° 38, 1990.
3
Ferrero G., Il marketing relazionale. L’approccio delle scuole nordiche, Trieste, Edizioni LINT, 1992, p. 15.
4
Brannback M. (1999), The Concept of Customer-Orientation and its Implication for Competence Development,
Working Paper, Turku School of Economics and Business Administration, maggio 1999.
10
Durante questa prima fase di sviluppo del marketing, le teorie considerate e
gli approcci di ricerca adottati sono stati molto vari e diversificati, tuttavia, è possibile
identificare un paradigma che ha avuto un ruolo fondamentale nella ricerca e nelle
applicazioni di marketing. Tale paradigma è stato definito in modo diverso: Ardnt
5
lo
ha denominato “paradigma microeconomico o neoclassico”, Day e Wensley
6
e
Gummesson
7
lo hanno chiamato “marketing concept” e Gronroos
8
lo ha indicato
come “marketing mix model”, tuttavia, i suoi contenuti risultano in larga parte univoci
e chiaramente individuati.
La natura di questo paradigma si può dedurre dalla definizione di marketing
management data dal Kotler
9
: “il marketing management consiste nell’analisi, nella
pianificazione, nella realizzazione e nel controllo di programmi volti all’effettuazione
di scambi desiderati con mercati-obiettivo allo scopo di realizzare obiettivi aziendali.
Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta dell’impresa ai bisogni e ai desideri dei
mercati-obiettivo ed all’uso efficace delle tecniche di determinazione del prezzo, della
comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato”.
Secondo questo approccio, quindi, le imprese dovrebbero studiare i bisogni e i
desideri espressi dal mercato e, su questa base, decidere i segmenti-obiettivo nei
quali operare, i prodotti da offrire e le politiche da attuare per conseguire i livelli di
profitto attesi. Si tratta di un approccio fortemente focalizzato sulla transazione e
finalizzato a garantire all’azienda profitti adeguati, attraverso il soddisfacimento dei
bisogni dei consumatori. Questo paradigma individua uno strumento semplice ed
immediato per la gestione della transazione: il marketing mix
10
. Data una lista di
“ingredienti”, cioè gli strumenti tattici a disposizione dell’impresa, quest’ultima può
3
Arndt J., The political economy paradigm: foundation for theory building in marketing, in “Journal of marketing”,
vol. 47, pp. 44-54.
6
Day G. S., Wensley R., Marketing Theory with a Strategic Orientation in “Journal of Marketing”, Fall, 1983.
7
Gummesson E., The New Marketing-Developing Long Term Interactive in “Long Range Planning” n° 4, 1987.
8
Gronroos C., Defining marketing: a marketing oriented approach in “European journal of marketing”, n° 1, 1989.
9
Kotler P., Marketing Management, Torino, Isedi, 1976.
10
Borden N., The Concept of the Marketing Mix, in “Journal of Advertising Research”, vol. 4, pp. 2-7, 1964.
11
influenzare la domanda attraverso il loro corretto dosaggio, realizzando cioè il mix più
adatto a seconda dei propri obiettivi e del proprio posizionamento. Del marketing mix
esistono molte concettualizzazioni, la più diffusa oggi è quella ideata da McCarthy
negli anni ’60, cioè le famose 4P del marketing mix, quattro variabili, che
rappresentano le leve attraverso le quali il marketing agisce. Esse sono: prodotto,
prezzo, punto vendita e promozione. La semplicità di questo strumento ha favorito la
sua adozione da parte della generalità delle imprese, evidenziandone al contempo
alcuni rilevanti limiti.
Questo approccio si caratterizza, infatti, per una scarsa attenzione al contesto
nazionale e internazionale, in quanto non tiene conto dei cambiamenti strutturali che
hanno interessato, a partire dagli anni settanta, il contesto competitivo in cui le
imprese sono chiamate ad operare. A partire dagli anni settanta, le imprese
americane sperimentarono una crescente perdita di competitività rispetto alle
concorrenti giapponesi. Questo fenomeno è stato attribuito al fatto che le imprese
hanno impostato le loro strategie essenzialmente sugli strumenti operativi individuati
dal paradigma tradizionale di marketing. L’attenzione posta esclusivamente sulle
variabili che compongono il marketing mix si traduceva in una eccessiva
concentrazione sui risultati ottenibili nel breve periodo, senza attivarsi nella ricerca di
vantaggi competitivi di lungo periodo. Inoltre, l’approccio tradizionale fa riferimento ad
una struttura atomistica del mercato composta da numerosi acquirenti anonimi e
sostituibili
11
. In realtà, il mercato è costituito da unità caratterizzate da una forte
eterogeneità è non può essere considerato come un unicum. Ogni consumatore è
caratterizzato da bisogni ed esigenze personali diversificate che andrebbero valutate
attentamente e soddisfatte attraverso prodotti o servizi personalizzati e realizzati ad
hoc, in base alle esigenze dei diversi segmenti che costituiscono il mercato.
11
Bottinelli L., La nascita e lo sviluppo del marketing relazionale, Quaderno di ricerca n°5, Università di Pavia,
Facoltà di Economia, 2004.
12
All’inizio degli anni ottanta, al paradigma di marketing tradizionale vennero
rivolte molteplici critiche, sulla base di spinte al cambiamento che provenivano da tre
direzioni
12
. Un primo elemento catalizzatore del cambiamento consiste nella più
ampia definizione dell’oggetto del marketing. Negli anni settanta, l’estensione del
campo di studi di questa disciplina era stata al centro di un ampio dibattito.
Nell’ambito di tale dibattito si distinsero tre impostazioni prevalenti: la prima afferma
che l’idea centrale del marketing risiede nella transazione di mercato, pertanto il
marketing dovrebbe essere riferito all’insieme dei venditori e compratori, nonché dei
beni e dei servizi oggetto di scambio sul mercato; la seconda assume invece a idea
centrale del marketing il rapporto o transazione che si instaura tra un’organizzazione
e il suo pubblico; la terza che si identifica con il concetto generico di marketing,
assume a riferimento tutti gli scambi di valori, economici o meno, che intervengono
tra distinte unità sociali. Questo dibattito aveva visto prevalere una concezione del
marketing come “scienza comportamentale che si propone di spiegare le relazioni di
scambio”
13
. L’essenza del marketing fu così identificata nell’analisi dei processi di
strutturazione e organizzazione degli scambi fra e nelle istituzioni che operano sia
con fini di lucro che senza fini di lucro. Comunemente accettato, dopo le controversie
iniziali, divenne il concetto allargato di marketing del Kotler
14
, che definisce il
marketing come “il processo sociale mediante il quale una persona o un gruppo
ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni o desideri creando e
scambiando prodotti e valore con altri”.
Un altro elemento propulsore del cambiamento consiste nello sviluppo delle
applicazioni del marketing a nuovi settori.
12
Ferrero G., Il marketing relazionale. L’approccio delle scuole nordiche, cit. p. 18.
13
Hunt S. D., General Theories and the Fundamental Explanada of Marketing in “Journal of Marketing”, Fall,
1983, p. 13.
14
Kotler P., Marketing Management, Torino, Isedi, 1976, p. 5.
13
Durante gli anni settanta si svilupparono vari tentativi di applicare i modelli
tradizionalmente utilizzati con riferimento ai beni di largo consumo ai settori dei
servizi, dei beni industriali, delle organizzazioni senza fini di lucro, ma con scarso
successo. Ciò diede vita a prolungati dibattiti sul rilievo che assumono, per le attività
di marketing, gli elementi che differenziano i beni fisici dai servizi o i beni di consumo
dai beni industriali, rispetto agli elementi che li accomunano. Nel contempo, si iniziò
ad individuare la causa degli insuccessi nei limiti interpretativi e normativi connaturati
al paradigma prevalente nel marketing, che impedivano di cogliere le specificità che
questi settori presentano
15
. Da ciò scaturì la convinzione che fosse necessario
ricercare vie nuove per l’applicazione del marketing in questi contesti.
Un ultimo elemento che, secondo Ferrero
16
, indurrebbe ad un cambiamento di
approccio è la crescente incapacità del marketing management di contribuire
efficacemente al successo competitivo delle imprese. Il concetto dominante di
marketing, infatti, spingeva le imprese verso l’adozione di un orientamento a breve
termine, di tipo adattivo e non proattivo verso l’ambiente, concentrato sulla
progettazione e il bilanciamento delle variabili del marketing mix invece che sulla
ricerca di vantaggi competitivi sulla concorrenza.
Le critiche rivolte al paradigma del marketing concept, quindi, furono di varia
ampiezza e natura. Esso venne giudicato incompleto, troppo semplicistico e ormai
incapace di consentire un’efficace interpretazione dell’oggetto di studio
17
.
Il dibattito che si è sviluppato tra gli studiosi sui limiti e le possibilità di
ampliamento degli ambiti applicativi del paradigma di marketing tradizionale si è
tradotto in due differenti approcci al problema. Il primo si è concretizzato nel tentativo
di superare i limiti individuati mediante la modificazione e rielaborazione degli
15
Gummesson E., The New Marketing-Developing Long Term Interactive, cit.
16
Ferrero G., Il marketing relazionale. L’approccio delle scuole nordiche, cit. p. 20.
17
Ibidem, p. 21.
14
approcci già esistenti senza però arrivare ad un vero e proprio superamento del
marketing concept. Il secondo si è realizzato nella formulazione di veri e propri
approcci alternativi e differenti per i diversi settori di possibile applicazione,
considerando il paradigma tradizionale inconciliabile con i cambiamenti in atto
18
. A
questi due differenti orientamenti corrisponde, quindi, una diversa classificazione dei
nuovi approcci di marketing che, nel primo caso vengono visti come evoluzione, in
una logica di complementarietà, rispetto al paradigma tradizionale; mentre nel
secondo ne viene riconosciuta piena autonomia. Questa distinzione è evidente con
riferimento al marketing relazionale: alcuni autori individuano una sostanziale
compatibilità con gli assunti base della teoria tradizionale, evidenziandone solo una
parziale revisione
19
; mentre altri reputano questo approccio su posizioni opposte ed
inconciliabili con il marketing management
20
.
18
Arndt J., The Political Economy Paradigm: Foundation for Theory Building in Marketing, in “Journal of
Marketing”, vol. 47, 1983, pp. 44-54.
19
Borg K.A., Problem shifts and market research: the role of network in business relationships, in “Scandinavian
Journal of Management”, vol. 7, pp. 285-295, 1991.
20
Arndt J., On Making Marketing Science more Scientific, in “Journal of Marketing”, vol. 49, pp. 11-23, 1985.
15
1.2. Il cliente come asset strategico: lo sviluppo del marketing
relazionale
A seguito delle riflessioni che hanno interessato il paradigma tradizionale di
marketing si sviluppa, a partire dalla seconda metà degli anni settanta, un approccio
innovativo, il relationship marketing. Lo spunto proviene da constatazioni, nella fase
iniziale prevalentemente di carattere empirico, sull’inadeguatezza del marketing
management ad essere applicato efficacemente sia al settore dei servizi, che a
quello dei beni industriali. Il marketing relazionale si sviluppa quindi, quasi
contemporaneamente, in questi due ambiti e si propone come obiettivo “iniziare,
negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di interesse al fine di
perseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici mercati, sulla base di accordi a
lungo termine con clienti e fornitori”
21
. Anche in questo caso le idee nascenti
rimasero per un bel pezzo tali e non furono applicate dalla gran parte delle imprese.
Il marketing relazionale (e il CRM, cioè la sua traduzione sul piano strategico e
operativo) iniziarono ad essere recepiti e applicati dalle imprese solo negli anni ’90,
anche grazie alla diffusione di Internet.
Secondo questa nuova impostazione il marketing andrebbe inteso come
management delle relazioni, dovrebbe essere cioè rivolto a creare, mantenere e
gestire un network di rapporti di lungo periodo. L’obiettivo di sopravvivenza e crescita
dell’impresa viene quindi perseguito, secondo questo nuovo approccio, attingendo al
così detto patrimonio relazionale
22
. Elemento innovativo è la centralità e l’interattività
dei rapporti che si sviluppano tra le parti: entrambi gli attori coinvolti ricoprono, infatti,
21
Hakansson H., Wootz B., A Framework of Industrial Buying and Selling, in “Industrial Marketing Management”,
pp. 23-39, 1979.
22
Costabile M., Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, 2001.
16
un ruolo attivo nelle transazioni poste in essere. Il modello di scambio preso a
riferimento si caratterizza per la bidirezionalità, assumendo, in questo modo,
caratteristiche di maggiore complessità in quanto non riguarda più solamente beni e
denaro, ma anche informazioni e rapporti di natura sociale. Lo scambio è
bidirezionale in quanto, l’azienda offre al mercato beni e servizi, ricevendo in cambio
non solo denaro, ma anche informazioni molto preziose poiché consentono di
conoscere in profondità il consumatore e mettere a punto per lui un offerta
personalizzata.
Ulteriore elemento distintivo è l’evoluzione dell’orizzonte temporale di
riferimento che in questo ambito si individua nel medio/lungo periodo in quanto le
relazioni richiedono tempo per essere analizzate, costruite e mantenute.
Nel processo di evoluzione del marketing aziendale si possono individuare
quattro diverse fasi che hanno portato alla situazione attuale, caratterizzata da un
orientamento alla relazione. Nella prima fase evolutiva del marketing aziendale,
l’attenzione è concentrata sulla produzione. Le imprese gestite secondo questo
paradigma hanno come principale obiettivo il contenimento dei costi di produzione:
l’impresa parte dal presupposto che un basso prezzo di vendita (come diretta
conseguenza dei bassi costi di fabbricazione) sia alla base del successo del
prodotto. Le economie di scala determinate attraverso la forte crescita dei volumi di
vendita, infatti, favoriscono la diminuzione dei costi unitari medi e questo rappresenta
il principale scopo che l’azienda deve perseguire se vuole vendere il prodotto o
servizio ad un prezzo accessibile. Secondo questa impostazione, i consumatori sono
considerati aventi tutti il medesimo peso, per cui l’impresa cerca di conseguire un più
alto dimensionamento competitivo raggiungendo in maniera indifferenziata il maggior
numero di essi.
17
Il classico esempio di orientamento alla produzione è costituito dall’azienda
Ford che produceva un unico modello di automobile, la celeberrima T nera, senza
nessuna possibilità di personalizzazione o differenziazione. In questo modo si
potevano sfruttare al massimo le economie di scala. Grazie al sistema della catena di
montaggio, l’impresa era in grado di contenere al massimo i costi e vendere
un’automobile ad un prezzo accessibile a tutte le categorie di lavoratori. In questo
modo Ford si impossessò di un mercato enorme e in crescita. Tuttavia, i limiti di
questo orientamento furono ben presto evidenti: il consumatore, complice il boom
economico, iniziò a manifestare interesse anche per le caratteristiche del prodotto e
non più solo per il suo prezzo
23
.
La seconda fase del processo evolutivo che interessa il marketing aziendale è
caratterizzata da un orientamento alla transazione. In questa fase, l’impresa si
focalizza esclusivamente sulle attività di vendita del proprio prodotto o servizio. I
consumatori acquisiscono un peso differente in base al volume e al valore dei loro
acquisti, anche se le dinamiche competitive tra le imprese si fondano sull’esclusivo
utilizzo della leva prezzo. L’impresa in questo caso non produce ciò che viene
richiesto dal mercato, come avviene nelle imprese market-oriented, bensì cerca di
vendere ciò che produce, “spingendo” il prodotto verso il consumatore senza
riguardo per le sue esigenze. Ovviamente in questo approccio c’è un forte elemento
di manipolazione: l’impresa ritiene che il cliente finirà per apprezzare il prodotto
acquistato, anche se questo non è costruito sulla base della sue esigenze e se non
ne ha realmente bisogno.
La terza fase individuata nel percorso di evoluzione del marketing si
contraddistingue per l’orientamento al mercato. Il marketing orientato al mercato
23
Valdani E., L’impresa proattiva: un nuovo modello di impresa per generare valore, Economia & Management,
n°4, 1992.
18