“Le interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio”
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1.2. L’ammortamento accelerato e anticipato prima delle Riforme
La disciplina illustrata in precedenza produsse effetti distorsivi rilevanti soprattutto
per quel che riguarda l’ammortamento dei beni materiali; infatti il codice civile e la
normativa fiscale prevedevano criteri di determinazione delle quote di ammortamento
differenti.
Da un punto di vista civilistico l’ammortamento decorre dal momento in cui il bene è
disponibile ed è pronto per l’uso.
L’art. 2426 del c.c. stabilisce, infatti, che il costo delle immobilizzazioni, la cui
utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente1 ammortizzato in
ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione.
Il piano di ammortamento inizialmente predisposto deve essere periodicamente
revisionato per verificare che non siano intervenuti cambiamenti tali da richiedere
una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di
utilizzazione. Se quest’ultima va modificata, il valore contabile dell’immobilizzazione
(valore originario al netto degli ammortamenti fino a quel momento effettuati) va
ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite e tale modifica deve essere motivata
nella nota integrativa.
Da un punto di vista fiscale, la decorrenza dell’ammortamento è stabilita dall’art. 102,
co. 1 del TUIR, in base al quale le quote di ammortamento dei beni materiali
strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di
entrata in funzione del bene.
La deduzione, ai sensi del co. 2 dell’art. 120 del TUIR era quella risultante
dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con D.M. 31/12/19882, ridotti
alla metà per il primo esercizio (c.d. ammortamento ordinario).
L’art. 102, co. 3, TUIR ante legge finanziaria 2008 prevedeva, invece, la possibilità di
dedurre una quota di ammortamento più elevata di quella determinata applicando il
coefficiente risultante dal decreto ministeriale, ovvero consentiva di effettuare
ammortamenti accelerati e anticipati.
La norma sull’ammortamento accelerato stabiliva che la misura massima
dell’ammortamento indicata al co. 2 dell’art. 102, TUIR ante legge finanziaria 2008
1 L’avverbio “sistematicamente” non richiede l’applicazione del metodo a quote costanti, ma è riferito alla
regolarità del processo. Tuttavia, il PC 16 preferisce tale metodo.
2 Recante “Coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attività
commerciali, arti e professioni”. Tabella in vigore dal 2 febbraio 1989, con effetto dal 1 gennaio 1989, e modificata
dal D.M. 28 marzo 1996.
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poteva essere superata in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto
a quella normale del settore, a condizione che:
- il più intenso e prolungato utilizzo degli impianti, rispetto alla media del settore,
fosse stato sostanziale;
- fosse stata fornita idonea prova del maggiore utilizzo agli organi
dell’amministrazione finanziaria.
La norma sull’ammortamento anticipato stabiliva, invece, che la misura massima
indicata dal co. 2 dell’art. 102 TUIR ante legge finanziaria 2008 poteva essere
elevata fino a due volte nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima
volta e nei due esercizi successivi. Se il bene, per il quale si intendeva procedere ad
ammortamento anticipato era un “bene usato”, tale procedura era attuabile dal nuovo
utilizzatore nell’esercizio in cui il bene stesso entrava in funzione a prescindere dal
fatto che su tale bene fossero già state dedotte eventuali quote di ammortamento,
anche “anticipate”.
L’ammortamento anticipato differiva, per tanto, dall’ammortamento accelerato in
quanto quest’ultimo era legato a un’effettiva più intensa utilizzazione del bene
rispetto a quella del settore, mentre la norma relativa all’ammortamento anticipato
rientrava tra le disposizione fiscali “aventi esplicita finalità sovvenzionale”. Per la
deduzione di maggiori quote di ammortamento a titolo di ammortamento anticipato,
infatti, non era richiesto un maggiore utilizzo dell’immobilizzazione.
Fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2003 l’ammortamento anticipato poteva
essere imputato in bilancio ad ammortamento dei beni.
Questo metodo prevedeva due possibili varianti.
Secondo una prima impostazione oltre alla quota di ammortamento ordinario, anche
l’ulteriore quota “fiscale” era imputata al fondo ammortamento (civilistico). Nella
rappresentazione in bilancio l’intero fondo andava a rettificare il valore del cespite e
sia la voce economica “ammortamento” che quella patrimoniale “fondo
ammortamento” comprendevano gli ammortamenti anticipati, oltre a quelli civilistici.
Il contenuto delle singole voci doveva essere obbligatoriamente evidenziato nella
nota integrativa (punto 14 dell’art. 2427, c.c. ante Riforma societaria).
La variante di tale metodo presumeva l’accantonamento della quota di
ammortamento anticipato in un apposito fondo del passivo che, sotto il profilo fiscale,
costituiva parte integrante del fondo ammortamento, mentre sotto il profilo civilistico,
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costituiva una riserva di utili non tassati (in regime di sospensione di imposta). Era,
perciò, necessario lo stanziamento delle imposte differite.
Il conto “Fondo riserva per ammortamento anticipato” doveva essere ricompreso tra
quelli che, in caso di distribuzione o aumenti di capitale, concorrevano a formare il
reddito imponibile della società.
Al termine del processo di ammortamento fiscale non risultava, naturalmente,
esaurito quello civilistico e occorreva accantonare le ulteriori quote di ammortamento
civilistiche.
Tali quote di ammortamento, ovviamente, non erano deducibili e parallelamente il
“Fondo riserva per ammortamento anticipato” doveva essere gradualmente “girato” a
riserve di utili disponibili (in relazione alle quote stanziate).
Nella seconda impostazione, laddove il redattore del bilancio avesse ritenuto che
sotto il profilo civilistico l’ammortamento anticipato non avesse rappresentato il vero
deperimento del bene, allora questo importo poteva essere accantonato in apposita
riserva del patrimonio netto.
In questo caso la quota di ammortamento anticipato eccedente la misura civilistica si
rendeva deducibile fiscalmente, anche se non imputata a conto economico,
attraverso una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.
In questa seconda ipotesi era previsto l’accantonamento a riserva di una quota di utili
pari alla quota di ammortamento anticipato dedotta (o, in alternativa, era utilizzabile
anche una riserva disponibile).
La riserva, in regime di sospensione di imposta, ai fini fiscali costituiva parte
integrante del fondo ammortamento del bene a cui si riferiva.
Inoltre, nel rispetto del principio di competenza, occorreva accantonare le imposte
differite sugli ammortamenti anticipati fiscalmente dedotti, imputandole a conto
economico o utilizzando al riguardo una preesistente riserva di utili.
Naturalmente, anche in questa seconda ipotesi, al completamento
dell’ammortamento fiscale proseguiva esclusivamente l’ammortamento civilistico e le
quote di ammortamento iscritte in bilancio ai fini civilistici negli esercizi successivi a
quello in cui era terminato l’ammortamento fiscale diventavano indeducibili e in sede
di dichiarazione dei redditi era necessario effettuare una variazione in aumento.
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2 – LE NOVITÁ INTRODOTTE DALLA RIFORMA
SOCIETARIA E DA QUELLA FISCALE
2.1. L’introduzione delle deduzioni extracontabili
Nel 2001 si avvertì l’esigenza di un’armonizzazione della disciplina civilistica con
quella fiscale, allo scopo di eliminare le interferenze fiscali e far riacquistare al
bilancio la propria funzione informativa.
L’obiettivo dell’eliminazione delle interferenze fiscali venne, perciò, espressamente
enunciato come principio e criterio ispiratore sia della Riforma della disciplina del
bilancio sia della Riforma dell’imposizione fiscale delle società.
In particolare:
- l’art. 6, comma 1, lettera a) della Legge Delega per la Riforma del Diritto
societario1 impose al legislatore delegato di “eliminare le interferenze prodotte
nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito d’impresa […]2 e stabilire le
modalità con le quali nel rispetto del principio di competenza occorre tenere
conto degli effetti della fiscalità differita” ;
- l’art. 4, comma 1, lettera i) della Legge Delega per la Riforma fiscale3 nel
principio direttivo riconobbe la “deducibilità delle componenti negative di reddito
forfetariamente determinate, quali le rettifiche dell’attivo e gli accantonamenti a
fondi, indipendentemente dal transito dal conto economico al fine di consentire
il differimento d’imposta anche se calcolate in sede di destinazione dell’utile”.
Il Legislatore delegato per la Riforma del Diritto societario, con D.Lgs. 17 gennaio
2003 n. 6, eliminò all’origine le interferenze fiscali sul bilancio d’esercizio, abrogando
il comma 2 dell’art. 2426 del Codice Civile. In base a tale comma, infatti, era
consentito “effettuare rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente in
applicazione di norme tributarie”, purché espressamente motivati in nota integrativa.
Inoltre, fu riformulato l’art. 2427 del Codice Civile, che disciplina il contenuto della
nota integrativa; il punto 14) fa ora obbligo di fornire indicazioni sulla
contabilizzazione delle imposte differite e delle imposte anticipate4.
1 Legge 3 ottobre 2001 n. 366 recante “Delega al governo per la riforma del diritto societario”.
2
“…anche attraverso la modifica della relativa ”.
3 Legge 7 aprile 2003 n. 80 recante “Delega al governo per la riforma del sistema fiscale statale”.
4
Il vecchio testo al punto 14) poneva, invece, l’obbligo di fornire indicazioni in nota integrativa sui motivi delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione di norme tributarie.