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1. INTRODUZIONE
Il caso di studio approfondito nel presente elaborato è costituito dalle Giornate del
Cinema Muto di Pordenone, manifestazione cinematografica, dedicata alla
riscoperta ed allo studio del cinema prodotto prima dell'avvento del sonoro, che nel
corso delle sue trenta edizioni, si è andata affermando non solo come un evento
imprescindibile nell'ambito della differenziata proposta culturale di Pordenone, ma
anche come una delle più importanti rassegne cinematografiche mondiali.
La connotazione internazionale assunta dalle Giornate del Cinema Muto è
testimoniata dalla notevole affluenza di studiosi ed appassionati, provenienti da una
quarantina di nazioni, oltre che da diversi riconoscimenti, quali quello della nota
rivista americana “Variety”, che ha inserito la manifestazione tra i 50 festival
cinematografici ritenuti imperdibili.
Lo studio, realizzato con il contributo diretto di alcuni dei protagonisti, ripercorre la
storia della manifestazione, attraverso l'analisi di alcuni dei passaggi ritenuti più
salienti e dedica particolare attenzione al rapporto della rassegna con il contesto
economico, istituzionale e socio culturale nell'ambito del quale l'iniziativa ha avuto
origine e si sviluppata. La città di Pordenone, caratterizzata da un alto tasso di
imprenditorialità, negli ultimi decenni propensa all'innovazione ed all'export, è stata
interessata, a partire dagli anni '70 – '80 da una notevole espansione economica,
determinata soprattutto dallo sviluppo industriale, ed accompagnata da un fermento
culturale di respiro nazionale ed internazionale che si è sviluppato trovando diverse
forme di espressione (cinema, musica, arte, ecc.), fino ad arrivare a cambiare
l'identità stessa della città, ora non più incentrata solo sull'industria e sul lavoro,
ambiti che peraltro risentono fortemente dell'attuale crisi congiunturale, ma anche
sulle proposte culturali.
Nella prima parte si ricorda, con un breve “flash back”, la storia del territorio
pordenonese con la sua vocazione industriale; una provincia a cui manca il
substrato culturale ed è anche da questo punto di vista una città più europea e con
migliori presupposti che altrove.
La seconda parte evidenzia i momenti salienti dello sviluppo dell‟evento, con
particolare rilievo per le figure strategiche che hanno determinato la positiva
evoluzione del movimento. Successivamente si vuole dare un‟interpretazione del
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caso le “Giornate del Cinema Muto” alla luce delle conoscenze e competenze che
hanno permesso all‟associazione di essere e diventare ciò che è tutt‟ora.
Nella parte finale si mette in risalto come l‟organizzazione artistico-culturale
favorisce la crescita di valore, non solo economico. Sono stati trattati gli aspetti di
natura organizzativa ed economica che caratterizzano lo specifico prodotto
culturale, interpretati sulla base degli strumenti acquisiti durante il percorso di
studio.
L'approfondimento di detti aspetti ha consentito, in particolare, la valutazione di
quelli che possono essere ritenuti i principali fattori di successo che
contraddistinguono il caso di studio, oltre che l'analisi delle problematiche e delle
possibili strategie di sviluppo.
2. IL CASO DELLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
2.1. Introduzione al caso e note metodologiche
Nel tentativo di interpretare il fenomeno della nascita delle Giornate del Cinema
Muto di Pordenone e del suo sviluppo territoriale, l‟analisi di ricerca ha privilegiato
il contesto storico avvalorata da valutazioni di impatto, non esclusivamente
economico (impatto diretto, indiretto e indotto in termini di effetti moltiplicatori di
spesa/reddito e di occupazione), ma riguardanti anche la sfera culturale (la vita
culturale, l‟identità e il patrimonio culturale cittadino, la governance culturale,
eccetera) e la sfera sociale (coesione ed inclusione sociale, livello di partecipazione
alle attività culturali, benessere, eccetera).
Per quanto riguarda l‟inquadramento temporale, è stato preso in riferimento l‟arco
temporale degli ultimi trent‟anni, in quanto la nascita dell‟evento risale ai primi
anni Ottanta.
E‟ la storia di un‟intuizione che si è rivelata, nel tempo, come un vero successo per
la città e i suoi abitanti. Merito di un gruppo di ragazzi di allora, che hanno saputo
coltivare quel lontano sogno, pazientemente, con tanta passione e altrettanta
competenza. Il ristretto manipolo di coraggiosi cinefili che, in modo quasi
carbonaro, aveva organizzato, in un week-end del 1982, una retrospettiva su Max
Linder, Cretinetti, Kri Kri e Polidor, per un totale di 49 film, certamente non
avrebbe immaginato che quella fragile iniziativa avrebbe richiamato, cinque lustri
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dopo circa, un esercito di oltre ottocento adepti alla decima musa.
In effetti l‟idea di rivisitare gli albori del cinema è diventata, nel corso del tempo,
una bella realtà ampiamente consolidata ed universalmente apprezzata. E, senza
ombra di dubbio, i 30 anni delle Giornate del Cinema Muto sono un bel traguardo
che merita di essere ricordato e celebrato.
2.1.1 Il contesto di ricerca
Siamo alla fine degli anni Settanta: Pordenone è una cittadina tranquilla, adagiata
sulle rive del fiume Noncello, secolare via di comunicazione con Venezia e,
attraverso questa, con il resto del mondo. Nonostante l‟origine antica, il capoluogo
ha un aspetto moderno: al di là del piccolo centro storico raccolto attorno a corso
Vittorio Emanuele, non vi sono molti altri luoghi che ricordino il suo passato. Al
contrario durante gli anni Sessanta la cittadina è cresciuta a dismisura sotto la spinta
economica della nuova industrializzazione trainata dalla Zanussi, trasformandosi da
borgo rurale in un piccolo agglomerato urbano dal profilo moderno. Proprio a
ridosso degli anni Settanta il paesaggio cittadino si modifica, riempiendosi di
palazzine, case popolari ed altre costruzioni. Grandi palazzoni circondano il centro
e, dopo il terremoto, cominciano a proliferare edifici quasi interamente costruiti in
acciaio, vetro e cemento. La nuova veste cittadina si insinua progressivamente nella
vecchia struttura paesana, senza peraltro cancellarla definitivamente.
Pordenone di quegli anni è una città giovane non solo nell'impianto urbanistico,
infatti vanta la più elevata percentuale di popolazione al di sotto dei venticinque
anni dell'intera regione. Al già consistente numero di adolescenti autoctoni si
aggiungono gli studenti che dall'hinterland raggiungono il capoluogo per
frequentare le scuole superiori.
A incrementare ulteriormente la popolazione giovanile pordenonese, secondo il
ritmo dettato dagli scaglioni, arrivano e partono dalla città ragazzi provenienti da
tutta la penisola, che vengono a trascorrere il lungo periodo di leva nelle caserme
cittadine o in quelle limitrofe di Maniago, Aviano, Casarsa e Sacile. Senza contare i
militari americani della vicina Base Usaf di Aviano che, con locali, ritrovi ed
abitudini a sé stanti, costituiscono un mondo a parte.
L'immagine tradizionale del Friuli, terra di contadini, emigranti e militari, cozzava
violentemente contro una realtà economica e sociale che, al contrario, si dimostrava
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particolarmente dinamica ed in forte espansione, nonostante il tragico terremoto del
6 maggio 1976 [Mozzucut, 2005].
Nel decennio che intercorre fra il 1972 e il 1982 si registra sostanzialmente un
aumento nei settori produttivi tradizionali a bassa intensità di capitale, mentre si
riducono le imprese artigiane a favore delle industrie di piccola o piccolissima
dimensione. Si creano le condizioni favorevoli ad un aumento dell'offerta di lavoro
e di conseguenza dei processi di formazione ed accumulazione del reddito che
durante gli anni Settanta conoscono uno sviluppo sostenuto e che si consolideranno
durante gli anni Ottanta. Solamente alcune congiunture economiche sfavorevoli, di
ordine nazionale, comportano una leggera crisi all'inizio degli anni Ottanta.
La città, diventata provincia nel 1968, presenta una sottodotazione di strutture
pubbliche dovuta al recente distacco con la provincia di Udine.
Ciononostante l'economia pordenonese, alla fine degli anni Settanta, è la più
dinamica della regione, con le maggiori potenzialità di sviluppo ed espansione.
Gli svaghi offerti ai suoi giovani abitanti non sono molti. Per i ragazzi più piccoli
l'attrattiva principale resta l'oratorio, quello della chiesa di San Giorgio o quello del
Collegio Don Bosco.
Pordenone, ovvero: quando non c‟era proprio nessun modo di passare il tempo,
niente d‟interessante e la gente che aspetta qualche caso di cronaca nera, “un
assassinio, un furto, - per dio, - anche solo uno scippo”, purché ci sia qualcosa di
cui discutere con gli amici la domenica mattina, dopo la messa, e invece niente!
Pordenone: ciò che sta a cavallo tra Treviso e Udine, che sta bene, che vota DC, un
posto tranquillo, un eterno lunedì mattina. [Fonte: Rodolfo Toè, Quando eravamo
Re, La Bora, 25/02/2010].
Come il resto del Nordest, l'elevata accumulazione del reddito da una parte e la
persistenza dei retaggi culturali appartenenti al tessuto sociale preesistente dall'altra,
convergono a generare una sorta di schizofrenia per cui all'accelerazione economica
non corrisponde un adeguato sviluppo della società civile.
“La gente lavora come i giapponesi e si diverte come gli italiani, ma poi scopri dietro i
capannoni non c'è un teatro, non c'è un campo da tennis […] nel Nord si lavora
duramente, ma si spendeva anche molto in abiti, vacanze, automobili e riti stagionali come
la settimana bianca o la tintarella estiva sulle spiagge del Tirreno e dell'Adriatico.
Soprattutto era presente la continua ossessione per i soldi” [Stella, 1996] .