Le figure soggettive nel sistema digitale terrestre 
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Il Capitolo II approfondisce la fase sperimentale delle diffusioni digitali terrestri e 
quella che è definita la “fase di avvio dei mercati”, che è partita a fine dicembre 
2003 con le prime trasmissioni digitali su vasta scala trasmesse dalla RAI. In 
particolare in tale capitolo vengono analizzate le figure del fornitore di contenuti, 
fornitore di servizi e operatore di rete, dal punto di vista della definizione, degli 
obblighi normativi, delle modalità di rilascio dei titoli abilitativi, delle garanzie di 
pluralismo o garanzie “dell’accesso”, dei rapporti che legano le tre figure. 
Il Capito III è dedicato agli aspetti tecnologici e finanziari della transizione e alla 
una nuova organizzazione d’impresa che caratterizza le televisione digitale 
terrestre . Vengono, in particolare, analizzati i nuovi programmi e servizi del 
digitale con l’indicazione delle migliori soluzioni ed opportunità per il mercato. 
L’interattività viene esaminata per individuare esattamente la catena del valore 
delle transazioni, così come vengono analizzati i costi e le fonti del ricavo. Infine, 
sono ipotizzate alcune formule di partnership tra i diversi attori del mercato. Dal 
puto di vista tecnologico, un paragrafo intero è dedicato allo standard DVB e MHP, 
che costituiscono le colonne portanti delle nuove diffusioni terrestre .  
Il Capitolo IV descrive l’impatto della nuova tecnologia sulle aziende, sui 
consumatori ed i suoi possibili sviluppi, di cui sono analizzati, in particolare, due 
esempi : il “consorzio di imprese” e le “Aree all digital”  
 
 
 
 
 
 
Le figure soggettive nel sistema digitale terrestre 
Massimiliano Kalb 6
1.  Le disposizioni fondamentali della normativa sulla 
radiodiffusione terrestre in tecnica digitale 
1.1 La legge n. 249/97: disposizioni antitrust  
Nello sviluppo tecnologico dei sistemi televisivi la trasmissione di segnali 
attraverso lo standard digitale costituisce una tappa di capitale importanza. Da un 
lato, il digitale rappresenta il momento di convergenza tra la televisione, 
l’informatica e le telecomunicazioni, dall’altro rende l’apparecchio televisivo uno 
strumento efficace e comodo per sviluppare servizi interattivi, che si aggiungono 
così alla tradizionale funzione di fruizione dei programmi. 
All’origine di tale evoluzione c’è il progetto Digital Video Broadcasting (DVB) 
promosso dalla Commissione europea con lo scopo di definire standard comuni. Il 
progetto, a cui hanno partecipato 170 società coinvolte nei diversi settori 
dell’industria televisiva, ha raggiunto l’obiettivo di stabilire un unico standard 
condiviso su scala europea per le trasmissioni televisive digitali via satellite (DVB 
– S), via cavo (DVB – C) e via frequenze terrestri (DVB –T). Questi standard sono 
stati adottati anche dal Giappone e da altri Paesi non europei.  
I vantaggi dello standard digitale possono riassumersi, sinteticamente, in tre 
principali categorie. 
 La prima riguarda il potenziamento del servizio televisivo in termini di quantità e 
qualità. Infatti con le stesse frequenze utilizzate per le reti televisive analogiche 
terrestri, il numero dei programmi digitali irradiabili può almeno quadruplicarsi, 
rispetto al numero dei programmi analogici. La trasmissione digitale offre anche 
una miglior qualità video e audio ed aumenta la possibilità di sfruttare schermi 
televisivi di maggior formato (dagli schermi a 16:9 a quelli piatti a grandi 
dimensioni). Nel caso della diffusione via satellite, il numero dei programmi 
irradiabili può addirittura moltiplicarsi per 8- 10. Inoltre il broadcaster è messo in 
grado di usare le risorse di trasmissione con maggior flessibilità: ad esempio, in 
Le figure soggettive nel sistema digitale terrestre 
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una determinata area di copertura può ridurre il numero dei programmi trasmessi in 
cambio di una maggior qualità delle immagini, che possono essere diffuse anche ad 
alta definizione. 
Il secondo ordine di vantaggi associato allo standard digitale riguarda i servizi 
aggiuntivi di tipo interattivo accessibili attraverso il televisore. L’adattatore 
digitale – set top box – da collegare al normale televisore ha una capacità di 
memoria e di elaborazione che permette di trattare e immagazzinare le 
informazioni; queste possono essere scambiate in forma interattiva collegando 
l’apparecchio alla linea telefonica domestica o attraverso collegamenti wireless. 
 
 
Figura 1 – Un set top box interattivo 
 
Il terzo ordine di vantaggi riguarda l’avvio di una progressiva e, in prospettiva, 
completa sostituzione degli attuali mezzi analogici di trasmissione e ricezione 
televisiva con una nuova generazione di mezzi digitali. Sul fronte della produzione 
di contenuti televisivi il processo è in corso già da qualche tempo. Sul fronte degli 
apparati e delle reti di trasmissione, i mezzi satellitari si sono aggiornati con grande 
rapidità e oggi sono il supporto prevalentemente usato per la televisione digitale. 
Nella maggior parte dei Paesi sviluppati appare probabile che nel decennio in corso 
le reti di diffusione televisiva, siano esse via cavo, via satellite o via etere terrestre, 
saranno completamente digitali. 
Un vantaggio particolare è offerto dalla diffusione digitale terrestre, perché essa 
assicura una copertura capillare del territorio e può essere disponibile nella quasi 
totalità delle abitazioni, senza richiedere agli utenti di sostenere spese aggiuntive 
oltre all’acquisto del set top box. La televisione digitale terrestre offre, quindi, una 
potenzialità superiore a quella del cavo e del satellite per i broadcaster che 
Le figure soggettive nel sistema digitale terrestre 
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vogliono diffondere programmi presso una elevatissima percentuale di famiglie e 
quindi, perseguire, così come avvenuto per la televisione analogica, quegli obiettivi 
di servizio universale che hanno da sempre caratterizzato la televisione come 
strumento di comunicazione di massa.  
Sul piano economico, infine, le trasmissioni digitali terrestri presentano vantaggi 
rilevanti per tutta l’economia del Paese: lo Stato, i consumatori, l’industria dei 
prodotti elettronici e di largo consumo. Nel decidere il passaggio al digitale i 
Governi generano effetti economici di lungo termine, creando le condizioni per un 
uso più efficiente dello spettro hertziano, anche mediante la liberazione di parte 
delle frequenze da destinare ad ulteriori usi. 
Vantaggi considerevoli si prospettano anche per i consumatori che possono 
disporre, senza significativi aggravi di spesa, di una più ampia gamma di 
programmi e possono svolgere da casa operazioni di vario tipo, come il commercio 
elettronico, le transazioni bancarie e, persino, gli adempimenti amministrativi (e - 
Government). 
Da ultimo, ma non meno importante, è lo sviluppo del pluralismo che consegue 
all’accresciuto numero di canali.  
Il digitale televisivo terrestre costituisce, pertanto, un’opportunità per generare 
ritorni per il sistema Paese sotto molteplici aspetti: strategici, economici, sociali, 
culturali. 
Sotto il profilo strategico esso comporta la crescita della competitività industriale 
del Paese, lo sviluppo di infrastrutture che possono migliorare la produttività, la 
creazione di ambiti di eccellenze nazionali riconosciuti all’estero, l’opportunità di 
collaborare con altri governi internazionali. 
Dal lato economico lo sviluppo del digitale terrestre induce un incremento del 
prodotto interno lordo, la creazione di nuovi posti di lavoro per lo sviluppo di 
nuovi servizi, la nascita di nuove piccole e medie imprese in aree specifiche, in 
ragione dei servizi e contenuti innovativi e delle tecnologie abilitanti. 
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Dal punto di vista sociale esso comporta un miglioramento della qualità della vita 
sotto il profilo della diffusione della cultura e dell’istruzione, del miglioramento 
dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni, delle condizioni e modalità di 
lavoro, dell’eliminazione del “digital divide” tra le diverse aree territoriali del 
Paese. 
Dal punto di vista culturale la moltiplicazione dei canali favorisce l’ingresso, 
nell’attuale panorama televisivo che vede un assetto di tipo oligopolistico, di nuovi 
soggetti e, quindi, favorisce l’affermarsi di un maggior grado di pluralismo 
informativo, dovuto all’innovazione tecnologica. 
 
 
Figura 2 - I vantaggi del digitale terrestre nei confronti della TV analogica 
 
Il quadro normativo e regolamentare all’interno del quale si è sviluppata in Italia la 
televisione digitale terrestre nasce con la legge n. 249 del 1997, istitutiva 
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Numerosi gli spunti di tale legge 
dedicati allo sviluppo delle nuove tecnologie. 
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Si deve evidenziare che la legge 249 – seconda legge di sistema volta a regolare il 
settore radiotelevisivo dopo la legge 223 del 1990 – ha dettato le nuove norme 
antitrust a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 420 del 1994 che 
aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge “Mammì”, nella parte in 
cui consentiva ad uno stesso soggetto di possedere tre reti televisive nazionali 
analogiche.  
In particolare, l’articolo 2 di tale legge nel vietare le posizioni dominanti nel 
settore radiotelevisivo ai fini della tutela del pluralismo informativo, prevede che 
nessun soggetto possa detenere più del 20% delle reti televisive nazionali 
analogiche sulla base del piano nazionale di assegnazione delle frequenze. Tale è la 
situazione che la legge prevede si realizzi a “regime”, cioè a seguito dell’attuazione 
del piano delle frequenze. Nel frattempo la legge consente il provvisorio esercizio 
delle reti televisive in esubero (Rete quattro e Rai tre), definite “eccedentarie”, sino 
a che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non avrà accertato la 
diffusione di un “congruo numero” di parabole per la ricezione via satellite e 
stabilito la data entro la quale le due reti dovranno: 
- Quanto a Retequattro trasmettere solo via satellite abbandonando le 
frequenze terrestri; 
- Quanto a Rai tre trasmettere senza pubblicità. 
Nel disegno del legislatore tali misure di carattere “deconcentrativo” avrebbero 
dovuto apportare un maggior grado di concorrenza in un settore dominato da un 
assetto rigidamente duopolistico, a garanzia di quel pluralismo informativo da oltre 
un quarantennio invocato dalla Corte Costituzionale.  
La legge n. 249, sotto altro profilo, ha affrontato per prima la materia della 
televisione digitale terrestre, prevedendo che l’Autorità per le garanzie nelle 
comunicazioni, nella pianificazione delle frequenze televisive analogiche, 
riservasse una parte delle frequenze per la diffusione dei segnali televisivi e 
radiofonici digitali. In particolare, tale Piano avrebbe dovuto riservare alla 
radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre 4 canali (66, 67, 68, 69) e alla 
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radiodiffusione sonora 1 canale (H2). Tuttavia, la mancata attuazione del Piano di 
assegnazione analogico, come appreso si dirà, ha impedito la liberazione dei canali 
destinati alla televisione digitale, che erano e sono tuttora massicciamente utilizzati 
dalle emittenti commerciali locali e nazionali per la televisione analogica. 
Il complesso disegno delineato dalla legge 249 del 1997, destinato ad imprimere 
una rigorosa svolta anticoncentrativa al settore televisivo analogico, non si è poi 
materialmente realizzata per una serie di cause e concause, in primo luogo la 
difficoltà tecnica di attuazione del piano di assegnazione delle frequenze 
analogiche, che avrebbe comportato la necessità di installare nuovi siti di 
irradiazione delle frequenze in tutto il territorio nazionale e avrebbe costretto gli 
utenti a riposizionare tutte le antenne di ricezione.  
Difficoltà queste già in parte segnalate dall’Autorità per le garanzie nelle 
comunicazioni nel Libro bianco sulla televisione digitale terrestre adottato nel 
corso del 2000, nel quale le tematiche del digitale terrestre sono state approfondite 
da un apposito Comitato per il digitale, istituito dall’Autorità nel 1999, al quale 
hanno partecipato esponenti del mondo scientifico, delle imprese, delle istituzioni.  
Le linee guida individuate dal Libro bianco disegnano quattro scenari di 
transizione dall’analogico al digitale, legate a due ipotesi di fondo: 
- una che si lega all’attuazione completa del Piano di assegnazione delle 
frequenze analogiche, e pone come data di arrivo il 2010: 
- l’altra che si lega ad una prospettiva di sviluppo graduale – a macchia di 
leopardo – e che permette di raggiungere l’obiettivo entro il 2006. 
Nel primo modello si privilegia la completezza del disegno, nel secondo la 
velocità, della realizzazione. Molte indicazioni operative contenute nel Libro 
bianco sono state sviluppate dalla successiva legislazione che ha definitivamente 
introdotto il digitale terrestre.  
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1.2 La legge n. 66/2001: disposizioni per la sperimentazione della televisione 
digitale terrestre 
Il decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 
20 marzo 2001, n. 66, nel riprendere le indicazioni operative contenute nel Libro 
bianco dell’Autorità, ha prescelto la seconda soluzione – quella che, fissando la 
data di totale chiusura delle trasmissioni analogiche al 31 dicembre 2006, imprime 
un forte impulso alla rapida introduzione, su scala nazionale della tecnologia 
digitale terrestre. 
Sul versante europeo questa scelta assegna all’Italia modalità di superamento delle 
trasmissioni analogiche differenti da quelle disegnate negli altri Paesi. Sul versante 
interno essa delinea una svolta radicale nell’assetto, ormai consolidato, del sistema 
televisivo. 
La legge indica tre punti salienti che hanno estesi riflessi di sistema: 
- una data molto ravvicinata per la cessazione delle trasmissioni analogiche, 
che nessun altro Paese europeo ha fissato; 
- l’introduzione di un obbligo a carico dei soggetti titolari di almeno due 
concessioni televisive di riservare almeno il 40 per cento della capacità 
trasmissiva del medesimo multiplex di programmi per la sperimentazione da 
parte di altri soggetti indipendenti, che si traduce nell’attribuzione di un 
ruolo primario agli attuali concessionari e nell’individuazione, per la prima 
volta, di un obbligo di must-carries, tipico del settore delle 
telecomunicazioni, applicato al settore televisivo per la tutela del pluralismo 
informativo; 
- la distinzione, riflessa anche nella differenza di titoli abilitativi, fra operatori 
di rete e fornitori di contenuto, segnando una cesura netta con l’attuale 
modello di operatore integrato su tutta la catena dell’attività televisiva, che 
oggi è quello prevalente. 
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Da questi tre punti discendono gli elementi che configurano la svolta di sistema: 
- i tempi rapidi del passaggio dall’analogico al digitale e il diretto 
coinvolgimento di tutti gli operatori della televisione terrestre indicano che 
lo sviluppo delle trasmissioni digitali non è volto, come avviene negli altri 
Paesi, ad esempio nel Regno Unito e in Spagna, soltanto ad allargare lo 
spazio di competizione nel segmento della pay-tv, ma costituisce l’occasione 
per riorganizzare attorno alla tecnologia digitale in chiaro l’intero sistema 
televisivo; 
- la distinzione tra operatori di rete, fornitori di contenuti e fornitori di servizi 
conduce, in prospettiva, a una riduzione dei costi d’ingresso nel settore 
televisivo. L’attuale modello di operatore a integrazione verticale, che 
contraddistingue la figura del “concessionario” nella televisione analogica, 
ha costi elevati in quanto obbliga alla presenza diretta in tutto l’arco 
dell’attività (dalla gestione della rete impiantistica e della capacità 
trasmissiva, alla vendita pubblicitaria fino alla produzione o acquisto di 
contenuti). Il modello di operatore specializzato, che caratterizza il mercato 
digitale e assimila, sotto il profilo della gestione delle infrastrutture di rete, 
la televisione alle telecomunicazioni, concentra i costi e permette di 
focalizzare le operazioni su specifici punti di forza: reti, programmi, servizi 
interattivi. Tale sistema consente ad un maggior numero di operatori di 
entrare nel mercato televisivo con attività non marginali e buone prospettive 
di profitto; 
- minori barriere all’entrata e maggior capacità trasmissiva ampliano il quadro 
dell’offerta a vantaggio dei consumatori ai quali non solo è possibile offrire 
una più vasta gamma di programmi, ma anche una crescente varietà di 
servizi che modificano e arricchiscono il consumo televisivo e favoriscono il 
pluralismo informativo; 
- l’incrocio di programmi e servizi interattivi, favorito dall’alta flessibilità 
della tecnologia digitale, agevola l’integrazione con altri settori della 
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comunicazione, in primo luogo l’editoria e segmenti delle attività Internet: 
gestione della pubblicità, fornitura di informazioni su misura, possibilità di 
fruire attraverso il televisore di servizi di e-Government, notizie e dati di 
prossimità, sono tutti segmenti dove l’integrazione può essere sperimentata 
con successo.  
Si schiudono, così, campi di opportunità inediti per l’attuale sistema televisivo in 
quanto l’uso più efficace delle frequenze – grazie alle tecnologie digitali – 
permette di ridurre l’attuale affollamento dell’etere; le minori barriere all’entrata 
possono sbloccare il mercato nazionale, oggi incentrato su due protagonisti, 
offrendo chance promettenti a più soggetti tra, cui, innanzitutto, gli editori; la 
maggior offerta di spazi televisivi e l’integrazione con altri settori della 
comunicazione danno impulso alla crescita degli investimenti e possono migliorare 
il rapporto tra spesa di comunicazione e Pil, che in Italia risulta inferiore a quello 
degli altri Paesi; l’introduzione in tutte le famiglie italiane di apparecchi – set top 
box o televisori integrati – che abilitano ad operare in rete, permette di elevare 
l’alfabetizzazione multimediale e di generalizzare l’uso di Internet, evitando il 
digital divide. 
Sullo sfondo di queste valutazioni, che vedono l’innovazione tecnologica come un 
fattore essenziale di razionalizzazione e di sviluppo del sistema televisivo, si può 
leggere l’accelerazione che la legge del 2001, ha voluto imprimere all’evoluzione 
digitale delle trasmissioni terrestri.  
Il percorso che la legge ha delineato per la trasformazione delle trasmissioni 
televisive, prevede tempi e scadenza che rispondono alla logica della velocità: 
- una fase di sperimentazione che dura fino al 2004, nella quale vige il 
principio del “trading” delle frequenze, destinato ad aprire il mercato dei 
programmi televisivi digitali; 
- l’emanazione di un regolamento che stabilisce le condizioni per il rilascio di 
licenze e autorizzazione relative alle trasmissioni digitali terrestri, per 
assicurare regole certe agli ingenti investimenti tecnologici; 
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- l’adozione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in 
tecnica digitale entro la fine del 2002; 
- la fase di switch off della trasmissioni televisive analogiche entro la fine del 
2006, preceduta dal periodo di trasformazione analogico-digitale. 
La legge ha calendarizzato le prime tappe dello sviluppo del digitale, partendo 
dalla sperimentazione e ha affidato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 
il compito di regolare gli aspetti operativi del nuovo settore tecnologico. Inoltre, 
essa ha definitivamente sancito l’abbandono della pianificazione televisiva in 
tecnica analogica, prevedendo la redazione in tempi brevi di un nuovo Piano 
nazionale di assegnazione delle frequenze tutte in tecnica digitale. Infine, la legge 
ha introdotto un peculiare aspetto della televisione digitale terrestre italiana, 
prevedendo l’obbligo per i broadcaster di trasmettere su ciascun multiplex digitale 
la maggior parte di programmi destinati alla radiodiffusione televisiva in “chiaro”.