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Premessa
Nelle pagine che seguono vorrei considerare come le diverse
evoluzioni tecnologiche hanno influito nei modi di rappresentare
l'immagine in movimento. Partendo dall'aspetto materiale, ossia dalle
tecniche di produzione e compositive intendo seguire il processo
trasfigurativo che porta a sviluppare nuovi linguaggi e arricchirli di
nuovi significati.
Vorrei verificare se le diverse tecniche rappresentative che hanno
coinvolto il mondo del video e del cinema producono nuove sensibilità,
nuovi approcci e nuovi modi espressivi. Nello stesso tempo è mia
intenzione constatare se esista un'idea indipendente dal mezzo
utilizzato e, in caso positivo, in che modo la stessa viene declinata con il
mutare della tecnologia.
Nel corso di questa ricerca vorrei anche approfondire il modo in
cui il processo mentale si confronta con il mezzo meccanico. In altri
termini osservare come l’idea creativa riesca a trovare forma in un
processo meccanico e tecnologico.
La premessa che sottiene questo aspetto è la convinzione che fra
la produzione di un’idea creativa e la sua realizzazione, l’artista debba
giocoforza sottostare a rinunce e compromessi dovuti a limiti tecnologici
e, più spesso, limiti economici.
Il mio discorso non verterà quindi verso una “storia della
tecnologia applicata al cinema e al video” e i singoli paragrafi non
prenderanno in esame i principali autori che hanno reso noti alcuni
procedimenti meccanici. Ma in virtù di quanto sopra esposto ho la
necessità di confrontarmi con autori che hanno conosciuto e utilizzato
diverse tecniche e che di quest'ultime ne sono stati sperimentatori. In
questo senso mi occuperò di evoluzione linguistica partendo da autori
quali Zbig Rybczinsky, Christian Boustani, Eve Ramboz e Alain Escalle.
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1. Zbigniew Rybczynski, sperimentazione e
innovazione
Nell'ampio panorama sperimentale
che dai fratelli Lumière, da Edison e Méliès
porta ai giorni d'oggi quello di Zbigniew
Rybczynski è sicuramente un caso
emblematico di artista che attraversa il
tempo riuscendo a riconciliare passato,
presente e futuro. Nella sua lunga carriera
utilizza quasi ogni tipo di processo
meccanico che la tecnica dell'immagine
conosce ed è proprio per questa ragione che può divenire punto di
partenza per questa ricerca.
Di difficile classificazione è conosciuto come autore di cinema
d'animazione e come videoartista, per alcuni è creatore di effetti
speciali, per altri persino novello Méliès. Ma Zbig, questa è la
contrazione del nome di battesimo che utilizza come sorta di
pseudonimo e che in lingua inglese suona come ‘Grande Z’, ama
definirsi semplicemente regista. Proprio per questo suo sfuggire alle
etichette di comodo il nome di Rybczynski non riesce a imporsi come
dovrebbe nei testi di arte contemporanea né in quelli di carattere
cinematografico. Ed è corretto affermare che, seppur citato e apprezzato
in entrambi gli ambiti, nessuno dei due mondi sembra volerlo adottare
definitivamente.
L'attinenza fra Rybczynski e lo studio proposto in questa tesi
risiede nella capacità dell'autore polacco di trovare ingegnose soluzioni
tecniche nelle sue opere e di riuscire a sposare, con un originale senso
ironico, concetti in contrasto o distanti fra loro. Questo si realizza in
virtù del fatto che i suoi lavori sono assimilabili a una creazione onirica
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più che a un processo mentale programmatico. In questo senso il sogno
e la creazione spontanea giustificano i contrasti, correggono le
asimmetrie e rendono meno pomposi anche i messaggi più seriosi. Per
fare un esempio, quando tratta il tema della caduta del comunismo in
Orchestra non assume un atteggiamento accademico e non perde la
vena ironica nonostante la rilevanza del tema. E ancora, quando
visualizza il video di Imagine di John Lennon non è preoccupato del
contrasto asimmetrico fra musica, testo del brano e video: si tratta di
una visualizzazione rubata al mondo onirico, frutto di una sorta di
‘stream of consciusness’
1
.
Va inoltre riconosciuto a Zbig il merito di conciliare l'aspetto
puramente sperimentale con opere fruibili anche da spettatori non
propriamente dediti alla videoarte e all'arte contemporanea in genere.
Nella fattispecie mi riferisco a lavori come Tango, che nel 1983 ha
ottenuto il premio Oscar come miglior film di animazione, o come Steps,
una riflessione metalinguistica che nella sua essenza giocosa riesce a
rivolgersi anche al grande pubblico.
A fronte di questa sua peculiarità non é quindi un caso che negli
anni Ottanta star della musica come Simple Minds, Alan Parson's
Project, Art of Noise, Pet Shop Boys e Yoko Ono, solo per citarne alcuni,
si siano rivolte a lui per la realizzazione dei loro videoclip.
Tuttavia una lettura superficiale del personaggio Rybczynski
potrebbe portare a credere che non ci sia nulla di nuovo nelle
sovrapposizioni in pellicola di Tango o quelle in chroma key di Steps.
Infatti gli stessi espedienti, datati ma altrettanto efficaci, sono stati
messi in atto da Méliès già nei primi anni del Novecento quando il
cinema muoveva i suoi primi passi. Ebbene in questo senso è
necessario fare un passo indietro per alcune premesse.
1 Il ‘flusso di coscienza’ è la tecnica narrativa che cerca di ritrarre la libera
rappresentazione dei pensieri così come compaiono nella mente prima di essere
organizzati logicamente in frasi. In un monologo interiore i pensieri seguono un
libero fluire
7
Se è vero che la Storia dell'Arte ha conosciuto diversi momenti di
rottura con il passato e con la tradizione (nel periodo più recente basti
pensare alle Avanguardie), nel lungo periodo non può essere vista come
un agglomerato di episodi distanti e sconnessi. Nel suo sviluppo
secolare si possono distinguere tratti di un continuum temporale fatto
di confronti, scambi, rielaborazioni, approfondimenti, drastiche rotture
e rievocazioni del passato. In questo gioco evoluzionistico è inevitabile
che il presente sia fortemente condizionato da ciò che è già stato detto e
fatto in precedenza.
In secondo luogo va detto che è lo stesso Rybczynski a indicare
Geroge Méliès fra gli artisti dai quali ha tratto maggiore ispirazione. E in
ultimo, l'opera di Zbig non può essere confusa con una sorta di
manierismo o di attualizzazione tecnologica delle idee proprie del grande
illusionista francese perché nel lavoro di Rybczynski ci sono forti e
specifici elementi di novità, fattori che conferiscono alla sua opera una
dignità di prosecuzione di stile al pari di ogni altra corrente artistica.
L'innovazione del regista polacco va ricercata in quegli argomenti
che entreranno a far parte del linguaggio comune nei decenni
successivi. Il primo e il più evidente è l'utilizzo del loop
2
mutuato dalla
musica e traslato in ambito video. Per entrare nel merito di quanto
appena esposto occorre fare un successivo passo indietro verso
l’invasione tecnologica in ambito musicale.
Nel secolo scorso gli anni Ottanta sono stati caratterizzati dalla
rivoluzione della musica elettronica, ossia quella prodotta
esclusivamente o prevalentemente con strumenti non acustici. La
tecnologia informatica ha infatti raggiunto in questo periodo un
altissima capacità di generare e gestire suoni. Da allora termini e
strumenti come sequencer, campionamento, drum machine, timing e loop
sono entrati a far parte di un nuovo modo di comporre e di “sentire” la
musica. I computer entrano prepotentemente nel mercato discografico
2 Dall’inglese: ciclo
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con un’identità riveduta: sono i nuovi strumenti per produrre musica.
Le nuove tecnologie permettono di creare sonorità ex novo, imitare
gli strumenti acustici, ma anche di registrare suoni e rumori (detti
‘campioni’) e ricombinarli fra loro. Quindi alla capacità creativa si
affianca quella di gestione e riprogrammazione che consente di dar vita
a nuove melodie, nuove armonie o intrecci ritmici.
Per la precisione, intendo qui considerare gli anni Ottanta come
periodo di maggior espansione e utilizzo in ambito commerciale della
computer music. Tuttavia è doveroso sottolineare che si tratta di un
percorso eterogeneo che ha preso il via parecchi anni prima da una
matrice colta che ha voluto legare la tecnologia agli artisti di musica
contemporanea. Ma non è questa la sede per questo tipo di
approfondimento.
Nel tentativo di rientrare nel percorso che lega musica e video,
vorrei focalizzare l'attenzione sul concetto di tempo. È proprio
quest'ultimo che subisce, a mio avviso, il cambiamento più
rivoluzionario. Dapprima il metronomo era un “accessorio” importante
ma non vincolante, ossia la scansione musicale e l'esecuzione da parte
dei musicisti prevedeva l'uso di “accelerando” e “rallentando”. Dagli anni
Ottanta in poi tutto muta perché il ‘timing’, la gestione del tempo, si rifà
a una scansione precisa in cui le singole note cadono esattamente su di
una ipotetica griglia ritmica dettata dal beat (il battito del metronomo).
Di contro sarebbe impensabile immaginare Jimi Hendrix, i
Beatles o i Rolling Stones costretti alla legge del bpm
3
. Quindi se da una
parte l'esecuzione musicale viene depauperata di una certa libertà
interpretativa, dall'altra l'era elettronica consente di riordinare (o
‘quantizzare’) la musica aprendo a nuovi scenari nella fase di
composizione e mixaggio. Da qui nasce il campionamento, la
riproposizione e, ciò che interessa più il nostro ambito, il loop
4
.
3 Beats Per Minute, battiti al minuto
4 Va ricordato che i pionieri del loop musicale furono Pierre Henry, Edgard
Varèse e Karlkheinz Stockhausen che studiarono la possibilità del loop già negli
9
Tecnicamente sulla base di un brano a tempo costante è possibile
copiare e riproporre più volte la stessa frase o sample musicale.
Riagganciando il discoro ai video di Rybczynski, è proprio questa
la componente mutuata dalla musica elettronica: l'acquisizione del loop
in ambito video in un periodo in cui tutto si stava omologando al nuovo
standard creativo.
L'uso personale che ne fa rappresenta sicuramente una grande
novità, nei suoi videoclip il corpo umano diventa sample, ossia piccola
unità al pari di una nota, un suono o una piccola frase musicale.
L'attore viene disumanizzato e assomiglia di più a un robot o
all'ingranaggio di una macchina. Non è un caso quindi che i personaggi
messi in loop corrispondano ad altrettanti momenti musicali che si
ripetono, assumendo quindi l'aspetto visivo di un colpo di una batteria
o del suono di un sequencer.
L'idea del loop dell'immagine può essere considerata una delle
marche stilistiche fondamentali nell'opera di Rybczynski, una
caratteristica che attraversa la sua produzione indipendentemente dalle
possibilità espressive dello strumento che utilizza. Si tratta di un
carattere distintivo che prescinde il mezzo perché se è vero che nei suoi
videoclip americani la tecnica viene raffinata con l'uso del video
elettronico e del chroma key, non bisogna dimenticare che già in
passato aveva tentato qualcosa di simile in pellicola con il
cortometraggio Tango.
Virando completamente verso un altro ambito, un ulteriore e
interessante fattore di novità che caratterizza la ricerca stilistica di
Rybczynski riguarda l'utilizzo dell'andamento orizzontale nel suo
discorso estetico. Mi spiego meglio: storicamente si è abituati a
considerare la pellicola cinematografica come punto di riferimento e
partenza. Questa diventa immagine in movimento e ha la sua ragion
anni Cinquanta. E fu proprio Stockhausen a influenzare i Beatles nel loro “periodo
psichedelico”, il gruppo londinese è stato fra i primi a utilizzare quelli che al tempo
passavano sotto il nome di “tape-loop”.
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d'essere con il proiettore, mezzo meccanico che la costringe a uno
scorrimento verticale. Seppure questa considerazione possa apparire
più che scontata, non è altrettanto ovvio quanto questo movimento
meccanico abbia condizionato l'immaginario comune e la percezione
filmica rispetto a una materia che “scorre verticalmente”. Sintomatico di
questo sentire anche in tempi recenti sono i programmi di primissima
generazione per il montaggio digitale. Questi infatti prevedono una
visualizzazione della timeline
5
in verticale mentre tale interfaccia è oggi
sostituita con una visualizzazione standard del tempo in senso
orizzontale.
Pensando ai mondi creati dall’immaginario di Rybczynski balza
subito all’occhio la particolare gestione che lo stesso fa della cornice. In
alcuni casi Zbig tende a riempire il quadro e affollarlo dando
l’impressione che lo stesso possa essere una sorta di contenitore, ma in
altri casi (si pensi a Imagine e a Orchestra) libera le pareti orizzontali per
realizzare uno spazio che “scorre” al pari della timeline appena citata.
Il moto continuo e apparentemente perpetuo che il regista polacco
riesce a svolgere sull'asse delle ascisse si pone quindi concettualmente
in antitesi con lo scorrere verticale della pellicola. Si noti che non si
tratta di panoramiche o carrelli cinematografici, perché seppure questi
propongano uno sguardo da destra verso sinistra (e viceversa), nascono
e si esauriscono in una singola inquadratura. I movimenti di macchina
generati sull’asse orizzontale non tendono verso una nuova spazialità né
rappresentano piccole porzioni di mondo: sono semplici punti di vista,
sguardi. Il tentativo di Rybczynski è invece differente, in una sorta di
piano sequenza (anche quando lo stesso è generato da un “trucco” di
post-produzione) tende a sradicare tutti i principi del découpage
cinematografico, della prospettiva e spesso anche della fisica, a favore di
un universo nuovo. Questa nuova dimensione vive di una sua
5 Interfaccia grafica usata dai maggiori software di editing video non lineare;
posizionando le clip acquisite con operazioni di "trascinamento e rilascio" (drag and
drop) su di essa, è possibile poi aggiungere (a piacimento) transizioni, effetti, filtri
titoli
11
autonomia, di caratteristiche specifiche e sintomatiche come la funzione
attribuita all’incessante carrello orizzontale: quella di scandire il
trascorrere del tempo.
Infine grande motivo di interesse in merito alla figura di
Rybczynski è la sua particolare visione del rapporto cinema e video.
Infatti se da una parte si impone come pioniere nelle ricerche in ambito
elettronico, il suo gusto è spesso cinematografico. Si può affermare che i
due linguaggi in Rybczynski convivano:
«Mentre Francis Ford Coppola, affascinato dall’idea di fare del
‘cinema in tempo reale’, combatte fra conferenze stampa, problemi
finanziari e una sostanziale situazione contraddittoria che gli
impediscono di abbracciare la ‘causa’ del video, in ambito televisivo c’è
qualcun altro che si pone le stesse questioni e sta creando un’estetica
che per ora invade il mondo della sperimentazione video e del video
musicale. Zbigniew Rybczynski è un modello esemplare di
combinazione, quasi di osmosi, fra i linguaggi cinematografici ed
elettronici, e sarà l’unico, forse perché rimane nell’ambito della
televisione, a concretizzare un’ipotesi effettiva di cinema elettronico»
Alessandro Amaducci
6
6 Alessandro Amaducci, Anno Zero. Il Cinema nell’Era Digitale, Torino, Lindau, 2007
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1.1 Dietro l’artista
Un'idea, un'espressione e ancor piò una forma d'arte non può
prescindere dal suo creatore in quanto individuo sorgente. Per questa
ragione considero necessario considerare quella che è stata la vita di
Zbigniew Rybczynski, le traversie personali, i trascorsi e le vicende che
indubbiamente vanno interpretate come genesi dell'opera finale. Se è
vero che ognuno è figlio del proprio tempo sarà quindi chiarificatore
comprendere il contesto sociale, politico ed economico che
inevitabilmente lo ha condizionato.
Zbigniew Rybczynski nasce in Polonia, a Lodz il 27 gennaio 1949.
Negli anni Sessanta frequenta il liceo artistico a Varsavia ed è proprio in
questo periodo che sentenzia, forse con un intento vagamente
provocatorio, che «la pittura è morta». Nonostante la dichiarazione, gli
studi artistici e dei grandi classici condizionano fortemente il suo
approccio estetico, la sua particolare sensibilità compositiva e, in
ultimo, la sua attrazione verso il surrealismo. Nelle sue opere infatti, fra
citazioni esplicite e rimandi impliciti, è facile ritrovare richiami verso
Henri Matisse o Salvador Dalì (solo per citare i più evidenti).
Dopo il liceo ha proseguito gli studi nella città natale di Lodz
presso l'Accademia Cinematografica dove nel 1969 si è diplomato come
operatore. Anche in questo caso l'informazione non può essere
tralasciata, in qualità di ‘mestierante’ Rybczynski ha manipolato la
materia filmica, ha avuto diretto contatto con la celluloide, con le
macchine da prese e con tutti i mezzi meccanici che fungono da
strumenti per dare forma a un'idea. La profonda conoscenza del mezzo
permette a Zbig di elevarsi nel momento in cui da operatore veste la
parte del regista. Questo perché nel dirigere la scena si avvantaggia di
una cognizione di causa superiore rispetto all’utilizzo del mezzo
meccanico; la realizzazione della scena non è solo frutto di un’idea
astratta o di una visione concettuale, ma è già filtrata e riorganizzata in
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base al mezzo meccanico che la deve realizzare. In questo senso l’artista
polacco può essere considerato videomaker a tutto tondo, nell’accezione
più ampia e moderna che il termine può contenere.
Facendo ancora riferimento al diploma ottenuto a Lodz,
l’informazione si rivela tutt'altro che didascalica, perché da questo
presupposto si può meglio comprendere il fine ultimo della ricerca di
Rybczynski: l'idea che arte e tecnologia possano convivere in un’unica
forma. Certamente non è un concetto nuovo quello che vuole attribuire
un'unica anima a scienza e tecnica, ma questo desiderio assume un
valore maggiore se riproposto in un periodo storico in cui l’indipendenza
assoluta della scienza rispetto all’arte sono termini fondanti di una
cultura. Anzi, non solo la scienza rivendica la sua autonomia e, in
qualche modo, anche una superiorità giustificata dalla pragmaticità, ma
la stessa esalta la specializzazione. In altri termini la tendenza culturale
ed evolutiva tende verso una frammentazione di conoscenza che pone il
concetto di summa proposto da Rybczynski su un piano
diametralmente opposto.
Il dibattito su unificazione e diversificazione di arte e scienza,
come detto, ha radici antiche e il riferimento più comune porta al “mito”
di Leonardo Da Vinci (anche se, negli ultimi anni, non sono poche le
voci che ne propongono una lettura differente
7
). Forse è proprio per
questo motivo che lo stesso Rybczynski vuole vedere un legame fra la
sua opera e il Rinascimento italiano, come spesso ha dichiarato nelle
sue interviste. A ragion veduta questo avvicinamento stride un poco,
l’opera di Zbig ha davvero poca attinenza dal punto di vista artisticio
con il florido periodo italiano ma, volendo forzare un po’ la mano, è
possibile un parallelismo proprio in virtù di quell’ideale di unificazione
fra arte e scienza che ha animato una parte degli artisti dell’epoca.
7 Auguste Koyré, dell' Istitute For Advanced Studies di Princeton scrive: «Benché
Leonardo sia stato definito un grande scienziato e studioso, i moderni storici
respingono quasi unanimemente tale interpretazione». Scrive il matematico George
Sarton dell'università di Havard, nel suo Art and Science: «Nonostante tutte le
asserzioni del contrario, Leonardo non era un matematico. nel prodigioso campo
della matematica era unicamente in grado di brancolare come un cieco»
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La vita di Rybczynski subisce una svolta nel 1972 quando realizza
i suoi primi lavori in pellicola Kwadrat e Take Five, piccole produzioni
che gli permettono di collaborare con una tv austriaca in ambito di
effetti speciali. Si può dire che in questo senso la strada sia segnata
verso un percorso che dalla manipolazione della pellicola lo porterà
all'immaterialità dell'immagine elettronica, campo di ricerca che
coinvolgerà Zbig nei suoi anni più produttivi.
In questo nuovo contesto lavorativo acquisisce e perfeziona la sua
tecnica e prepara quello che sarà il suo piccolo capolavoro di
animazione che ancora oggi lo rende noto in tutto il mondo: Tango
realizzato nel 1980. Il successo di quest'opera arriva con un leggero
ritardo, tre anni dopo Rybczynski vince infatti l'Oscar come miglior film
di animazione. Questo risultato gli consente di trasferirsi negli Stati
Uniti dove può misurarsi con le più innovative tecnologie dell’epoca fra
cui l'Alta Definizione analogica.
La curiosità verso lo sviluppo tecnologico è sicuramente uno dei
punti di merito di Rybczynski sin dai primi anni Settanta. Il suo
approccio è tuttavia singolare, egli tende a piegare il mezzo per
realizzare quella che è la sua idea e non il contrario. Un atteggiamento
più comune prevede invece che il fruitore si lasci guidare dalle
possibilità che il mezzo può offrire, ma per Zbig non è così. Non ci si
potrà quindi stupire che in ambito elettronico abbia espresso il meglio
di sé mentre in era digitale le sue spinte interiori siano inibite da schemi
e software che solo in minima parte lasciano spazio alla creatività.
Rybczynski è uno spirito libero e la sua libertà è manifesta anche
nelle diverse risposte produttive che restituisce in base al mezzo scelto.
Si è appena detto che non si tratta di un artista schiavo della
tecnologia, ma egli non è neanche succube del business a ogni costo.
Nonostante il trasferimento degli States non ha mai cercato una facile
realizzazione professionale, per esempio con una cinematografia di tipo
commerciale. Di contro Zbig tende a guardare in avanti, incapace di
crogiolarsi su di una meta già raggiunta. La spinta che lo