2
Successivamente vi è stata l’emanazione della legge sulla trasparenza
amministrativa, della riforma del diritto procedurale tributario, della riforma
delle sanzioni amministrative in campo fiscale e da ultimo con l’emanazione di
uno Statuto dei diritti del contribuente, l’istituzione di un organo deputato ad
accogliere, le lamentele, le doglianze, le insufficienze, rilevate dal cittadino ma
soprattutto dal contribuente.
L’argomento della tesi, ovvero “la verifica fiscale” è stato affrontato anche alla
luce delle innovazioni apportate dalla Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del
Contribuente) che fa un pò da trait d’union fra i vari argomenti e capitoli in cui è
stata articolata la tesi medesima. Vi è l’accenno a legislazioni straniere e
soprattutto europee, visto che siamo in un’epoca in cui tutto viene globalizzato.
Nell’affrontare l’argomento della tesi, sono partito dall’analisi dell’attività di
verifica, compiuta dagli organi accertatori dell’Amministrazione Finanziaria
(Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza), in quanto tale attività rappresenta
la massima ingerenza dell’Amministrazione Finanziaria nella sfera degli
interessi economici propri del contribuente, nonché delle proprie relazioni
imprenditoriali e professionali, ed in alcuni casi, anche private. Infatti, a fronte
di penetranti poteri di controllo attribuiti agli organi accertatori, solo di recente
con la Legge 27 luglio 2000 n. 212 (Disposizioni in materia di Statuto dei diritti
del contribuente), sono state previste delle tutele per il contribuente, nonché dei
limiti e dei vincoli ai soggetti che effettuano la verifica fiscale. Dopo l’analisi
della verifica vista soprattutto con gli occhi di un soggetto che partecipa
attivamente a tale attività (principalmente in materia di I.V.A. e Imposte
Dirette), sono passato, non prima di aver fatto riferimento alla tematica della
tutela del contribuente, nonché, cenno allo statuto sui Diritti del Contribuente,
alla disamina di un caso pratico - realmente affrontato in servizio -di
“Esterovestizione della residenza fiscale” di una società solo formalmente
residente nel Gran Ducato del Lussemburgo ma, di fatto, ritenuta fiscalmente
residente in Italia.
3
1.1 La verifica fiscale: origine, definizione, classificazione ed
evoluzione.
La verifica fiscale è uno strumento complesso di controllo e si articola in
momenti diversi: l’accesso, l’ispezione documentale, il controllo delle giacenze,
i controlli incrociati presso fornitori e/o clienti, il controllo presso intermediari o
spedizionieri o trasportatori, le indagini bancarie; è, dunque, un’attività che va
oltre il semplice controllo documentale e che, invece, finisce per diventare un
vero e proprio confronto fra verificatore ed imprenditore su tutti o su parte dei
fatti aziendali.
La verifica fiscale trova la sua origine normativa nella L. 7 gennaio 1929, n. 4,
contenente le “Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi
finanziarie”, la quale - all’art. 35 – stabiliva che “Per assicurarsi
dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi o dai regolamenti in
materia finanziaria, gli ufficiali o gli agenti della polizia tributaria hanno
facoltà di accedere in qualunque ora negli esercizi pubblici e in ogni locale
adibito ad un’azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e
ricerche”.
L’esercizio della facoltà di accesso, di verificazione e di ricerca consentiva,
infatti, di seguire quella particolare operazione di controllo - per fini fiscali -
dell’attività imprenditoriale, che, nel suo complesso, fu poi tradizionalmente
chiamata di “verifica fiscale”.
La caratteristica fondamentale di tale attività che è da evidenziare, concerne la
limitazione settoriale degli interessi fiscali alla cui tutela lo strumento della
verifica risultava approntato; invero, per effetto dell’art. 60 della stessa legge del
1929, l’art. 35 in esame non poteva essere attivato in materia di imposte dirette;
con ciò si indusse lentamente, ma nel tempo sempre più significativamente, una
divaricazione nei metodi di controllo e accertamento a seconda del settore
impositivo interessato.
4
Nell’ampio campo delle tasse ed imposte indirette sugli affari, infatti, lo
strumento investigativo normalmente adottato fu appunto quello della verifica
fiscale, che consentiva non soltanto di accedere presso le imprese, ma anche di
eseguirvi ricerche, prima ancora di effettuare le previste verificazioni.
Le ricerche di documenti, eseguite con occhio attento nei locali direzionali,
amministrativi o tecnici dell’impresa, consentivano spesso di acquisire quegli
elementi di valutazione o di prova, che l’imprenditore (disonesto) avrebbe
voluto, invece, mantenere occulti, come ad esempio, bilanci veri, contabilità
integrative, conti riservati e corrispondenza confidenziale, attraverso cui era
possibile vedere dietro la contabilità ufficiale e quindi capire meglio le effettive
dimensioni gestionali dell’impresa: insomma, le ricerche, se da una parte
accentuavano indubbiamente il carattere inquisitorio del controllo, dall’altro
potevano fornire un sorprendente ausilio all’evidenziazione delle reali
dimensioni dell’attività imprenditoriale e quindi all’emersione delle concrete
violazioni consumate.
In materia di imposte dirette, invece, dichiarata dal citato art. 60 non azionabile
la verifica fiscale e non essendo stata da nessuna altra legge successiva (non
dalla L. 11 gennaio 1951, n. 25, che introdusse la cosiddetta riforma Vanoni, né
dalla L. 5 gennaio 1956, n. 1, recante le integrazioni del Ministro Tremelloni, né
dal testo unico del 1958) prevista la possibilità di effettuare ricerche, l’istruttoria
dell’accertamento si orientò soprattutto verso modalità di revisione e di indagine
intraispettiva dei conti, onde verificare dall’interno della contabilità ufficiale la
congruità dei fattori reddituali, con particolare riferimento ai criteri di
valutazione ed ai principi di competenza, inerenza, documentazione, ma quasi
sempre senza la possibilità di fruire di contributi ricostruttivi extracontabili, in
una difficile opera di recupero della materia tassabile.
Il funzionario delle imposte dirette, pur potendo avvalersi di una serie di poteri e
facoltà nei confronti dell’imprenditore (invito a comparire, richiesta di atti e
documenti, invio di questionari, eccetera) e pur potendo eseguire accessi ed
5
ispezioni presso la sede dell’impresa, doveva però attenersi soltanto alla
contabilità esibita (libri, registri, documenti e scritture ufficiali), cercando di
ricavare dal suo interno motivi di contraddizione o di inosservanza delle norme,
che dimostrassero una maggiore redditività oltre quella dichiarata.
E così, soprattutto negli anni ’50 e ’60, mentre la Guardia di Finanza, in materia
di tasse ed imposte indirette sugli affari faceva della verifica fiscale un grosso
uso, sviluppando ed affinando il momento della ricerca (ad esempio, osservando
dall’esterno l’impresa prima dell’intervento e prendendo conoscenza di tutte le
sue articolazioni, come stabilimenti, sede amministrativa, magazzini, depositi,
negozi, onde decidere come organizzare nell’analisi l’intervento; visitando il
primo giorno della verifica ogni ufficio della sede amministrativa e da essi
prelevare la documentazione, spesso quella non ufficiale, ritenuta interessante ai
fini del successivo controllo; eseguendo, talvolta, perquisizioni domiciliari,
laddove fosse fondatamente ritenuto che l’imprenditore detenesse una doppia
contabilità o una contabilità nera o integrativa di quella ufficiale presso la
propria abitazione o l’abitazione di qualche suo impiegato), l’intervento
ispettivo degli uffici delle imposte dirette si trasformava più che altro in
un’operazione di revisione contabile, molto attenta, approfondita e
consequenziale, ma pur sempre e soltanto tale.
I provvedimenti di riforma del 1972-1973, pur lasciando in vigore l’art. 35 della
legge del 1929, hanno impostato su base normativa unificata (artt. 52 e 63 del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ed art. 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600)
l’esecuzione delle verifiche fiscali, valevole sia per gli uffici destinati ad
amministrare la nuova imposta sul valore aggiunto, che per gli uffici delle
imposte dirette e per la Guardia di Finanza.
Lo scopo principale della verifica fiscale è quello di accertare che i costi ed i
ricavi siano stati contabilizzati nella loro reale entità e come tali esposti nelle
dichiarazioni e che pertanto non sia stato ridotto né il reddito, né il valore
aggiunto imponibili.
6
La verifica è, quindi, il risultato di un insieme di operazioni poste in essere dai
dipendenti dell’Amministrazione finanziaria e dai militari della Guardia di
Finanza, nel corso della fase istruttoria del procedimento di accertamento
tributario, finalizzate al controllo del regolare adempimento degli obblighi
imposti dalle norme tributarie, nonché alla determinazione degli elementi
costitutivi dell’obbligazione tributaria.
La verifica fiscale perciò, può essere considerato il principale strumento
istruttorio con cui l’Amministrazione Finanziaria controlla il rispetto degli
obblighi fiscali da parte dei contribuenti. Il complesso delle disposizioni
legislative e amministrative che disciplinano i controlli fiscali, da un lato,
configurano in capo ai verificatori un insieme di poteri, doveri e responsabilità e,
dall’altro, interessano direttamente il soggetto controllato non solo dal punto di
vista passivo del dover subire il controllo e sottostare agli obblighi che questo
necessariamente comporta, ma anche dal punto di vista attivo dei diritti che il
soggetto, in quanto contribuente sottoposto a verifica, gode.
Per il contribuente, questa attività rappresenta la massima ingerenza
dell’Amministrazione Finanziaria nella sfera dei propri interessi economici e
delle proprie relazioni imprenditoriali e professionali, ed in alcuni casi, anche
private.
Per i verificatori questa attività rappresenta l’attivazione di un articolato sistema
di poteri-doveri e di connesse responsabilità in cui la necessità di portare a
termine l’attività ispettiva in maniera il più possibile completa (o comunque
quanto mai prossima agli obiettivi stabiliti in sede di programmazione
dell’attività) si scontra, con la ristrettezza dei tempi a disposizione degli operanti
per terminare l’attività e con il rispetto dei diritti del soggetto sottoposto a
verifica, non solo come cittadino, ma come soggetto economico.
L’unica e più compiuta nozione di “verifica fiscale” esistente nell’ordinamento
giuridico italiano è quella riportata dalla circolare n. 1/98-360000 del 20 ottobre
7
1998 della Guardia di Finanza
1
, la quale individua la “verifica fiscale” come
un’indagine di polizia amministrativa, eseguibile nei confronti di qualsiasi
contribuente e finalizzata a:
- prevenire, ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e
finanziarie;
- qualificare e quantificare la capacità contributiva del soggetto che ad essa
viene sottoposto.
Tale definizione, pur se sintetica, fa ben comprendere “cos’è” e “a cosa serve” la
verifica fiscale. Perciò dall’analisi di tale definizione è possibile dedurre che
attraverso la verifica fiscale i militari della Guardia di Finanza adempiono al
primo dei compiti istituzionali affidati loro dall’art. 1 della Legge 23 aprile
1959, n. 189, che è quello di prevenire, ricercare e denunciare le violazioni alle
norme finanziarie.
Parte della dottrina
2
, invece, definisce la verifica fiscale come “uno strumento
complesso di controllo che si avvale di ricerche, ispezioni documentali,
verificazioni, rilevamenti ed elaborazioni, vivificato da una particolare cultura
specialistica del verificatore, nell’ottica dell’unitarietà della gestione aziendale
e dell’interdipendenza delle basi imponibili, ai fini della tutela dei vari tributi,
diretti ed indiretti”.
La verifica, dunque, costituisce un’operazione ad alto valore specialistico, che
implica non soltanto un’esauriente conoscenza delle varie discipline tecniche e
giuridiche interessanti l’attività imprenditoriale (tecnica contabile, industriale,
bancaria, mercantile, diritto tributario, commerciale, penale, eccetera) ma anche
una loro tale padronanza che consenta di intuire i versanti aziendali sui quali
indirizzare più proficuamente gli approfondimenti investigativi.
La verifica fiscale, perciò, si colloca nell’ambito del più generale procedimento
di accertamento esperito dall’Amministrazione Finanziaria, inteso come azione
1
Cfr. circolare n. 1/98-360000 del 20 ottobre 1998 “Istruzione sull’attività di verifica” del
Comando generale della Guardia di Finanza subparagrafo 1.1.
2
Vd. MAGRINI R.: La verifica fiscale - Vannini -1999.
8
di ricerca e di acquisizione di elementi utili ai fini dell’eventuale rettifica della
“versione dei fatti” manifestata dal contribuente in sede di dichiarazione. Nella
nozione di accertamento lato sensu, si è soliti comprendere quel complesso di
atti che:
- si apre con la presentazione della dichiarazione o con gli altri atti/fatti
previsti dalle singole leggi di imposta;
- si snoda attraverso il controllo della dichiarazione ed il compimento di
tutti gli atti istruttori finalizzati alla verifica del corretto adempimento
dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente;
- si conclude con l’atto di accertamento in rettifica a cui, per la propria
idoneità ad incidere unilateralmente nella sfera giuridica del soggetto
passivo della pretesa fiscale, deve ascriversi la natura di vero e proprio
provvedimento amministrativo.
In questa ricostruzione, la fase investigativa e quella finale della complessiva
attività di controllo fiscale, sono così irrimediabilmente connesse da costituire
un nucleo sequenziale omogeneo ed unico.
Molto spesso, pertanto, l’accertamento in senso proprio - inteso come
provvedimento amministrativo caratterizzato dai requisiti dell’autoritarietà,
unilateralità ed esecutorietà - è preceduto da una “verifica fiscale”, ossia - come
detto - da una fase istruttoria con rilevanza esterna durante la quale si
acquisiscono le prove del maggior reddito/imposta o delle violazioni commesse
dal contribuente. Ciò, non vuol dire che ad ogni verifica debba necessariamente
seguire l’emanazione di un atto impositivo. Le due fasi, infatti, seppure
correlate, non sono necessariamente consequenziali, ma mantengono una
sostanziale autonomia ed indipendenza, in quanto gli uffici finanziari (a cui
compete il potere di irrogare le sanzioni per le violazioni rilevate nel corso di
una verifica), restano liberi di valutare il contenuto dell’attività di controllo
esperita e di decidere - in concreto - sulla scorta di valutazioni di attendibilità dei
rilievi formulati, o su altro genere di considerazioni, di esercitare o meno il
9
proprio potere di accertamento, potendolo fare con riferimento a tutte le
contestazioni già formulate in sede ispettiva o soltanto con riguardo ad una parte
di esse. Del pari, non è da escludere che dall’esito dell’azione ispettiva compiuta
emerga che il contribuente ha regolarmente adempiuto a tutti i propri obblighi e
quindi, in questo caso, il procedimento di accertamento si arresta, non seguendo
l’emanazione di alcun atto con cui l’Amministrazione finanziaria avanza pretese
in termini di imposta o di irrogazione di sanzioni.
La verifica fiscale può essere generale o parziale.
Quella generale prende in esame la gestione o l’attività posta in essere dal
contribuente in ordine a tutti i settori impositivi nonché ai connessi settori
extratributari sui quali ai verificatori compete la vigilanza. Quella parziale,
invece, prende in esame un singolo settore impositivo, ovvero un settore
extratributario.
Un particolare tipo di verifica fiscale è quello effettuato nei confronti di persone
nei cui confronti sia stata emanata sentenza di condanna, anche non definitiva,
per il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale (associazione a delinquere di
stampo mafioso), o sia stata disposta con provvedimento anche non definitivo
una misura di prevenzione prevista dalla Legge 31 maggio 1965, n. 575, perché
indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso
3
.
Nei confronti di tali persone il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di
Finanza, competente in relazione al luogo di dimora abituale del soggetto, può
procedere a verifica della posizione fiscale, anche ai fini dell’accertamento di
illeciti valutari e societari.
Un tipo di verifica particolare, che probabilmente in futuro (se si continuerà a
percorrere la strada intrapresa in ambito comunitario dell’armonizzazione dei
sistemi fiscali dei paesi aderenti) rivestirà un’importanza fondamentale in
ambito comunitario, è la verifica multilaterale e simultanea.
3
L. 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni
10
Infatti, al fine di ottenere una uniformità di comportamento da parte dei
verificatori di tutti gli Stati membri, la Comunità europea ha predisposto un
“Manuale di metodologia sulle verifiche fiscali multilaterali in materia di Iva
intracomunitaria”.
L’introduzione di un sistema comune in materia di imposta sul valore aggiunto
ha fatto venire l’esigenza, da parte degli Stati membri, di creare delle funzioni di
controllo sovranazionali che siano governate da precise regole comuni. La
soppressione dei controlli doganali, infatti, e la conseguente libera circolazione
di persone, merci, servizi e capitali nell’area comunitaria hanno determinato la
necessità di una stretta collaborazione fra le Amministrazioni dei Paesi membri
nell’esecuzione
di verifiche fiscali multilaterali, verifiche che devono essere svolte con modalità
ed obiettivi comuni, non più ristretti su base nazionale, ma volti a perseguire
interessi di carattere europeo.
Ogni verifica multilaterale è un’operazione complessa e difficile. Essa non
richiede esclusivamente un’approfondita conoscenza della materia fiscale, ma
necessita, del pari, di una grande capacità di organizzazione e gestione del
controllo.
L’imposta interessata, come detto, è l’Iva che, per ovvi motivi legati al bilancio
comunitario è l’entrata principe, oltre ad essere quella comune a tutti i Paesi
dell’Unione. Ciò non significa che le altre imposte, come quelle dirette, non
siano presenti comunemente, ma la diversa applicazione delle forme di prelievo
e il minor interesse che la Comunità rivolge ad esse fanno sì che le azioni a
tutela di quest’ultimo tributo siano molto limitate.
In effetti, a ben guardare, la Direttiva comunitaria n. 77/799, oltre a stabilire la
cooperazione tra gli Stati membri ai fini delle imposte indirette, originava la sua
ragion d’essere con l’applicazione alle imposte dirette. Ciò in quanto, a mente
del verificatore, è spesso possibile che i due tributi non siano scindibili
11
nell’esecuzione del controllo e che l’accertamento dell’uno non possa
prescindere da quello dell’altro.
Ogni controllo richiede, infatti, l’impiego di numerose risorse umane, sovente
altamente specializzate, in grado di comunicare almeno in una delle lingue
ufficiali della Comunità, esperte nei controlli alle imprese di grandi dimensioni,
nei controlli sovranazionali, nello scambio di informazioni e quant’altro, che
non possono sicuramente andare sprecate per causa di un errore nella scelta del
soggetto passivo della verifica.
L’Amministrazione finanziaria proponente la verifica, individua il soggetto
economico da sottoporre a controllo sulla base dell’applicazione di una griglia di
elementi che fanno parte di una applicazione di analisi di rischio. La base di
partenza di questa griglia è data dagli elementi contenuti nel VIES (V.A.T.
Information Exchange System), una banca dati che contiene tutti gli scambi
intracomunitari portati a conoscenza da parte del contribuente con i modelli
INTRASTAT
4
. Gli scostamenti tra quanto dichiarato nei modelli INTRASTAT
dai soggetti di imposta residenti nei vari Paesi interessati è il primo dato da
acquisire. Se questi vengono reputati “significativi” e non sono da attribuire a
meri differimenti di dichiarazioni nel tempo, si passerà ad una successiva fase,
ossia l’individuazione della struttura societaria del gruppo che si intende
sottoporre a controllo. Normalmente, la “testa” del gruppo risiede fiscalmente
nel Paese che verrà denominato “pilota” o “proponente” e di conseguenza
verranno poi interessati tutti quei Paesi comunitari ove risiedono fiscalmente le
branch della capofila o capogruppo.
A questo punto il Paese capofila è in grado di proporre alla Commissione
l’esecuzione del programma di verifica. Successivamente all’approvazione
4
mod. INTRASTAT/1 che contiene i dati relativi agli acquisti intracomunitari e modello
INTRASTAT/2 che contiene i dati relativi alle vendite intracomunitarie. I dati contenuti in
tali modelli si riferiscono alla quantità e qualità di ciò che è stato oggetto dello scambio,
nonché gli operatori intervenuti negli scambi intracomunitari. La loro compilazione è
obbligatoria per tutti gli operatori comunitari che effettuano scambi all’interno della Unione
Europea.
12
vengono interessati, sempre dal proponente, quei Paesi che, dall’esame di cui
sopra, sono probabilmente interessati a partecipare alla verifica.
L’attività di verifica riveste, per le Amministrazioni interessate ed in linea con
quanto auspicato dalla Commissione europea, un utile spunto per migliorare
l’attività di cooperazione comunitaria, al fine di migliorare le procedure di
scambio di informazioni tra i Paesi per la lotta contro l’elusione e l’evasione
fiscale, al fine di proteggere gli interessi nazionali e comunitari. Le irregolarità
formali e sostanziali rilevate saranno opportunamente oggetto di rilievo da parte
degli organi accertatori, ognuno per la parte di competenza. Ciò in quanto,
sebbene trattasi di controllo multilaterale, questa attività viene svolta
autonomamente da ogni Amministrazione nel suo Paese e senza che vi prendano
parte altri auditors esteri coinvolti.
Per “verifica multilaterale”, dunque, non deve intendersi un’attività congiunta e
contestuale, poiché esiste una fase assembleare solo nelle attività preparatorie al
controllo. In questa fase il Paese proponente invita i rappresentanti dei Paesi
coinvolti ad una prima riunione, nella quale vengono illustrati gli obiettivi che si
prefiggono di
approfondire e migliorare la conoscenza della struttura societaria dell’impresa
che si intende verificare; acquisire informazioni concernenti la società, anche in
relazione alle attività esercitate; controllare le transazioni intracomunitarie della
società; verificare che i beni oggetto degli scambi abbiano effettivamente
raggiunto le dichiarate destinazioni; individuare il sistema contabile utilizzato ed
il collegamento tra questi relativamente alle diverse sedi europee. In base a tali
indicazioni, ogni Paese inizierà autonomamente la propria verifica. In alcuni casi
potrà accadere che si decida una data di intervento unica, ma ciò è rimesso alla
volontà dei singoli rappresentanti delle Amministrazioni interessate e non
costituisce un obbligo.
L’Amministrazione italiana ha stipulato, sin dagli anni 1980, degli accordi
amministrativi per l’esecuzione di verifiche fiscali simultanee.
13
Tali accordi, in considerazione della loro natura prettamente applicativa e
tecnico-operativa, non sono soggetti a ratifica parlamentare. Essi trovano
fondamento giuridico nelle convenzioni per evitare le doppie imposizioni e
prevedono che le competenti Amministrazioni degli Stati contraenti possano
consultarsi, anche di iniziativa, per stabilire in quali casi ed attraverso quali
procedure effettuare verifiche fiscali contestuali, ma autonome, nei rispettivi
territori.
Per “verifica fiscale simultanea” deve intendersi un’attività ispettiva eseguita
contemporaneamente nei due Stati o più Stati, ciascuna nel proprio territorio ed
in modo indipendente, al fine di rilevare la situazione fiscale di uno o più
contribuenti che presentino interessi comuni o complementari per lo scambio di
informazioni ottenute. La scelta del soggetto da proporre per l’esecuzione del
controllo, di regola contribuenti che svolgono operazioni con imprese associate
o mediante stabili organizzazioni in entrambi gli Stati contraenti, è
autonomamente effettuata da ciascuno Stato contraente che informa l’altro
Paese. Nel contempo, vengono illustrati i motivi che hanno indotto ad effettuare
la specifica selezione e forniti tutti gli elementi informativi utili, nonché indicati
i termini di prescrizione applicabili alla situazione del contribuente scelto.
L’autorità competente dello Stato che riceve la proposta, dopo aver valutato la
richiesta, conferma l’adesione o comunica il rifiuto di effettuare la verifica.
In caso positivo, viene individuato, da ciascun Paese, un rappresentante cui
compete la responsabilità funzionale di direzione e coordinamento della verifica.
Detti rappresentanti curano, inoltre, gli aspetti pratici della verifica simultanea
quali la data di inizio, i tempi di esecuzione, le modalità e periodi da sottoporre a
controllo.
Con riferimento a tale ultima circostanza, occorre evidenziare che condizione
essenziale per l’esecuzione della verifica simultanea è la coincidenza dei periodi
di imposta, in entrambi gli Stati da sottoporre a controllo.
14
Le verifiche devono essere eseguite in ciascun Paese, in base alla legislazione ed
alla prassi, da parte dei funzionari delle singole Amministrazioni fiscali.
Prima dell’avvio di una verifica, i funzionari dell’Amministrazione fiscale di
ciascun Paese, incaricati degli accertamenti, provvedono ad esaminare
congiuntamente i programmi della verifica, gli aspetti da approfondire e la data
di inizio dell’attività ispettiva. Nel corso del controllo possono essere
organizzate riunioni di coordinamento tra i verificatori operanti nei due Stati al
fine di seguire congiuntamente lo svolgimento degli accertamenti.
Ogni Stato può, nel corso della verifica simultanea, terminare l’attività ispettiva
qualora ritenga che la sua prosecuzione non sia più utile; tale determinazione
deve essere notificata all’altro Paese.
Prima della conclusione della verifica deve essere eseguita una consultazione tra
le autorità competenti dei due Stati.