2
seconda consiste nella proposta di un’offerta personalizzata sulla base delle
informazioni raccolte su ogni singolo cliente grazie all’ausilio di database e di
strumenti di comunicazione interattiva (Peppers e Rogers, 2001).
1.1 Principi e modelli per la differenziazione
La differenziazione ha assunto nel corso del tempo una rilevanza strategica sempre
più spiccata, in virtù della sua propensione a far competere vittoriosamente sul
mercato le imprese che la implementano. Le strategie di differenziazione si
concretizzano nella definizione di un insieme di differenze significative in grado di
rendere distinguibile, per l’acquirente, l’offerta dell’impresa rispetto a quella dei
concorrenti (Kotler, 2007).
Il concetto di differenziazione nasce dalla teoria economica, per poi diffondersi ed
evolversi nell’ambito del marketing e dello strategic management grazie ai contributi
di molti studiosi i quali, criticando la teoria neoclassica, hanno via via definito
sempre meglio i suoi campi di applicazione.
1.1.1 L’evoluzione della differenziazione dell’offerta nella teoria economica
La teoria della differenziazione ha attraversato una lunga fase di gestazione, di cui
può essere utile ricostruire le principali fasi. Innanzitutto, è importante rilevare che la
teoria neoclassica non contempla l’esistenza di forme di differenziazione, in quanto
considera l’offerta delle imprese omogenea e perfettamente sostituibile (Tirole,
1991). Esistono, in questa prospettiva, due modelli puri di forme di mercato: la
concorrenza perfetta e il monopolio.
La prima forma di mercato è caratterizzata da tante piccole imprese che producono lo
stesso bene e che hanno una quota di mercato molto ridotta. I prezzi sono determinati
dall’incontro tra domanda e offerta e quindi vengono realizzati profitti nulli (Varian,
2007). Nel monopolio, invece, esiste un’unica impresa che serve la totalità del
mercato e che fissa i prezzi in modo da massimizzare il suo profitto (Volpato, 1995).
La teoria economica ha successivamente riconosciuto la limitata applicazione di tali
modelli puri nei mercati reali. In un mercato reale, infatti, le assunzioni di perfetta
omogeneità e sostituibilità dei prodotti vengono meno, lasciando il posto al concetto
di differenziazione quale modello che contempla l’esistenza di imprese che
3
producono e vendono prodotti aventi caratteristiche diverse da quelli dei concorrenti
e quindi, almeno in parte, non sostituibili (Tirole, 1991).
Il tema della differenziazione del prodotto ha ricevuto i primi due contributi
fondamentali da Hotelling (1929) e da Chamberlin (1933) nell’ambito
rispettivamente dell’address approach e del non-address approach.
Il primo suggerisce che si può parlare sia di differenziazione dal punto di vista
spaziale che dal punto di vista qualitativo. Secondo Hotelling, infatti, il consumatore,
nell’acquistare un prodotto, preferirà quello che gli permetterà di minimizzare il
costo di acquisizione, ossia la somma tra il prezzo del bene e i costi di trasporto.
Quindi, la distribuzione viene preconizzata come leva molto importante di
differenziazione.
Il contributo di Chamberlin si basa sulla definizione di una forma di mercato ibrida:
la concorrenza monopolistica. Tale modello contiene sia elementi propri del
monopolio, che elementi della concorrenza perfetta. La curva di domanda mostra una
elasticità negativa al prezzo proporzionale alla differenziazione offerta e ciò permette
la realizzazione di profitti di breve periodo. La concorrenza monopolistica prevede la
possibilità per l’impresa che differenzia la propria offerta di agire sul prezzo come
price-maker (Volpato, 1995). Con Chamberlin non si parla più di prodotti omogenei,
ma di prodotti differenziati e sostituibili rispetto ad un unico bisogno (Podestà,
1974).
Sia il modello di Hotelling che quello di Chamberlin hanno il merito di scardinare
alcune assunzioni neoclassiche non ravvisabili nel mercato reale, ma difettano nella
proposta di una definizione del grado di similarità e sostituibilità dei prodotti.
Tale problema viene superato da Lancaster (1966), il quale propone l’approccio alle
caratteristiche del prodotto. Seguendo tale orientamento, il prodotto viene visto
come un’insieme di attributi che apportano utilità al consumatore. Si possono in tal
modo elencare e analizzare le caratteristiche intrinseche e potenzialmente
differenzianti di ogni prodotto.
La distinzione degli attributi e l’associazione di un valore d’uso al prodotto da parte
dei consumatori avvengono in termini di varietà oppure di qualità; in funzione di
ciò, si fa riferimento a decisioni di differenziazione orizzontale (per varietà) e di
differenziazione verticale (per qualità) (Lancaster, 1979). Nel primo caso, non esiste
4
un ordinamento dei prodotti comune a tutti i consumatori in termini di qualità, in
quanto i consumatori stessi hanno preferenze diverse. La differenziazione verticale,
invece, illustra diversità qualitative tra prodotti riconosciute dalla generalità dei
consumatori. Per tale motivo è possibile procedere ad un ordinamento dei prodotti
unanimemente riconosciuto dai consumatori (Polo, 1991). L’elemento qualificante
di questi modelli è rappresentato dall’esistenza di prodotti eterogenei, che supera
definitivamente l’assunzione neoclassica di omogeneità.
Data la rilevanza dell’argomento, oltre agli studi fin qui esaminati e sintetizzati nella
figura 1.1, il concetto di differenziazione è stato approfondito sia dalle discipline
economiche, che da quelle manageriali. In particolare i contributi più rilevanti sono
stati offerti dalla letteratura di marketing e strategia.
Figura 1.1: Verso la definizione della differenziazione del prodotto (ns elaborazione)
1.1.2 I contributi della marketing theory alla differenziazione dell’offerta
Gli studi sulla differenziazione proposti dalla teoria economica costituiscono le basi
per gli ulteriori approfondimenti condotti nel campo del marketing. Dagli anni
Quaranta, infatti, si è acceso un grande dibattito tra gli studiosi di marketing sulla
differenziazione dell’offerta, sganciandola di fatto dall’economia e “trasportandola”
nel mercato reale. Il contributo offerto da Hawkins (1940) si concretizza nella
rilettura del modello di Chamberlin in chiave manageriale. Sebbene la teoria della
concorrenza monopolistica abbia avuto un ruolo decisivo nella consapevolezza delle
opportunità di differenziazione del prodotto, Hawkins evidenzia come la stessa sia di
difficile applicazione nella pratica manageriale. Gli studi di Dean (1950), invece, si
sono focalizzati sul pricing di un’offerta differenziata, illustrandone i legami esistenti
1929
1933
1966
1979
CHAMBERLIN:
Concorrenza
monopolistica
LANCASTER:
Differenziazione
orizzontale e
verticale
HOTELLING:
Differenziazione
spaziale e
qualitativa
LANCASTER:
Approccio basato
sulle
caratteristiche del
prodotto
5
con la struttura dei costi di un’impresa, ma anche con il valore differenziale in
termini di qualità, quantità e design.
Un altro contributo molto importante è stato proposto da Black (1951), il quale ha
segnalato la necessità di includere i servizi all’interno del concetto di prodotto,
proponendo, quindi, una differenziazione anche su componenti intangibili
dell’offerta.
La differenziazione dell’offerta può essere costruita in modo “artificiale” anche
attraverso azioni sul mix di comunicazione piuttosto che su modifiche effettive sul
prodotto. Questo è quanto afferma Smith (1956) parlando di processi di pseudo-
differenziazione. L’autore, inoltre, considera la segmentazione e la differenziazione
come due strategie alternative volte a modificare la funzione di domanda. In questa
prospettiva, mentre la segmentazione si concretizza con la suddivisione del mercato
in cluster per ognuno dei quali viene implementata una strategia diversa, la
differenziazione viene realizzata per soddisfare l’intero mercato.
Nella sua proposta concettuale iniziale, e seguendo la posizione di Smith, Porter
(1980) considera la differenziazione e la segmentazione come processi alternativi. In
particolare, egli prevede tre strategie come possibili fonti di vantaggio competitivo:
- la leadership di costo, con la quale si ricerca la massima efficienza al fine di
poter praticare prezzi più bassi rispetto ai concorrenti;
- la differenziazione, come strategia volta al perseguimento di un vantaggio
competitivo attraverso la definizione di un prodotto distinto da quelli
concorrenti;
- la focalizzazione, quale strategia competitiva indirizzata ad uno specifico
segmento.
Così come raffigurato nella figura 1.2, l’ambito di applicazione delle prime due
strategie è l’intero settore, mentre con l’ultima ci si focalizza su un particolare
segmento.
Quanto affermato da Smith ha causato non poca confusione tra gli studiosi fino a
quando Dickson e Ginter (1987) ne hanno offerto la giusta interpretazione. In primo
luogo, Smith limita la differenziazione alla comunicazione, mentre associa i
6
miglioramenti di prodotto alla sola segmentazione. In secondo luogo, si considera la
differenziazione con riferimento ad una singola funzione di domanda, piuttosto che
riconoscendo l’eterogeneità delle preferenze dei segmenti. Il superamento di questi
due limiti permette di considerare la segmentazione e la differenziazione come due
strategie di marketing da coordinare e applicare congiuntamente. Secondo tali autori
le imprese devono rivolgersi ad ogni segmento con un marketing mix differenziato
rispetto alle caratteristiche del gruppo in esame; a questo indirizzo si allinea
successivamente anche lo stesso Porter (Miceli, 2008).
Figura 1.2: Le strategie competitive di Porter (1980)
Fonti del vantaggio competitivo
Basso costo Differenziazione
Ambito
Competitivo
Intero settore
Leadership di
costo
Differenziazione
Un
particolare
segmento
Focalizzazione
Guatri et al. (1999), parlano di uno stretto legame esistente tra differenziazione,
focalizzazione, targeting e posizionamento dell’offerta. In particolare, gli autori
identificano quattro alternative strategiche che combinano le decisioni di
differenziazione e segmentazione (figura 1.3).
Differenziazione e segmentazione coesistono nel caso di un alto grado di
differenziazione indirizzata a tutto il mercato. Il marketing di nicchia si riferisce ad
un’offerta indirizzata ad un solo segmento con alto grado di differenziazione. Nel
marketing indifferenziato e nel marketing concentrato le imprese offrono prodotti
con bassa differenziazione rivolti rispettivamente a tutto il mercato e ad un solo
segmento (Guatri, Vicari e Fiocca, 1999).