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Capitolo 1
Il quadro normativo del sistema bancario
1.1. Basilea 2
Nel giugno 2004 è stato emanato il Nuovo Accordo di Basilea sul Capitale
delle Banche (Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, CBVB, 2004), più
comunemente definito “Basilea 2”, che rappresenta lo standard internazionale in materia
di requisiti patrimoniali che ogni istituto di credito deve rispettare. In base ad esso le
banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al
rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutato attraverso lo strumento del
rating. Se i rapporti comportano maggiori rischi, dovranno essere effettuati maggiori
accantonamenti, con la conseguenza che la banca dovrà sostenere maggiori costi.
Il rating rappresenta un giudizio sul merito creditizio di un’impresa, una
valutazione della sua capacità di rimborsare, a scadenze prefissate, l’importo totale del
capitale e gli interessi sui suoi debiti. L’attribuzione di un giudizio si presenta come un
dato di sintesi e come tutte le sintesi rischia di perdere un certo grado di verità. Alla
base della nuova disciplina c’è la volontà di ottenere una misurazione del rischio,
quanto più precisa possibile, muovendosi dalla considerazione che non esistono ricette
universalmente valide.
Il contenuto dell’Accordo di Basilea 2 (CBVB, 2004) poggia su tre pilastri
fondamentali:
1. Stabilire dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori per le banche.
Si tratta di un affinamento del vecchio requisito di accantonamento dell'8%
previsto dall'accordo del 1988. Adesso le banche devono tener conto, in primo luogo,
oltre che del rischio di mercato anche del rischio operativo. In secondo luogo, per il
rischio di credito, le banche potranno utilizzare metodologie diverse di calcolo dei
requisiti. Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi di rating interni,
con l’obiettivo di garantire una maggiore sensibilità ai rischi.
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Esistono tre distinte tipologie di rischio bancario a cui fa riferimento il primo
pilastro.
Il rischio di mercato si riferisce al portafoglio non immobilizzato di una banca
e consiste nelle perdite a cui è esposta a causa della variazione dei prezzi dei titoli e dei
cambi di mercato rispetto a quelli contabili delle attività correlate.
Il rischio operativo è definito come il rischio di perdite derivanti da disfunzioni
a livello di procedure, di personale e di sistemi interni oppure da eventi esogeni. Si
riferisce all’operatività della banca e consiste nelle perdite che può subire per il solo
fatto di aver operato sul mercato.
Il rischio di credito si riferisce ai crediti concessi da una banca e consiste nelle
perdite che può subire se alla scadenza del credito il debitore non vuole o non può
restituire in tutto o in parte il suo debito.
2. Controllo delle banche centrali.
Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e di
assunzione di rischi, le Banche Centrali avranno una maggiore discrezionalità nel
valutare l’adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura
superiore ai requisiti minimi.
3. Disciplina del mercato e trasparenza.
A garanzia degli utenti e del mercato, sono stabilite precise regole di
trasparenza per l’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali delle banche, sui
rischi e sulla loro gestione.
1.2. Il sistema di rating interno
L’innovazione sostanziale introdotta dal Nuovo Accordo (CBVB, 2004)
consiste nella possibilità per le banche di misurare internamente, mediante un processo
autonomo di valutazione, il grado di rischiosità delle imprese e di assegnare loro il
proprio rating, con la condizione di raggiungere determinati requisiti e sotto l’esplicita
approvazione delle Autorità di Vigilanza.
Al fine di capire come funziona un modello di rating interno è necessario
riprendere la definizione originaria fornita dal Comitato stesso: “con sistema di rating si
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intende l’insieme di metodi, procedimenti, controlli, dati e sistemi informativi che
fungono da supporto alla valutazione del rischio di credito, all’attribuzione dei gradi
interni di merito e alla stima quantitativa delle inadempienze e delle perdite”. (CBVB,
2004, paragrafo 394)
Il punto di partenza per la costruzione di un modello interno di rating è la
scomposizione in classi in base all’esposizione al rischio. Per la valutazione del rischio
di credito assumono grande importanza i modelli comportamentali della clientela, le
consuetudini e gli aspetti normativi che a volte differiscono a seconda del settore
economico di appartenenza. Anche per questi motivi il Comitato ha dato la possibilità di
utilizzare modelli differenti di rating per differenti settori di clientela. Per poter stimare
il merito creditizio secondo una metodologia interna, le banche individuano classi di
rischio omogenee (categorie di esposizione) alle quali viene associato un determinato
requisito di capitale regolamentare. Le diverse categorie di esposizione sono
rappresentate da esposizioni verso: la clientela al dettaglio (retail), imprese (corporate),
governi, banche, attività di project finance, esposizioni azionarie.
Il passo successivo è costituito dall’organizzazione del processo di rating
assignment. La metodologia utilizzata nel processo di attribuzione del rating viene
chiamata point in time poiché valuta il merito creditizio della controparte in base a
condizioni previste e correnti per l’immediato futuro. L’arco temporale sarà
proporzionale alla vita residua del finanziamento che tende ad essere piuttosto breve
perché molte banche erogano finanziamenti a breve termine. I fattori presi in
considerazione nel valutare il profilo di rischio di una controparte sono: la redditività, la
liquidità, il grado di leva finanziaria, le prospettive del settore di appartenenza, la qualità
del management, la posizione competitiva dell’impresa, etc.
Una volta assegnato il rating a una controparte è possibile utilizzare i dati
relativi all’insieme dei soggetti che storicamente sono stati classificati nella medesima
classe per ricavare informazioni relative alla probabilità di insolvenza di un’impresa.
Questo processo prende il nome di rating quantification.
Un sistema di rating, una volta ideato e introdotto, va sottoposto ad analisi
periodiche per verificarne le qualità. Queste analisi fanno parte del processo di rating
validation attraverso il quale si va a capire se i giudizi espressi ex-ante risultano ex-post
coerenti con l’evoluzione futura del merito creditizio dei soggetti valutati. Il processo di
validazione assume una particolare rilevanza in seguito alle recenti proposte del
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Comitato di Basilea in merito alla riforma del sistema di adeguatezza patrimoniale delle
banche.
I sistemi di rating sviluppati dalle banche differiscono fra loro sotto vari
aspetti: numero delle classi, definizione di insolvenza adottata, natura delle informazioni
considerate, tempi e logiche di revisione del rating.
Esistono diverse definizioni di insolvenza ed ogni banca può adottarne una,
purché sia valida e coerente. Basilea 2 (CBVB, 2004) definisce inadempiente un
debitore se si verifica almeno una delle due situazioni seguenti:
la banca giudica improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue
obbligazioni creditizie verso il gruppo bancario;
il debitore presenta crediti scaduti rilevanti da oltre 90 giorni su almeno
una delle sue obbligazioni.
1.2.1. I requisiti minimi
Al fine di poter adottare i metodi basati sui rating interni, le banche devono
soddisfare, preliminarmente e su base continuativa, un insieme di criteri stabiliti
dall’Accordo (CBVB, 2004). Tra questi i più importanti sono i seguenti:
ogni banca deve possedere specifiche definizioni di rating, nonché
processi e criteri chiari per l’attribuzione delle esposizioni alle classi del sistema di
rating. Le definizioni e i criteri devono essere plausibili e intuitivi e devono consentire
un’adeguata differenziazione del rischio;
il sistema di rating deve valutare separatamente il rischio di insolvenza
della controparte (counterparty rating) e i fattori specifici della transazione (facility
rating);
il rating deve essere assegnato al debitore prima che sia stato preso
l’impegno di prestito e deve essere rivisto periodicamente da un’unità indipendente;
le esposizioni creditizie devono essere distribuite tra le differenti classi di
rischio, senza un’eccessiva concentrazione in una particolare classe;
ogni banca deve fornire la stima della probabilità di insolvenza a un anno
per ciascuna classe di rischio del sistema di rating;
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la struttura e i dettagli operativi del sistema di rating devono essere
adeguatamente documentati in forma scritta, chiarendo elementi quali la definizione di
insolvenza adottata, i criteri di attribuzione dei rating adottati, gli algoritmi statistici
impiegati ecc.;
i rating interni e le connesse stime di perdita attesa e inattesa devono
essere concretamente utilizzate dalla banca nel processo di approvazione del credito, di
gestione del rischio e di allocazione del capitale;
ogni banca deve disporre di un sistema robusto di validazione
dell’accuratezza e della coerenza del proprio sistema di rating e delle stime di tutte le
componenti di rischio;
ogni banca deve disporre di un’unità indipendente di controllo del rischio
di credito, cui spetta la responsabilità per la concezione, la realizzazione, la revisione e
la performance del sistema di rating.
Le Autorità di vigilanza dovranno valutare l’osservanza di questi requisiti per
definire quali banche potranno adottare il nuovo approccio.
1.2.2. Gli approcci del sistema di rating interno
Il Comitato (CVBV, 2004) ha previsto per il metodo del rating interno, meglio
noto come metodo IRB (Internal Rating Based), due approcci diversi che si
differenziano per il grado crescente di complessità. Per poter individuare questi approcci
bisogna soffermarsi sulle componenti di rischio che Basilea 2 definisce in maniera
analitica. Queste sono:
1) il rischio di insolvenza, misurato attraverso la Probability of Default
(PD) a un anno, che indica la probabilità che un’impresa diventi insolvente;
2) il rischio di recupero, misurato attraverso la Loss Given Default (LGD),
che indica la percentuale del credito che si stima di perdere qualora si verifichi
l’insolvenza;
3) il rischio di esposizione misurato attraverso l’Exposure At Default
(EAD), che indica l’esposizione attesa al momento dell’insolvenza e si calcola stimando
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come si modificherà l’esposizione creditizia dal momento dell’analisi al momento in cui
si potrà verificare l’insolvenza;
4) il rischio di downgrading (retrocessione), che indica il peggioramento
dell’affidabilità creditizia del debitore misurata attraverso il rating (che viene retrocesso
a un livello di rischio maggiore). Il rischio di retrocessione cresce con la crescita della
durata effettiva del finanziamento detta Maturity (M);
5) la granularità delle esposizioni, che rappresenta la tendenza ad erogare
pochi crediti di rilevante importo, oppure un elevato numero di finanziamenti di importo
limitato, detta anche name concentration (concentrazione sui nomi);
6) la correlazione tra debitori, che sarà più elevata se la banca eroga credito
a debitori concentrati in poche aree geografiche o in pochi settori di attività, soggetti
dunque a fattori di rischio comuni, sarà invece più modesta se la banca presta a debitori
ben diversificati e le cui sorti appaiano relativamente indipendenti.
I primi quattro fattori (PD, LGD, EAD, M) rappresentano i parametri
fondamentali che un sistema di rating deve adeguatamente misurare. La granularità e la
correlazione, utilizzati per misurare il rischio a livello di portafoglio e non di un singolo
credito, verranno invece fissati a livelli standard da parte delle Autorità e saranno
identici per qualsiasi banca assoggettata all’Accordo.
Una volta determinate le componenti di rischio è possibile calcolare la
ponderazione di ciascuna esposizione. In entrambi gli approcci del sistema di rating
interni le banche devono essere in grado di fornire una stima della probabilità di
insolvenza associata a ciascuna delle classi di rating tra cui hanno ripartito le
esposizioni di una data categoria. Si possono così identificare:
l’approccio di base (foundation), nel quale alla banca sarà consentito
stimare con le proprie metodologie interne soltanto la PD dei debitori, per gli altri
parametri dovrà far riferimento a stime regolamentari;
l’approccio avanzato (advanced), nel quale la banca può misurare con
metodologie proprie tutti i quattro fattori di rischio (PD, LGD, EAD, M).
All’inizio le banche sono invitate ad adottare l’approccio di base e soltanto
quando diventeranno sufficientemente certe della qualità delle loro stime interne e i loro
modelli saranno validati da parte dell’Autorità saranno autorizzate ad utilizzare
l’approccio avanzato.
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È opportuno menzionare che le banche che non accedono al metodo IRB
possono utilizzare l’approccio standard (come è stato previsto dall’Accordo del 1988)
che prevede l’utilizzo di rating esterni come quelli prodotti dalle agenzie di rating quali
Moody’s, Standard & Poor’s e FitchIBCH.
1.3. La validazione dei sistemi di rating interni
Ogni modello, in assenza di un’adeguata validazione che confermi la sua
consistenza e robustezza, rappresenta un’ipotesi astratta. Appare evidente che alla fase
di costruzione di un modello di rating debba seguire una fase di validazione della sua
efficacia.
Tra i requisiti minimi imposti da Basilea 2 volti ad assicurare l’integrità e
l’affidabilità dei sistemi di rating interni si segnala che: “Presso ogni banca devono
essere in funzione solidi meccanismi con cui validare l’accuratezza e la coerenza dei
sistemi e dei processi di rating, nonché delle stime di tutte le componenti rilevanti di
rischio. Ogni banca deve poter dimostrare alla competente autorità di vigilanza che i
meccanismi interni di validazione le permettono di valutare la performance dei sistemi
interni di rating e di stima del rischio in modo coerente e affidabile.” (CBVB, 2004,
paragrafo 500).
In previsione della necessità di maggiori conoscenze sulle metodologie di
validazione, nel 2002 si forma il sottogruppo di convalida “Accord Implementation
Group” (AIG) per rivedere e sviluppare la ricerca sulla validazione dei sistemi di rating
che sarebbero utili per le banche e le Autorità di vigilanza.
Il gruppo di convalida è composto da rappresentanti provenienti da undici
paesi. Gli obiettivi principali del progetto sono stati:
classificare i sistemi di rating e le loro proprietà dinamiche, sviluppando
inoltre una terminologia comune ai fini della convalida;
rivedere le metodologie di validazione che sono attualmente applicate
nella pratica bancaria;
analizzare da una prospettiva teorica le metodologie di convalida per i tre
principali componenti di rischio: PD, LGD ed EAD.
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Le metodologie di convalida applicate nel settore bancario sono ancora di
carattere preliminare. Molti problemi restano aperti, alcuni sono concettuali, altri sono
causati da insufficienti dati e altri ancora possono essere trattati come aspetti tecnici
nell'ambito dell’implementazione del processo. Appare certo che le tecniche del
processo di validazione continueranno a svilupparsi e ad evolversi, così come i sistemi
di rating a cui sono applicati questi metodi di validazione. Questa evoluzione è guidata
dalle esigenze di Basilea 2. Tuttavia essa rappresenta anche una continuazione delle
tendenze a lungo termine nel settore dei servizi finanziari verso una più rigorosa
misurazione quantitativa del rischio e delle metodologie di gestione e verso la necessità
di sviluppare tecniche per garantire che tali metodologie funzionino come previsto.
Sono in corso sviluppi che continueranno ad attirare l'attenzione della comunità di
ricerca, dell'industria e dell’Autorità di vigilanza.
AIG ha articolato diversi principi chiave che dovrebbero guidare la convalida
dell’IRB. Questi principi si riassumono come segue:
la banca ha la responsabilità primaria per la convalida;
la convalida è fondamentalmente legata alla valutazione della capacità
predittiva della stima del rischio di una banca;
la convalida è un processo iterativo;
non esiste un unico metodo di convalida;
la convalida dovrebbe comprendere sia elementi quantitativi che
qualitativi;
la convalida dei processi e dei risultati dovrebbero essere oggetto di
revisione indipendente.
La progettazione di una metodologia di convalida dipende dal tipo di sistema di
rating e dalla sottostante base di dati. I sistemi di validazione possono essere classificati
a seconda del tipo di debitore, del valore economico dell'esposizione, delle proprietà
dinamiche della metodologia di rating (ad esempio, point in time vs through the cycle
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),
della disponibilità di dati predefiniti e delle valutazioni esterne di qualità (Rating
esterni). Di conseguenza la convalida è un tema relativamente complesso e richiede una
buona comprensione del sistema di rating e delle sue proprietà.
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through the cycle misura il rischio di credito del debitore tenendo conto del suo stato nel corso di un
intero ciclo economico
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Le componenti chiave della validazione previste dal Comitato (BCBS, 2005)
sono rappresentate nella figura 1.
Figura 1. Le componenti chiave della validazione dell’IRB
Come si vede la validazione da parte di un istituto bancario è costituita da due
componenti principali:
- la validazione del sistema di rating, che include la validazione delle stime
delle componenti di rischio (PD, LGD, EAD);
- la validazione del processo di rating che mette l'accento su come il sistema di
rating è implementato.
La validazione del sistema di rating può essere ulteriormente suddivisa in due
componenti:
- la validazione della progettazione del sistema di rating o progettazione del
modello;
- la validazione delle stime delle componenti di rischio.
In entrambi i casi possono essere applicati metodi qualitativi e quantitativi.
Validazione
interna alle banche
Esame dei
Supervisori
Validazione del
sistema di rating
Validazione del
processo di rating
Validazione della
progettazione del
modello
Validazione delle
componenti di
rischio
Qualità dei
dati
Trattamento
dati
Processi e
procedure
applicative
Backtesting Benchmarking
EAD LGD PD